Il partito della sinistra europea. Un approccio critico
di Andrea Catone

1. L'esigenza dell'unità tra le forze anticapitalistiche

È sempre stata viva in Europa l'esigenza di costruire luoghi e forme di coordinamento e di lotta comune tra le forze politiche che si battono contro il capitalismo. Dopo l'implosione, tra il 1989 e il 1991, dell'URSS e delle società socialiste dell'Europa centro-orientale (in cui si avvia una rapida transizione al capitalismo sulla base di politiche neoliberiste violente e spietate, che gettano sul lastrico milioni di disoccupati, immiseriti e precarizzati), e il terremoto politico-ideologico che scuote dalle fondamenta i partiti comunisti dell'Europa occidentale – con lo scioglimento, in Italia, del più grande partito comunista, e l'avvio di un percorso critico negli altri paesi - si apre un travagliato processo di ricomposizione delle forze politiche operanti all'interno dell'Unione europea che porta, nel 1994, alla formazione del GUE-NGL (Sinistra Unita Europea-Sinistra verde nordica).

Sulla base delle ultime elezioni del 2004, dopo l'allargamento dell'Europa a 25 paesi membri, esso comprende 41 euro-parlamentari.

L'accelerazione del processo di allargamento della UE, con l'inglobamento di ben 8 paesi che pochi anni prima appartenevano al “campo socialista”, e lo sviluppo di un movimento mondiale di contestazione della “globalizzazione capitalistica”, col suo secondo battesimo, dopo Seattle, a Genova nel 2001, spingono a cercare forme di coordinamento e collaborazione su scala mondiale e continentale dei molteplici movimenti e forze politiche che hanno posto l'opposizione al neoliberismo al centro della loro mobilitazione.

Il 5° Congresso del PRC (primavera 2002) prospetta la “costruzione di un nuovo soggetto politico europeo per unire le forze della sinistra comunista, antagonista e alternativa su scala continentale […] nelle loro diversità politiche e organizzative”. Non si parla propriamente di un partito. Gli sviluppi successivi, che portano alla costituzione della SE sono in continuità e rottura al contempo con questo deliberato del congresso. In particolare, insistere sulla dimensione continentale del soggetto politico “antiliberista” significa mettere in discussione il progetto della Unione Europea, che non rappresenta tutta l'Europa, ma è nata piuttosto come “Occidente” (con cui s'intendono le società capitalistiche liberaldemocratiche in contrapposizione all'“Oriente” rappresentato dall'Unione sovietica e dalle società socialiste est-europee. Questa dimensione continentale viene invece accantonata dalla primavera del 2003 con la proposta di dar vita ad una formazione politica nella UE, rivolta soprattutto a partiti comunisti e altre formazioni che non siano già riunite nel gruppo socialista, che raccoglie le socialdemocrazie europee, (compresi i DS italiani, i socialisti spagnoli, francesi, portoghesi, tedeschi).

La proposta di costituire la Sinistra Europea (S.E., o European Left, E.L.) non nasce all'interno del GUE, oltre la metà del quale o non vi aderisce affatto o si limita al ruolo di “osservatore”. L'urgenza di costituirsi in partito è data dall'approvazione da parte del Parlamento europeo, nel febbraio 2003, di un regolamento sullo “Statuto e finanziamento dei partiti politici europei”, in attuazione di alcuni articoli dei Trattati di Maastricht e di Nizza. Il finanziamento, da parte del bilancio della UE, di un partito su scala europea viene erogato a condizione che i partiti abbiano rappresentanze politiche nazionali o membri nel parlamento europeo, o almeno il 3% dei voti, in almeno un quarto dei paesi della UE allargata (cioè sette paesi).

