Per un amico. (Ricordo di Salvatore Colonna)
di Ruggero Gorgoglione

Salvatore Colonna era un socialista ideologicamente e moralmente militante. Di una militanza particolare, però, che si esprimeva nei rapporti e nell’attività professionale: di insegnante prima, di dirigente scolastico poi, poiché trasformava in pratica un principio politico e culturale in cui credeva fermamente: la difesa e la valorizzazione della scuola pubblica e laica, la difesa di un pilastro della democrazia. Poiché nella scuola pubblica e laica egli riteneva che non potessero essere conciliabili sperequazione sociale e promozione culturale, integralismo religioso e rigore scientifico. E si capisce il motivo: poiché la scuola era per lui una fucina di intelligenze ove gli studenti avrebbero imparato a diventare cittadini: capaci di progettare il futuro, liberi nella interpretazione della realtà (con “téchne” e “sophia”, arte e conoscenza).
Per questo motivo era forte in Salvatore il rispetto per tutti: alunni, genitori, insegnanti. Un mondo “in fieri”, fatto di relazione dialettiche a cui egli attivamente partecipava con la sua propensione per il più debole immediata, quasi istintiva. Non a caso la sua attività professionale si è svolta, quasi esclusivamente in istituti tecnici, in istituti scolastici, cioè, frequentati nella massima parte, almeno nel Mezzogiorno, da giovani di estrazione popolare.
Era fortemente preoccupato, Salvatore, per lo stato della democrazia nel nostro paese e spesso criticava le divisioni a sinistra che favorivano il revanchismo fascista. Deluso da tante vicende politiche che lo avevano amareggiato, Salvatore non partecipava più a manifestazioni politiche pubbliche, tuttavia avvertiva, integerrimo sempre, tutto intero il senso della funzione civile del lavoro che svolgeva e proprio per questo il suo impegno era rigoroso. Sempre disponibile ad accettare iniziative culturali, anche con personalità esterne alla scuola, che avrebbero potuto promuovere interesse negli studenti. Ricordo per tutte l’incontro che si tenne nella scuola che egli dirigeva, l’ITIS di Molfetta, con Angiolo Gracci, comandante partigiano e medaglia d’argento della Resistenza; le emozioni di un uomo di scuola, educato all’antifascismo dagli insegnamenti di Gaetano Salvemini e quelle di un giovanile ottantenne che sollecitava gli studenti ad amare la Costituzione del nostro paese che era costata lacrime e sangue al popolo italiano. I protagonisti di quella giornata non ci sono più: resta la speranza che fra i numerosi studenti che parteciparono a quella mattinata sia rimasta almeno traccia delle cose dette. Sarebbe un modo di rendere omaggio a due uomini che, pur nella diversità di personalità ed impegno, hanno dato, ciascuno per proprio conto, il meglio di sé per un’umanità più serena, riscattata dal bisogno nella libertà.
Siamo addolorati, caro Salvatore, per la tua scomparsa, poiché non solo abbiamo perduto una “bravissima persona” come dicono tanti che ti hanno conosciuto, ma anche perché avresti potuto aiutarci sia nelle difficili battaglie che dobbiamo continuare a sostenere contro la mala pianta del nuovo fascismo, sia a ricostruire, sulle ceneri prodotte dall’azione devastante della destra, un minimo di solidarietà tra uomini che siano uomini e donne che siano donne. Ce lo siamo detti tante volte: è una bella fatica essere uomini. Ebbene, se lo consenti a chi scrive, devo confessarti (da laico a laico) che ritengo che la tua fatica sia stata preziosa sopra ogni cosa e che sia stato un privilegio lavorare con te. Amico, è vero, ma anche compagno, di quelli con cui non si fa fatica a dividere il pane.

gennaio - aprile 2005