Che cos'è il biopotere? Sulla genealogia politica di Michel Foucault *
di Ottavio Marzocca

Per parlare del biopotere mi riferirò innanzitutto ad un fatto accaduto nel 1990, quando venne pubblicato postumo il primo dei testi di uno dei Corsi svolti da Foucault al Collège de France fra il 1970 e il 1984. Questo Corso, che il filosofo aveva tenuto nel 1976 intitolandolo "Bisogna difendere la società", era stato uno dei momenti in cui egli aveva spiegato nel modo più efficace che cos'è il biopotere, anche se non era questo il tema principale delle sue lezioni.
Nel 1990 la prima edizione di questa serie di lezioni usciva in italiano per un editore fiorentino. In nessun altra lingua era stato mai pubblicato un Corso tenuto da Foucault nella prestigiosa istituzione parigina e, in realtà, è molto improbabile che egli avesse mai avuto intenzione di pubblicarne uno. Comunque l'editore italiano, pur dichiarandosi disponibile a pagare i diritti di pubblicazione a chi ne avesse avuto titolo, non si era fatto autorizzare dagli eredi del filosofo a stampare quel testo, considerandolo "di pubblico dominio" dal momento che Foucault stesso considerava in questi termini le registrazioni sonore delle sue lezioni. Puntualmente gli eredi intentarono causa all'editore ed ottennero, dopo qualche tempo, che il volume venisse ritirato dal commercio. L'ironia della sorte ha voluto poi che nel 1998 quella traduzione italiana venisse di fatto "riabilitata" e riutilizzata - con qualche aggiustamento - nell'ambito dell'attuale edizione ufficiale, ovviarmente autorizzata, dei Corsi di Foucault al Collège, tuttora in via di completamento.
Secondo me, a quell'edizione e a quell'episodio del 1990 si può attribuire per varie ragioni un significato molto importante ai fini della stessa comprensione di ciò che Foucault intendeva per biopotere.
A posteriori si può dire che significativo sia stato innanzitutto il momento di quella pubblicazione: esso coincise con le prime avvisaglie delle guerre e delle "pulizie" etniche dei Balcani, che si sarebbero scatenate l'anno successivo segnando l'intera storia degli anni Novanta. Ma sull'importanza di questa coincidenza tornerò più avanti.
Un altro aspetto interessante della vicenda è che l'editore e i curatori del testo pensarono di non tener conto del titolo preciso che Foucault aveva dato al suo Corso ("Bisogna difendere la società") e misero in copertina un titolo e un sottotitolo che suonavano così: Difendere la società - Dalla guerra delle razze al razzismo di Stato. Si trattò, indubbiamente, di una decisione molto discutibile. Tuttavia, almeno il sottotitolo alludeva efficacemente ad uno dei risultati principali del Corso, vale a dire all'individuazione di alcune importanti ragioni della nascita del "razzismo di Stato". A questo risultato Foucault era arrivato passando esattamente attraverso la descrizione del biopotere e della sua genesi, un percorso che per ora sintetizzerò rapidamente nel modo seguente.
Nella nostra società, a partire almeno dal XVIII secolo, i sistemi di potere hanno assunto, nei modi più svariati, la vita fra i loro oggetti privilegiati. Lo Stato moderno, in particolare, si occupa costantemente della vita degli individui e della popolazione, poiché essa costituisce una risorsa fondamentale per la buona conservazione e per la crescita della potenza di un paese, di una nazione, di una società, ecc.. È per questo che si può dire - secondo Foucault - che tra le forme più importanti dell'esercizio del potere nella nostra società ce n'è una che occorre saper riconoscere e analizzare attentamente: il biopotere appunto, questo potere sulla vita che produce una forma di politica che, di conseguenza, possiamo definire biopolitica.
Tornando al riferimento alle razze e al razzismo di Stato del sottotitolo dell'edizione "pirata" del Corso foucaultiano, possiamo dire ora che esso metteva bene in luce uno degli esiti perversi e catastrofici, ma non casuali, che - secondo Foucault - può derivare dal biopotere: poiché questo si occupa della prosperità, del benessere e delle buone condizioni della vita della collettività, può anche accadere che chi lo esercita consideri nociva, pericolosa o inutile l'esistenza di certi individui o gruppi di individui rispetto alla conservazione delle migliori condizioni di questa vita. È in simili casi estremi, ma non propriamente eccezionali, che il bio-potere (potere di vita) può trasformarsi in tanato-potere (potere di morte). E il "razzismo di Stato" è, evidentemente, uno dei modi principali in cui si può realizzare questo rovesciamento. In determinati momenti storici, uccidere o lasciar morire chi appartiene ad una "sottorazza" può essere ritenuto politicamente "opportuno" per garantire il pieno sviluppo della "razza superiore", la sua prosperità e l'affermazione della sua potenza, poiché si sostiene che essa sia l'unica forma di vita in grado di vivere pienamente, di realizzare completamente le potenzialità di un popolo, di una nazione, di un paese, di uno Stato.
Naturalmente - secondo Foucault - è stato il nazismo il regime politico che ha portato alle estreme conseguenze nel modo più diretto e sistematico queste implicazioni del biopotere. Ma esso non è stato né l'unica forma di biopotere né l'unica forma di degenerazione tanatopolitica della biopolitica. Anche in altri contesti e modi, più discreti e meno espliciti, il biopotere può condizionare o compromettere la vita e, di conseguenza, la libertà degli uomini. Comunque, a proposito del nazismo è importante sottolineare (come ha fatto recentemente Roberto Esposito) che quasi tutti i concetti e le metafore che esso usava per "giustificare" lo sterminio degli Ebrei e delle persone "indegne di vivere", erano di tipo medico e biologico. Questi concetti si riferivano quasi sempre a pericoli di "infezione" o di "degenerazione" dello "stato di salute" della razza e ad "influenze nocive" per le possibilità di "dispiegamento biologico della nazione". Gli Ebrei in particolare erano visti, di volta in volta, come "bacilli", "batteri", "virus", "parassiti", "microbi", ecc..
Ma se pensiamo più in generale alla facilità e alla frequenza con cui si può fare e si fa uso di una qualifica come quella di "parassita", possiamo ben capire quanto concetti e termini simili possano essere stati usati anche da altri regimi per escludere, discriminare, imprigionare, mandare a morte singole persone o interi gruppi sociali. Insomma, la presenza del biopotere e i suoi effetti tanatopolitici devono essere riconosciuti pure in ciò che è accaduto in URSS soprattutto con le purghe staliniane che, infatti, venivano giustificate con finalità di "risanamento" della società e spessissimo si basavano, ad esempio, sull'uso spregiudicato della medicina psichiatrica: i dissidenti venivano per lo più definiti pazzi o malati di mente.

