Le strategie del potere 'ai tempi del colera
di Pasko Simone

1. Qual è oggi la specificità che caratterizza la classe politica che tiene ben saldo nelle sue rozze mani il potere mondiale? È presto detto. Per i professionisti gestori del "nuovo disordine mondiale", ai fini esclusivi di questo, sono quanto mai indispensabili tre strumenti: l'uso della menzogna, la pratica del furto, il metodo della violenza. Si fa solo fatica a scegliere i casi più esemplari delle suddette strategie di dominio; casi di studio, sparsi qua e là per il mondo, ce n'è in gran quantità, a cominciare qui da noi, da quel che già fu il "bel paese".
Per coloro che alla politica di professione si sono dati e votati nella triplice combinazione di bugia, guadagno e violenza, quanto mai illuminante è l'analisi prodotta dal sociologo Max Weber in un suo memorabile saggio, in cui dopo la drastica affermazione che attualmente "il mondo è governato da demoni", esplicita: "Chi s'immischia nella politica, ossia si serve della potenza e della violenza, stringe un patto con forze diaboliche e, per quanto riguarda la sua azione, non è vero che solo del bene possa derivare dal bene e del male dal male, perché molto spesso è vero il contrario."1
È questo "contrario" che scaturisce, neppur tanto camuffato ormai, dalle mani ammantate di false parole, super indaffarate in operazioni di borsa e imbrattate da lunghe scie di sangue, sempre più spesso innocente, di chi del potere ha fatto e vuol fare irretimento assoluto delle anime e dei corpi. Di questa verità un modesto esempio ci è dato dal truffaldino recente "abbassamento delle tasse" (che opera il perfetto contrario di quanto dice), a fronte del molto più eclatante fenomeno, a chiunque evidente, dell'incremento impietoso della macchina burocratica, statale e non, in ogni settore della vita pubblica (valga per tutti l'accensione di un mutuo per chi ha ancora intenzione di metter su famiglia o la richiesta di un permesso di soggiorno che potrebbe non farlo morir di fame). A tal proposito, come un ritornello, ci tornano alla mente le parole di Karl Kraus quando decreta senz'ombra di dubbio che "l'uomo politico liberale, che abbaia imperterrito contro la macchina dello Stato, ha sempre qualche fine egoistico."2 Qualcuno diceva di voler tagliare i "lacci e lacciuoli" della macchina burocratica, ma, se lo ha fatto, ha operato con tutta evidenza nel proprio personale interesse.
In questo Stato, che si vuole "modernizzare" con sedicenti riforme che, in realtà, lo riportano indietro di cent'anni, i "flussi materiali e semiotici dominanti"3 - che la rete degli apparati integrati delle strutture di potere convoglia e intreccia in nome di un liberismo totalizzante4 - non possono fare a meno di muovere la "tavola delle leggi"5 su queste tre direttive essenziali: la menzogna, il furto e la violenza.

2. L'utilizzo della menzogna negli atti formali della gestione politica quotidiana, a breve e a lungo termine, affermando e smentendo, passando il falso per vero, occultando le grandi come le piccole verità, manipolando le informazioni e facendo assurgere a pilastro del comando la discontinuità sistematica dei messaggi, fa il gioco del potere spettacolare che affascina e incanta gli spettatori che applaudono al grande prestidigitatore, come si applaude al circo al famoso giocoliere della lingua e della mano. È evidente il fascino che l'illusionista di turno ne ricava. Lo si è visto con la rielezione del Presidente americano Bush e non è detto che di riflesso non se ne avvantaggi anche il suo diretto subalterno Blair. Come avviene tuttora in Venezuela, i media globalizzati "in mano a un piccolo gruppo di privilegiati, continuano a utilizzare tutta l'artiglieria delle manipolazioni, mistificazioni e menzogne in un tentativo di intossicazione mentale della popolazione."6 Per quanto attiene alle sorti del terzo incluso della serie dominante (Bush-Blair Berlusca), si stanno già preparando le premesse per una replica scellerata dello spettacolo da "Grand Guignol" fin qui riservatoci. Anche perché, come è stato gridato mille volte nelle orecchie dei cittadini indifesi che andranno a votare, del famigerato "Programma" è stato realizzato tutto quanto era stato promesso, e se qualcosa di più non s'è fatto, è stato per colpa di chi "remava contro" (leggi: la lobby comunista mondiale). E poi, anche se questo non fosse vero, la verità della generale depressione degli animi, vuole che, freudianamente, ci si vada a gettare nelle braccia di chi, anche mentendo, conforta col suo sorriso "disneyland" e il suo tam-tam all'ottimismo di facciata. D'altronde, se il 50 per cento della popolazione italiana è nata democristiana perché l'altro 50 per cento non dovrebbe morire berlusconiana? Sarebbe la farsa politica finale di una atavica menzogna.

