Il marketing dei desideri e la manutenzione della paura
di
Pasko Simone

“Il linguaggio non soltanto definisce e condanna il Nemico, ma arriva addirittura a crearlo; e questa creazione non è il Nemico com’è realmente, bensì quale deve essere per adempiere la sua funzione nell’interesse dell’establishment.”
Herbert Marcuse


Lo spettacolo della morte accompagna puntualmente il cammino del capitale mondiale: ad ogni stretta finanziaria guerre di dominazione e di rapina, stragi per fame, lo scorrere lento delle immagini di dissoluzione dei corpi martoriati dai virus e dalle sostanze chimiche. E poiché le strette finanziarie sono infinite, infinita è la violenza che le accompagna. Mancava nella recente strategia di recupero dei muri divisori e dei nuovi campi di concentramento, col seguito dei cani negli interrogatori dei detenuti, una rivisitazione in chiave artistico-spettacolare della tortura dei dominatori, un tempo nazisti alla Salò-Sade, oggi “esportatori di democrazia” alla Abu Ghraib. La dovizia dell’orrore va di pari passo con la dovizia dei profitti. È la legge dei fuorilegge, in un’epoca che dal giorno del Crollo delle Torri (11 settembre 2001) si annuncia come la replica aggiornata di un’Auschwitz estesa a livello globale. Un tale Alberto Gonzales, consigliere della Casa Bianca, sentenzia: “La natura della guerra al terrorismo rende obsoleti i limiti imposti dalla convenzione di Ginevra per l’interrogatorio dei prigionieri”. La soldatessa Lyndie England fedelmente e felicemente esegue. Il ben noto ministro Donald Rumsfeld conferma e si rallegra del buon uso del “metodo Guantanamo” messo in atto dovunque dalle squadre di esperti aguzzini al soldo della Cia. Domanda: chi dei tre è la “mela marcia”? Stando alla coperta di silenzio mediatico caduta su tutta la vicenda: nessuno. Ma l’imperitura saggezza popolare trova ancora un’ulteriore conferma: il pesce, come sempre, puzza dalla testa!

“Il capitalismo si impadronisce degli esseri umani dall’interno” (Félix Guattari). Gli individui sono “equipaggiati” per la guerra, così come per la tortura, dall’interno di un asservimento “macchinico” che non è che l’estensione dei mezzi pubblicitari in tempo di pace al servizio della violenza in tempo di guerra. Ciò che si “interiorizza” a puri fini consumistici in tempo di pace, si riflette nel puro consumo di morte in tempo di guerra. Il “marine” superdotato non è che il piccolo borghese della classe media che ha caricato il suo carrello di spesa al supermercato della violenza legalizzata e, pertanto, più che giustificata. In fondo perché non giustificare il consumo quotidiano di proiettili e bombe come si giustifica il consumo quotidiano di patatine fritte e hamburgers? Il processo sottostante è lo stesso: si tratta sempre della macchina militar-commerciale che produce e fa consumare - a tutto vantaggio delle élites dominanti - quegli ideali e quegli oggetti indispensabili all’assoggettamento sociale degli individui nonché alla indifferibile soppressione della loro esistenza. Se l’invadente e pervadente slogan pubblicitario potesse integrarsi armonicamente in una visione globale dell’esistenza che includesse in modo inscindibile la pace apparente alla guerra reale, non potrebbe che formularsi sinteticamente così: “mangiate e torturate”. A conferma dell’avversione che il tardocapitalismo (come già il vetero) ha nei confronti di qualsiasi forma di vita vivente; giacché la vita, in sé e per sé, può sempre ritorcerglisi contro ed è perciò vista come il vero e unico ostacolo alla sua opera distruttiva.

