Testimonianze dalle città e dai territori: l’impegno
di movimenti e associazioni verso la sinistra europea
di Vito Copertino

Quella sera c'era Annamaria, e c'era pure Angela, le due elette lucane di Rifondazione Comunista al Parlamento italiano. Che emozione! Ce l'avevamo fatta. Un successo pieno. Eravamo felici.

Quando arrivai, stava parlando Giacomo, il segretario regionale, in una sala gremita e festosa. Questo non è il momento delle analisi politiche. Penseremo domani al lavoro che ci aspetta. Ci aspetta la costruzione della sinistra europea. Un laboratorio di sperimentazione politica. Come sempre, usava parole semplici. Non lo so ancora, diceva. Sono il segretario, ma io stesso non so come faremo. So solo che la costruiremo, insieme.

 

La costruiremo a partire dai movimenti che agiscono nella realtà sociale, nelle difficoltà dell'economia, nella precarietà del lavoro e della vita. La ricchezza della sinistra italiana è fatta dei numerosi ‘movimenti' dal basso, delle tante ‘associazioni', dei generosi ‘comitati' di base e di volontariato. Sono i ‘laboratori' di città attiva e di urbanistica partecipata, di città plurale, i ‘centri' di attività sociale o ‘case' di impegno pragmatico e culturale, le ‘riviste' di approfondimento culturale e teorico, gli ‘osservatori' di denuncia della diffusa illegalità, i ‘coordinamenti' referendari. Insomma numerosissime esperienze di partecipazione e di democrazia diretta, almeno da un ventennio, fanno politica attiva a partire dalle città e dai territori, ormai permanentemente. E molti di loro hanno preso dal 2001, senza indugi, la via nuova della critica al dominio del neoliberismo e della globalizzazione capitalistica.

È questa la vera novità del panorama politico di questi anni. Se non ci fosse stata, forse alle elezioni parlamentari saremmo stati lontani dal battere, pur di misura, il “berlusconismo”, tanto diffuso nel nostro paese. Se questo scenario è reale, perché sottovalutarlo nelle analisi politiche? Perché non dedicargli lo spazio giusto, nei programmi futuri?

Nel passato, ad ogni situazione di difficoltà si propendeva a leggere per forza una condizione di crisi della democrazia partecipativa. Comincerei a respingere una tale propensione e a considerare ormai come un dato strutturale e irreversibile il processo di maturazione della democrazia, in atto nelle città e con il contributo del popolo di sinistra. Insomma, movimenti e associazioni vivono ormai e crescono indipendentemente dai partiti, dalle agende della politica, dalle scadenze delle amministrazioni. È un errore limitarsi ad aver cura solo della loro conservazione, senza guardare invece alla loro possibilità di crescere e di raggiungere obiettivi concreti e sempre più alti: di volta in volta, una piazza, un sottopasso, un garage sotterraneo, un pezzo di costa, un reparto ospedaliero, una valle devastata dall'alta velocità, un ponte sullo stretto e così via, ma anche il cambiamento del modello di sviluppo, la tutela del lavoro, il buon governo del territorio, l'uso pubblico dell'acqua, la domanda sociale di alloggi a costi accessibili, la difesa della costituzione, l'uso prudente dei beni comuni.

Ora e qui, nei territori in cui la sinistra opera, lavora e fa politica, si può crescere in contrapposizione permanente al potere lobbistico della conservazione dei privilegi, del moderatismo degli interessi di gruppi, della difesa delle posizioni della rendita speculativa, della proprietà immobiliare e della ricchezza parassitaria. Non è lontano l'obiettivo di costruire quella che definirei la ‘seconda potenza cittadina', opposta a quel blocco di potere urbano che nel passato, soprattutto nel Sud, ha governato le città, di volta in volta con le forze politiche moderate, di centro, di destra, insieme alle loro liste civiche, organizzate solo per esprimere clientele e diffuse dovunque nel Paese.

Ha ancora senso, dunque, occuparsi delle tematiche politiche nazionali e generali, come la pace, il lavoro, l'economia, l'ambiente, la scuola, la ricerca scientifica, solo se non si salta la scala della città e della sua amministrazione, che è il nodo fondamentale dell'impegno in direzione della partecipazione e del buon governo. Le città, i territori, si presentano oggi sia come necessità che come possibilità concreta, la base di un necessario e possibile dialogo tra associazioni, laboratori, movimenti. La sinistra ha davanti a sé l'obiettivo di favorire le condizioni per realizzare tale dialogo. Ed occorre che essa progetti e lavori affinché la necessità e la possibilità di una città nuova, in una diversa realtà sociale, economica, istituzionale, stiano effettivamente nell'agenda della politica e dei partiti.