3. La pratica del furto è questione più complessa, anche perché siamo nel campo classico della gestione della res publica la cui morale immediata fu sempre quella di prendere per sé togliendo ai più il più possibile. Rare eccezioni si ebbero nella Grecia antica, ma d'allora in poi le cose si perfezionarono con la professionalizzazione dei metodi e la legalizzazione degli atti furtivi. Nel contesto di casa nostra, il lauto stipendio di un ministro con auto blu e un nugolo di bodyguards alle sue spalle (in realtà finanziati dalle nostre spalle!) o di un normale parlamentare corazzato di mille privilegi, non giustificano la presenza nel paese di 4 milioni e mezzo di pensionati a meno di 500 euro e di altri 6 milioni che sopravvivono a quota 1000. Naturalmente i tempi cambiano e la storia ha fatto giustizia delle vecchie "bustarelle". Oggi i vantaggi di questa pratica si attuano in modi più sottili e riconosciuti come tali da una trasparenza volutamente "didattica". Si veda l'invito a non pagare le tasse, a sfuggire alle grinfie della finanza, a corrompere magistrati, soprattutto quando si è ricchi; si ricordi la cancellazione dell'imposta di successione che ha rafforzato la successione stessa per la salvaguardia della proprietà privata; si prenda atto che la sottrazione strisciante di risorse al welfare serve per far salire alle stelle gli emolumenti dell'alta dirigenza; e si metta in conto il gioco abile del grimaldello dei condoni al fine di incentivare la morale cristiana di non fare ad altri quello che non vuoi sia fatto a te stesso. E così via illustrando. Ma anche qui i punti di vista sono tanti e le risorse da dilapidare pressoché infinite. In fondo non capiremo mai del tutto la grande differenza di retribuzione esistente tra una maestra elementare che insegna a leggere e a scrivere, attività fondamentali nella nuda vita del singolo, e un parlamentare "assenteista", un giovane dentista o un medico "specialista", ai quali bastano dieci visite in un paio di giorni per superare bellamente lo stipendio mensile della succitata maestra. Se tale logica matematica non è un'opinione, rimane pur sempre la rassegnata fatalità che circonda le modalità "furtive" dei professionisti della politica.

4. Parrebbe addirittura fuori luogo avanzare qui i diritti della violenza nella pratica del potere politico. Nessun professionista della politica, infatti, si è mai visto indossare la divisa e dare l'esempio: seguire i suoi soldati nella guerra che ha dichiarato per loro. Costoro, a differenza dei "nostri ragazzi" a Nassirya, incerti se la loro presenza lì sia per la democrazia o per il petrolio, smaltiscono i disegni violenti accaldandosi più del dovuto in uno studio televisivo o da postazioni di massima sicurezza, soprattutto nei discorsi a scadenza fissa in cui intessono, militarmente determinati e democraticamente ispirati, le lodi della guerra santa. La loro è una violenza delle intenzioni nascoste, da salotto buono e da pacche sulle spalle. E anche qui si tratta più che altro di numeri. Quanti soldati? quali contingenti? quanti elicotteri e carri armati? Senza badare a spese, nonostante i buchi dell'ozono e dei conti pubblici! La loro ossessione li ha modificati al punto di spingerli talvolta verso l'attrazione fatale del disastro nucleare finale. Per loro Ustica è solo "un incidente di percorso", il crollo di un ospedale "un effetto collaterale", una strage di bambini in una scuola, una fastidiosa occasione per porgere scuse formali a diplomazie tanto impotenti quanto lontane dall'ultimo disastro.
Ritornando ancora una volta in ambito casalingo, qui in particolar modo si registra un uso appassionato di quella che Benjamin indicava più specificatamente come "violenza amministrata"7. Una violenza prevista dall'ordinamento giuridico del potere (quel che si dice "il braccio violento della legge"), che però va al di là dei mezzi consentiti dalla stessa legge per assurgere a finalità pura e semplice di violenza bruta. Esemplare a tal proposito quella praticata a Genova, durante l'incontro del G8, che ha lasciato di stucco il mondo intero.

5. E, come se non bastasse, c'è sempre qualcuno che, nonostante tutto, getta benzina (o meglio petrolio!) sul fuoco, affermando, in opere letterarie più immortali della stessa "Divina commedia", che non abbiamo sangue nelle vene, che non siamo abbastanza decisi nell'essere accanto a un tipo come Rumsfeld nel contrastare la violenza islamica con la violenza di Guantanamo o di Abu Graib.
È fatale per noi: ci sarà sempre nelle nostre notti un'Oriana Bin Laden a farci sentire tutto il peso dello scrupolo morale d'essere dei crociati mancati o dei petrolieri falliti.


1 Max Weber, La politica come professione, in Il lavoro intellettuale come professione, Einaudi, Torino 1967, pp. 101-104.
2 Kark Kraus, Detti e contraddetti, Adelphi, Milano1992, p. 111 (il corsivo è nostro).
3 Cfr. Félix Guattari, Piano sul pianeta. Capitale mondiale integrato e globalizzazione, ombre corte edizioni, Verona, 1997 p. 63 e seg.
4 La rete delle "concatenazioni collettive" del capitalismo mondiale integrato si avvale universalmente di: Radio-Tv, Carta stampata, Telefonia mobile e fissa, Computer e Internet, Parlamento e Servizi segreti, Esercito e Forze di polizia, Chiesa e Istituzione scolastica, Fisco, Giustizia e Borsa valori. (Cfr. F. Guattari, Chaosmose, Galilée, Paris 1992).
5 F. Guattari, Piano sul pianeta, cit. p. 64 e seg.
6 Ignacio Ramonet, Il quinto potere, in Le Monde diplomatique, ottobre 2003.
7 Walter Benjamin, Per la critica della violenza, in Angelus Novus, Einaudi, Torino 1962, p. 5

gennaio - aprile 2005