Forse non
sono in molti a sapere che da un anno a questa parte cè
un certo fermento nel mondo politico, sindacale e dellassociazionismo
professionale docente e dirigente: il problema intorno a cui ci si arrovella
è dei più intricati. Ha nomi vari e seriosi: stato
giuridico degli insegnanti, statuto dei diritti degli insegnanti, sviluppo
e articolazione della professione docente. Ma stringi stringi, gratta
gratta, si riduce alla domanda: è possibile progettare anche
per i prof una carriera che preveda un avanzamento ed inquadramento
economico non esclusivamente legato allanzianità, con ruoli
e responsabilità diversificati, che ponga fine alla deriva impiegatizia
- cui decenni di omologanti pratiche concertative e di integralismo
egualitarista ormai demodé lavrebbero abbandonata - di
una categoria di professionisti in crisi per la progressiva marginalizzazione
del mandato sociale annesso alla propria funzione, oltre che per la
esiguità della propria retribuzione, soprattutto se confrontata
a quella della maggior parte dei colleghi europei ?
Sì, senza dubbio. Stando a due diversi - ma non del tutto differenti
negli intenti che perseguono - disegni di legge presentati dalla maggioranza
e a tuttoggi in discussione nella VII Commissione della Camera(1).
Forse sì, ma non troppo. Ovvero: se ne può discutere,
con calma. Se, invece, si legge il documento presentato dalla Commissione
costituita alla bisogna in applicazione dellart. 22 dellultimo
contratto lavoratori scuola(2).
*
* *
Per vederci
un po più chiaro, è necessario fare uno ( o più
passi) indietro.
E risalire alla legge delega 477/73 e al DPR 417/74(3) per ritrovare
lultimo stato giuridico degli insegnanti. Da allora altre leggi
sono intervenute che hanno arricchito e, perciò, in parte modificato
il quadro normativo entro il quale si definiva la funzione docente(4).
Si tratta di una legislazione che, in buona sostanza, riconosce solo
alla legge (e ad atti normativi che ne siano consequenziali) il compito
di intervenire su questioni pertinenti lo stato giuridico che abbiano
attinenza con aspetti organizzativi della pubblica amministrazione.
E che, parallelamente, nel ribadire i vincoli organizzativi relativi
ad ampi settori del pubblico impiego, hanno ridefinito i principi generali
della professione docente ed i limiti di manovra per gli accordi di
tipo contrattuale (che dovrebbero ridursi, come per gli altri ambiti
del pubblico impiego, a questioni regolative della retribuzione, dei
tempi, delle assenze, della modalità delle prestazioni lavorative,
della mobilità, ecc.): limiti che, per la funzione docente, risulterebbero
invece ignorati dalla prassi contrattuale degli ultimi anni. La quale
avrebbe finito con lincidere profondamente sullo stato giuridico,
modificandone radicalmente la natura(5). In altri termini, le previsioni
pattizie avrebbero non solo ignorato norme di rango superiore ma, arrogandosi
una potestà regolamentare che loro non competerebbe, avrebbero
illegittimamente sconfinato in un terreno che è tutto di competenza
parlamentare.
E in gioco in effetti una questione assai delicata che attinge
a rigore la necessaria considerazione di due norme costituzionali: lart.
33, che tutela la libertà dinsegnamento, e lart.
97, che espressamente riserva alla legge lorganizzazione dei pubblici
uffici, in modo da assicurare il buon andamento e limparzialità
dellamministrazione. Ora, un contratto che entri nel merito di
questioni come lidentità e leventuale unicità
della funzione docente, le procedure di reclutamento, i criteri con
i quali costruire eventuali sviluppi e articolazioni di un profilo professionale
di forte rilevanza pubblica, non solo sottrae al Parlamento, espressione
formale della sovranità popolare, un ambito di sua esclusiva
competenza, ma, quel che è più grave, rischia di deformarsi:
da strumento, qual è, della statuizione di diritti e doveri trasparenti
e condivisi di una categoria di lavoratori responsabili di assicurare
la fruizione di uno dei diritti fondamentali della cittadinanza democratica
(listruzione), nellespressione di interessi corporativi
(quando pure coinvolgano lintera categoria) o perfino sub-corporativi
(quando, invece, in nome della maggiore rappresentatività
di alcune forze sindacali, vengano composti senza unadeguata consultazione
della base ed in preda ad euforia da eccesso di delega sindacale(6)).