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Torniamo ancora all'edizione del 1990 del Corso di Foucault. Essa venne comunque letta da molti ed utilizzata anche nei corsi universitari, poiché si percepì subito che l'autore vi aveva colto qualcosa di intrascurabile per la comprensione del potere moderno. È vero tuttavia che, per quanto egli non avesse mai scritto un libro interamente dedicato al biopotere, di questo aveva parlato estesamente anche in una delle sue opere più famose pubblicate in vita: La volontà di sapere. Ma, in realtà, c'era un dato immediato che faceva risaltare il grande significato e il carattere quasi "profetico" del Corso che il filosofo aveva tenuto quattordici anni prima della sua avventurosa edizione: la coincidenza, cui ho già accennato, della sua pubblicazione con le prime avvisaglie delle guerre interetniche della ex Jugoslavia. E in proposito assumeva un notevole significato il passaggio "dalla guerra fra le razze al razzismo di Stato" messo in luce dal sottotitolo.
Alla luce del lavoro di Foucault, le "pulizie" e i conflitti etnici dei paesi balcanici apparivano in tutta evidenza come l'emergere e il rapido trasformarsi di una "guerra fra le razze" in uno scontro fra "razzismi di Stato". Quei conflitti in tal modo realizzavano completamente non soltanto la valenza tanato-politica delle strategie di "difesa della società" da cui scaturivano, ma lasciavano anche supporre che a renderle possibili fosse la matrice biopolitica dell'intera storia degli Stati moderni. Proprio questo consentiva, e consente ancora, di pensare che Foucault, attraverso la "scoperta" del biopotere, avesse colto un tratto caratterizzante del potere moderno, che - malgrado quanto è accaduto nel Novecento - è ancora largamente sottovalutato. Ciò che in tal senso risalta attraverso la coincidenza cronologica a cui mi riferisco, è una cosa molto precisa: il biopotere non soltanto è tipico delle nostre società, ma, quando meno ce lo aspettiamo, può produrre processi catastrofici e incontrollabili.
è forse anche per queste ragioni che, dai primi anni Novanta, attraverso il lavoro di studiosi come Agamben, Esposito, Heller, Negri, ecc., sono andati crescendo progressivamente una riflessione e un dibattito teorico sul biopotere e sulla biopolitica che sono ben lontani dall'essersi esauriti.

