Sul materialismo dell'incontro
di Mario Centrone

Negli anni Ottanta Althusser aveva intrapreso il drammatico viaggio dell’analisi del tempo presente e del rapporto che la filosofia marxista deve instaurare con l’inerzia della realtà attuale, con l’inamovibilità della realtà imperiale. I riferimenti a quel periodo sono alquanto espliciti nelle cartelle che scriveva fra i ricoveri in clinica e i momenti di lucidità; il ritorno a Marx aveva lo scopo di indicare la strada in una fase in cui i soggetti erano ‘perduti’ e ‘senza punti di riferimento’ sul piano politico, culturale, intellettuale, soggetti smarriti. Il materialismo aleatorio a cui fa riferimento o materialismo dell’incontro è una filosofia della contingenza e della disseminazione, contro ogni possibilità di composizione o di chiusura del cerchio come avviene nella filosofia hegeliana.

Il materialismo dell’incontro in cui gli atomi epicurei possono o non incontrarsi; il sublime piano di immanenza spinoziano in cui i soggetti operano, creano, desiderano e fanno mondo. In questa forma di materialismo, in questa esperienza della disseminazione non c’è posto per la condizione carceraria, non c’è posto per un universo bloccato, non c’è posto per la costrizione ai ruoli che ci hanno imposto.

I filosofi che nella cultura occidentale hanno contribuito a definire una filosofia dell’incontro, uno spazio dell’incontro, un materialismo dell’incontro, sono stati Epicuro, Machiavelli, Spinoza, Hobbes, Rousseau, Engels, Marx, Heidegger, Derrida1.

Credo che i portatori sociali, i protagonisti del materialismo dell’incontro siano stati i meravigliosi giovani del ’77, le macchine desideranti. Mentre qualcuno mestamente percorreva i corridoi di qualche clinica, deluso dalla storia, dalla società, dalla vita, quei giovani lasciavano le università proiettandosi nel mondo.Questa bella gioventù in forme nascoste, in modo molecolare tentava di progettarsi una esistenza non regimentata, non iscrivibile in ruoli definiti, che ponesse al primo posto l’incontro e la comunicazione.

Forse qualche scena di un film di Moretti può esprimere questa condizione di vita dei soggetti smarriti; “che fai, come vivi, chi ti compra i vestiti, dove hai preso i soldi per questo vestito?” - risposta “faccio delle cose, sento la musica del vento , …ah! i soldi li ho presi, sì ricordo li ho presi per strada, sotto i portici”.Qualche altro se ne stava con Tanino a pascolare le pecore sulle Murge.

In questo non tradurre in valore la propria esistenza, nel non mettere a valore la propria esistenza c’era la presa d’atto quasi inconscia, inconsapevole che la realtà stava cambiando: la fine del valore d’uso della persona, l’assunzione totale, inamovibile nella dimensione dello scambio, la dimensione imperiale. Un processo che avrebbe coinvolto tutti i momenti della giornata, dalle ore di lavoro al tempo libero, dall’informazione all’uso della televisione. Tutto doveva essere inquadrato nelle leggi del mercato, dello scambio simbolico, la morte del soggetto.

Quella generazione veniva fuori da un decennio intenso, denso di passioni, ma anche di contraddizioni. Il movimento del ’68 e l’autunno caldo del ’69 avevano dato vita in Italia ai gruppi extra-parlamentari (Manifesto, Avanguardia operaia, Lotta continua); questi gruppi rappresentavano sul piano politico la crisi del comunismo della III Internazionale e dell’ideologia ad essa connessa del comunismo in un solo paese. Ormai da ogni parte si cominciava a percepire che il comunismo sovietico era fallito e che i tempi dell’operaio sovietico erano scanditi dallo stesso cronometro che operava nelle fabbriche capitalistiche dell’Occidente. Una ferrea burocrazia garantiva la permanenza di un capitale monopolistico di stato, mentre le condizioni di vita non erano cambiate molto. Rita Di Leo, un’intellettuale, che si muoveva nell’ambito dell’operaismo aveva descritto la reintroduzione del cottimo e dello straordinario nelle fabbriche sovietiche come la modalità specifica di estorsione del plusvalore, mentre altri, come K.H. Roth, già parlavano dell’altro movimento operaio, quel movimento non sindacalizzato, prevalentemente costituito dall’operaio massa che in seguito avrebbe dato vita all’esperienza di Autonomia operaia.

