Amiken o nemiken? Semplici conoscenti
di Daniela Curto e Vincenzo Masi

comitato territoriale di Potenza per un contratto mondiale sull’acqua

A quasi un anno dalle elezioni politiche e dall’insediamento del nuovo governo, noi, il così detto popolo dei “portatori d’acqua”, ci troviamo a vivere in Italia una situazione di grande interesse ma, per certi versi, oscura.

Si registra grande entusiasmo per i risultati recentemente ottenuti rispetto alle problematiche dell’acqua: nel programma dell’Unione è riportato, grazie alla pressione effettuata dai Movimenti per l’acqua, che il bene acqua verrà preservato nella proprietà e nella gestione pubblica, a differenza di tutti gli altri servizi di interesse generale destinati alla liberalizzazione della gestione. Inoltre, sta riscuotendo notevole successo la campagna di raccolta di firme per la presentazione della legge di iniziativa popolare sull’acqua, unico esempio in Europa, frutto ancora una volta del lavoro in rete di tutti i Movimenti sull’acqua. Una seppur minima tassa sulle acque minerali imbottigliate è stata introdotta nella recente Finanziaria. L’ATO di Venezia ha introdotto nella tariffa una tassa di 2 centesimi a metro cubo, da destinare a finanziamenti di interventi nei così detti paesi in via di sviluppo.

Se a questi recenti risultati nella battaglia per l’”acqua bene comune”, si sommano: l’aver bloccato la privatizzazione, che qualche anno fa stava per essere imposta in tutto il paese, l’essere riusciti a far promulgare al parlamento UE la Risoluzione del 16/03/2006 sul diritto umano dell’accesso all’acqua, il contesto apparirebbe rassicurante.

L’ampiezza di tali successi non può che essere ricondotta a una grande mobilitazione culturale e politica sulle problematiche dell’acqua, innescata da oltre un decennio dal Comitato Italiano per un Contratto Mondiale sull’Acqua.

Eppure tutti noi abbiamo l’impressione che stiamo vivendo un passaggio assai delicato nella storia della politica dell’acqua nel nostro paese. Queste indiscusse conquiste appaiono decisamente vulnerabili; se, infatti, le si riconduce all’interno del clima politico generale ne si avverte l’estrema fragilità. Tutti avvertiamo che i risultati raggiunti non sono consolidati ma rischiano di essere messi in discussione, scavalcati, rovesciati.

Il retrogusto amaro, dovuto alla fragilità delle vittorie ottenute, è legato a tre grandi fattori.

Il primo fattore è che le nostre classi dirigenti, anche quella attualmente al governo, sono dominate dall’immaginario che la nostra società debba essere fondata non sul principio della giustizia, non su quello del diritto alla vita per tutti, non su quello della solidarietà o della cooperazione, ma sul principio della concorrenza (ne è un esempio evidente il disegno di legge 772 proposto dal governo, noto ai più come decreto Lanzillotta, che impone di collocare sul mercato molti servizi pubblici locali essenziali quali: il trasporto pubblico locale, il gas, i rifiuti, l’elettricità, etc.). La visione che l’attuale governo sostiene è che il principio organizzatore per ottenere l’accesso a quelli che sono considerati beni e servizi essenziali e insostituibili per la vita e per il vivere insieme (l’educazione, la salute, i trasporti, l’energia) deve essere quello della concorrenza.

Anche la politica dell’UE è fondata sul principio della concorrenza, inteso come l’elemento regolatore della migliore allocazione delle risorse materiali e immateriali disponibili in Europa. In entrambi i casi questa concezione, che costituisce una raccapricciante regressione culturale del modello attuale di società, tende a far risultare il principio della concorrenza come il fondamento della modernità, la via per il futuro.

Possiamo essere contenti che l’acqua sia un’eccezione?

Chi ci garantisce che in tutto questo indistinto primeggiare del principio della concorrenza, l’acqua resti pubblica?

Il secondo inquietante fattore è la sempre più rilevante partecipazione dei capitali privati al finanziamento dei beni e servizi pubblici. La concezione dominante è che se si vuole rendere efficienti i servizi di interesse collettivo (scuole, ospedali, strade, acquedotti), poiché le tariffe corrisposte dai consumatori, sommate al prelievo fiscale ormai reso sempre più esiguo, non sono sufficienti a garantire i costi, per ottenere finanziamenti, bisogna ricorrere al mercato dei capitali e soprattutto ai mercati dei capitali internazionali, sottomettendosi a una logica strettamente finanziaria e speculativa. Un esempio a tutti noto è costituito dal finanziamento privato (250 milioni di euro) a cui AQP, nel 2003, fece ricorso sui mercati finanziari internazionali. Il prestito obbligazionario contratto fa sì che AQP sia comunque assoggettato a Merrill Lynch.