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A questo punto entriamo in modo più preciso nel merito del pensiero di Foucault, cercando innanzitutto di delucidare i termini della sua ricerca sul tema generale del potere.
Il primo dato da tener presente è che egli esclude che un'analisi seria delle forme del potere debba privilegiare la sfera istituzionale dello Stato, vale a dire: i suoi strumenti giuridici (la forma della costituzione, le leggi), i regimi (democratico, repubblicano, monarchico, presidenziale, parlamentare), le articolazioni dei suoi poteri formali (legislativo, esecutivo, giudiziario). Secondo Foucault, il potere deve essere ricercato dappertutto, cioè sia sul terreno immediatamente politico che nel sapere, nei comportamenti e nei rapporti fra le persone. Ma non si deve pensare, per questo, che un'immensa trama di potere ci avvolga e ci opprima senza che ce ne rendiamo conto. A questo riguardo è importante la distinzione che Foucault fa tra potere e dominio.
Il potere si dà generalmente nella forma di relazioni di potere. Senza relazioni basate su una qualche reciprocità, in un certo senso non c'è potere, c'è dominio che è qualcosa di diverso o è solo un caso estremo delle forme che il potere può assumere, irrigidendosi o divenendo "unilaterale" e irreversibile. Il che significa che un certo margine di libertà ed una certa possibilità di esercitare un contro-potere o una resistenza normalmente si danno sempre da entrambi i lati delle relazioni di potere (cfr. L'etica della cura di sé come pratica di libertà).
Ma, al di là di questo, ciò che Foucault mette in discussione è soprattutto l'importanza dell'idea di sovranità. Il potere non viene esercitato solo mediante dei rapporti in cui qualcuno è sovrano rispetto a qualcun altro, vale a dire secondo lo schema con il quale si descrive solitamente il funzionamento di uno Stato. Foucault non nega che le istituzioni della sovranità siano strumenti fondamentali dell'esercizio del potere. Ma - secondo lui - la sovranità dello Stato costituisce solo la parte più evidente dell'economia generale di questo esercizio, mentre la maggior parte delle relazioni di potere si svolgono in altri ambiti. Ed è proprio tentando di individuare e descrivere questi altri ambiti che Foucault, negli anni Settanta, arriva a definire un insieme di tecniche, di strumenti, di saperi e di forme che si sviluppano ed agiscono su due livelli: un livello individuale che consiste soprattutto in tecniche e istituzioni disciplinari, ed un livello generale che consiste per lo più in arti del governo.
Secondo lui, lo stesso potere sovrano dello Stato moderno non sarebbe sopravvissuto a lungo se non fosse riuscito a intervenire sulle relazioni di potere dotandosi di istituzioni disciplinari e di arti del governo. Ed è soprattutto in quest'ultimo ambito, quello del governo generale della società, che emerge la vocazione biopolitica del potere moderno. Ma anche le discipline possono essere viste come un'articolazione importante del biopotere.

