L’uomo del passato
di Marino Centrone

Voleva colpire di fioretto quella sera, Marcello Pera nel salotto di Bruno Vespa. Il cavaliere dopo aver esaurito il repertorio di battute e insulti ai comunisti mandava in campo i suoi quadri intellettuali per esibire l'arcaico e ormai logoro tessuto ideologico in cui si muove la Casa delle libertà.

La difesa dell'Occidente cristiano contro i nuovi barbari, la conservazione dei valori cristiani contro il relativismo della cultura laica, garantire la libertà per un genitore di mandare i propri figli ad una scuola confessionale con il bonus dello stato e negare lo stesso diritto ad un migrante non appartenente alla religione cattolica. Erano questi i temi affrontati in quella trasmissione televisiva che aprono uno spazio di riflessione per la cultura laica e marxista e mostrano lo scarto fra i due fronti rispetto al modo di concepire il mondo, la vita, la felicità.

Il cristianesimo come lo intende Pera non è il cristianesimo della teologia della liberazione, non è il cristianesimo del dialogo e dell'ascolto come ha sostenuto padre Aldo, un  frate comboniano, in un seminario tenuto all'università dopo la visione del film su Romero. Il cristianesimo che nelle periferie del mondo e nelle favelas tende a creare una nuova comunità, denunciando l'imperialismo del mercato mondiale e la connivenza dei regimi dittatoriali con le politiche di dominio delle multinazionali. Non è nemmeno il cristianesimo delle donne in nero del nostro Sud, ricco di passione, di tolleranza e di rispetto per i più deboli.

Il volto del Cristo uomo bianco è stato fortemente segnato dalle sofferenze dei popoli che vivono ai margini dell'impero; il cristianesimo non può identificarsi con l'ideologia wasp (white anglo-saxon protestant) dominante nelle metropoli del benessere, ma deve giocare il suo valore messianico nelle zone calde del pianeta, là dove si va definendo il futuro rapporto fra le nazioni. Gerusalemme costituisce un banco di prova e di possibile unificazione del messaggio religioso, in quella città si confrontano le tre grandi religioni monoteiste (ebraismo, cristianesimo e islamismo) in grado di instaurare quel dialogo fra credenti teso a garantire il valore fondamentale della vita e il diritto alla felicità. Cristo che era un meticcio si oppose all'impero romano, con la vita e con la morte denunciò le condizioni di miseria in cui era tenuto il popolo palestinese. Quello stesso popolo a cui per anni è stata negata la possibilità di abitare la propria terra.

Il relativismo è problematismo, il valore più grande avanzato dalla cultura del Novecento; la possibilità di stare al mondo come pensiero, le souffle, la voix, il Dasein. La possibilità di mettere in discussione istituzioni e codici di assegnazione, iscrizioni piramidali e piramidi, l'inerzia e inamovibilità delle strutture di controllo preposte ai processi formativi. Il filosofo delle palafitte, così si chiamava il libro su Popper pubblicato da Pera per Laterza, non è in grado di comprendere la complessità del pensiero occidentale, la più grande conquista del Novecento; nutrito dal piatto positivismo del suo maestro Francesco Barone non è in grado di misurarsi con l'articolazione problematica di continenti teorici quali il marxismo e la psicoanalisi. Anche Popper ne La società aperta e i suoi nemici indicava in quei due aggregati teorici le cause del decadimento del pensiero occidentale e la congruenza che queste forme di pensiero totalitario avevano istituito con i regimi dittatoriali. Non a caso a suo parere Germania e Italia, la prima con le varie forme di hegelismo e la seconda con lo storicismo crociano erano state dominate dal nazismo e dal fascismo. Si doveva tornare ad una forma di razionalità aperta, a spizzico la chiamava lui, per favorire l'insediamento di una società aperta e di un regime democratico. Personalmente ritengo che il marxismo insegna una visione totale e relazionale della società e dell'uomo; ha ispirato le strategie di liberazione dei popoli, ha accompagnato le speranze e la voglia di cambiamento di milioni di persone, si è sempre presentato come una prospettiva di liberazione. La psicoanalisi, come ha indicato Althusser, insegna come quel piccolo essere biologico prodotto dal ventre di una madre diventa uomo, avvia pratiche di pensiero, di comunicazione e di contaminazione, attraverso difficoltà, divieti e censure materiali o morali riesce a creare le cose belle che ci circondano nella musica, nella pittura, nella danza, nelle arti, nella letteratura, nella poesia.

 

Il pensiero della traccia

Si tratta di definire il percorso che dal concetto di alterità pura iscritto nella teologia negativa perviene alla contaminazione dell'Altro negli altri, il percorso che da Levinas conduce a Derrida. In Totalità e infinito Levinas pone il problema di un dio non contaminato dall'essere, l'assolutamente Altro, eterologia pura. Non esiste un luogo per la significazione della differenza pura, nessun luogo per la significazione come differenza pura.

