A Vicenza in marcia contro la base USA e contro il governo
del Coordinamento milanese contro la guerra

Mancano appena due giorni per la partenza del treno che dovrà portare i manifestanti da Milano a Vicenza, il 17 febbraio, per protestare contro il raddoppio della base USA. E’ un treno in cui varie realtà, Rifondazione, CGIL, Arci, si sono prenotati un proprio spazio, come anche ha fatto il Coordinamento Milanese contro la guerra.

All’improvviso i vertici di Rifondazione, senza neanche darne la comunicazione, decidono di disdire il treno, per la preoccupazione che possano salire aree “estremistiche del movimento”. Tutto ciò è frutto del clima di “caccia alle streghe” creato ad arte a livello istituzionale per scoraggiare la partecipazione alla manifestazione e per creare le condizioni affinché “incidenti” avvengano davvero.

Il Coordinamento Milanese contro la guerra nasce a settembre/ottobre del 2006, come reazione alla continuazione della politica interventista da parte del governo, dimostrata anche dalla decisione di inviare le truppe in Libano, mentre una parte consistente del vecchio movimento pacifista scendeva in piazza dietro lo striscione “Forza Onu”. Il Coordinamento si pone come obiettivo, invece, il ritiro di tutte le truppe all’estero e la chiusura di tutte le basi militari.

Al Coordinamento aderiscono: Confederazione Cobas, SLAI Cobas, USI Sanità, Guido Trafiletti della segreteria regionale CUB, Federazione Anarchica Milanese, Movimento per il Partito comunista dei lavoratori, CSA Vittoria, Rete dei Comunisti, Circolo dei Malfattori, Gruppo Libertario di Casatenovo, Pagine Marxiste.

Diverse sono le iniziative messe in campo, tra cui la partecipazione allo sciopero generale indetto dai sindacati di base contro la finanziaria, che aumenta notevolmente anche le spese militari, e la partecipazione con due pullman alla manifestazione del 2 dicembre a Vicenza contro l’allargamento della base USA.

Una prima manifestazione molto ben riuscita alla quale hanno partecipato circa 30 mila persone, condotta nella massima tranquillità, malgrado già in quella occasione il giornale di Vicenza avesse gettato l’allarme, prevedendo disordini e violenze da parte di estremisti, rimanendo sonoramente sconfessato.

Come è risaputo il movimento di protesta popolare è esploso apertamente, con una partecipazione ed una radicalità insospettata, appena da parte del governo fu annunciata la decisione di concedere l’allargamento della base USA. Si è costituita l’Assemblea del Presidio permanente che è diventata il fulcro delle iniziative: manifestazioni con “pentolate”, fiaccolate serali, blocchi delle ferrovie, contestazione dei Consigli Comunali, tessere di partito e di certificati elettorali stracciati. Un movimento di contestazione del potere istituzionale sia di centro-destra che di centro-sinistra.

Quello che abbiamo già visto accadere nella rivolta popolare di Scanzano e della valle Susa contro la TAV, che continua ancora, ora si sta verificando a Vicenza. Una rivolta che si mette subito in sintonia con il movimento contro il permanere sul territorio nazionale delle basi USA/NATO, interpretando il comune sentire di gran parte della popolazione italiana.

* * *

Si è compreso fin da subito che la manifestazione indetta per il 17 febbraio sarebbe stata imponente e di massa a tal punto da far tremare il governo in carica.

Il comunicato con cui veniva indetta dall’Assemblea Permanente di Vicenza era decisamente contro l’allargamento della base USA, senza se e senza ma, e lanciava un monito verso i partiti istituzionali che avevano intenzione di partecipare: “avere la decenza di non presentarsi con le bandiere dei rispettivi partiti”.