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Cercando di descrivere sinteticamente questi due livelli, ricordiamo in primo luogo che delle discipline Foucault parla soprattutto in Sorvegliare e punire. Esso è un libro sulla nascita del carcere moderno, ma non è solo questo. È anche uno studio sull'affermarsi di quella che Foucault chiama la "società disciplinare". A parte la sfera del sistema penale, gli ambiti principali nei quali - secondo lui - le discipline si sono sviluppate, più o meno tra il XVII e il XIX secolo, sono soprattutto quelli della scuola, dell'esercito, dell'ospedale, dell'officina. È in queste istituzioni che sono state elaborate ed usate delle tecniche rivolte al controllo del corpo dell'individuo mediante sistemi di formazione, di addestramento, di correzione, di costrizione al lavoro, di educazione, di rieducazione, di riabilitazione, di punizione, utilizzando anche delle forme di sorveglianza per lo più discreta e continua.
Quanto alle arti del governo della società moderna, possiamo dire invece che - secondo Foucault - esse cominciano a maturare già a partire dai secoli XVI-XVII, prima attraverso le teorie della ragion di Stato e del mercantilismo, e poi attraverso la "statistica" (o "aritmetica politica"), le scienze di polizia, la medicina sociale, l'economia politica. Se - come abbiamo visto - le discipline rappresentano una tecnologia individualizzante dell'esercizio del potere, le arti del governo tendono soprattutto a garantire il collegamento fra l'attenzione al singolo individuo e il controllo dei processi che riguardano la totalità del corpo collettivo.
Per chiarire in che cosa consistano queste "arti" Foucault sostiene che nella loro formazione è stata decisiva l'attenzione crescente che le scienze dell'amministrazione hanno rivolto ad un oggetto particolare: la popolazione. Le teorie e le scienze del governo (ragion di Stato, mercantilismo, scienze di polizia, economia politica, ecc.), dal XVII secolo in poi, fanno passare in secondo ordine il territorio come oggetto privilegiato del potere statale e attribuiscono un'importanza crescente alla popolazione intesa come risorsa fondamentale per la crescita della potenza di un paese.
Ora, è proprio attraverso questa attenzione alla popolazione che la vita degli individui, considerati singolarmente e collettivamente, si troverà ad essere al centro delle arti del governo. La popolazione, infatti, si presenta innanzitutto come un insieme di esseri viventi; essa costituisce sul piano sociale e politico ciò che la specie è sul piano biologico. Gli individui, d'altra parte, proprio in quanto esseri viventi possono essere concepiti e trattati come componenti essenziali di questa entità collettiva che è la popolazione-specie. Sia la popolazione che gli individui costituiscono, da questo punto di vista, degli insiemi di capacità e di forze che occorre conservare, valorizzare e potenziare per conservare, valorizzare e potenziare la forza complessiva della società. È evidente, perciò, che anche le discipline, attraverso la loro attenzione ai corpi e ai comportamenti dei singoli, possono svolgere la loro importante funzione individualizzante all'interno del quadro totalizzante delle arti di governo.
In definitiva, è su queste basi che nella modernità l'esercizio organizzato del potere rivela la propria vocazione biopolitica, poiché interviene, appunto, nella vita dei singoli e della totalità sociale.

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Quali sono i passaggi più importanti di questa storia?
In una prima fase, tra il Cinque e il Seicento, con le teorie della ragion di Stato (Botero, Palazzo, von Chemnitz) e del mercantilismo (Colbert, Serra, Davanzati, Petty) si afferma un modo nuovo di concepire l'esercizio del potere. Non si tratta più di governare gli uomini ispirandosi alle leggi divine e tentando di ricondurli ad un ordine superiore (San Tommaso). Occorre piuttosto conoscere attentamente la natura specifica di tutto ciò che compone lo Stato e trattarla adeguatamente affinché la sopravvivenza e la prosperità collettive siano garantite e migliorate. Ma queste teorie si distaccano, oltre che dalla tradizione medievale, anche dalle concezioni dei teorici proto-moderni del potere sovrano, come Machiavelli, che individuano lo scopo essenziale dell'esercizio del potere nel mantenimento del possesso del territorio da parte del Principe. Per i nuovi saperi di governo la finalità principale deve essere invece un'altra: quella, appunto, dell'accrescimento della forza dello Stato, prescindendo da chi sia il sovrano che regna. In un certo senso, il governo dello Stato diventa fine a se stesso.
È per simili ragioni che comincia a svilupparsi l'"aritmetica politica" o la "statistica" che rivolge un'attenzione analitica a tutto ciò che fa parte dello Stato. Nasce così un sapere economico-amministrativo profondamente diverso dal sapere politico tradizionale, essenzialmente di tipo giuridico, poiché non si tratta più soltanto di conoscere le leggi umane, naturali o divine, i diritti del sovrano o dei sudditi, ma la potenza dello Stato e i modi di accrescerla. In questo quadro diventa centrale, dunque, il rapporto fra popolazione e ricchezza. Le dottrine economiche del mercantilismo, assumendo l'arricchimento del paese come finalità primaria dell'azione di governo, concepiscono l'aumento della popolazione, al tempo stesso, come un presupposto e come uno scopo di questo arricchimento.