*
* *
E,
dunque, del tutto evidente che la delicatezza delle questioni di statuto
professionale sopra elencate esiga che ad occuparsene sia lattività
legislativa parlamentare(7). Che è tenuta a riferirsi trasparentemente
al rispetto delle norme costituzionali. Diversamente, qualunque altra
sede o organo di definizione dello stato giuridico non sarebbe al riparo
dal rischio - indotto dal determinarsi estemporaneo dei rapporti di
forza o dalla minore visibilità istituzionale - di svuotare di
sostanza aspetti basilari della funzione docente come la libertà
dinsegnamento, al di là di riconferme tanto rassicuranti,
quanto meramente formali.
Da qui, da queste considerazioni di metodo, si gioca la partita del
merito dello stato giuridico. Di quale libertà dinsegnamento,
per quanto solennemente assicuratagli, potrebbe mai godere il docente
che si vedesse, per esempio, reclutato per chiamata diretta dal dirigente
scolastico o dal consiglio distituto e sapesse il proprio contratto
altrettanto direttamente suscettibile di risoluzione in qualunque momento?
E fuori discussione che senza stabilità e sicurezza nel
rapporto di lavoro, senza chiarezza ed imparzialità nelle procedure
di reclutamento, ogni affermazione di rispetto della libertà
dinsegnamento si riduca ad un verbosa burla della costituzione
oltre che della dignità umana di una categoria di lavoratori
che i due disegni di legge citati subdolamente dichiarano, invece, di
voler professionalizzare.
Nel loro assai simile articolato essi prevedono, tra le altre cose,
niente di meno che:
la funzione docente si articoli in tre distinte funzioni di docente
tirocinante, ordinario, esperto, al quale ultimo
spetti la responsabilità di curare la formazione iniziale (tutoring)
ed in servizio (counseling) dei colleghi; il coordinamento e
la gestione di gruppi di progetto e di dipartimenti; il governo della
programmazione curricolare e delle procedure di valutazione di essa;
nonché di collaborare con il dirigente scolastico e di sostituirlo;
al grado gerarchico più alto si acceda tramite formazione
e concorso inteso ad accertare il possesso dei requisiti culturali e
professionali individuati sulla base di precisi criteri anche
di carattere accademico ovvero di altrettanto precisi
ma parimenti non meglio precisati standard;
la progressione economica e di carriera sia
subordinata alla valutazione e verifica delle prestazioni
di ogni docente (merit pay);
sia istituito un albo nazionale dei docenti del Sistema
nazionale distruzione (leggi statale e privato)
gestito da organismi tecnici rappresentativi della funzione
docente;
la contrattazione relativa agli insegnanti si esplichi in unarea
autonoma della docenza e, di conseguenza, siano soppresse le RSU a livello
di istituzione scolastica;
la libertà dinsegnamento, naturalmente,
insieme con lautonomia dei docenti, continui ad assicurare il
pluralismo nonché la qualità e lefficacia
della prestazione professionale;
a definire le norme in dettaglio abbia mano libera non, come
invece dovrebbe in base alle considerazioni sopra svolte, il dibattito
parlamentare, bensì un regolamento adottato su proposta
del Ministro dellIstruzione e di quello per la Funzione Pubblica,
dintesa con la Conferenza unificata e sentite le competenti commissioni
parlamentari.
Niente male, bisogna ammetterlo. Ce nè abbastanza per esautorare
completamente il ruolo dei sindacati e conseguire effetti ben più
diabolici di quelli che già si sono dispiegati nellapplicazione
della legge 62/2000 che istituisce la parità scolastica: saranno,
in futuro, le scuole statali a rendersi finalmente paritarie nella organizzazione
e nella gestione a quelle
non statali!
