Le modifiche legislative recentemente introdotte in materia di imposte sui redditi hanno fornito a politici, mass media ed economisti, anche presunti o sedicenti tali, ampia materia per l'esercizio dell'arte della menzogna e della deformazione della verità.
Anche per questo appare opportuno esaminare approfonditamente il contenuto della manovrina fiscale varata dal governo Berlusconi.
Le variazioni, che vengono apportate a partire dall'anno d'imposta 2005, consistono, come noto, in una riduzione del numero e della elevatezza delle aliquote applicate ai diversi scaglioni di reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi.
Per il 2005 il risparmio di imposta per i contribuenti sarà pari a 4,3 miliardi di euro e riguarderà i redditi da lavoro dipendente.
L'ammontare complessivo della manovra fiscale è però di 6,5 miliardi.
Gli altri sconti d'imposta previsti dalla manovra fiscale, pari a 2,2 miliardi, saranno fruibili dalle altre categorie di contribuenti nel 2006, ossia all'atto della dichiarazione dei redditi relativa al 2005.
Si sottolinea, per il momento, come lo sconto complessivo di 6,5 miliardi, per qualcosina più di un terzo del suo ammontare, ancorché da conseguirsi nel 2006, non riguarda i redditi da lavoro dipendente.
I vari supporter del governo si sono sbizzarriti ad esporre i dati nella maniera ritenuta più acconcia, onde renderli più presentabili e digeribili al colto e all'inclita o forse per meglio abbindolare e raggirare l'opinione pubblica.
A tale scopo, è stato fatto un uso spropositato, per una manovrina da 6,5 miliardi, di espressioni come "storica", "epocale", "decisiva per il rilancio dell'economia", "svolta mai effettuata fino ad ora nella storia d'Italia".
Il Tg1 si è sbracciato a dimostrare, con tabelle zeppe di numeri e percentuali, che i contribuenti con imponibili di 15.000 euro risparmiano oltre il 46% dell'imposta e quelli di 30.000 euro il 30%, senza mai precisare che si tratta del risparmio di solo quattro soldi di imposta.
La Gazzetta del Mezzogiorno ha pubblicato una tabella recante gli sconti di imposta per classi di imponibili, escludendo - guarda caso, non si sa perché - le fasce di reddito più elevate.
Un po' tutti gli esponenti del centro-destra ed i mass media con essi schierati o simpatizzanti sono intervenuti a sottolineare, nel consueto stile urlato e concitato fintamente passionale, che della riduzione fiscale usufruirà l'80% dei contribuenti.
In pratica, le fonti citate hanno voluto rimarcare che quasi tutti i contribuenti trarrebbero vantaggio dalle riduzioni fiscali.
Vi è stato anche chi ha sottolineato, con furbizia degna di miglior causa, che la percentuale di incidenza degli sconti decresce con l'aumentare dell'imponibile, fino ad azzerarsi per gli scaglioni di reddito più elevato, volendo far risaltare una presunta, in realtà inesistente, equità nelle riduzioni d'imposta introdotte.
A rimanere esclusi dagli sconti, secondo questa rappresentazione dei fatti, molto più fantasiosa di quanto possa apparire a prima vista, sarebbero - pressoché unicamente - i contribuenti rientranti nelle fasce di reddito esenti, che comunque non pagavano niente neanche prima.
L'idea che si è voluta contrabbandare come vera, in realtà falsa come un biglietto da tre euro, è quella secondo cui la manovrina non comporta oneri aggiuntivi per i poveri ed i poverissimi.
Purtroppo, il confronto sulla manovra fiscale si è incentrato prevalentemente, se non esclusivamente, sulla ripartizione degli sgravi fiscali, per lo più omettendo di considerare tutti gli effetti dei provvedimenti adottati.
Esponenti politici, mass media ed economisti di centro sinistra hanno, infatti, in genere rimarcato come i contribuenti più ricchi facciano la parte del leone e a tutti gli altri tocchino le briciole, al più 40 euro al mese, l'equivalente di 30 cappuccini, come ha sottolineato Eugenio Scalfari in un suo articolo.
È stato anche rilevato che, così come è stata concepita, la manovrina è del tutto inefficace a contribuire al rilancio della domanda e della economia.
Nel complesso, il risultato di tutto il bailamme mediatico sviluppatosi sull'argomento è stato un sostanziale dirottamento, più o meno consapevole, dell'opinione pubblica dai termini reali della questione.
In altre parole, si tratti di errori o di falsi o di vera e propria turlupinatura organizzata del pubblico, tutte le diverse affermazioni più o meno contrapposte, pur contenendo brandelli di verità, sostanzialmente ne ignorano e distorcono il significato.
Ci sono diversi modi di mentire e il più inefficace consiste nel negare la verità, come nel caso della stampa franchista, che il primo settembre 1939, allorché Hitler invase la Polonia, annunciò al popolo spagnolo: "La Polonia attacca la Germania".