Le organizzazioni della sinistra istituzionale e del sindacato a Vicenza, condizionati dalla pressione popolare, da un lato cercano di cavalcare la protesta, dall’altro svolgono una funzione di pompieraggio. Pertanto la CGIL assieme ai DS indicano un altro concentramento per il giorno della manifestazione, indicando obiettivi filogovernativi, e nel contempo lanciano l’allarme contro le infiltrazioni di pericolosi estremisti nel corteo, allo scopo di provocare violenze nel corso della manifestazione. Guarda caso è lo stesso tipo di allarme che lancia il sindaco della giunta di centro-destra, che rimbalza nelle pagine del giornale di Vicenza. Lo stesso grido di allarme, in forma più amplificata, che rilancia il Ministro degli Interni Amato, ripreso dai principali organi di comunicazione. Come un piano prestabilito scattano gli arresti a Torino, Milano, Padova, mentre parte dal Viminale l’allarme sulle Brigate Rosse, a pochi giorni dalla manifestazione di Vicenza, con un chiaro intento di creare un clima di criminalizzazione politica e mediatica nei confronti del movimento di lotta che si sta creando a livello nazionale contro l’allargamento della base USA di Vicenza.

* * *

Come riportato all’inizio, di fronte alla manovra di Rifondazione di annullare improvvisamente il treno dei manifestanti (appena due giorni prima), il Coordinamento Milanese contro la guerra mantiene l’indicazione che era stata propagandata e, in sostituzione dello spazio prenotato, si fanno partire 4 pullman. Per quelli che non trovano posto, si mettono a disposizione delle auto.

La partenza della manifestazione, davanti alla stazione di Vicenza, indicata per le ore 14, deve essere anticipata, tanta è l’affluenza. Davanti al corteo ci sono gli organizzatori della Assemblea Permanente, dietro i quali sfila la popolazione vicentina con le loro associazioni. Seguono i centri sociali, gli anarchici, i sindacati di base, le sigle politiche non governative. Alla fine si accodano CGIL, DS, Prc, Pcdi, Verdi, ecc. Una marea di popolo che per 4 ore e mezzo, un totale di 7 Km, attraversa il centro cittadino fino a ritornare nella zona della stazione. Vengono esibiti striscioni contro le basi, contro la guerra, contro i “governi amici”. Altoparlanti gridano slogans e fanno interventi, diffondono musica, si produce anche musica dal vivo. Un grande applauso viene tributato quando si passa davanti ad un presidio di cittadini americani che si esprimono nettamente contro la base USA. Importante e significativa la presenza di migliaia del movimento No Tav, arrivati con tantissimi pullman, a testimonianza del collegamento delle lotte popolari. Un gruppo di Rifondazione dentro il corteo, distaccato dal loro spezzone, esprime tutto il disagio dei militanti rispetto alle scelte dei dirigenti.

I loro dirigenti, come quelli del Pcdi, posizionati in fondo al corteo, sfoggiano anch’essi grandi sorrisi soddisfatti. Lo saranno un po’ meno qualche giorno dopo quando cade il governo, scagliandosi con insulti irripetibili contro i “dissidenti” che hanno osato non piegarsi alle esigenze della ”politica” di concedere la base agli USA e di mantenere le truppe in Afghanistan.

La manifestazione termina nell’enorme piazzale davanti alla stazione, dove la gente non riesce più ad andare avanti. Si offre agli occhi una distesa immensa e densa di popolazione, una marea allegra e soddisfatta. Si parla di duecentomila.

Dal palco giunge amplificata l’eco degli interventi degli organizzatori, in prevalenza donne. Seguono quello di Dario Fo e Franca Rame.

La grande prova di forza popolare è riuscita, si torna a casa.

Anche il Ministro degli Interni Amato si dichiara soddisfatto, perché malgrado il suo allarmismo è andato tutto tranquillo. Si congratula con le forze di polizia che, non essendosi mostrate, non hanno “provocato disordini”.

Dopo la riuscita della grande manifestazione di protesta, le prossime iniziative non sono meno impegnative: quelle d’impedire che i lavori per la nuova base USA vadano avanti.

gennaio-aprile 2007