Se avessimo qualche tenue dubbio a riguardo, provvederebbe prontamente
ad alimentarcelo la bozza(8) del decreto attuativo dellart. 5
della sua legge di riforma che il Ministro Moratti ha reso pubblico
nel luglio scorso: dove (art. 3, Accesso allinsegnamento)
si lascia intendere che lalbo dei docenti sarà lo strumento
in base al quale si procederà alla chiamata diretta dei docenti,
in barba a valori fondanti della pubblica amministrazione come la trasparenza
e limparzialità: il cerchio aperto a suo tempo dai due
DdL si chiude armoniosamente con la bozza della Moratti.
Non sfugge, perciò, che se questo dispiegamento di proposte di
leggi e decreti si traducesse nel vigore di atti normativi, farebbe
registrare un lungo, lunghissimo passo avanti nella svolta aziendalistica
che il Governo Berlusconi sta imprimendo al sistema di istruzione e
formazione, alla quale, tra laltro, ben saddice il richiamo
che i due DdL fanno al criterio del merit pay nella gestione
delle carriere: criterio che già sperimentato negli USA si è
rivelato fallimentare, sì che non è più stato riproposto(9).
Va, in ogni caso, reso onore al merito di un Governo che sa imprimere
un forte senso di strategia politica a proposte normative apparentemente
lontane tra loro, in quanto non immediatamente interrelate, e pur così
perfettamente combacianti con il progetto di smantellamento neoliberista
della scuola statale, come dellintero stato sociale.
Fa, invece, un certo effetto, il fatto che un simile progetto trovi
insospettate sponde in intellettuali evidentemente bipartisan
(come Roberto Maragliano, Luisa Ribolzi, Silvano Tagliagambe, Vittorio
Campione, noti per essere stati a suo tempo figure di punta dellempireo
berlingueriano) capaci, però, di elaborazioni assai partisan
ad ogni cambio di maggioranza. In un interessante documento del settembre
2003, questi Saggi, solitamente abili nel tenere i piedi in due staffe
mentre discettano di varia umanità scolastica, in materia di
reclutamento e di carriera docente, invece, le perdono e, dando voce
al buonsenso, la cantano chiara una volta per tutte. E propongono lantica
ricetta della privatizzazione totale del rapporto di lavoro come lunica
in grado di mettere fine ad una serie ben nota di distorsioni(10).
Che altro non sono sembrerebbe - se non quelle fisiologiche discrasie
di un sistema che, nel reclutamento e nella gestione del personale,
sattiene più che a flessibili pratiche deregolatorie e
devolutorie, ancora a quelle, evidentemente ormai in via di desuetudine,
della trasparenza, della equità e della omogeneità a livello
nazionale.
A fronte dellinesausto attivismo riformatore che anima gli ambienti
della Destra e quelli ad essa organici del Buonsenso, sobria e prudente
appare la ricognizione condotta su ipotesi di sviluppo
di carriera che si legge nelle pagine del documento, di cui sè
già fatto cenno, prodotto dalla Commissione costituita in applicazione
degli impegni contrattuali: si direbbe, senza che ciò appaia
denigratorio, tutta centrata sulla valorizzazione dellesistente.
E fortemente condizionata dalla esplicita volontà sindacale di
procedere ad una capillare consultazione della base prima di formulare
qualunque proposta definitiva (
concorsone docet!). Deve, inoltre,
aver pesato sullattitudine meditativa e ricognitiva
del documento la preoccupazione realpolitica del governo, nellimminenza
delle ultime elezioni amministrative, di abbassare i toni di un conflitto
che si andava facendo aspro con una categoria di notevole peso elettorale.
Colpisce nella ricognizione, oltre che lenfatizzazione
della unicità della funzione docente (che, tuttavia, non si chiude
in un aprioristico rifiuto di unarticolazione meramente organizzativa
in ulteriori funzioni comunque tutte interne alla prima), il marcato
riferimento allanzianità di servizio come indicatore di
esperienza da valutarsi, perciò, in qualunque ipotesi di carriera.