L'opinione pubblica si prende ben più agevolmente per i fondelli concentrandone l'attenzione, possibilmente con il massimo sfoggio di simulata passionalità, su aspetti, ancorché corrispondenti a verità, del tutto marginali o irrilevanti, rendendoli di fatto importanti ed esaustivi.
Per tornare all'argomento, ciò che interessa è come lo sconto complessivo di 6,5 miliardi si ripartisce tra i diversi livelli di reddito imponibile.
Si è calcolato che il 75% dei contribuenti usufruirà di un risparmio di 1,8 miliardi di euro.
Tale percentuale comprende tutti i contribuenti titolari di imponibili annui da 0 a 40.000 euro.
Un reddito annuo imponibile di 40.000 euro, che dà diritto all'ormai famoso sconto dei trenta cappuccini mensili, è notoriamente considerato dai più, con gli attuali quarti di luna, di livello ben più che rispettabile.
Il restante 25%, costituito dai ricchi e straricchi, usufruirà della parte largamente più consistente del malloppo, ossia di uno sconto pari a 4,7 miliardi, vale a dire a qualcosina in più del 72% del totale.
In altri termini, con buona pace dei suoi urlanti sostenitori, la manovra governativa, non è né equa, né, tantomeno, in favore dei poveri e dei meno agiati.
Ma l'iniquità nella ripartizione dello sconto d'imposta non è né il solo né il più rilevante aspetto negativo della manovrina.
Come già accennato, è, infatti, soprattutto falso che tutti - o quasi - i contribuenti traggano vantaggio dalla manovra e che i poveri ed i più poveri non ne vengano danneggiati.
Anzi, oltre che falsa, questa cosa è assurda, appartiene al regno dell'impossibile.
Per dimostrarlo, basta riflettere sul fatto che la manovra implica che nel bilancio dello stato entreranno 6,5 miliardi in meno.
Le minori entrate dovranno essere coperte da minori spese o maggiori entrate di altro tipo.
A copertura delle minori entrate, la stessa manovra governativa prevede aumenti di tasse, bolli, tariffe e di alcuni prezzi, quali quelli dei tabacchi, oltre a tagli di consumi intermedi, ossia minori spese per acquisti di beni e servizi nella sanità, nella scuola, nella sicurezza e tagli a fondi di riserva dei ministeri.
Altre fonti di finanziamento sono costituite dall'anticipo dei pagamenti di imposta dovuti da banche ed assicurazioni, oltre che dalla proroga del condono edilizio e dal blocco del turn over nell'impiego pubblico.
Al riguardo, è appena il caso di precisare che l'anticipo della riscossione di imposte non è altro che uno spostamento all'esercizio immediatamente prossimo di incassi di competenza di esercizi successivi, dei quali viene automaticamente reso problematico l'equilibrio finanziario.
Il condono edilizio si è finora rivelato, al di là di ogni considerazione di carattere morale, una assai dubbia e risicata fonte di entrate ed è estremamente improbabile che smetta di esserlo per il futuro, cosa su cui i tecnici di ogni tendenza politica sono, peraltro, largamente concordi.
Il blocco del turn over degli statali, protratto dal 2006 al 2008, comporterà che in questi tre anni la maggior parte, l'80%, dei dipendenti pubblici che andranno in pensione, non verrà sostituita.
Ovviamente, mentre gli sconti d'imposta sono certi ed operanti in forza di legge, tutte le misure a copertura sono incerte e potrebbero non corrispondere alle previsioni governative, cosa tutt'altro che infrequente nella storia della finanza pubblica italiana.
Per tutto quanto non corrisponderà alle previsioni, la copertura dovrà essere assicurata dall'indebitamento pubblico.
In altri termini, gli sconti d'imposta saranno comunque pagati, con maggiori tasse, peggiori servizi, riduzioni dei posti di lavoro e aumento dei debiti.
In sostanza, la manovrina in null'altro consiste, se non in un trasferimento di ricchezza dalla maggior parte dei cittadini ad una minoranza di ricchi e superricchi, che, come già dimostrato, sono quelli che usufruiranno della parte di gran lunga prevalente dello sconto d'imposta.
Non è possibile definirla in altro modo, se non una rapina ai danni dei più poveri e meno agiati o, almeno, una frode camuffata da sgravio fiscale.
Le ragioni di un tale giudizio, all'apparenza drastico, in realtà ragionevole ed asettico, sono, a ben vedere, del tutto ovvie.
La manovrina non fa che sostituire imposte dirette, che sono progressive, in quanto incidono maggiormente sui redditi più elevati, con aumenti di tasse, tariffe e prezzi, peggiori servizi e riduzioni di posti di lavoro, tutte cose che hanno carattere regressivo, nel senso che incidono senza tener conto dei diversi livelli di reddito e, quindi, gravano maggiormente sui più poveri.
In pratica, diversamente da quanto blaterano le pecore della fattoria di Berlusconi, i poveri ed i morti di fame contribuiranno corposamente a pagare il bottino dei più ricchi.