I gruppi extra-parlamentari commisero il grave errore di ereditare alcuni robusti postulati della tradizione marxista-leninista, l’organizzazione militare del partito, la costruzione del servizio d’ordine, i Katanga, la scuole quadro, l’invio di funzionari di partito nelle zone sperdute del Sud ad alfabetizzare le masse: a Molfetta tutti ancora ricordano Elio Ferraris, che alla fine andò a combattere con i guerriglieri sandinisti.

Tutto questo apparato da caserma negli anni ’70 cominciò ad essere percepito come un pesante fardello del passato che ancora una volta assegnava ruoli, non favoriva l’incontro, la comunicazione; l’angelo del ciclostile, l’addetto alla distribuzione del giornale davanti alle scuole, il responsabile dei proletari in divisa. Il ’77 e il Congresso di Rimini di Lotta continua in cui le femministe rifiutarono il ruolo di compagne dei leaders, in cui imponevano un rispetto pieno, totale, integrale della persona (l’utero era loro e volevano gestirlo), rappresentarono il punto di svolta e la crisi definitiva dei gruppi.

Il soggetto, la sua stessa composizione sociale era cambiata.Erano figli di operai, impiegati, gente del Sud emigrata nelle grandi città, erano persone sfiduciate dal rapporto di delega quelli che cacciarono Lama dall’Università di Roma. Asor Rosa coniò il termine di due società, le due società, per designare la società dei garantiti, dei padri e infatti alcuni del ’68 erano già padri e la nuova società desiderante. Un soggetto che cominciava ad individuare nello spazio del mondo il suo campo di protagonismo; si diceva che cominciarono a lasciare le università, alcuni per entrare nella lotta armata, qualche altro a contemplare i boschi e un volto di donna in Norvegia, un altro ancora in viaggio per l’India, i più fortunati nel cuore dell’impero, in America, on the road.

Gli intellettuali isolati, avanti negli anni, approdarono ad esperienze di pensiero quasi nichiliste, de Feo cominciò ad esplorare l’autonomia del negativo, Negri in carcere a confrontarsi con le autonomie selvagge (il saggio su Spinoza), qualche altro aveva deciso di approfondire l’alfabeto imperiale, che cosa stava all’origine, alla base della Computer Science.

Althusser aveva ormai varcato la soglia della malattia, che non era solo la malattia della persona Althusser, ma quella di una intera generazione, la coscienza angosciata che i regimi democratici non avevano introdotto l’eguaglianza, la parità giuridica, normativa, la parità di condizione economica; l’economia del benessere cominciava a manifestare il suo volto squallido, l’ineguaglianza come legge eterna della società umana, qualche brutto interno condominiale la domenica mattina con le pompe dell’autoclave, le partite di calcio il pomeriggio, quella passeggiata in periferia per vedere se esisteva ancora quella cosa chiamata erba e per non sentire rumore.

I giovani continuavano a sognare, alcuni misero in piedi delle comuni, altri meno fortunati fecero viaggi virtuali con l’uso delle erbe, altri si dedicarono alla musica, alla danza, alla poesia, alla narrativa, all’assistenza, alle politiche di accoglienza. Questa meravigliosa gioventù è ancora fra noi, in condizioni più difficili chiede di essere introdotta, aiutata, confortata, favorita, desiderata. E’ alla ricerca di un materialismo dell’incontro, un materialismo aleatorio che garantisca a tutti la possibilità di esprimersi, senza condizionamenti, false prediche.La storia siamo noi, ma la canzone dice padri e figli, mentre stiamo perdendo intere generazioni.