Inoltre, il forte richiamo allimportanza del lavoro che
si svolge in classe con i ragazzi; il desiderio di ricercare
strumenti con cui valutare crediti professionali (incarichi ricevuti,
impegno nella ricerca e nella sperimentazione certificati dalla stessa
istituzione scolastica e validati da costituendi organi superiori) e
crediti formativi in cui sia evitata la dominanza di una formazione
solamente accademica; la proposta di anticipare a 25 anni
il raggiungimento del massimo di carriera, contro i 35 attuali, nonché
di consentire luscita e il rientro nellinsegnamento per
svolgere attività di ricerca presso gli IRRE, lUniversità,
ecc.; limportanza annessa alla necessità di reperire finanziamenti
aggiuntivi rispetto allesistente, con i quali sostenere fattivamente
la messa in opera di qualunque progetto di carriera.
Non si può dire che le proposte manchino dinteresse: tanto
più, quanto più rimarcano la propria vocazione orientativa.
Ciò che le rende suscettibili, dopo adeguato dibattito anche
con la categoria, di essere respinte in blocco o corrette e tradotte
eventualmente in un dettagliato progetto di legge che segua itinerari
dapprovazione tutti parlamentari. Tutti costituzionali.
Non vè, invece, nulla, nel documento, del piglio frettoloso
e deliberativo che mettono i due DdL nellescludere gli insegnanti
e il Parlamento dalla discussione e nel delegare la sostanza della innovazione
a un regolamento governativo. Solo per questo essi andrebbero fortemente
osteggiati dalla categoria. Quanto al dibattito parlamentare, esso è,
evidentemente, un peso ormai intollerabile per uomini usi alla silente
obbedienza dei consigli damministrazione aziendali, invece che
al chiacchiericcio vacuo ed improduttivo della democrazia costituzionale.
*
* *
Ma, la
definizione di un nuovo stato giuridico dei docenti ha davvero assunto
i caratteri di tale urgenza?
In altre parole: i prof hanno proprio bisogno di una nuova carriera?
E, prima ancora: si può parlare di una carriera di struttura
gerarchica per i prof?
Parlare di carriera intesa come una serie di tappe in successione ascendente
(secondo criteri dincremento lineare delle responsabilità
professionali e dellinquadramento economico) che si percorrano
attraverso lattestazione di determinati livelli di prestazione
lavorativa nellambito della classe, del profitto conseguito
dagli alunni, della crescita umana e culturale che in essi si è
riusciti a produrre, significa parlare di una professione e di un orizzonte
di espletamento della stessa che si ignora o si finge di ignorare. Non
è possibile individuare criteri oggettivi sui quali costruire
la carriera, se questi criteri sono da tararsi in vista della osservazione
e della misurazione delle capacità didattiche, nel
senso della capacità di attivare specifici processi di formazione
che con deterministica inesorabilità conseguano i prodotti attesi
(crescita culturale ed umana degli studenti). Non è possibile:
perché nessun ambito di attività professionale probabilmente
è, al pari di quello dellinsegnamento, così articolato,
complesso, attraversato da luci e da ombre, refrattario a qualunque
procedura di misurazione quali-quantitativa. Il che, è chiaro,
dipende dal fatto nel lavoro in classe (che poi quello in cui prioritariamente
si identifica e si definisce la funzione docente) il docente è
colui che mette in atto un processo senzaltro intenzionale, la
cui gestione, tuttavia, non ricade totalmente sotto il controllo di
chi lha promosso: poiché accredita un ruolo di co-gestione,
magari inconsapevole, al destinatario del processo medesimo. Linsegnamento
è, insomma, un atto comunicativo che corresponsabilizza la persona
del ricevente. Il prodotto che ne risulta quale che ne sia la
qualità è sempre ampiamente condizionato da fattori
contestuali di natura psicologica, affettiva, relazionale, ambientale,
socio-economica non mai completamente integrabili nellorizzonte
che descrive il dominio operativo del docente: e, dunque, quello della
sua responsabilità. Certo doverosamente integrati nellorizzonte
di senso che ogni mediatore di cultura e di formazione impone alla serietà
del proprio lavoro.
