Daccordo,
ci parliamo attraverso le pagine di una rivista, qui presentiamo le nostre
esperienze, le definiamo, le analizziamo, troviamo un terreno comune anche
per poter usare i termini con un significato chiaro e condiviso. Da un
certo punto di vista turismo responsabile è unespressione
su cui possiamo convenire tutti senza troppa riflessione, poiché
il primo termine è noto da più di un secolo e da vari decenni
declinato secondo il modello della società dei consumi e del concetto
di tempo libero; quanto al secondo è più indefinito semanticamente
ma riferibile alla propria esperienza, poiché ognuno sperimenta
una sua responsabilità particolare, verso gli obblighi lavorativi
o la famiglia o limpegno assunto nei campi più vari. Dunque
per non restare nel vago possiamo arrivare ad una definizione per
contrasto, ovvero deve esistere un turismo IRRESPONSABILE, contrario
alletica, a un qualche dovere, agli obblighi di rispetto
Qui comincia dunque lambito problematico, ove occorre la presa di
coscienza. Eppure dopo lo stress del lavoro, linfluenza del pargolo,
la ricerca della badante per il nonno, il nostro livello di analisi non
è brillante, abbiamo solo voglia di relax, un bel posto, un bellalbergo,
camerieri efficienti, angoli romantici, svago e ozio come banalmente suggerisce
letimologia della parola vacanza. Dunque non ci accorgiamo
dellimpatto ambientale che noi villeggianti produciamo in quel luogo
fascinoso e solatio, non ci chiediamo dove finisca la nostra spazzatura,
quanto siano pagati quei camerieri, da dove viene lacqua della grande
piscina, a chi vanno i soldi che la vostra famigliola spende per le dorate
ferie. Si può pensare che se si visita il Marocco quei profitti
vadano ai Marocchini, se si sta in Thailandia ai Tailandesi
etc
etc.
In realtà le cose non stanno affatto così, e qualsiasi viaggiatore
mi stia leggendo può verificare se i luoghi toccati dal turismo
di massa negli anni non siano mutati, perdendo un po del loro aspetto
primigenio, per diventare un più affollati, un po più
sporchi, un po più globalizzati, un po meno autentici,
un po più cementificati. Se si trattasse solo di questo,
delle conseguenze normali della pressione demografica e delle
spinte al consumo, il danno sarebbe ancora circoscritto. Ma la cosa è
ben più grave. Si parla pochissimo di turismo sessuale ma di fatto
ha cambiato leconomia e lo stile di vita di intere regioni, con
una tragica eredità di mercificazione e sfruttamento di cui tanti
Europei e in particolare molti Italiani sono responsabili, proprio il
contrario dellidea astratta per cui arricchirsi equivale ad emanciparsi,
secondo il luogo comune beota che accompagna la celebrazione delleconomia.
Anche senza il verificarsi di così terribili emergenze, nel migliore
dei casi il contatto con un modello culturale proposto come vincente ha
prodotto nei paesi poveri processi imitativi che contribuiscono a destrutturare
le già precarie economie del luogo e soprattutto scardinano alcune
regole vigenti nelle società tradizionali che attraverso tali regole
magari incomprese o invise alloccidente si autotutelano.
La necessità di risorse idriche per i grandi villaggi, alberghi
etc. ha fatto sì che esse venissero strappate alle comunità
che ne avevano prima beneficiato, in omaggio agli interessi di lobby potentissime
contro le quali le organizzazioni per la tutela degli abitanti nulla possono.