“Rousseau diceva che con i bambini e gli adolescenti l’arte dell’educazione sta tutta nel saper perder tempo. Anche l’arte della critica storica sta nel sapere perdere abbastanza tempo perché i giovani autori si facciano grandi. Questo tempo perso non è che il tempo che diamo loro per vivere.” 2

La situazione di stallo in cui la sinistra è oggi coinvolta non può essere attribuita solo alla forza del potere imperiale che con le armi e gli strumenti del consenso (gli apparati ideologici) impone l’ordine e il comando sociale; vi sono delle contraddizioni anche nelle organizzazioni di classe, i partiti e i sindacati, che spesso soffocano la soggettività operaia. Lo si è constatato nel nostro paese nel recente passato quando il governo della Sinistra ha varato iniziative non iscrivibili in un programma di trasformazione; intendo riferirmi all’invio di truppe in Libano come forza di interposizione nel 2006 e al placet concesso all’allargamento della base americana di Vicenza che ha visto la partecipazione di duecentomila persone alla manifestazione del 17 Febbraio 2007.

Althusser negli anni Ottanta non aveva più alcuna fiducia nelle organizzazioni della classe operaia e così scriveva, ormai deluso dalla lunga militanza comunista: “I partiti, poggiati sui sindacati dell’aristocrazia operaia, sono dei morti in piedi che sussisteranno fintanto che durerà la loro base materiale (i sindacati che detengono il potere nei comitati d’impresa, i partiti che detengono il potere nelle municipalità ) e fintanto che saranno capaci di sfruttare la dedizione dei proletari e di abusare della situazione del sottoproletariato e dei lavoratori del subappalto. Ormai vi è una contraddizione inconciliabile fra le tesi di Marx ed Engels e il conservatorismo organico di partiti e sindacati. E nulla lascia prevedere che la lotta dei diseredati avrà la meglio sui privilegiati che detengono l’apparato di potere. Se il marxismo può ancora per lampi rivivere, i partiti sono morti in piedi fossilizzati nel loro potere e nel loro apparato che detiene questo potere e si riproduce comodamente per detenerlo. Viviamo in questa contraddizione ed è compito della nostra generazione farla esplodere. E malgrado tutte le difficoltà esploderà nella rivolta della nuova giovinezza del mondo.” 3


1 “In questa prospettiva Althusser evoca gli autori di quella che egli chiama la corrente sotterranea del materialismo aleatorio o dell’incontro. Machiavelli, Spinoza, Hobbes, Rousseau, il giovane Engels, qualche lampo del vecchio Marx, Heidegger, Derrida. In alcuni dei loro concetti Althusser vede l’esercizio di una pratica filosofica estrema, volta a pensare gli elementi che costituiscono la realtà non secondo le leggi teleologiche della sua riproduzione, ma nell’oscillazione sempre aperta del loro incontro senza garanzie. Questo egli trova negli atomi epicurei, nella teoria della fortuna e della virtù del Machiavelli, nel Deus sive natura di Spinoza, nello stato di natura di Hobbes, nell’erranza dei selvaggi roussoviani, nella descrizione della classe operaia inglese di Engels, nell’incontro fra proprietari di denaro e proletari nel capitolo sull’accumulazione originaria di Marx, nell’es gibt e nella Geworfenheit heideggeriana, nel Wittgenstein della I proposizione del Tractatus, infine nella disseminazione di J. Derrida.” Vittorio Morfino e Luca Pinzolo in L. Althusser, Sul materialismo aleatorio, Edizioni Unicopli, Milano 2000, p.11.
2 L. Althusser, Pour Marx, La Decouverte, Paris 1996, p. 67.

3 L. Althusser, Sul pensiero marxista (1982) in Sul materialismo aleatorio, cit., pp. 52-53.

gennaio-aprile 2007