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In una fase successiva, la popolazione non verrà più concepita in un'ottica quantitativa, ma assumerà più chiaramente i tratti della specie vivente. Essa verrà concepita come un insieme dinamico di fattori e di variabili che possono essere modificati e regolati intervenendo sia sulle condizioni materiali ed economiche (produzione, distribuzione e circolazione delle risorse) sia sulle condizioni e sui modi di vivere (attraverso campagne e politiche della salute, dell'alimentazione, dell'ambiente urbano, dell'igiene, ecc.). Storicamente decisivo, da questo punto di vista, è la nascita delle scienze e dei sistemi di polizia, che si verifica soprattutto in Francia e Prussia.
Dai trattati che Foucault prende in esame a tale riguardo (quelli di Turquet de Mayenne, De la Mare e von Justi) risulta che il campo di conoscenza e di azione della polizia è estremamente vasto e articolato. Infatti, specie nel Settecento, per polizia si intende qualcosa di ben più ampio e complesso di ciò che siamo abituati a pensare oggi. Comunque, soprattutto due sono i grandi obiettivi generali che essa si prefigge secondo le "teorie" più avanzate (von Justi): 1) conoscere e determinare le condizioni materiali, morali, sanitarie della vita delle persone; 2) perseguire la sopravvivenza, il benessere e persino la felicità di tutti attraverso la conoscenza e il controllo sulla vita di ciascuno. Particolarmente importante è il fatto che la polizia ha una spiccata vocazione medico-sanitaria. Essa è in gran parte una "polizia medica". Il che dimostrerebbe che con lo Stato di polizia viene inaugurato su vasta scala quello che Foucault definisce processo di medicalizzazione della società, il quale costituirà evidentemente uno dei punti di appoggio fondamentali del biopotere (Su questi temi e sulle arti del governo in generale, di M. Foucault si vedano soprattutto: Sécurité, territoire, population; Omnes et singulatim; La tecnologia politica dell'individuo; Sicurezza, territorio, popolazione).

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Anche nelle epoche seguenti le sorti della vita resteranno al centro dell'esercizio del potere. Ma nel XIX secolo il liberalismo tenterà di alleggerire il peso degli apparati e dei sistemi di governo che in precedenza erano stati creati a questo scopo. Come sappiamo, il liberalismo tenderà a privilegiare la libertà di iniziativa degli individui, riservando apparentemente una minore attenzione alle sorti della collettività. Tuttavia, secondo Foucault, esso non uscirà dalla cornice entro la quale si sono create le condizioni del biopotere, vale a dire dalla concezione del governo come qualcosa che debba garantire una prosperità generale.
Specie da parte degli economisti liberali, il privilegiamento degli interessi e dei diritti individuali verrà concepito, in realtà, come il percorso migliore per garantire la potenza, il benessere e l'arricchimento della nazione, dello Stato o della società. D'altra parte, sviluppando una cultura della spregiudicatezza e del rischio individuale, il liberalismo contribuirà all'esplosione di questioni sociali come la povertà, le malattie, gli infortuni sul lavoro, le rivolte urbane, che riaccenderanno con nuova drammaticità l'attenzione biopolitica alle sorti dei singoli e della popolazione. Soprattutto a partire dalla seconda metà dell'Ottocento, inoltre, si verificherà un'espansione di saperi e di pratiche largamente utilizzabili secondo un approccio biopolitico: psichiatria, antropologia criminale, biologia evoluzionistica, teorie razziste, ecc. Sappiamo bene fino a che punto, nel Novecento, arriverà l'utilizzazione di questo strumentario da parte del nazismo, del fascismo o del socialismo reale (Su questi argomenti, di M. Foucault si vedano soprattuto: Naissance de la biopolitique; Gli anormali; "Bisogna difendere la società").