La stessa cosa accade ai contribuenti con redditi fino a 40.000 euro, che vedranno l'illusorio vantaggio dei trenta cappuccini annullato e superato dagli oneri previsti dal governo come fonti di copertura.
Occorre sgombrare il campo da un possibile equivoco.
Ciò che si è esposto non è un'opinione, né frutto di avversione o rancore verso chicchessia, né manifestazione di faziosità.
Nonostante le apparenze, non si tratta, a rigore, neanche di affermazioni di sinistra.
Infatti, qualunque economista o contabile, purché onesto, competente e sano di mente, sa che quando qualcuno incassa, qualcun altro paga.
Si tratta, più che di una equivalenza, di una vera e propria identità: la stessa somma costituisce, nello stesso tempo, una riscossione per qualcuno e un pagamento per qualcun altro.
E lo stato, a parte ciò che viene speso per il mantenimento delle sue istituzioni, è solo un intermediario fra chi paga e chi riscuote.
Si chiede scusa al lettore per l'ovvietà o banalità delle affermazioni che precedono, che magari rischiano di apparire perfino provocatorie.
Non è così.
Ciò che è davvero provocatorio ed offensivo è voler far credere che in una operazione finanziaria tutti - o quasi - incassino e nessuno paghi, per cui tutti - o quasi - ci guadagnano e nessuno ci rimette.
È una credenza che si distacca nettamente da ogni ragionevolezza e realismo, fino ad assumere, a ben vedere, un carattere magico, di vera e propria allucinazione.
In effetti, è accaduto che a una massa certamente imponente di cittadini italiani, verosimilmente la maggioranza, è stato fatto credere che questa follia demenziale sia la pura verità.
In pratica, il governo di centro destra, senza soverchi rischi e problemi, è riuscito, per così dire, a prendere due piccioni con una fava, ad unire l'utile al dilettevole.
In parole più chiare, da un lato, si è fatto una facile ed efficace propaganda, avendo convinto gran parte dell'opinione pubblica di aver ridotto le imposte senza colpo ferire; d'altro lato, ha fatto pervenire un grazioso regalo o gentil presente di alcuni miliardi di euro ai cittadini delle classi più ricche, a spese delle più povere.
Si tratta, per giunta, di un regalo del tutto immotivato, gratuito ed incondizionato, nello stile dei sovrani dell'ancien régime, anche se ancora non esibibile come tale in maniera esplicita, come invece accadeva in quell'epoca felice, a causa di taluni fastidiosi residui di democrazia, auspicabilmente destinati ad essere eliminati in un prossimo futuro.
D'altra parte, come noto, gli esponenti del centro sinistra rifuggono per lo più da argomenti come quelli sviluppati in questa sede.
Salvo sporadiche eccezioni, una elevata educazione e finezza di modi li porta a ritenere inappropriato e politically incorrect l'uso di termini quali rapina, truffa o frode, in ogni caso, a prescindere dalla loro adeguatezza all'argomento trattato e, magari, anche dalle loro convinzioni più profonde.
Argomentazioni e comportamenti eccessivi, drastici, spesso virulenti, offensivi e sopra le righe vengono ritenuti appannaggio di quegli inguaribili buzzurri della parte avversa e bollati come irriguardosi e sconvenienti, irresponsabili e non rispettabili.
Inoltre, quasi in una sorta di gara ad handicap, nel caso della manovrina, come per molte altre vicende, gli esponenti del centro sinistra rinunciano ad esporre gli aspetti tecnici, specie quelli attinenti alla contabilità, che, guarda caso, spesso coincidono con gli argomenti più forti a supporto delle loro stesse ragioni.
Certe spiegazioni vengono considerate inopportune o anche di difficile comprensione ed ostiche per un pubblico ritenuto a priori particolarmente in difficoltà e diffidente verso le materie finanziarie, contabili, statistiche e matematiche in genere.
Evidentemente, altrettanto aprioristicamente, quegli stessi uomini politici si ritengono inadeguati ed incapaci di rendere accessibili e comprensibili argomenti talora oggettivamente di una certa complessità.
Se così fosse, si tratterebbe di una manifestazione di modestia davvero encomiabile, purtroppo non tanto forte da indurli a cedere il passo - o la scena - ad altri più preparati e versati di loro negli argomenti tecnici e nell'arte della comunicazione.
Il risultato è che si ammanniscono fandonie non molto più vicine alla verità di quelle predisposte dalle forze politiche di centro destra, tuttavia senza riuscirne ad emulare, se non assai raramente, la micidiale efficacia propagandistica.
La conseguenza ultima, nel caso specifico, è che l'opinione pubblica, anche quella di sinistra, rimane sconcertata e disorientata, dal momento che, così come sono state messe le cose, in fin dei conti le viene chiesto di opporsi, anche con lo sciopero, ad una manovra, che dopotutto ha effettivamente ridotto le imposte, solo perché i ricchi se ne avvantaggerebbero più degli altri.
Il che è assolutamente ed irrimediabilmente falso.