Dunque, a rigore, la risposta è no, non si può. Eppure,
i membri dellattuale maggioranza si sbracciano a discutere di
carriera. Anche se lo fanno per motivi differenti da quelli dichiarati:
ma pure facilmente congetturabili.
Innanzitutto, il tipo di carriera che essi vanno sbandierando presuppone
unorganizzazione di struttura fortemente verticistica. Da una
parte, perciò, si ha laria di offrire ad una categoria
di lavoratori in crisi per la non recente caduta della propria condizione
economica e del proprio prestigio sociale il miraggio di un mutamento
di status che finalmente la riscatti da quella che viene prospettata
come una condizione di umiliante uniformità verso il basso; dallaltra,
si creano le premesse perché, in sede contrattuale, il costo
dellistruzione e della formazione incida sempre meno sul bilancio
dello stato: cospicui incrementi retributivi spetterebbero, allora con
lavallo della legge, solo ai pochissimi che riuscissero ad infilarsi
nellimbuto stretto della carriera e a proiettarsi verso i vertici
della piramide del personale. La massa, invece, non potrebbe che accontentarsi
degli esigui incrementi, consuetamente insufficienti a compensare persino
la perdita dacquisto delle retribuzioni prevista dallinflazione
programmata: nella speranza, però, del futuro riscatto dal grigiore
delluniformità e dellassunzione nella ristretta cerchia
degli yuppies ex cathedra.
Insomma, è proprio necessaria una carriera di taglio aziendal-dirigistico
per i docenti? Non sarebbe più logico prima valutare lopportunità
di dare alla scuola unorganizzazione diversa per migliorarne il
servizio e solo successivamente quando cioè si sia eventualmente
appurato che lunico modello organizzativo in grado di assicurare
limplementazione della qualità del servizio richiesta sia
quello di impianto verticale e dirigistico individuare le risorse
umane (i nuovi profili professionali) che, necessariamente a diversi
livelli di responsabilità e, perciò, di carriera, siano
effettivamente in grado di garantire il funzionamento di quello specifico
modello organizzativo? Limpressione, invece, è che entrambe
le proposte di legge sullo stato giuridico, in contrasto con ogni logica
di buona innovazione, progettino sviluppi di carriera di tipo caporalesco
prima e comunque in assenza di un modello organizzativo
delle scuole definito per legge (a proposito, ma quella organizzativa
non è una delle tante autonomie che il DPR 285/99 riserva alle
singole istituzioni scolastiche?): questo dimostra che esse non nascono
dalla necessità di riorganizzare risorse umane e ridefinire profili
professionali in funzione di un apparato dello stato che sia stato riformato
per rispondere alle mutate esigenze dei tempi. Piuttosto, invece, dalla
necessità delle destre di mettere la mordacchia alla scuola di
stato come scuola di educazione alla democrazia e alla legalità.
Perciò, non appare illogico che una carriera dei docenti si costruisca
a priori rispetto alla organizzazione: perché, per chi ha occhi
per vedere, quella carriera è già lessenza dellorganizzazione
che alle scuole di stato si riuscirà successivamente a dare.
I diversi livelli di leadership, una volta ricevuto lavallo
normativo, rivendicheranno adeguati spazi di potere su cui proiettarsi
nel funzionamento delle scuole. E cè da scommettere che
allora non saranno i problemi di tutoring, di counseling
o quantaltro, a catalizzare lattenzione di buona parte del
costituendo caporalato scolastico. Piuttosto, quelli del controllo e
della vigilanza non tanto della produttività dei docenti-professionisti
dei gironi inferiori, quanto della loro fidelizzazione alla tendenza
della istituzione scolastica che da loro esigerà il devoto esercizio
di una catechesi allineata alla monocorde ortodossia della scuola di
servizio con grave danno delleducazione al pluralismo, alla tolleranza
e alla democrazia delle future generazioni.
Lautoritarismo, risvolto indesiderabile del nuovo statuto professionale
agognato dalla maggioranza, soppianterà valori consolidati della
tradizione democratica della scuola italiana quali la collegialità
e la condivisione. Complice la logica ricattatoria dei criteri di reclutamento
proposti: non diversa nella sostanza magari solo più spiccia
nella forma - da quella sottesa allo spoil system, che già
rende inquieti i sonni della dirigenza, renderà insonni quelli
della docenza.