Queste lobby sono tutte statunitensi ed europee (i Francesi sono al 2°
posto come fatturato e quantità di strutture), in minor misura
anche australiane, a conferma del fatto che piove sempre sul bagnato e
che, per esemplificare, ben poco si avvantaggiano i Senegalesi dei magnifici
club balneari delle loro coste, anzi vicino a Dakar cera un lago
che diventò negli anni 90 discarica a cielo aperto dove confluirono
rifiuti di provenienza tedesca, e quanto al personale di servizio affaccendato
intorno ai bungalow dei villaggi per vacanze, percepisce paghe da fame,
basta chiedere per verificare. Nonostante la ricchezza paesaggistica che,
sfruttata in modo razionale ed ecocompatibile, fornirebbe prospettive
di lavoro in ambito turistico, comè noto il Senegal vive
grazie ad altro e soprattutto per le rimesse dei migranti. Se vogliamo
riprendere altri esempi, visto che la rivista ospita spesso articoli relativi
al tema dellacqua, è bene sapere che in Birmania campi da
golf e hotel sopravvivono a discapito dei locali, costretti a rinunciare
alle proprie risorse idriche e addirittura secondo molte fonti
a vere e proprie corvèes per la costruzione di strutture
turistiche, fatto che ha fornito motivo per la campagna di boicottaggio
contro il turismo in Birmania sulla quale in internet vi è ampia
informazione. Comunque lirresponsabilità, loffesa allambiente,
lo sfruttamento irrazionale delle risorse, la scarsa ricaduta sulle economie
locali non sono conseguenze del turismo solo in luoghi lontani dove governi
autoritari e complici si prestano alle grandi manovre di chi
detiene i maggiori profitti: se là è realtà ben duttile,
come sostiene leconomista W. Andreff, che documenta lazzeramento
delle nazionalizzazioni delle multinazionali da parte dei P.V.S. e il
moltiplicarsi dei processi di privatizzazione dal periodo degli anni 70
fino ai 90 (cfr.: Le multinazionali globali ASTERIOS
edizioni, Trieste, 2000), anche più vicino a noi, in ogni senso,
è verificabile qualche fenomeno analogo.
Questestate a Lanzarote, percorsa ormai da milioni di turisti come
tutte le Canarie, dotata di un aeroporto che ha aumentato a dismisura
la quantità di voli negli ultimi anni, ho provato a osservare con
attenzione e sono nate spontanee alcune domande.
Dove vanno a finire queste montagne di spazzatura? Che non è differenziata
perché il turista porcello butta tutto ovunque, in spiaggia, sugli
scogli, sui marciapiedi, nei giardini, nei solchi di scolo dellacqua
piovana, in mare,
. Anche sub e pescatori sembrano qui non guardare
molto alla pulizia del loro amato mare in omaggio al concetto che tanto
lAtlantico lava via tutto.
La seconda domanda è: esistono abitanti dellisola che siano
riusciti a mantenere unintegrità di comunità con un
proprio profilo socio-culturale? Hanno un peso nella gestione delle attività
legate al turismo, o tutto è in mano ai tour operator, alle grandi
lobby che detengono villaggi, alberghi, affitti periodici e altre attività
di sicuro profitto? Certo è che le suddette lobby in questo luogo
dove ogni anno si avvicendano tanti turisti con un immaginabile impatto
ambientale, contribuiscono per nulla allo smaltimento dei rifiuti, alla
tutela ecologica, e piuttosto sembra che usino e riusino senza pensare
a quando lecosistema dellisola comincerà a portare
i segni dello sfruttamento. Tutte le mie domande sono ad ora senza risposta.
Quando ho provato a chiedere allassistente in loco del tour operator
se Lanzarote avesse una discarica, e se non pensasse che -visti i profitti
ottenuti- le aziende del settore dovessero far qualcosa per lambiente
mi ha guardato come un marziano, dicendo che queste cose le deve fare
lo Stato. Dunque anche in territorio spagnolo lazienda fa profitti
e inquina e lo Stato deve trovare altrove i soldi per disinquinare, sempre
sperando nella sensibilità di chi amministra
.!
Per tornare allora alla definizione di turismo responsabile, chiariti
questi aspetti, occorre dire che esso è ancora uno stile di consumo,
come tale ha una sua genesi, una storia che si rifà al consumo
critico, al valore attribuito da un intero movimento alle conseguenze
dei propri gesti, al che cosa cè dietro quel
che acquisto, mangio, bevo,indosso, e infine anche dietro al mio viaggiare.