La costituzione della SE è scandita da una serie di incontri, tra l'aprile 2003 e gennaio 2004, che porteranno al congresso costitutivo di Roma (maggio 2004). Il processo di costituzione di questo partito è segnato però da alcuni limiti, che rischiano di escludere piuttosto che includere nella nuova formazione politica alcune grandi forze comuniste e anticapitaliste del continente. Così, al primo incontro nell'aprile 2003 ad Atene, all'indomani del primo Forum sociale europeo, quando è ancora viva l'emozione per le grandi mobilitazioni mondiali del 15 febbraio contro la guerra ed è in corso l'aggressione anglo-americana all'Iraq, su iniziativa del Synaspismos sono invitati tutti i partiti collegati al GUE-NGL, eccetto il PC greco (KKE, che ha una grande base di militanti e un peso elettorale, analogo a quello del PRC in Italia), che viene escluso anche dal secondo incontro in Grecia nel giugno 2003. Il terzo incontro è a Madrid, su iniziativa di Izquierda Unida, il quarto a Bruxelles. I partiti comunisti e lavoristi dell'Europa Orientale sono esclusi da questi primi incontri. A Berlino, nel gennaio 2004, la Pds invita, in qualità di osservatori, alcuni partiti dell'Est, ma anche qui con criteri arbitrari, escludendo i comunisti e altre forze di sinistra alternativa ungheresi, polacche, bulgare, rumene, dei Paesi baltici, della ex Jugoslavia, dell'Ucraina, della Moldavia, della Bielorussia, della Russia europea. Viene escluso anche, per il veto posto dalla PDS, il PC tedesco (DKP). L'appello di Berlino (11.1.2004) spinge sull'acceleratore per la costituzione della SE prima delle elezioni europee del 2004, le prime della nuova UE allargata a 25.

La SE è figlia soprattutto della nuova stagione dei movimenti contro la globalizzazione capitalistica e ha troppa fretta di tagliare tutti i ponti con la tradizione, le lotte, la storia, le identità dei partiti e delle organizzazioni tradizionali del movimento operaio. In questo processo, il rischio grande è che invece di essere un processo capace di riportare il maggior numero di forze possibile all'interno di un'unità molteplice e articolata – che è la sola forma di unità possibile alla luce di una storia lunga e complessa del movimento operaio europeo del ‘900 – si cristallizzino esclusioni e divisioni. La grande intuizione di dar vita ad una soggettività politica continentale, rispondendo ad un'esigenza profonda di unità avvertita da quanti si battono contro la guerra imperialista e contro le politiche capitalistiche, lo sfruttamento, l'esclusione, rischia, nella fretta della realizzazione, di risolversi in un'operazione verticistica che coinvolge essenzialmente non le grandi masse, ma solo gli apparati politici superiori di alcuni partiti.

A quale modello di unità si può guardare oggi? Ciò che si è realizzato nel mondo e in Italia nel 2003 potrebbe fornirci preziose indicazioni. Allora si svilupparono due poderosi movimenti, che riuscirono a catalizzare l'attenzione e a conquistare la simpatia e il consenso di numerosi altri soggetti che, pur non partecipando direttamente, li sostennero: contro la guerra e contro la cancellazione dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori. Allora si raggiunse un'unità molteplice e articolata, che non imponeva violente esclusioni o abiure identitarie, ma univa sull'obiettivo comune.

Certo, la costituzione di un movimento, di movimenti, in soggetto politico è cosa ben più difficile che riuscire nell'impresa di mobilitare milioni di persone per una manifestazione. C'è da chiedersi, tuttavia, se la forma partito che si propone con la SE non sia piuttosto un'accelerazione e una forzatura “partitista”, che impone un vecchio abito, una vecchia forma, ad un contenuto affatto nuovo. Sappiamo che il raggiungimento dell'unità è cosa molto difficile. Costringere tutti all'interno di un partito politico unico – che appare sovraordinato rispetto ai singoli partiti nazionali, anche nella forma confederale che esso si è data dopo il congresso di Atene – rischia di ottenere risultati contrari agli obiettivi dichiarati. Quando diciamo che la sinistra europea è plurale, prendiamo atto di un dato di fatto; ma questa pluralità significa che esistono nel mondo grande e terribile di oggi partiti e movimenti che si collocano su uno spettro di tradizioni e di ideologie assolutamente non compatto e non riducibile ad unum. I partiti comunisti o del lavoro sorti nell'Europa orientale e balcanica e in Russia dopo il 1989 hanno da confrontarsi con una storia che è altro da quella dei partiti dell'Occidente. Alcuni di loro hanno una tradizione che, se fa i conti con l'esperienza del socialismo reale, non ripudia la forma classica del partito comunista, la tradizione marxista e leninista. Le identità teorico-politiche non possono essere annullate. Se non si vogliono ripetere errori storici del movimento operaio del secolo scorso, bisogna pensare a processi di unificazione che sappiano tener conto dell'articolazione del mondo senza tagliare o escludere, senza anatemi e scomuniche.

