Il Comitato di quartiere di Piazza Paradiso come esempio di imprenditore cognitivo
Stralcio della tesi di laurea Un Comitato di Quartiere come imprenditore cognitivo: il caso di Molfetta, in Sociologia dei fenomeni politici, Università degli Studi di Bari.
di Marianna Abbattista

Il Comitato di Quartiere di piazza Paradiso di Molfetta è sorto a causa di una contesa con l'Amministrazione Comunale. L'incipit che ha dato impulso alla costituzione del Comitato è partito dalla decisione dell'Amministrazione comunale il 22 marzo del 2002, di emettere un bando di gara con il quale assegnava ad un'impresa la concessione in diritto di superficie di progettare, costruire e gestire un parcheggio sotterraneo che doveva essere realizzato proprio sotto la piazza. Il bando prevedeva inoltre la sistemazione a mercato giornaliero dell'area in superficie.

Questo progetto è stato visto dagli abitanti del quartiere con grande riluttanza, sia per il valore storico e per le caratteristiche urbanistiche della piazza, sia perché riproponeva gli stessi problemi di invivibilità che nel 1992 spinsero l'Amministrazione Comunale ad emettere un'ordinanza che rimuoveva gli esercizi commerciali presenti nella piazza.

Il Comitato di Quartiere ha lavorato contro il progetto dell'Amministrazione Comunale al fine della valorizzazione dell'area e per il recupero della piazza, attivando un “Laboratorio di progettazione partecipata”  e presentando il 23 novembre 2004 al Comune di Molfetta lo “Studio ed ipotesi progettuale per la riqualificazione di piazza Paradiso in Molfetta”. Nel Maggio 2005 prendendo in considerazione le indicazioni dell'ipotesi progettuale effettuata dal Comitato, l'architetto Orazio Lisena dell'Ufficio tecnico del Comune, ha concepito il progetto in modo da riqualificare la piazza riportandola alla sua antica funzione di luogo di incontro per gli abitanti del quartiere.

Nel momento in cui è sorto e si è sviluppato, il Comitato di Quartiere ha assunto le vesti di una vera e propria figura-dispositivo che è stata necessaria per organizzare il processo di opinione pubblica. Nell'analizzare il processo di opinion-building tra i dispositivi che attivano l'opinione pubblica - nel nostro caso il Comitato di Quartiere – si riscontrano tutte le caratteristiche dell'imprenditore cognitivo perché è quel particolare tipo di attore sociale che si è assunto il compito (e il rischio) di promuovere, attivare ed orientare un determinato processo di opinione di rilevanza sociale e collettiva, essendo motivato e dotato di un “capitale di opinione” da valorizzare nella sfera pubblica.

Originariamente l'impulso è stato dato dalla espressione di reti interpersonali nella vita quotidiana e che col tempo hanno formato l'idea della costruzione del Comitato come portatore di competenza e di coinvolgimento attivo e imprenditivo.

Avvicinandomi in maniera diretta alle vicende del Comitato di Quartiere di Piazza Paradiso ho avuto modo di sottolineare definitivamente la natura concreta e dinamica dell'opinione pubblica, assumendo la stessa come realtà fenomenica interpretabile non solo sul piano teorico ma soprattutto all'interno dell'analisi sociale, mediante la ricerca sul campo.

 Dalle testimonianze dei componenti del Comitato ho riscontrato come vi sia stato un tipo di approccio dei cittadini di tipo “elitista”, che poi è sfociato solo per alcuni, nel momento della costituzione del Comitato di Quartiere in un approccio “populista” (la recente proposta interpretativa di Crespi risulta fondata, e per di più nello stesso campo demoscopico preso in esame, ossia il quartiere nel suo complesso).

L'opinione pubblica nell'approccio di tipo “elitista” vede la popolazione in un ruolo tendenzialmente passivo, meramente ricettivo perché i singoli cittadini non sono in grado, o non hanno tempo o semplicemente non sono interessati di sviluppare competenze e orientamenti idonei a influire sulle decisioni politiche degli organismi rappresentativi. Essi ritengono che  l'opinione pubblica ossia l'opinione espressa dall'insieme dei cittadini, anche in maniera maggioritaria, non sia in grado di contribuire in modo preminente ai processi di decisione politica, alla scelta di opzioni alternative, alla definizione della policy.

Ciò si è potuto accertare quando i promotori della costituzione del Comitato di Quartiere hanno cercato attivamente di sensibilizzare gli altri residenti sui problemi e sull'imminenza del Bando di gara che avrebbe ripristinato le già tanto ostili condizioni passate. I risultati e le risposte sono state alquanto deludenti in quanto espressione di un pubblico ormai progressivamente disaffezionato nei confronti della politica.