Se alla fine degli anni 60 nasce lesigenza di un commercio
equo e solidale va da sé che linput nuovo, il mutamento di
prospettive legato al consumo critico, pian piano dilaga fino a toccare
altri terreni; e vero è che diventiamo più sensibili man
mano che la globalizzazione procede nel male e nel bene, mentre la mobilità
contribuisce ad evidenziare certi danni, mentre il bombardamento mediatico
su determinati fenomeni induce fastidio e desiderio di altre risposte
meno facili e meno collaudate. Allo stato attuale non sono pochi in Italia
coloro che animano gruppi di vario tipo e organizzano viaggi responsabili:
le associazioni sono quasi una cinquantina, con un incremento rilevante
nellultimo biennio e per lo più riunite nel consorzio di
A.I.T.R. (Associazioni italiane di turismo resp.). Sono basate sul volontariato,
mai lucrative, legate talora ad esperienze di base o politiche, talora
ad O.N.G. o a cooperanti nel 3° mondo, talora operanti nel nostro
Sud per recuperare un patrimonio minacciato da varie emergenze sociali,
però riescono a mobilitare circa 500 viaggiatori annualmente, cifra
ben lontana dalle centinaia di migliaia che quotidianamente si affidano
alle agenzie e al circuito tradizionale, capaci dunque di direzionare
milioni di clienti secondo quote variabili di anno in anno. Dunque qualcuno
definisce la nostra modalità come un fenomeno di nicchia, e tuttavia
non va taciuto che sempre di più sono gli utenti che si collegano
ai siti di queste associazioni, sempre di più sono coloro che chiedono
ragguagli e momenti di incontro su tale tematica, non pochi quelli che
si mostrano stanchi di una tipologia di viaggio preconfezionata e inadatta
a chi guarda con senso critico il mondo circostante. E importante
considerare che chi sceglie questo approccio non si limita a visitare
luoghi, fare bagni, scattare foto, vedere meraviglie della natura e dellarchitettura:
incontra e parla, osserva da vicino la relazione tra Sud e Nord del mondo,
conosce da vicino produttori, cooperative locali, insegnanti, medici,
protagonisti piccoli e grandi di realtà associative e antagoniste,
promotori di esperienze di autogestione in campo rurale ecc. ecc.
Il rifiuto di avvalersi delle grandi catene del turismo di massa promuove
lautoorganizzazione delle comunità per offrire servizi di
accoglienza su piccola scala, permettendo il sostentamento di molte famiglie
escluse dal circuito economico che fa capo ai grandi tour operator. Il
rifiuto del viaggio organizzato incentiva la conoscenza reciproca,
lempatia, la solidarietà entro i piccoli gruppi che normalmente
partono per questo tipo di turismo, e si ha loccasione di vedersi
una prima volta nella riunione preparatoria, utile a definire lorganizzazione,
e a fornire informazioni secondo le esigenze emerse nel gruppo. Il rifiuto
di muoversi entro il dualismo struttura-escursione, dentro-fuori,
permette unosservazione privilegiata del modus vivendi locale, per
comprendere cultura e tradizione. Il rifiuto di aderire alla proposta
dellagenzia viaggi, firmando moduli e assegni senza entrare nel
merito della distribuzione delle uscite, permette al viaggiatore di interagire
con lorganizzazione e di avere totale trasparenza poiché
la composizione del prezzo è descritta e una parte delle quote
versate va a beneficio di un progetto di emancipazione o solidarietà
sociale visionato durante la vacanza stessa.
Sulla base di tutto ciò, movendoci dunque in un ambito di idealità
e possibilità, ma sperimentando una proposta attiva e mutevole,
capace di evolvere e aggiungere, di controllare i progetti, di studiare
nuove mete, coinvolgere nuovi soggetti, le associazioni italiane di turismo
responsabile hanno partecipato al Forum Sociale Mondiale dalla seconda
edizione e al Forum Sociale Europeo dalla prima; hanno collaborato sempre
con il commercio equo e con le esperienze di consumo critico di altri
paesi, hanno ricercato forme di finanza alternativa e partecipato a progetti
di microcredito importanti, hanno fatto pressioni su varie associazioni
non direttamente coinvolte per promuovere informazione e radicarsi sul
territorio. Nonostante questi motivi di soddisfazione è ovvio che
il cammino è ancora lungo, che 500 persone non sono una quota su
cui assestarsi, che esistono limiti alla proposta insiti nel fatto che
le associazioni si affidano al lavoro volontario, non fruiscono di grandi
canali di promozione, non coinvolgono grandi firme del giornalismo, non