Questa non inedita appropriazione delle menti scaturisce ovviamente dalla progressiva formattazione dei desideri a cominciare dalla prima infanzia. Il desiderio è qualcosa di mio, se me lo tolgono e me ne impongono un altro, diverso dal mio, opposto al mio, come posso credermi felice? Come posso credere in me stesso? Quel che Freud intendeva quando parlava di una “miseria psicologica di massa”, era l’assoggettamento dell’economia libidica individuale alle ferree leggi dell’economia di mercato. Vendono i miei desideri per farmene comperare altri. Cancellano i miei desideri occupandone lo spazio vuoto con i loro. Il piano di cattura dev’essere assoluto e perfettamente integrato con i piani di sterminio. Il marketing dei desideri è ormai il miglior sistema di controllo sociale. Se in un tempo non molto lontano si diceva: “io sono quel che consumo”, attualmente si è andati ben oltre e vige il diktat del “io sono tutto quel che desidero consumare”. La forza pregnante dei vecchi ma solidi concetti filosofici si è integralmente trasferita sui nuovi aleatori concetti del marketing virtuale. Dall’oggetto desiderato e posseduto al desiderio impossibile dell’inutile e vano possesso. Tutte le antiche domande filosofiche del tipo: chi sono? da dove vengo? dove vado? sono state sostituite una volta per sempre dall’unica domanda che la pseudo-cultura accademica di provenienza americana consente: quanto vale la mia vita al mercato degli esseri? Esseri senza età né colore chiusi nel ciclo infernale del lavorare per sopravvivere e del sopravvivere per consumare. “La totalità delle istituzioni esistenti imprigiona talmente corpo ed anima che essi soggiacciono senza resistenza a tutto ciò che viene loro offerto.” Pertanto: “Le reazioni più intime degli uomini sono così perfettamente reificate ai loro stessi occhi che l’idea di ciò che è loro specifico e peculiare sopravvive solo nella forma più astratta: personality non significa – per loro – praticamente più altro che denti bianchi e libertà dal sudore e dalle emozioni.” (Horkheimer–Adorno).

Crollo delle Twin Towers. Nulla più come prima, tutto più e peggio di prima! Ma cosa poteva interessare maggiormente agli occulti burocrati della violenza mondiale: inchinarsi con umana compassione davanti alle vittime civili di un oscuro attentato oppure approfittare di esso per riprendere in mano quella politica di dominio solo per un attimo sospesa dalla conclusione della “guerra fredda”? “Da una parte, quest’epoca è iniziata alla fine della cosiddetta “guerra fredda”, durante la quale due superpotenze superarmate, membri permanenti del Consiglio di sicurezza, avevano creduto di poter far regnare l’ordine nel mondo attraverso un equilibrio del terrore nucleare interstatale. Dall’altra, benché quella locuzione continui ad essere usata di tanto in tanto, la sua fine è stata, più che annunciata, confermata teatralmente, in forma mediatico-spettacolare, l’11 settembre: data indispensabile per riferirsi economicamente ad un evento al quale non corrisponde - e non senza ragione – alcun concetto politico…” (Jacques Derrida). Nient’altro che una svolta epocale, dunque, da intascare a proprio vantaggio, per l’unica superpotenza superarmata, rimasta in piedi sulle spente ceneri della guerra fredda. Dopo il “crollo” dell’Unione sovietica (URSS), il crollo delle Twin Towers (USA) : crolli doppiamente produttivi per chi aspira a dissipare questo mondo militarmente. Come non augurarseli entrambi? Ma un crollo è anche un trauma. Un trauma da cui, finché comanda la paura, niente e nessuno può guarire. Finita la “minaccia” comunista, paradossalmente, il trauma dell’11 settembre è rimasto inguaribile ed ha preso i contorni di un racconto del terrore alla Stephen King. Molto meglio se ci fosse ancora l’Urss! La guerra fredda permetteva un controllo reciproco delle armi di distruzione di massa. Il mondo si reggeva sì sull’equilibrio del terrore, ma si reggeva tenendo il terrore a controllata distanza. Con il crollo delle Twin Towers nel terrore ci siamo dentro, il mondo ha perso l’equilibrio ed ora vacilla pericolosamente nel gioco minaccioso di un ipotetico (virtuale?) “uomo nero”, che appare e scompare secondo il ritmo fluttuante dei sondaggi. Come nel bel mezzo di un incubo “ad aria condizionata”, ci si sveglia ogni mattina e ci si corica ogni sera con un nuovo grido di allarme. Allarmi mediatici che nascono e muoiono uno dopo l’altro, senza che nulla di quel che si annuncia accada. Perché, invece, quando l’immancabile strage di innocui civili accade, ci si avvede che in quel caso l’allarme non c’è stato. Forse semplicemente perché non doveva esserci! Finché attentati più o meno mirati lasciano sul terreno la massaia inconsapevole che si tira dietro al mercato i suoi due o tre pargoli innocenti, la strategia del terrore e il gioco ad esso collegato dello stragismo civile, non farà che coprire di giustificazioni “morali” - anche nella mente del piccolo uomo della strada - le misure di controllo TOTALE, da parte dei gestori del dis/ordine mondiale, della libera vita quotidiana e delle passioni fondamentali delle masse, per poter decidere dove colpire e dove non colpire. Ciò che risulta vincente è quindi la PAURA. La paura che vince sulla vita e sui vitali desideri che di questa vita ciascuno vorrebbe esprimere. Ora che il “terrorismo” c’è e non c’è, è tutto e niente, è sia fuori che dentro di noi, ora: “Non c’è distinzione possibile, a livello delle immagini e dell’informazione, tra lo spettacolare e il simbolico, tra il crimine e la repressione di esso. Ed è questo scatenarsi incontrollabile della reversibilità che segna la vera vittoria del terrorismo. Vittoria visibile nelle ramificazioni e nelle infiltrazioni sotterranee dell’evento – non soltanto nella recessione diretta, economica, politica, borsistica e finanziaria, dell’insieme del sistema, e nella recessione morale e psicologica che ne risulta, ma anche nella recessione del sistema di valori, di tutta l’ideologia di libertà, di libera circolazione, ecc. che faceva la fierezza del mondo occidentale…”(Jean Baudrillard).

