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Se per politica intendiamo come affrontare i problemi di questo mondo e di questo tempo, quelli che sottendono le regole del vivere assieme senza dilaniarci nel XXI secolo…. allora il Movimento dei Forum Sociali e dentro a questo il Movimento per l’Acqua Bene Comune e Diritto Umano, sono gli unici a fare la sola, urgente, ineludibile e possibile politica. I soli a determinare nello scontro nel parlamento italiano e dentro al governo le vere priorità e a intercettare ciò che comincia ad essere consapevolezza nelle popolazioni, dalla Val Susa a Vicenza, che il territorio in cui viviamo e i Beni Comuni che garantiscono la vita sono in pericolo: perché si stanno esaurendo, perché l’avidità delle Corporations li vuole mercificare e che in qualche modo occorre intervenire dal basso, farsi sentire, riprendersi la politica. In tal senso poi, a me sembra, che il movimento dell’acqua, più d’ogni altra cosa, porti con sé questa impronta, queste considerazioni politiche e queste stringenti domande politiche ai governi. Per intenderci: è vero ciò che è stato dichiarato in tutti i Summit internazionali del 2006 che i combustibili fossili e il petrolio saranno esauriti nei prossimi decenni? che l’acqua si sta esaurendo tanto che nel 2050 il 48% della domanda resterà inevasa? Che forse già ora in Italia non sarà sufficiente per garantire contemporaneamente agricoltura e industria? E’ vero ciò che dicono Banca Fideuram e Chris Mayer (guru delle borsa statunitense) che i titoli dell’acqua volano al 32 % e che occorre un’OPEC dell’acqua? Se tutto questo è vero allora la politica non è quella dei mercati finanziari, della crescita permanente del PIL e tanto meno quella dei partiti che vogliono mettere sul mercato e quotare in borsa i “pubblici tesoretti” delle municipalizzate. La politica è cambiare i nostri modi di produrre in agricoltura e nell’industria, il nostro consumismo, i nostri sprechi anche individuali di risorse, i nostri stili di vita, è fermare la privatizzazione dei servizi idrici e dell’imbottigliamento dell’acqua, in Italia e nel mondo e i tempi di questa politica non sono quelli della crescita illimitata, o del “sol dell’avvenire”, o dell’eternità delle religioni: si misurano ora e nei prossimi decenni. I tempi e i contenuti sono quelli dell’emergenza idrica, che il movimento pone con la legge d’iniziativa popolare per il governo pubblico dell’acqua e la ripubblicizzazione del servizio idrico, con la richiesta al governo di decretare subito una moratoria delle privatizzazioni, con l’Assemblea Mondiale degli Eletti e dei Cittadini a Bruxelles, dentro le aule del Parlamento Europeo dove le Corporations dell’acqua spesso la fanno da padrone. Una assemblea che per la prima volta ha messo a confronto, per dare risposte, alla crisi idrica e al pericolo della mercificazione universale del bene comune acqua: movimenti di lotta, ministri di alcuni governi del mondo, parlamentari, sindaci, imprese pubbliche, ONG. Ecco in questo senso, con l’acqua, il movimento dei social forum fa politica alta e fa anche “governo”. Eppure io sono convinto che questo non basta. Credo che il movimento perda i colpi quando la questione del governo diventa rapporto con il quadro politico, con i voti e gli schieramenti in parlamento, con le dinamiche dei partiti e la crisi epocale che li attraversa, con i rapporti di forza reali nella politica e tra politica e società. In definitiva perda i colpi alla prova della democrazia oggi così come si presenta. Non è facile disegnare oggi tali rapporti. Molte delle narrazioni che hanno caratterizzato il secolo che ci lasciamo alle spalle sono in crisi, i partiti sono sempre più fini a se stessi o centri di interessi. Fuori, nella società che reagisce, molti si portano appresso letture del rapporto con le istituzioni dettate più dai “frammenti di ricordo” del passato che dalla ricerca di nuove sfide. Letture ideologiche o talvolta militanza associativa e religiosa, al di la della radicalità o della moderazione, della violenza o della non violenza con la quale si traducono in pratiche sociali e politiche, hanno il comune denominatore della negazione dei partiti e delle istituzioni. Si esauriscono nei movimenti, nel sacrosanto ma insufficiente concetto “del governo dal basso e dal locale”, salvo poi avere con le istituzioni e i partiti un rapporto strumentale, di usarli per trovare finanziamenti, spazi per esercitare le proprie funzioni o in alcuni casi per introdurre sempre strumentalmente qualche proprio rappresentante nelle istituzioni ecc… Oppure l’approccio con la politica e le istituzioni discende dalle pratiche consuetudinarie delle ONG o delle associazioni che si muovono per campagne e l’azione verso i partiti è semplicemente lobbistico nei contenuti e strumentale – opportunistico nella ricerca di finanziamenti e di spazi. O ancora è dettato direttamente da legami più o meno stretti di dipendenza dai partiti stessi. Ma se è vero che oggi la politica sono i beni comuni e se i tempi sono quelli dell’emergenza, l’estraneità dei movimenti dalla politica e dal destino dei partiti rischia di diventare estraneità dalla democrazia; siamo bensì chiamati a riscrivere culturalmente la politica vera all’altezza del XXI secolo e al tempo stesso siamo chiamati a ridisegnare i partiti o rappresentanze politiche adeguate, a rifondarle, a sperimentare percorsi etici per il rinnovo delle istituzioni: assemblee degli eletti dell’acqua, reti dei municipi per i beni comuni, sindaci per l’acqua….e questo in sintonia con le vertenze che siamo in grado di portare avanti socialmente e culturalmente. E intanto misurandoci con quella che è la realtà istituzionale, dei partiti e dei governi oggi. Prendendo in esame i rapporti di forza reali, che sono politici, culturali, sociali, di consapevolezza, nel nostro paese e nel mondo. Sapendo che il rapporto movimenti – governo, non è solo un problema nostro, è un dibattito che attraversa tutta l’America Latina e altre parti del mondo, che dobbiamo sperimentare assieme le strade da percorrere. Sapendo che la linea che divide la mediazione fatta dentro ad un governo o la svendita di un contenuto, oppure il voto a favore o la rottura di un governo, anche per i movimenti non può che essere di difficile partecipata e sofferta definizione, e non è comunque cosa che si guarda dall’esterno con la speranza che si screditino tutti. Se è vero quanto l’acqua ci segnala…siamo nel mezzo di una crisi di civiltà ed è bene affrontarla in tanti. |
gennaio-aprile 2007 |