I pochi rispetto all'intero quartiere che invece hanno contribuito alla realizzazione del Comitato, hanno avuto un approccio di tipo “populista”, cioè hanno creduto nella partecipazione politica, nel coinvolgimento attivo dei cittadini nel determinare l'azione dell'Amministrazione Comunale perché hanno interpretato le opinioni collettive come un risultato continuo di interazione sociale. L'opinione pubblica è quindi, in questa prospettiva, non tanto il fondamento “simbolico” della sovranità popolare, quanto lo strumento effettivo con cui questa si esercita nei confronti delle istituzioni democratiche.

Attraverso l'organizzazione sociale, con la circolazione delle informazioni dal basso all'alto e viceversa, il coinvolgimento dei media che hanno seguito le varie fasi riguardanti la piazza, la stessa concezione della leadership, cioè il Comitato di Quartiere che si è fatto garante della domanda sociale, come rappresentante al servizio dei cittadini, risponde all'esigenza dell'opinione pubblica, in quanto opinione collettiva, di essere accettata, interpretata, valorizzata, stimolata, ma in nessun caso manipolata o marginalizzata.

Il Comitato ha creduto nella bontà di ogni opinione individuale, ancorché imprecisa, magari poco informata o troppo emotiva, perché ha creduto alla democrazia realizzata, alla genuinità della partecipazione, al patto di fiducia tra governanti e governati.

Propendo con Lipari, nella sua prospettiva definita “liberal-funzionalista” o “populista”, per una visione ottimistica del ruolo del Comitato nella società molfettese perché ci sono stati dei momenti in cui ha saputo riunire il pubblico di massa (raccolta di firme, manifestazioni, fiaccolata ecc.), facendolo partecipare attivamente alla vita politica.

Per quanto riguarda le dinamiche del gruppo, il suo processo e le sue esternazioni, sono state sostenute e potenziate, i componenti del Comitato si sono forniti degli strumenti per informarsi e confrontarsi, accedendo a più arene per esprimersi. In questo quadro la società democratica è vista come un organismo sociale funzionante interrelato, in cui ogni ambito o processo risponde in modo coordinato, pluralistico ed interdipendente al raggiungimento degli obiettivi ed alla salvaguardia dei principi su cui si fonda il regime democratico.

Le formazioni cognitive e simboliche che si sono venute a creare vengono chiamate da Habermas “sistema delle opinioni informali, personali, non-pubbliche” cioè una gamma di atteggiamenti, credenze e orientamenti a livello individuale e privato che vanno dai luoghi comuni tipici di una cultura e dati per scontati, a quelli più personali, legati alle esperienze di vita fino a quelli diffusi dalla cultura di massa e il “sistema delle opinioni formali e istituzionalmente autorizzate, quasi-pubbliche”, che circolano in una cerchia ristretta al di sopra della massa della popolazione, che possono rivolgersi al pubblico o influire sulle decisioni politicamente rilevanti.

È stato un processo eminentemente comunicativo e interattivo, il suo format espressivo è il linguaggio razionale, l'argomentazione discorsiva e il suo orizzonte è l'universalismo degli obiettivi e del metodo (il reciproco intendersi degli individui). In tal senso l'obiettivo delle dinamiche di opinione è duplice; da una parte è emancipativo per i soggetti sociali che vi hanno partecipato e dall'altra critico verso il potere politico, perché la ragion d'essere di questo processo non è né acclamatoria né consensuale ma argomentativa e autodiretta.

In definitiva, grazie all'azione del Comitato di Quartiere, si è cominciata a sciogliere quella “spirale del silenzio” – così come la chiama Noelle-Neumann – che per una sorta di adeguamento sociale porta alle conseguenze del conformismo di massa, che prevalentemente risulta essere l'accettazione passiva delle decisioni dell'Amministrazione Comunale. Si registra invece una tendenza opposta; i cittadini molfettesi cominciano a capire che possono e devono chiedere all'Amministrazione di poter partecipare attivamente alle questioni politiche e amministrative relative alla loro città.

Il Comitato di Quartiere di piazza Paradiso è stato un buon esempio di imprenditore cognitivo, tant'è vero che anche in un'altra zona di Molfetta si è costituito recentemente un altro comitato, il Comitato di quartiere “Catecombe”, ciò significa che il “clima d'opinione” sta cambiando, i cittadini prendono coscienza della centralità della discussione e del confronto pubblico come fondamento sia della “democrazia rappresentativa” che della “democrazia deliberativa”. Pertanto ogni abitante avendo un ruolo politico, sociale e culturale - che non è quello del mantenimento dello status quo e dell'allineamento agli orientamenti maggioritari – deve far in modo che il “controllo sociale” non debba esser imposto dall'alto ma interiorizzato e ricercato dal basso dai singoli individui come l'affermazione di un diritto inalienabile di ogni uomo ad esprimere “il valore che ha in sé”.

gennaio 2006