 

2. Le critiche di alcuni partiti comunisti europei al modo in cui si costituisce la SE

La proposta di creazione della S.E. avanzata da partiti comunisti e di sinistra presenti in quattro dei più importanti paesi della UE (Italia: PRC; Francia: PCF; Spagna: Izquierda Unida; Germania: PDS) non incontra l'unanime consenso di tutti i partiti europei, e viene sottoposta a critica anche all'interno dei partiti promotori (cfr. le mozioni congressuali di opposizione nel PRC).

Alcuni partiti comunisti con un notevole seguito di massa e di iscritti manifestano forti critiche se non una netta e dura opposizione al progetto, per il metodo con cui si arriva alla SE, senza un processo di consultazione reale tra la base dei partiti; per l'ideologia a-comunista; per l'evanescenza degli obiettivi e il giudizio sulla UE.

In un documento del 4.10.2003 il Cc del Pc ceko (Kscm, che ha un bacino elettorale del 20%), critica il progetto di “partito europeo” e afferma che “l'istituzionalizzazione della cooperazione tra i partiti della sinistra può essere conseguita solo come il naturale approdo di una fase di unità d'azione praticata con successo. Bypassare questo stadio non potrà, allo stato attuale, contribuire ad alcuna reale unità della Sinistra europea”. La risoluzione della direzione del 6.2.2004, dopo l'incontro di Berlino, sostiene che: “i maggiori partiti dei paesi dell'Europa orientale devono essere coinvolti nel processo fondativo; vanno respinti approcci selettivi, che hanno finora dominato tale processo; tempi e modalità di fondazione non debbono compromettere l'effettiva unità del movimento comunista in Europa […]. La sinistra europea non deve identificarsi con le istituzioni dell'Unione europea; i rappresentanti del Kscm staranno in questo processo con la funzione di osservatori attivi, e non decideranno alcun passo ulteriore senza l'approvazione del Comitato centrale”.

Nella risoluzione del 20.10.2003, “il Cc del Pc portoghese esprime serie preoccupazioni per la direzione presa dal processo relativo alla creazione di un ‘partito politico europeo' e ai danni che tale processo può causare alla necessaria cooperazione delle forze che, nonostante alcune differenze importanti, hanno collaborato nel GUE. […] Il Pcp giudica negativamente la istituzionalizzazione di ‘partiti europei' nei Trattati della UE […] ma si sente impegnato per una soluzione unitaria del problema, basata sui partiti, che tenga conto dell'esperienza del GUE, rispetti la sovranità di ognuno e l'uguaglianza di tutti, con una struttura minima flessibile, lavorando collegialmente su basi di consenso e di rotazione delle responsabilità, con una piattaforma sintetica strettamente legata a questioni concrete di lotta. Gli sviluppi recenti di tale processo hanno fatto emergere questioni di metodo inaccettabili che contraddicono principi elementari nelle relazioni tra partiti, evidenziano discriminazioni e minano la necessaria fiducia reciproca. Sviluppi che potrebbero precipitare verso una costruzione artificiale che ignori le differenze di cui bisogna tener conto, e opti per criteri ristretti di affinità politico-ideologica che il Pcp non può condividere”. Nella presa di posizione ufficiale del Pcp sulla non partecipazione al partito europeo (Avante, 22.1.2004), si “concorda sul fatto che la situazione in Europa e nel mondo […] richiede da parte dei comunisti e di tutte le forze di sinistra anticapitalistica una cooperazione più stretta e un'azione convergente”, ma che “il problema consiste […] nella ricerca degli strumenti più adeguati e nei contenuti”. E cioè, “non nella creazione di un tradizionale ‘Partito politico europeo', con un profilo federalista e un'inclinazione sopranazionale”, bensì nella “ricerca dell'unità d'azione su problemi specifici che toccano direttamente i lavoratori e le masse (questioni sociali, lotta contro il militarismo e la guerra, difesa della democrazia) […] con riunioni ed eventi di massa che affermino i comuni propositi”. Facendo sì che “tale cooperazione evolva verso forme più stabili e articolate… sempre mettendo in evidenza ciò che unisce, lasciando da parte argomenti polemici relativi all'analisi globale del capitalismo contemporaneo o a valutazioni di ordine storico o ideologico”.