L’esplosione dell’ideologia “securitaria” ha bisogno quindi di alimentarsi con l’occulta regia della paura quotidiana. È con la paura che s’ingrassa il mercato della sicurezza. Florido il consumo di porte corazzate per le nostre vite blindate. Floridissimo il mercato degli antifurti e delle telecamere spia. Una sicurezza comunque che non è mai totale, come totale è e deve essere invece la paura. L’emigrato è la paura, il pistolero solitario di periferia è la paura, il kamikaze è la paura, il terrorista, soprattutto, è la paura che giustifica ogni violazione delle regole societarie e umanitarie, la cancellazione in partenza e in arrivo di ogni comprensione umana e divina. Per riprendere la frase del filosofo, quanto mai pertinente in questi tempi bui: non c’è Dio che potrà salvarci dalla manuntenzione della Paura. Essa è entrata ormai nelle nostre case, nelle nostre città, ha occupato tutti i luoghi, i sacri come i profani. Il lavoro del capitale procede imperterrito nell’opera di distruzione del vivere civile e del convivere sociale. Si abbattono i luoghi comuni dell’umano confronto, si cancellano, con la pietà e la solidarietà, i desideri d’amore e di scambio affettivo, si distruggono i servizi pubblici, si uccide volutamente la sicurezza sociale. Dappertutto allora non è che un proliferare di miseria, marginalità, criminalità, odio razziale e rabbia delinquenziale. Ed è questo l’unico obiettivo di questa politica economica basata sulla paura. Distruggere il libero scambio della convivenza umana è parte integrante della strategia di violenza capitalistica finalizzata a gestire economicamente la paura collettiva per relegare l’individuo nel chiuso delle quattro mura, tenerlo sotto controllo, seguirne le tracce dappertutto, aspettare che incappi nel più piccolo reato per metterlo in catene. Dopo il boom delle auto, e quello dei frigoriferi e poi delle lavatrici e poi dei telefoni e poi delle televisioni e infine dei cellulari, un altro campo di profitto si apre all’orizzonte del capitale: “L’economia della paura ingrassa mentre intorno c’è la carestia. La paura ha già rimodellato la città americana fin dagli anni sessanta, ma il nuovo terrore fornisce un moltiplicatore keynesiano formidabile. Secondo Fortune, il settore privato spenderà più di 150 miliardi di dollari in sicurezza interna (assicurazioni, sicurezza sul lavoro, logistica, tecnologia informativa): approssimativamente quattro volte il budget per la sicurezza annunciato dal governo federale. L’esercito di guardie di sicurezza a bassi salari che è già costituito da un milione di uomini, dovrebbe crescere del 50% nel corso del decennio, mentre la videosorveglianza, con software di riconoscimento facciale toglierà di mezzo ogni privacy dalle abitudini della vita quotidiana. […] Le diverse tecnologie di sorveglianza, monitoraggio ambientale, design degli edifici convergeranno verso un unico sistema integrato. La sicurezza in altre parole diventerà un servizio urbano come l’acqua, l’energia elettrica e le telecomunicazioni.” (Mike Davis). Per poter alimentare questa domanda di sicurezza però occorre creare le condizioni in cui il “terrore del terrorismo” possa fiorire, diffondersi, proliferare, entrare nella vita di tutti i giorni, abitare costantemente le nostre case, le nostre menti, i nostri discorsi. Ed ecco spiegato l’ingigantimento degli odii tribali e nazionali (alla Bossi), lo scontro di civiltà (alla Fallaci), la necessità della guerra infinita (alla Bush). Si smantella per sempre la macchina mangiasoldi della socialità desiderante, per incrementare e implementare a suon di dollari i mezzi tecnici di morte e di controllo umano.