La differenza pura può essere messa in questione da una soggettività che respira, le souffle, necessité de respirer, possedersi con la possibilità di perdersi. L ‘esperienza della finitudine è la contaminazione, mettersi in gioco rispetto agli altri ed aprirsi all'esperienza della responsabilità. La responsabilità di garantire la persistenza rocciosa dello Stesso oppure avviare le pratiche degli altri. Ancora uno schibboleth. Da quale parte stare. No pasaràn. Questo problema mette in gioco la responsabilità degli intellettuali, di chi scrive, degli uomini di cultura. Che cosa è l'oggetto letterario, che cosa è la letteratura? Anche in passato gli intellettuali francesi erano stati invitati da Sartre a rispondere a questo problema; ne era scaturito l'atteggiamento dell'engagement, dell'impegno letterario inteso come impegno politico. Nell'Europa devastata dal fascismo e dal nazismo l'impegno degli intellettuali doveva essere proiettato nel superamento dello stato di cose esistente. Oggi la domanda è diventata anche più urgente rispetto al degrado prodotto dalla globalizzazione e dal liberismo, dalle politiche di rapina e di distruzione messe in campo nei confronti dei paesi altri.

La tesi è che lo scrittore deve avere un atteggiamento di irresponsabilità rispetto alle istituzioni e ai poteri costituiti perché la sua responsabilità è una responsabilità infinita, una responsabilità rispetto alla democrazia del futuro, la democrazia a venire.

“L'irresponsabilità rispetto ai poteri ideologici costituisce talvolta la sola maniera di cominciare a rispettare la responsabilità infinitamente più esigente verso la democrazia a venire. La nostra responsabilità verso questa democrazia prende la forma di una promessa che è infinita perché non si può mai affermare che è stata mantenuta. Essa appartiene sempre al futuro.” (J. Hillis Miller, Les topographies de Derrida in Le passage des frontières. Autour du travail de J. Derrida, Colloque de Cerisy, Éditions Galilée, 1994, p.195).

I luoghi in cui questa democrazia si manifesta e prende corpo sono le piazze, i forum, le manifestazioni oceaniche che come quel 15 Febbraio del 2003 hanno occupato tutte le città del mondo. Il forum e le piazze pubbliche sono i luoghi dove confluiscono tutte le strade. I luoghi dello scambio dei discorsi e degli oggetti. La piazza del mercato dove si possono scambiare parole e oggetti perché si dispone di una misura comune per stabilire delle equivalenze, una moneta comune, un linguaggio comune, un logos comune. Il problema è trovare il nome dell'uomo, dare all'uomo un nome, immergerlo nella dimensione della significazione. L'operazione che teologia e metafisica hanno provato a fare nel corso dei secoli. La scalata al cielo che si manifesta nella scienza, nelle arti, nella poesia, nelle ardite speculazioni intellettuali. La scalata al cielo è la nuova comunità che arriva. Da questo punto di vista la collocazione del Dasein è nell'ordine della delocalizzazione. Non esiste uno spazio delimitato per l'Esserci, per il Dasein.

La delocalizzazione è il trasporto e l'estasi del viaggio marittimo, ma è anche l'estasi del viaggio attraverso le terre, il passaggio di frontiera. Se non esiste un luogo fisico per il Dasein, gli esseri umani sono sempre in cammino, sono dei migranti. Contro questa condizione si infrangono tutti i baluardi eretti dal leghismo xenofobo e dai partiti razzisti. Il Dasein si rapporta a sé attraverso la sua spazialità, ma questa spazialità è un allontanarsi. Il Dasein è presente a sé, ma questa presenza è corrosa da una erranza irriducibile; il Dasein è irriducibilmente diviso da sé, la sua spazialità lo attraversa, ma lo disloca su una molteplicità di piani infinita. Il suo esserci consiste nel trovarsi continuamente nei paraggi. I paraggi, come i sobborghi, come le zone limitrofe, danno sempre un senso di turbamento. I paraggi annunciano sempre un passaggio, passaggio come spazio differito.

 

Una scuola pubblica e laica deve essere al centro delle future politiche governative sulla scuola e sull'università. Non abbiamo bisogno di scuole confessionali, non dobbiamo pagare il bonus perché un genitore bigotto vuol mandare il figlio in un collegio privato con una forte caratterizzazione confessionale. Il processo formativo diventa più ricco se i giovani si misurano con la complessità del presente, con la varietà ed eterogeneità delle voci narranti che attraversano la scena della storia. Non c'è bisogno di una cultura asettica e bacchettona, funzionale alla misera esistenza di un manager o di un servile burocrate. Abbiamo bisogno di uno spazio per la differenza, uno spazio per la divergenza.  Perché abbiamo bisogno di sognare.

 

Ho fatto un sogno. Io ho un sogno. I have a dream. Ho sognato di passeggiare per la città della moda; accanto alle boutiques e gli stands ve n'erano alcuni adibiti a laboratori musicali, altri alla pittura e scultura, altri al teatro; avevano creato delle piccole case editrici e perfino una facoltà universitaria, non ricordo se di Scienze politiche o di Politiche comunitarie. La città era percorsa da studenti e stavano costruendo anche dei colleges sul versante della statale 16. Un bus stava portando i ragazzi al ranch di Gregorio Minervini per la lezione di equitazione ed altri partivano per i campi da tennis. Nel centro storico la facoltà teologica aveva inaugurato la Casa delle scienze dell'uomo, un dipartimento di scienze umane teso al confronto interculturale e al dialogo fra i popoli. Mi chiedo perché i giovani continuano ad emigrare, perché non riusciamo a costruire una alternativa di sinistra, perché non riusciamo a dire cose di sinistra. Perché un certo Pera continua a parlare, senza conoscerli, dei valori cristiani.

maggio 2006