possono permettersi pubblicità in grande stile. Promozionare un
viaggio senza manifesti, annunci, modalità consuete e differenziate
in uso per le aziende è faticoso : occorre cercare sedi opportune
per gli incontri, volantinare, fare il passa-parola per la serata di presentazione,
poi una non basta, e allora devi ritrovare modi, tempi, spazi per altre
serate. A volte poi è difficile sintonizzarsi in anticipo su quanto
richiesto dai viaggiatori. La mia associazione è stata assediata
dalle richieste per il Perù mentre altre mete sono meno gettonate,
nonostante la cura e le energie profuse in ugual misura per la riuscita
di tutti i percorsi. Abbiamo ad esempio la proposta di un viaggio in Senegal
particolarmente interessante, studiato con lausilio di una comunità
di assistenza ai migranti della nostra città: il viaggio tocca
luoghi suggestivi ma affronta anche la periferia della capitale, qui si
incontrano realtà di base tese a ridurre il danno in un quartiere
povero, inondato nell89, con problemi legati alla scolarizzazione
e alla malnutrizione e dunque sede di progetti diversificati. Anche in
ambito rurale si vanno a visitare comunità contadine organizzate
per contrastare il depauperamento in atto. Non mancheranno le spiagge
famose, il Sine-Saloum con il suo delta, la bellissima Saint Louis e persino
2 giorni in Gambia. Eppure, dopo il tempo speso per definire questo lungo
e poliedrico percorso, per i contatti con le O.N.G. e gli accordi con
le comunità, la stesura di una guida cartacea con la storia del
paese, la descrizione dei luoghi etc., ebbene la proposta non ha avuto
ad oggi alcun successo. Ci sono talora fattori imponderabili che giocano
nel determinare tutto ciò, noi non facciamo indagini di mercato
secondo le pratiche di marketing. Talvolta anche i viaggiatori più
coscienziosi hanno, pur senza saperlo, una loro idea astratta fatta di
esotico e curioso , per la quale Machu Pichu è più
seduttivo del Golfo di Guinea, i resti precolombiani più spettacolari
di una foresta di baobab.
Per quanto tutti noi cerchiamo di essere rispettosi, di non produrre rifiuti,
di ascoltare, di informarci, di capire, resta il fatto che andremo in
Perù e faremo subito 50 foto a raffica per lesaltazione di
ciò che vediamo, dimenticando che in quel luogo un paio
di rullini fotografici costa quanto un mese di stipendio (Andare
a quel paese di D.Canestrini )
Non sarà dunque il turismo responsabile a salvare il mondo, non
fornirà molte risposte se siete tra coloro che cercano. Il divario
tra Nord e Sud, in casa nostra o nel pianeta, non sarà colmato;
la nostra azione non sarà benemerita. Però CONOSCEREMO,
e torneremo con varie pagine in più nel libro delle nostre esperienze.
Anche la vita dellassociazione può essere coinvolgente, perché
organizzare viaggi, parlare con chi vive altrove, sapere cose che nessun
giornale ti dice, vedere la soddisfazione di chi torna, sapere che qualcuno
conta su di te e sul progetto intessuto insieme, ebbene non è cosa
di poco conto. La nostra associazione è nata ad esempio per liniziativa
di una donna che aveva sempre dato molto nellimpegno politico e
sociale e ha trovato in questa attività una dimensione non sempre
coerente con le dinamiche già vissute negli altri ambiti, uno stimolo
rispetto al quale non ha voluto esimersi, anche quando la novità
sorprendeva e spiazzava. Questesperienza può aiutarci a capire
e a tirare le somme: dunque questo aspetto, cognitivo ed esperienziale
insieme, al tempo stesso dotato di concretezza e di forza ideale, circoscritto
ai piccoli numeri ma capace di incrementarsi, solido per alcuni effetti
ottenuti e nebuloso per la brevità dellesperienza, questa
poliedricità che coinvolge laspetto etico e la sostenibilità
economica, i criteri ben definiti secondo cui operare e la fantasia scaturita
dalle singole occasioni, questo polimorfismo del turismo che
è responsabile, sociale, ecologico, politico, solidale, rende percorribile
la strada che abbiamo scelto, certo non esente da errori ma capace di
un futuro. A conferma di ciò invito i lettori che vogliamo più
notizie a verificare quanto vario sia il mondo del turismo responsabile,
quante tipologie di associazioni e quanti diversi metodi di lavoro siano
agibili, pur allinterno di un protocollo definito che garantisca
i criteri di eticità validi per noi tutti.
Per una
bibliografia sullargomento cfr. il sito nazionale dellA.I.T.R.
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settembre - dicembre 2004 |