Lo scontro si fa di giorno in giorno più appariscente (e trasparente): da una parte la realtà dei desideri, i diritti della vita quotidiana e della libertà concreta degli individui, dall’altra i piani di simulazione globale dell’oppressione imperiale. La rapina delle risorse in nome della democrazia, la distruzione di interi paesi in nome della caccia ad un solo (fantomatico) terrorista, il lutto familiare programmato di un intero popolo in nome di un’ipotetica libertà di là da venire. Il gioco dei bluff degli strateghi pentagonali al tavolo dei destini umani è una storia lunga e interessante, fatta di trame oscure e di menzogne palesi: a cominciare dal bluff sulla necessità dello “Scudo stellare” per finire con quello delle “Armi di distruzione di massa”. Si scoprirà poi che, storicamente, anche la “guerra fredda” è stata un grande gioco di super-simulazione nei confronti dell’umanità. Un gioco che si perpetua identico oggi nella globale strategia di una minaccia sempre presente e sempre invisibile che tiene in scacco le future sorti del mondo. È il gioco mortale, estremo, di un duello fantasmatico, la cui solida realtà è la mondializzazione della violenza di stato. Quella violenza di stato che faceva da sfondo in Italia alla “strategia della tensione”, è oggi la violenza globale che fa da supporto alla “strategia del terrore”, confermando così la funzione di “laboratorio della reazione” (G. De Lutiis) assegnata al nostro Paese dagli strateghi dell’eversione “golpista” internazionale, forse gli stessi responsabili del presente e in corso d’opera disordine mondiale.

Piuttosto, la vera “arma di distruzione di massa” risulta essere sempre di più l’arma dell’INFORMAZIONE. L’informazione a supporto mediatico della strategia del terrore e del mantenimento della paura. Di qui la diffusione capillare del telefascismo globale di massa. Con un unico obiettivo, un’unica parola d’ordine: comunicare il falso come se fosse vero e non comunicare il vero se non falsificandolo. È l’ultima e definitiva colonizzazione prima dell’invasione di Marte: il dominio dell’infosfera per l’appropriazione assoluta della “psiche” e il controllo capillare dei comportamenti. È qui che si gioca il futuro dell’umanesimo residuo: “Dopo l’11 settembre il ciclo dell’info-produzione va verso la formazione di un’economia della guerra, della paura e della sicurezza. Militarizzazione della ricerca scientifica, sicurizzazione della produzione ad alta tecnologia, subordinazione del tempo di vita dei lavoratori cognitivi a un dominio senza regole e senza pietà.” (Franco Berardi Bifo)

Il gioco della manutenzione della paura non conosce limiti al gioco della manipolazione linguistica a ciò finalizzata. Si accredita per tenere in vita, si smantella per non smantellare, si dice l’indicibile e il contrario del dicibile, pur di raggiungere lo scopo del controllo di massa delle menti e di allerta infinita degli animi. Tutto purché si venda finta sicurezza e reale controllo dei desideri e delle esistenze. Eppure i trucchi semantici sono abbastanza scoperti. Lo scorso 31 luglio il Rapporto semestrale dei servizi segreti (Cesis), nel capitolo “eversione e terrorismo interno”, così si esprimeva sul “pericolo Br”: “l’ideologia brigatista, pur se in fase di drastico ridimensionamento, può contare su un numero residuale, ma non meno pericoloso, di soggetti che, convinti della centralità della lotta armata, possono ripensare in prospettiva a una ripresa dell’iniziativa, sebbene tale ipotesi appaia improbabile al momento”. È la grammatica del dire e non dire. Il meccanismo della doppia verità che nasconde una doppia bugia. Ancora: “Per quanto concerne le formazioni dell’antagonismo, la tematica irachena ha catalizzato l’impegno delle diverse componenti, senza far registrare, tuttavia, una sostanziale unità d’intenti, né una comune programmazione delle forme di protesta”. E il grande capo Bush: “Gli Stati Uniti sono in pericolo. Facciamo progressi nella lotta al terrorismo migliorando i sistemi di protezione dei nostri cittadini e neutralizzando i nemici. Ma non possiamo ancora sentirci sicuri.” (La Repubblica, 8/08/2004). Ben sappiamo che dietro ogni negazione si nasconde un’affermazione, ci rimane, quindi, un’ulteriore conquista da fare: prendere atto, realisticamente, che dietro ogni affermazione si nasconde la mistificazione del vero. È la procedura della “denegazione” freudiana. Nel lessico equivoco del potere, qui come altrove, emerge la verità come negazione della verità stessa, ed è anzi questa negazione che consente il suo emergere. Semiologicamente parlando, sono le “forme di indeterminazione” del discorso politico contemporaneo che i mezzi di informazione si incaricano di offrire a piene mani al pubblico dominio (basta dare un’occhiata al nostro box).