*
* *
Conviene,
pertanto, che tutta la categoria si disponga a contrastare ogni affrettata
riformulazione in senso aziendalistico del proprio statuto professionale.
Del resto, chi sceglie questo mestiere sa che non cè carriera
nel senso generalmente inteso, perché non ci può essere
senza commettere arbitri nella valutazione dei meriti e senza mettere
a grave rischio la libertà dinsegnamento: sistemi valutativi
assai efficaci in altri ambiti derogazione di servizi ed assai
rinomati nella cultura del management, quali la customers satisfaction
o il controllo degli esiti (numero dei promossi?), non possono
evidentemente essere trasferiti di peso nella valutazione dei docenti.
Il che non significa che individuare dei criteri valutativi fungibili
in modo specifico per la funzione docente sia del tutto impossibile.
Significa, invece, che è necessario adottare un processo lento
e complesso di ricerca, elaborazione, consultazione e condivisione,
che sostenga, osservi e prosegua il lavoro della Commissione ex art.
22 del CCNL, allargando la partecipazione sociale al dibattito attraverso
il coinvolgimento dei docenti, delle associazioni professionali degli
insegnanti, di quelle dei genitori, degli Enti locali, delle associazioni
culturali più rappresentative, insomma delle forze sociali e
del territorio. I criteri valutativi che ne scaturirebbero sarebbero
probabilmente in grado di tutelare le garanzie costituzionali e normative
che fanno del cittadino il portatore di un diritto alla libertà,
al pluralismo, allindipendenza della propria formazione.
Intanto, si continui pure a fare riferimento al profilo professionale
definito dalla legge 477/73 (e dalle altre successive). E, nelle scuole,
si sperimentino dispositivi di riconoscimento per prestazioni professionali
particolarmente onerose e qualificate. I quali, tuttavia, siano definiti
nellunica sede che ne consenta la verifica frequente, la correzione
tempestiva ovvero la rinuncia nel caso non si rivelassero fungibili
né in relazione ai bisogni connessi allesercizio del diritto
fondamentale distruzione, né allesigenza di ridare
slancio alla professione: quella pattizia. Sede costitutivamente flessibile
e provvisoria, perché dotata di una strumentazione (la contrattazione)
sensibile al recepimento di mutevoli esigenze e di rinnovati interessi
della categoria e della utenza.
Saranno evidentemente i Collegi delle scuole autonome ad adottare in
via sperimentale quei dispositivi; e ad attribuire per designazione,
nel rispetto dellunicità della funzione, gli incarichi
aggiuntivi, strettamente finalizzandoli agli scopi di un progetto di
apprendimento/insegnamento che richiederà una struttura organizzativa
ad hoc. Concluso, tuttavia, il progetto, sestinguerà anche
la necessità di quella organizzazione e scadrà il mandato
affidato ai soggetti qualificati che ne dovevano gestire il governo
e lattuazione: senza, cioè, che lassunzione di quegli
incarichi e la loro eventuale reiterazione comportino ex se il
passaggio a diversa funzione e il definitivo mutamento di stato. Ciò
significherà non solo rafforzamento della collegialità,
ma anche esercizio di responsabilità da parte dei Collegi delle
scuole autonome che metteranno in gioco la propria professionalità
e la credibilità della propria scuola sul territorio, individuando
coloro che riterranno più idonei allefficace conseguimento
degli obiettivi indicati nel piano dellofferta formativa. Nulla
vieta, ovviamente, che questi incarichi, opportunamente rendicontati
al Collegio in ordine al rapporto tra gli obiettivi assegnati e quelli
conseguiti, confluiscano in una sorta di portfolio(11) individuale
del docente a costituire elementi valutabili per una carriera regolata,
però, da un dispositivo endogeno qual è il Collegio.