Il Kke greco è ancora più duro: “la fondazione di un Partito della sinistra europea non aiuta la cooperazione e il coordinamento effettivo delle forze comuniste e di altre forze di sinistra radicale […]. Tale progetto prescinde dalle profonde differenze politiche e ideologiche - e anche dai contrasti - tra i punti di vista dei nostri partiti su temi cruciali: quale unificazione europea, quale giudizio sulla UE; il ruolo dell'attuale UE capitalistica nel contesto mondiale; i programmi; il tipo di società per cui lottiamo; il superamento del capitalismo e la prospettiva socialista; […] la politica delle alleanze e il rapporto con la socialdemocrazia. Differenze già emerse più volte nel GUE. Ignorare questa realtà e prospettare la creazione di un partito europeo significa alimentare false illusioni e aspettative presso i lavoratori e i popoli; ferire i principi di eguaglianza, sovranità e indipendenza che devono caratterizzare le relazioni tra i nostri partiti. E ciò alla fine si ritorcerà contro tutti noi” (documento del Cc del 19.9.2003).

Il tema ricorrente è l'opposizione alla costruzione di un “partito sovranazionale”, di cui non si vedono le condizioni unitarie, e la richiesta di costituzione di un soggetto politico europeo, su basi continentali, che esprima un coordinamento efficace, permanente e strutturato, indipendente dalle istituzioni UE, un soggetto aperto ai partiti comunisti e di sinistra anticapitalistica di tutto il continente europeo, non solo dei Paesi dell'UE, collegato con i movimenti sociali e di lotta.

 

3. La costituzione della SE da Roma ad Atene

Nonostante le critiche formulate da alcuni partiti comunisti europei con un seguito non marginale e la loro richiesta di un percorso più articolato e disteso nel tempo, nonostante la questione della costituzione del partito europeo sia poco o per nulla discussa all'interno dei principali partiti promotori, il congresso di fondazione del “Partito della sinistra europea” si tiene l'8-9 maggio 2004 a Roma, con la “partecipazione di oltre 300 delegati in rappresentanza di 15 formazioni politiche di sinistra, comuniste, socialiste e rosso-verdi di tutta Europa”1. Un anno e mezzo dopo, ad Atene (29 e 30 ottobre 2005) è la volta del I congresso conclusosi con l'insediamento dell'organismo dirigente e l'elezione a presidente di Fausto Bertinotti. Il quadro dei partiti che vi aderiscono non muta sostanzialmente rispetto al congresso di Roma: tutti quelli che si erano tenuti fuori dal percorso di costituzione della SE confermano la loro assenza e nessuno di quanti erano presenti in veste di osservatori decide di entrare nel gruppo dei promotori, che risulta così composto:

Membri del partito della Sinistra europea
Paese
Partito
% alle elezioni europee 2004
1 Austria KPO - www.kpoe.at/
0,8
2 Belgio Parti comuniste www.particommuniste.be
---2
3 Estonia Sinistra di Estonia - ESDTP - www.esdtp.ee/
0,5
4 Francia PCF – www.pcf.fr
5,3
5 Germania Linke.PDS (dopo il 2005 unitasi con WASG e Lafontaine)
http://sozialisten.de/sozialisten/aktuell/index.htm
6,1
6 Grecia ynaspismos www.syn.gr
4,2
7 Italia PRC – www.rifondazione.i
6,1
8 Lussemburgo Dei Lenk www.dei-lenk.lu
1,7
9 Portogallo Bloco de Esquerda – www.bloco.org
6,5
10 Republica Ceca Partito del socialismo democratico www.sds.cz
0,1
11 Romania Partito dell’Alleanza socialista PAS. – www.pasro.ro
0,3 alle politiche
12 San Marino Rifondazione comunista di San Marino
3,4 alle politiche
13 Spagna zquierda Unida www.izquierda-unida.es
4,23
14 Spagna PCE – www.pce.es
---
15 Spagna EUiA di Catalogna – www.euia.org
---
16 Svizzera Partito del lavoro – www.pdl.ch
0,7 alle politiche
17 Regno Unito Respect
---
18 Ungheria Partito operaio ungherese- Munkaspart – www.munkaspart.hu
1,6
 
Osservatori
Paese
Partito
% alle elezioni europee 2004
1 Cipro Partito progressista dei lavoratori - AKEL
27,4
2 Danimarca Alleanza rosso-verde
3,4 alle politiche
3 Germania DKP
0,1
4 Grecia Sinistra di rinnovamento comunista ed ecologista AKOA
5 Repubblica ceca Partito comunista di Boemia e Moravia KSCM
20,3
6 Turchia Partito della Libertà e Solidarietà (ODP)
0,3
7 Finlandia PC finlandese
0,6
8 Slovacchia PC slovacco
4,6
9 Italia Partito dei Comunisti italiani
2,4