Per questo gioco l’unica contro-strategia difensiva ancora valida rimane il ribaltamento dei messaggi, ovvero la negazione della denegazione, almeno là dove la schiavitù volontaria dello spirito non ha ancora intaccato le libere istanze del pensiero. Quella strategia che il grande movimento rivoluzionario del ’68 (storicamente l’ultimo tentativo di salvare il salvabile) aveva teorizzato contro la potenza manipolativa dei mezzi di comunicazione di massa. Il proliferare reticolare di una guerriglia comunicativa in grado di sabotare i proclami falsamente edulcorati delle cybersirene della barbarie tardomoderna. Rispondere all’integrazione planetaria dei poteri mediatici con le ragioni inalienabili di una rinnovata ecologia della mente che sappia opporre all’omologazione delle esistenze e alla corsa delle stesse verso la morte interiore, o peggio ancora verso una morte a rate, la tattica di un estremo rovesciamento di prospettiva in grado di costruire l’alternativa post-barbarica. Per uscire dalla china fatale verso l’infelicità e la miseria, per “un ritorno a un immaginario temps perdu della vera vita dell’umanità” (Marcuse), non v’è altra speranza che la messa in atto di un attivismo mediatico pluriforme: tutte quelle modalità di liberazione per il recupero delle nostra autonomia cognitiva, comunicativa, creativa, innovativa e linguistica dal dominio soffocante dei monopoli, dei brevetti, delle privatizzazioni e dei diritti d’autore. In fondo si tratta semplicemente di riscattare la nostra economia libidica a livello fisico e psichico, diventando tutti degli “indesiderabili”, secondo un dimenticato slogan di quel maggio dei miracoli.


Esempio di procedura per la manutenzione della paura:

- Terrorismo, la paura di Ferragosto.
- Scade l’ultimatum lanciato via Internet dalle brigate Al Masri. Mobilitati 23 mila uomini tra polizie e esercito.
- Terrorismo, l’ultimatum scade domani.
- Le brigate Al Masri hanno indicato il giorno di Ferragosto come data in cui potrebbe scattare la sanguinosa rappresaglia contro l’Italia.
- Tra i rischi c’è l’attacco batteriologico.
- Oggi l’allarme di livello
“Bravo”, pericolo di media entità secondo la scala Nato, sale al grado “Charlie”, penultimo nella graduatoria del pericolo.
- E’ Milano la città più videosorvegliata con 352 telecamere dei vigili urbani collegate ai monitor di polizia e carabinieri.
- A Roma gli obiettivi sensibili sono 1.535, di questi 15, dall’ambasciata Usa al Vaticano, hanno un piano di sicurezza a parte.
- Cinquanta telecamere vegliano sul santuario di padre Pio a San Giovanni Rotondo.
- Ieri (13 agosto)il sottosegretario alla Presidenza con delega ai Servizi segreti, Gianni Letta, è volato in Sardegna da Silvio Berlusconi. Poi, rientrato a Roma, ha incontrato in serata il direttore del Sismi, Nicolò Pollari, per fare il punto.
- L’ultimo avviso all’Italia delle brigate Al Masri scade oggi, eppure il ministro dell’interno Pisanu invita gli italiani a “restare tranquilli”.

(da La Repubblica del 14 e 15 agosto 2004)


Bibliografia

Horkheimer e Adorno, Dialettica dell’illuminismo, Einaudi, Torino 1967
Herbert Marcuse, Saggio sulla liberazione, Einaudi, Torino 1969
Sigmund Freud, La negazione, in La teoria psicoanalitica, Boringhieri, Torino 1979
Félix Guattari, Piano sul pianeta, introduzione di Franco Berardi (Bifo), ombre corte, Verona, 1997
Jacques Derrida, La ragione del più forte, in Le Monde diplomatique, gennaio 2003
Jean Baudrillard, Lo spirito del terrorismo, Raffaello Cortina, Milano 2002
Mike Davis, Geografie della paura, Feltrinelli, Milano 1999
Giuseppe De Lutiis, Il lato oscuro del potere, Editori Riuniti, Roma 1996

settembre - dicembre 2004