Il progetto condiviso, ma prima ancora le diverse sensibilità dei movimenti, il loro impegno e la loro partecipazione fanno, insieme, il ‘nuovo soggetto politico', la ‘potenza antagonista' che è necessaria. Sono movimenti che si pongono l'obiettivo di costruire la sinistra alternativa e, nel cammino, incontrano la sinistra europea per uscire dal tunnel delle politiche neoliberiste e fondate sullo smantellamento dello stato sociale. Perché europea? Forse perché dal tunnel si esce costruendo una politica europea, non essendo i singoli paesi in grado di farlo autonomamente. Si esce muovendosi verso forme istituzionali e politiche sopranazionali e contrastando il riflusso verso le piccole patrie, verso il respiro e gli orizzonti culturali ristretti. Dunque: i movimenti, la sinistra di alternativa, il percorso verso la sinistra europea.

Partire dai movimenti: essi sanno presentarsi a livello globale con tutta la potenza di espressione della moltitudine. E i partiti? Non saranno i partiti, da soli, a portarci fuori dell'ordine imperiale. Neppure un “nuovo partito”.

Non serve la nascita di un nuovo partito. Di sicuro non serve una nascita assimilabile a quella dei partiti che hanno visto la luce nel novecento, entro gli Stati nazionali. Non è questo che si richiede alla sinistra europea. Forse neppure si sente la necessità di un “partito nuovo”. Invece, c'è, oggi e qui, nelle città, da far confluire in un disegno unitario tutte le molteplici novelle esperienze di militanza, di voglia diffusa di associazionismo politico, di pratiche di partecipazione diretta, non delegata. Un lungo processo, un percorso che viene da lontano, che può giungere a maturazione. Lo si vuole impedire?

Sono, peraltro, gli stessi partiti, i loro stessi caratteri, che sono venuti modificandosi, rifondandosi, rispetto alle stagioni precedenti. È questa, peraltro, la prospettiva di un partito di rifondazione del comunismo e della politica, della società e dello stato. Ma, soprattutto, un elemento caratteristico dei tempi moderni e delle moderne città è la diffusione dei diversi tipi e modi della militanza, tipi e modi capaci di conferire un senso nuovo e di pratica efficacia all'attività politica, sociale e culturale. È un fenomeno ben presente in molte città. Chi non ricorda i tempi in cui c'era una sorta di gerarchia tra i diversi tipi di militanza? Quella che si svolgeva nel partito veniva considerata eticamente e politicamente superiore a tutte le altre. Posso dire che così è stato per il partito comunista italiano. Così non doveva essere per il partito della rifondazione comunista.

Pur rivalutando in maniera piena l'impegno nel partito e ribadendo il suo carattere necessario ai fini di un progetto di trasformazione della società, non si può tralasciare di considerare sullo stesso piano la militanza in un'organizzazione non partitica. Con una consapevolezza che deve segnare di sé la rinascita della politica nelle città, così come nello scenario dell'Europa: “il partito, non può essere inteso come un monolite”, sono le parole di Fausto Bertinotti in L'Europa delle passioni forti (Ponte alle grazie, Firenze 2005). E poi ancora: “deve essere garantito un pluralismo interno, poiché vi convergono tendenze e culture diverse, ma anche perché possono farvi parte esperienze e persino forme di organizzazione diverse da quelle politiche tradizionali”.

Dunque: non un partito, per la sinistra europea.

Con la sinistra europea, non si pensi di tornare ai tempi in cui l'impegno nel partito veniva prima di tutti gli altri. Non si pensi di tornare a quella incrostata gerarchia di valori che non veniva invertita persino dall'appartenenza al sindacato, pur considerata tra le più importanti. Sono militanze ed appartenenze di diversa natura che, grazie ad esaltanti esperienze di movimenti collettivi e non solo a causa della crisi della politica, sono ormai considerate tutte di pari livello, impegno compiuto a tutti gli effetti: appartenenze a legambiente o arci, emergency o amnesty, fiom o cobas, pax christi o laboratorio di città attiva, e tante altre ancora, quando si accompagnano all'iscrizione al partito, non per questo assumono maggiore considerazione, non determinano nuove gerarchie e dipendenze. E infatti, in diversi momenti, manifestazioni, presidi, feste, si sono poste in relazione tra loro su un piano di pari dignità e rispetto.

Sono le mille forme della partecipazione: dal conflitto sociale ai pronunciamenti delle comunità locali e a tante altre forme ancora da inventare. È nel sociale che si gioca la capacità di egemonia e di essere il motore della trasformazione: non solo in parlamento.

 

E ritorno alle parole di Giacomo. Costruiremo, insieme, la sinistra europea per l'alternativa. Metteremo in circolo le nostre idee e il nostro impegno. Mai più l'odio! Ed io ripenso a tutte le volte in cui il dibattito si fa aspro, cattivo, all'interno della politica. Quando volano i coltelli, e la lotta si fa fratricida. Non è mai un bello spettacolo, un conflitto di cui compiacersi.

Su quale territorio sorgerà il Tempio? Sulla proprietà di Caino o su quella di Abele? Mai più conflitto interno. Sarebbe l'ennesima manifestazione della crisi della politica, anche di quella delle forze che vogliono l'alternativa. L'alternativa europea.

maggio 2006