L'assetto che viene dato ad Atene alla SE è di tipo confederale, per assicurare una relativa autonomia dei partiti membri: una stretta organizzativa, perseguita e realizzata bruciando le tappe, non avrebbe favorito un esito inclusivo e avrebbe piuttosto cristallizzato le differenze esistenti. Tuttavia, l'asse ideologico-politico su cui si costruisce la nuova formazione espresso nelle Tesi del Congresso di Atene, suscita perplessità e appare un arretramento rispetto alla radicalità dei movimenti di lotta per “un altro mondo possibile”, fondato sul superamento della proprietà capitalistica. Per avere un'idea della portata di tali critiche, riporto qui stralci del documento presentato dalla seconda mozione alla direzione nazionale del PRC prima del congresso di Atene:

 

Nelle Tesi politiche e programmatiche poste alla base del Congresso di Atene vi sono certamente alcuni punti su cui è possibile e auspicabile costruire una convergenza di tutte le forze comuniste e progressiste interne ed esterne alla SE. Positivo è il sostegno alla battaglia dei NO nei referendum sulla Costituzione europea, benché sia scomparso ogni riferimento pan-europeo all'Europa “dall'Atlantico agli Urali”, che pure era presente nei documenti varati l'anno scorso a Roma. Si contesta giustamente un' ipotesi di “esercito europeo sotto il controllo della Nato – che significa sotto il controllo USA – come una minaccia all'indipendenza e all'autonomia della UE” e si contrastano ipotesi di riarmo europeo; ma non si contesta l'idea in sé di un esercito sovranazionale UE, con relative forze di rapido intervento (già operanti). […] Positiva è la “proposta di taglio delle spese militari, la chiusura delle basi USA e la dissoluzione della NATO”. E così pure la scelta di “opporsi ad ogni genere di cooperazione militare con la NATO e di prevenire il dispiegamento di forze armate come quelle che supportano gli USA dove essi intervengono”; e, su scala globale, “la distruzione di tutte le armi di sterminio di massa”.

Il profilo politico-programmatico e identitario complessivo richiama quello di una socialdemocrazia di sinistra, che si distingue sia dalle prevalenti impostazioni social-liberali e atlantiste della maggioranza della socialdemocrazia europea, sia da posizioni comuniste o di sinistra dichiaratamente anti-capitalistica e antimperialista. Esso richiama, attualizzandoli, approcci che furono presenti ad esempio nella socialdemocrazia tedesca di Willy Brandt (comunque interni alla svolta di Bad Godesberg). Si prospettano “alternative e proposte per la necessaria trasformazione delle società capitalistiche contemporanee”, che è cosa assai diversa da una prospettiva di superamento del capitalismo. Si prospetta in modo assai vago “un nuovo contratto sociale del XXI secolo che faccia gli interessi di tutti i popoli della terra, delle questioni ambientali, dei valori democratici, della pace, della giustizia sociale, della coesistenza tra i popoli”. E' assente ogni orizzonte strategico anticapitalista, antimperialista, che prospetti l'obiettivo storico del socialismo e della costruzione di una società alternativa al capitalismo. […] Scompare il termine “comunista” ed ogni riferimento ai “comunisti”, comunque li si voglia declinare: e non è poco per un forza europea che è sorta ponendosi come punto di riferimento per l'insieme della sinistra alternativa europea, di cui i comunisti e i partiti comunisti sono parte rilevante. Né si dice una parola sul sostegno alla lotta del popolo irakeno contro l'occupazione militare.

Il progetto strategico che si profila appare quello di un capitalismo regolato, riformato e temperato nelle sue pulsioni liberiste e militariste, con il recupero di uno Stato sociale e di uno “spazio pubblico” nell'economia e nei servizi, che consenta appunto di contenere e bilanciare, nell'ottica tradizionale della socialdemocrazia, le spinte più pericolose del capitalismo. Si dirà: non è poco, coi tempi che corrono. È vero. Ma può essere questo il profilo strategico e politico-identitario di una forza che voglia tenere aperto, in Europa e nel mondo, l'obiettivo storico del socialismo come “nuovo mondo possibile”? 4


1 Cfr. Sinistra europea vademecum, Roma, stampa O.GRA.RO., 2006, p. 5.
2 Elegge solo alcuni consiglieri municipali.
3 Alle elezioni unisce PCE ed Euia, che hanno aderito anche come singoli partiti alla SE, in cui risultano così  tre formazioni politiche spagnole, invece della sola IU.

4 Sinistra europea vademecum, op. cit., pp. 84-86.

maggio 2006