Poiché la finanza pubblica è sempre più povera, è invalsa la concezione che ormai la res publica – la vita insieme - può essere finanziata solo attraverso i capitali privati.

La visione dominante, attraverso i mass media, ha ormai convinto tutti che le tasse, la più grande conquista sociale e di democrazia del XIX secolo, siano sempre più onerose e ingiuste. Invece, proprio l’applicazione del principio della fiscalità generale come fonte di finanziamento dei beni pubblici ci ha consentito di raggiungere un elevato livello di civiltà concretizzando una società civile, giusta, democratica con un welfare di buon livello. Proprio grazie alla fiscalità generale i servizi fondamentali sono diventati accessibili alla collettività. Un valido esempio è quello degli acquedotti: solo quando furono resi pubblici le loro reti si estesero sul territorio fino a raggiungere tutti gli abitanti della nazione.

Il paradigma dei dominanti ha assunto un terzo principio fondamentale che concorre a rendere sempre più fosca e inquietante l’atmosfera generale: è la mercificazione della vita, che, naturalmente, si ripercuote sulla vita di tutti e quindi anche sulla tematica dell’acqua.

Si sta mercificando tutto: l’educazione, la salute, la conoscenza, l’energia e anche le pensioni di anzianità. Quando la popolazione invecchierà, se non avrà la possibilità di assicurare se stessa o se non possiederà un minimo capitale, non le verrà garantito il diritto alla salute.

Procedere verso la mercificazione della vita significa non accettare più il vivere insieme e questa scelta porta ineluttabilmente alla mercificazione dell’acqua.

Tale mercificazione potrebbe essere un passaggio imminente, più di quanto si possa immaginare; basti pensare che in Russia si sta valutando la possibilità di costruire grosse condotte idriche che addurrebbero l’acqua all’Europa e, soprattutto, all’Asia, compiendo in pieno la mercificazione.

Come faremo a mantenere pubblica la proprietà e il governo dell’acqua quando sarà indispensabile ricorrere ai mercati dei capitali internazionali per finanziare i nostri bisogni e quando saremo circondati da un oceano di liberalizzazioni di tutti i servizi pubblici locali a livello europeo e mondiale?

Per contrastare tutto ciò è necessario che i cittadini, condividendo una nuova narrazione del mondo, si rimpossessino della problematica e delle conoscenze, senza più demandarle ai ministri di turno, agli esperti, agli accademici o ai giornalisti la cui obiettività lascia spesso a desiderare. Il Movimento non solo deve crescere, ampliando sempre più la partecipazione a livello locale, di collettività, di comunità, ma anche organizzarsi, instaurando una fitta rete di relazioni tra tutti i soggetti sostenitori del concetto “acqua bene comune” e del “partenariato pubblico – pubblico”: i cittadini impegnati in difesa dell’acqua, le associazioni di volontariato, le O.N.G., i sindacati europei, le imprese pubbliche che agiscono nel settore idrico e, non ultimi, gli “eletti per l’acqua” (parlamentari, nazionali ed europei, ministri, sindaci e amministratori locali iscritti all’associazione “eletti per l’acqua”) con l’intento di assumere una sempre maggiore rilevanza politica. E’, dunque, necessario accrescere ovunque questa consapevolezza rendendo possibile una mobilitazione culturale e politica in tutti i paesi (come è avvenuto in Bolivia, in Uruguay, in Belgio e, per certi versi, anche in Italia).

Un primo rilevante esempio di comunicazione, condivisione e confronto tra tutti questi soggetti a livello mondiale è da ritenersi l’”Assemblea Mondiale dei Cittadini e degli Eletti per l’Acqua”, tenutasi a Bruxelles dal 18 al 21 marzo del 2007, nell’emiciclo del Parlamento Europeo, la sede istituzionale più prestigiosa, concessa al popolo dell’acqua non da amici o nemici, ma dal Parlamento dell’UE che, come quasi tutti gli esponenti dell’attuale governo italiano, risultano semplici conoscenti.

Solo se proseguiremo in questo percorso non saremo più pervasi dal senso di fragilità della conquista ottenuta, che è una conquista forte perché è l’affermazione del diritto alla vita di tutti, oggi e qui e non domani e altrove.

gennaio-aprile 2007