I precari e il posto che non c'è
di Milena Bruno

Un’analisi del problema del precariato docente non può prescindere da alcuni riferimenti alle politiche governative degli ultimi dieci anni. La logica che ha guidato gli interventi nei settori pubblici, improntata al contenimento e alla riduzione della spesa, non ha risparmiato la scuola, investita in pieno da questo processo che da un lato mirava ad intaccare la rigidità degli organici, dall’altro creava una massa di lavoratori “anomali”, flessibili e facilmente ricattabili.
Il fenomeno del precariato, per quanto endemico, nel senso di caratteristica storica della scuola italiana, ha raggiunto negli ultimi dieci anni dimensioni abnormi e del tutto inedite, grazie al persistente blocco delle assunzioni unito all’impossibilità di accedere ai tradizionali canali di abilitazione per più di un decennio.
Per molti anni la figura del precario faceva riferimento ad una situazione transitoria, una sorta di gavetta che preludeva in qualche modo alla stabilità del posto fisso. Attualmente, lungi dal rappresentare un fenomeno transitorio, costituisce la modalità strutturale di utilizzo del personale docente. Innanzitutto per un motivo molto semplice: il precario fa risparmiare all’erario pubblico, “costa” anche 8000 euro in meno rispetto al docente di ruolo!
Il giro di boa che ha svelato la volontà politica di non risolvere il problema ma di mantenerlo e, se possibile, aggravarlo è rappresentato dall’anno 2000. La nascita delle SSIS, volute da Berlinguer, lo stravolgimento dei criteri che regolavano l’accesso alle graduatorie permanenti, l’accorpamento delle ultime fasce di queste ultime, hanno determinato la crescita esponenziale del numero dei precari abilitati, inseriti in graduatoria, tutti in un certo qual modo in possesso di “diritti acquisiti”.
Secondo i dati del MIUR1 gli iscritti nelle graduatorie permanenti nell’anno scolastico 2003-2004 risultavano essere circa 480.000. Sottraendo la componente costituita dai docenti di ruolo, inserita nelle graduatorie per usufruire della possibilità di accedere ad altre classi di concorso o ordini di scuola (circa 30.000), arriviamo a 450.000 docenti. Nell’anno di nascita delle graduatorie permanenti i docenti iscritti in graduatoria risultavano essere 150.000. Nell’arco di pochi anni la cifra si è triplicata.
Se dovesse entrare in vigore il nuovo sistema di reclutamento questo numero è destinato ad aumentare nel giro di pochi anni a 700.000 unità. Una cifra che si avvicina a quella pari a tutti i posti disponibili nella dotazione organica di tutti gli ordini di scuola. Il fenomeno del precariato com’è evidente, non viene affrontato in modo risolutivo. Al di la delle prese di posizione preelettorali e delle episodiche affermazioni demagogiche, la tendenza attuale, frutto di diversi e convergenti interessi, mira ad espanderne la consistenza numerica. La revisione del sistema di reclutamento, così come prospettata nello schema di decreto attuativo dell’art. 5 della legge 53/03, diffuso a luglio, e nella proposta di legge sullo stato giuridico dei docenti2, prevede che la formazione iniziale si svolga presso le università e negli istituti di alta formazione artistica e musicale, l’abilitazione si acquisisca con una laurea specialistica o un corso accademico di II livello, attraverso il superamento di un esame di stato. L’accesso ai corsi prevede esami di ammissione, con una selezione affidata a commissioni formate da docenti universitari e docenti titolari delle istituzioni scolastiche e formative. Al termine di questo percorso di studi i docenti abilitati vengono inseriti in un albo regionale, distinto per classi di concorso, e assegnati alle scuole dove svolgeranno il tirocinio da un centro servizi appositamente istituito. Il tirocinio ha valore di praticantato mentre l’assunzione è regolata da un contratto di formazione lavoro.
Al termine del biennio l’assunzione non scatta “in automatico”: discussa una relazione, se il giudizio è positivo, i docenti tirocinanti possono essere assunti in ruolo con il vincolo di permanenza di almeno tre anni nella stessa scuola.
La proposta di legge Napoli-Santulli prevede una modifica in senso peggiorativo: dopo il tirocinio, successivo al conseguimento della laurea specialistica, i docenti inseriti in un albo nazionale, diviso in albi regionali, sono chiamati direttamente dai dirigenti scolastici per partecipare ai concorsi, indetti dalle scuole autonome, ai fini dell’assunzione in ruolo.
Che fine fanno i precari storici, semistorici e SSIS? Lo schema di decreto attuativo dell’art. 5 della legge Moratti prevede che le graduatorie permanenti vengano trasformate in graduatorie ad esaurimento. I posti della programmazione triennale dovrebbero essere distribuiti in questo modo: 25% agli abilitati con laurea specialistica, il 25% alla graduatoria di merito del concorso, il 50% agli iscritti delle graduatorie permanenti. I docenti SSIS dovrebbero rientrare nella graduatoria del concorso, ma i criteri di inserimento non sono stati ancora definiti.
Un tale sistema stravolge i criteri oggi in vigore di accesso al lavoro nel settore pubblico e introduce elementi di forte discrezionalità. In sostanza introduce la chiamata diretta e sancisce la presenza strutturale di forza-lavoro di serie B.