Tutto ciò incoraggerà il ricorso a una leadership
diffusa e consoliderà il senso di unità e di appartenenza
della categoria, creando così le condizioni per una rinnovata
autoriqualificazione complessiva della funzione docente. Ne scaturirà
la rivendicazione di un potere contrattuale che, forte della propria
qualità di massa, sia in grado di condurre la rotta della contrattazione
fuori delle acque infide in cui sguazzano le sirene della meritocrazia.
Dalle quali sarebbe tempo, invece, che i docenti, nel pianificare forme
di lotta e di resistenza, mutuassero una buona volta almeno la consapevolezza
che essi, capillarmente diffusi sul territorio, sono circa 850.000,
e costituiscono una parte così rilevante dellelettorato,
che nessuna decisione politica può permettersi di scontentarli(12).
1) Trattasi
rispettivamente del DdL n° 4091 (presentato alla Camera dei Deputati
il 19/06/2003 dallon. Santulli di F.I. e altri deputati di Lega
e UDC) su Statuto dei diritti degli insegnanti e del DdL n.
4095 (presentato il 23/06/2003 dallon. Napoli di A.N.) su Disposizioni
in materia di stato giuridico degli insegnanti e di rappresentanza sindacale.
2) Il documento (reperibile sul sito www.aranagenzia.it) è stato
siglato il 24.05.2004 da una Commissione mista costituita da rappresentanti
del MIUR, dellARAN (lagenzia che rappresenta il governo nelle
trattative contrattuali relative al pubblico impiego), delle OO.SS. firmatarie
del contratto (CGIL, CISL, UIL, SNALS) e da alcuni esperti provenienti
anche dal mondo accademico.
3) Le disposizioni normative di questo decreto sono state successivamente
assorbite nel T.U. n° 297/94, precisamente nel Titolo I della Parte
III che disciplina fattispecie quali la funzione docente, il reclutamento,
i diritti e doveri, la disciplina, la cessazione del rapporto di servizio,
ecc.
4) Le più rilevanti sono: a) Legge 23/10/1992, n° 421, Delega
al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in
materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza
territoriale ed il connesso Decreto Legislativo 3/2/1993, n°
29 Razionalizzazione dellorganizzazione delle amministrazioni
pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego;
b) Legge 15/3/1997, n° 59, Delega al Governo per il conferimento
di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della
Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa
ed il relativo Decreto del Presidente della Repubblica 8/3/1999, n°
275, Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni
scolastiche, ai sensi dellart. 21 della legge15 marzo 1997, n 59;
c) Legge costituzionale 18/10/2001, n° 3, Modifiche al titolo
V della parte seconda della Costituzione.
5) cfr.: A. PORCU (a cura di) Schede tecniche: i due disegni di
legge sullo stato giuridico, consultabile sul sito www.orizzontescuola.it.
6) Valga, a riguardo, la menzione dellart. 29 del CCNL 98/01 (che
prevedeva il c.d. concorsone), poi inapplicato perché
drasticamente sconfessato dalla base.
7) Ed, eventualmente - dopo che la citata modifica al titolo V della Costituzione
ha reso oggi alcuni aspetti dellorganizzazione scolastica oggetto
di legislazione concorrente la legge regionale.
8) Consultabile allindirizzo: www.edscuola.it.
9) cfr. p. 11 del documento della Commissione ex art. 22 del CCNL-Scuola
2002-2005, citato, che, in appendice, sintetizza risultati di unindagine
internazionale, tuttora in corso, promossa dallOCSE, sul profilo
del docente e sulla qualità dellinsegnamento.
10) cfr. Progetto Buonsenso per la scuola. Per
un investimento sul futuro. Settembre 2003, p.35, reperibile nel
sito www.liceo-melzocassano.it.
11) Considerazioni interessanti a proposito del portfolio si leggono in
G.CERINI, Valutare (o valorizzare) la professionalità?,
in Il nuovo sistema di valutazione tra standard e portaolio, inserto
di Notizie della Scuola n. 13 del 29 febbraio 2004.
12) L. RIBOLZI, Si può parlare di una carriera insegnante?,
in Autonomia & dirigenza , n° 1-2-3, 2003, p. 4.
|
settembre - dicembre 2004 |