M. ha 28
anni. Ci siamo conosciute ad unassemblea di ricercatori
precari allUniversità Statale di Milano, qualche
mese fa. La ministra Moratti aveva appena presentato il suo disegno
di legge sullo stato giuridico della ricerca e della docenza universitaria.
Il messaggio contenuto in quel disegno di legge è pressappoco
questo: sei un giovane laureato o un lavoratore non strutturato
(leggi: precario) della ricerca? Pensi che continuare a studiare e a
far ricerca in università o in un ente pubblico sia quello che
vorresti fare nella vita? Ami questo lavoro perché pensi che
la ricerca pubblica possa essere un modo per rispondere a bisogni socialmente
condivisi? Beh, allora sappi che questi tuoi vizi saranno puniti per
legge con un periodo variabile tra i 5 ed i 15 anni di precarietà.
Che il tuo stipendio varierà tra gli 820 euro (da quasi 10 anni
mai riadeguati allinflazione) della borsa di dottorato ed i 1100
euro dellassegno di ricerca, che la maternità, la malattia
ed i contributi previdenziali saranno per te un irraggiungibile presagio
di civiltà. In più il rinnovo del tuo contratto o del
tuo assegno sarà subordinato alla spendibilità
della tua ricerca: fai in modo che le tue idee coincidano con quelle
del professore che potrà rinnovarti il contratto o che lazienda
che finanzia la tua borsa possa trarre profitti dai risultati delle
tue ricerche (con buona pace dellutilità sociale
).
M. prima
di vincere il concorso di dottorato a Milano viveva a Firenze. Dopo
la laurea ha fatto un master, dopo il master uno stage (rigorosamente
non retribuito) al Pignone, ex-grande industria metalmeccanica, divisione
Risorse Umane. Alla fine dello stage il suo capo le suggerisce di iscriversi
allAdecco: così lavrebbero tenuta in quella divisione
altri sei mesi come interinale. Lo stesso giorno della scadenza del
primo contratto semestrale a M. viene comunicato che lazienda
ha deciso di rinnovarle il contratto per altri sei mesi. Fino
allultimo giorno non sapevo se disdire laffitto della casa,
mi ha raccontato. Dopo un anno come interinale, contratto metalmeccanici,
M. ha mollato. La politica del personale della General Electrics, proprietaria
del Pignone, è spietata. Nella divisione Risorse Umane si vedono
cose terribili mi racconta e poi ho sempre desiderato
continuare a studiare, fare ricerca e sentirmi più utile
M. si trasferisce
a Milano piena di entusiasmo per il nuovo lavoro in Università.
Il monolocale in periferia dove vive costa 550 euro al mese (la questione
della casa, nelle grandi città, è una vera e propria emergenza
sociale) e la borsa che percepisce (bimestralmente) ammonta a circa
820 euro. I contributi si versano nel fondo INPS per i parasubordinati
(lo stesso dei co.co.co), ma lidea della pensione è ancora
remota ed M., seppur con disagio, può ancora contare sullaiuto
dei suoi.
Col passare dei mesi e con laccendersi del dibattito e delle mobilitazioni
contro il disegno di legge Moratti (la precarietà fa bene
alla ricerca!, ha sostenuto la Ministra durante la presentazione
del d.d.l.) M. si rende conto che la precarietà della sua condizione
non è solo un dato materiale con cui fare i conti (laffitto,
limpossibilità di progettare il futuro col suo compagno,
lincertezza del post-dottorato), ma che la ricattabilità
della condizione precaria rende meno libero il suo lavoro di ricerca.
Con questa
consapevolezza M. ha partecipato alle mobilitazioni dei precari della
ricerca in questi mesi, con la stessa consapevolezza, durante il MayDay
(il Primo Maggio dei precari milanesi e non solo), ha urlato il suo
NO alla legge 30 ed alla precarietà come sistema di vita.
Da qualche settimana la nostra mobilitazione si è tradotta, grazie
al lavoro comune con il sindacato della ricerca della Cgil (Snur-Cgil),
nella costruzione di una piattaforma rivendicativa sulla base della
quale abbiamo aperto una trattativa con lAteneo ed il Rettorato.
Dopo lesperienza di Milano altre mobilitazioni di ricercatori
precari in altre città hanno raggiunto esiti simili, come nel
caso di Bologna e Napoli, grazie al lavoro in rete che si è fatto
tra le realtà in mobilitazione.
La nostra lotta però non finisce qui: questautunno il ddl
Moratti vedrà ulteriori passaggi di discussione parlamentare
mentre noi continueremo a mobilitarci per il suo totale ritiro.