Durante il tirocinio i docenti avranno le stesse responsabilità di insegnamento degli altri docenti ma un contratto diverso da tutti gli altri. Ad uguali doveri non corrispondono uguali diritti.
Gli interessi che spingono in questa direzione sono molteplici e convergenti. Il Ministero spinge per un superamento del problema del precariato semplicemente eliminando gli attuali precari, attraverso l’introduzione di “giovani e qualificate” leve di docenti, presupposto indispensabile per arrivare ad un miglioramento nel sistema scolastico, anche secondo alcune associazioni di categoria. Ma questa tendenza è funzionale anche al processo di trasformazione della scuola in azienda3, al progressivo restringimento delle libertà voluto dalla lobby dei dirigenti scolastici, aspiranti manager finalmente legittimati ad imporre gerarchia e concorrenza ai docenti-dipendenti.
In questo processo un ruolo primario è affidato alle Università e al loro famelico bisogno di “denaro fresco”, da spremere dai docenti precari costretti per la vita a frequentare corsi e pseudocorsi universitari con la speranza di racimolare qualche punteggio in più.
La revisione del sistema di reclutamento in realtà sancisce la fine delle possibilità di accedere ad un lavoro stabile o anche solo ad un lavoro precario. Fatti semplici calcoli, la quota riservata alle assunzioni in ruolo dalle graduatorie permanenti (considerato il numero irrisorio di posti messi a disposizione in questi ultimi anni) per quanto possa sembrare “generosa” consentirà di esaurire le graduatorie permanenti tra circa mezzo secolo!!
A che serve mantenere un esercito di lavoratori di riserva di queste dimensioni? Pari cioè a tutti i posti della dotazione organica? Tranne che per la scuola materna, infatti l’offerta di forza lavoro docenti è quasi pari alla quantità di posti presenti in organico. Come già detto si tratta di un numero destinato ad aumentare, si parla di circa 700.000 precari a breve, con l’entrata in vigore delle lauree specialistiche. Se si considera che le graduatorie permanenti sono costituite da personale di età media tra i 35 e 40 anni, che circa l’85% è costituito da donne, che il 65% degli iscritti proviene dalle regioni del sud, è immediatamente comprensibile come la collocazione in graduatoria permanente stia fungendo da vero e proprio ammortizzatore sociale.
La chiara volontà di affrontare il problema in modo risolutivo, nel senso della definitiva espulsione dei precari dalla scuola, processo che investe tutti (vecchi, nuovi e futuri abilitati) comincia a produrre effetti se non altro sul fronte della ricomposizione soggettiva. Le dimensioni e le caratteristiche di questo fenomeno contrastano nettamente infatti con la debolezza e la litigiosità interna dimostrata negli ultimi anni dal fronte dei precari.
In momenti storici diversi, caratterizzati da altro clima politico, quando il precariato docente ha toccato i picchi numerici attuali (circa mezzo milione di unità), attraverso diverse forme di lotta, a cominciare dal blocco degli scrutini (1969-1970) ottenne importanti conquiste, per esempio corsi abilitanti speciali, sull’esito dei quali, organizzati in delegati di corso, i precari esercitarono un rigido controllo. Le stesse forme di organizzazione e di controllo furono ripetute negli anni settanta. Dal 1974 al 1984 furono immessi in ruolo circa 600.000 docenti (su un totale di 1100000 unità in organico)4.
Attualmente parcheggiati nelle graduatorie permanenti, cinquecentomila precari vivono nella speranza di accedere anche solo temporaneamente a supplenze brevi, di accumulare punteggi, di acquisire diritti (per servizio accumulato o per titoli pagati). Questa tipologia di lavoratore, o aspirante tale, con la sua stessa esistenza manda avanti il processo di mercificazione della cultura che investe in generale ogni aspetto della vita nell’epoca dell’ipercapitalismo.
La stessa logica che sottomette al profitto economico non solo sfere e attività sociali, come l’educazione e l’istruzione, fino a poco tempo fa escluse dalla logica di mercato mercifica l’esistenza stessa degli individui5. Sogni e bisogni immateriali diventano esperienze a pagamento, compresa l’aspirazione all’accesso al mondo del lavoro. Come direbbe Philip K. Dick, i precari “non sono nel business, sono il business”.

1 Lavorare nella scuola. Principali caratteristiche delle graduatorie permanenti del personale docente, a.s. 2002-2003 Miur. Servizio per l’automazione informatica e l’innovazione tecnologica. Marzo 2003.
2 V. La proposta di Legge 4091 Napoli-Santulli sul riordino dello Stato giuridico dei docenti attualmente in discussione nella VII Commissione della Camera (testo unificato delle due precedenti proposte: la 4091, presentata da Forza Italia, Lega, Udc e la 4095, presentata da Alleanza Nazionale).
3 Ogni scolaretta sa…Controlessico della scuola ai tempi della “Riforma Moratti”, Centro Studi per la scuola pubblica, Bologna, 2004, voci ”Aziendalizzazione”, “Gerarchizzazione”, “Mercificazione dell’educazione”, etc.
4 Giuseppe Patroncini, Breve storia del precariato e dei movimenti dei precari nella scuola italiana, in Il lavoro supplente, Roma, 2000
5 Jeremy Rifkin, L’era dell’accesso. La rivoluzione della new economy, Milano, Mondadori, 2000.

gennaio - aprile 2005