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Per concludere, che cosa si può dire sulla situazione attuale? Innanzitutto si può ritenere che anche il welfare state, in quanto Stato dell'assistenza e del benessere, è un veicolo del biopotere. Il che non significa che abbiano certamente ragione coloro che vogliono liquidarlo. Questo, piuttosto, vuol dire che la biopolitica bisogna saperla riconoscere in tutte le sue forme e che, per scongiurare i suoi rischi, occorre fare in modo che la cura della vita non comporti la crescita della subordinazione degli uomini agli apparati e ai saperi-poteri che la producono. Quel che è certo, ad esempio, è che proprio nell'ambito delle politiche assistenziali dello Stato sociale nei decenni scorsi sono state praticate decine di migliaia di sterilizzazioni coatte di persone disabili in Svezia, in Francia e persino in Italia.
Del tutto pacifico inoltre, anche se molti governanti attuali preferirebbero ignorarlo, è che tra le forme più pericolose di biopotere oggi si impone soprattutto quella che passa attraverso la chiusura degli ospedali pubblici e la riduzione dei servizi sanitari con criteri meramente contabili. è chiaro che, a partire da simili scelte, si arriva facilmente a fare in modo che la vita di alcuni sia garantita e assistita meglio di quella di altri. Infatti, come dice Foucault nel suo Corso del 1976, il biopotere si distingue dalla sovranità tradizionale perché, mentre questa tende a "far morire e lasciar vivere", il primo mira soprattutto a "far vivere e lasciar morire".
Insomma, proprio perché il biopotere è relativamente indipendente dalle istituzioni della sovranità statale, esso si può riprodurre in molti altri contesti, anche al di là dei limiti dello statalismo e attraverso i meccanismi più "innocenti" del libero mercato, della ricerca scientifica, delle sue applicazioni, ecc.. Oggi, comunque, stiamo passando da un biopotere politicamente imputabile ad un biopotere quasi sempre inavvertito o accettato come ineluttabile. Perciò esso, insieme ai suoi rischi, ormai va scoperto e analizzato in tutto quell'insieme inedito di questioni che ci cadono addosso continuamente: non solo nel riesplodere periodico delle lotte interetniche, ma anche nei problemi posti dalle biotecnologie, dalla manipolazione genetica, dalla diffusione e dall'uso spregiudicato dei farmaci, degli psicofarmaci, delle sostanze dopanti, delle droghe naturali e sintetiche, dalle epidemie imprevedibili come l'AIDS o la SARS, dalle malattie provocate dall'irresponsabilità dei soggetti economci (come la "mucca pazza"), dalla questione ecologica, dalle violazioni dei diritti del corpo e della vita che si consumano nei nuovi lager per immigrati, dalla guerra preventiva delle superpotenze, dal terrorismo e dal bio-terrorismo dei petrolieri orientali in lotta con i loro antagonisti occidentali.
Tutto questo non significa che il biopotere sia una sorta di visione del mondo passepartout, ma che costituisce - come avrebbe detto Foucault - una "griglia di intelligibilità del presente" che possiamo usare finché produce comprensione del mondo in cui viviamo. Di sicuro, ciò che esso ci consente di capire è che oggi, insieme alla vita, anche la libertà è sempre più in gioco in tutti questi giochi che, fino a qualche tempo fa, non avremmo immaginato si sarebbero mai giocati.


Riferimenti principali
- G. Agamben, Homo sacer. Il potere sovrano e la nuda vita, Einaudi, Torino 1995;
- L. Cedroni, P. Chiantera-Stutte (a cura di), Questioni di biopolitica, Bulzoni, Roma 2003;
- M. Foucault, Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, Einaudi, Torino 1976;
- Microfisica del potere, Einaudi, Torino 1977;
- La volontà di sapere, Feltrinelli, Milano 1978;
- Difendere la società. Dalla guerra delle razze al razzismo di Stato, Ponte alle Grazie, Firenze 1990;
- La tecnologia politica degli individui, in Tecnologie del sé, Bollati Boringhieri, Torino 1992, pp. 135-153;
- "Bisogna difendere la società", Feltrinelli, Milano 1998;
- L'etica della cura di sé come pratica di libertà, in Archivio Foucault, 3, 1978-1985, Feltrinelli, Milano 1998, pp. 273-294;
- Sicurezza, territorio, popolazione, in I corsi al Collège de France. I Résumés, Feltrinelli, Milano 1999, pp. 75-80;
- Gli anormali. Corso al Collège de France (1974-1975), Feltrinelli, Milano 2000;
- Omnes et sigulatim. Verso una critica della ragione politica, in Biopolitica e liberalismo. Detti e scritti su potere ed etica, 1975-1984, Medusa, Milano 2001, pp. 108-155;
- Sécurité, territoire, population. Cours au Collège de France. 1977-1978, Gallimard - Le Seuil, Paris 2004;
- Naissance de la biopolitique. Cours au Collège de France. 1978-1979, Gallimard - Le Seuil, Paris 2004;
- R. Esposito, Il nazismo e noi, "Micromega", n. 5, 2003, pp. 165-174;
- Bios. Biopolitica e filosofia, Einaudi, Torino 2004;
- A. Heller, S. Puntscher Riekmann (Eds.), Biopolitics. The Politics of the Body, Race and Nature, Avebury, Aldershot-Brookfield 1996;
- A. Negri, M. Hardt, Impero. Il nuovo ordine della globalizzazione, Rizzoli, Milano 2002.

* In questo articolo viene riproposto, con lievi modifiche e con l'aggiunta di alcuni riferimenti bibliografici, il testo della relazione letta dall'autore al Convegno sul tema "Teatri di libertà - Lo scenario del potere in Euripide e Foucault", promosso dal Liceo classico "C. Sylos" di Terlizzi, in occasione del ventesimo anniversario della morte di Michel Foucault, il 31 maggio 2004.

gennaio - aprile 2005