Salvatore
Colonna era un socialista ideologicamente e moralmente militante. Di una
militanza particolare, però, che si esprimeva nei rapporti e nellattività
professionale: di insegnante prima, di dirigente scolastico poi, poiché
trasformava in pratica un principio politico e culturale in cui credeva
fermamente: la difesa e la valorizzazione della scuola pubblica e laica,
la difesa di un pilastro della democrazia. Poiché nella scuola
pubblica e laica egli riteneva che non potessero essere conciliabili sperequazione
sociale e promozione culturale, integralismo religioso e rigore scientifico.
E si capisce il motivo: poiché la scuola era per lui una fucina
di intelligenze ove gli studenti avrebbero imparato a diventare cittadini:
capaci di progettare il futuro, liberi nella interpretazione della realtà
(con téchne e sophia, arte e conoscenza).
Per questo motivo era forte in Salvatore il rispetto per tutti: alunni,
genitori, insegnanti. Un mondo in fieri, fatto di relazione
dialettiche a cui egli attivamente partecipava con la sua propensione
per il più debole immediata, quasi istintiva. Non a caso la sua
attività professionale si è svolta, quasi esclusivamente
in istituti tecnici, in istituti scolastici, cioè, frequentati
nella massima parte, almeno nel Mezzogiorno, da giovani di estrazione
popolare.
Era fortemente preoccupato, Salvatore, per lo stato della democrazia nel
nostro paese e spesso criticava le divisioni a sinistra che favorivano
il revanchismo fascista. Deluso da tante vicende politiche che
lo avevano amareggiato, Salvatore non partecipava più a manifestazioni
politiche pubbliche, tuttavia avvertiva, integerrimo sempre, tutto intero
il senso della funzione civile del lavoro che svolgeva e proprio per questo
il suo impegno era rigoroso. Sempre disponibile ad accettare iniziative
culturali, anche con personalità esterne alla scuola, che avrebbero
potuto promuovere interesse negli studenti. Ricordo per tutte lincontro
che si tenne nella scuola che egli dirigeva, lITIS di Molfetta,
con Angiolo Gracci, comandante partigiano e medaglia dargento della
Resistenza; le emozioni di un uomo di scuola, educato allantifascismo
dagli insegnamenti di Gaetano Salvemini e quelle di un giovanile ottantenne
che sollecitava gli studenti ad amare la Costituzione del nostro paese
che era costata lacrime e sangue al popolo italiano. I protagonisti di
quella giornata non ci sono più: resta la speranza che fra i numerosi
studenti che parteciparono a quella mattinata sia rimasta almeno traccia
delle cose dette. Sarebbe un modo di rendere omaggio a due uomini che,
pur nella diversità di personalità ed impegno, hanno dato,
ciascuno per proprio conto, il meglio di sé per unumanità
più serena, riscattata dal bisogno nella libertà.
Siamo addolorati, caro Salvatore, per la tua scomparsa, poiché
non solo abbiamo perduto una bravissima persona come dicono
tanti che ti hanno conosciuto, ma anche perché avresti potuto aiutarci
sia nelle difficili battaglie che dobbiamo continuare a sostenere contro
la mala pianta del nuovo fascismo, sia a ricostruire, sulle ceneri prodotte
dallazione devastante della destra, un minimo di solidarietà
tra uomini che siano uomini e donne che siano donne. Ce lo siamo detti
tante volte: è una bella fatica essere uomini. Ebbene, se lo consenti
a chi scrive, devo confessarti (da laico a laico) che ritengo che la tua
fatica sia stata preziosa sopra ogni cosa e che sia stato un privilegio
lavorare con te. Amico, è vero, ma anche compagno, di quelli con
cui non si fa fatica a dividere il pane.
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gennaio - aprile 2005
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