È difficile oggi, dopo la sua scomparsa, il 13 gennaio di quest’anno, rendere in tutta la sua importanza l’opera che Franca Ongaro Basaglia ha svolto accanto al marito e compagno delle grandi lotte istituzionali, Franco Basaglia e che ha continuato dopo la sua morte, nel 1980.
“Ho avuto una carriera anomala” dice di sé Franca Basaglia nel momento in cui, nell’ottobre 1998 a Trieste, le veniva conferito il premio internazionale Franco Basaglia, alla carriera e alla vita, “perché ho avuto la fortuna, anche molto faticosa, di poter lavorare tanto, senza fare carriera. È questo che mi ha lasciato un occhio senza paraocchi preformati, che mi ha consentito di continuare a guardare, a vedere le cose, a tentare di capire.”1
Quello sguardo senza paraocchi preformati, Franca Basaglia l’ha portato in tutte le battaglie in cui è stata impegnata. Di quel lavorare tanto, di cui lei stessa parla, ne è testimone la sua grande produzione intellettuale: i testi prodotti in collaborazione con Franco Basaglia ed il gruppo di Gorizia, a partire dagli anni ’60 ed i numerosi volumi e saggi scritti negli ultimi venti anni, sulla medicina e le istituzioni sanitarie, sulla bioetica, sulla condizione della donna, sulle pratiche di trasformazione delle istituzioni totali.2 Temi che sono stati innanzitutto al centro del suo lavoro politico come senatrice nel gruppo della Sinistra Indipendente, che ha svolto per due legislature, dall’84 al ’913.
Pratica e teoria, sempre coniugate nella sua vita, nella lotta per una cosa che lei ha voluto definire “molto, molto banale”, concludendo il suo breve e commosso intervento a Trieste e che attraversa, come un filo conduttore, il suo grande impegno culturale, politico e sociale: “Io credo, dice Franca Basaglia, che si lotti, perché il rispetto per la persona e per i diritti della persona sia il fondamento di quello che facciamo. Infatti, come si può esigere che l’altro che non viene rispettato, rispetti se stesso e le proprie responsabilità e, oltre tutto anche, rispetti gli altri? Io credo che questa cosa molto banale, sia il paradigma di tutto quello che stiamo cercando di creare, creare spazi, situazioni, lotte, affinché le persone che non hanno diritti li conquistino e chi li ha già, li possa veramente esercitare”.4
Franca Ongaro Basaglia, sociologa, per più di quarant’anni è stata in prima linea nelle battaglie per i diritti da quando nel 1961 iniziò, nell’ospedale psichiatrico di Gorizia, con il marito ed un gruppo di psichiatri, la grande esperienza di lotta alle istituzioni totali.
Un’impresa, come la definisce Franca Basaglia, che “ha posto le basi per un cambiamento culturale e sociale di grande portata…che non ha toccato solo la psichiatria e le sue istituzioni, ma tutto il vasto terreno delle diversità naturali e della loro traduzione culturale e politica in disuguaglianza sociale, come forma di dominio”.5
Perché nel manicomio di Gorizia, negli anni 61-69, si svelano a Franco e Franca Basaglia le contraddizioni insite nel lavoro del tecnico. Dinanzi ai corpi e alle voci degli internati, privati dalla violenza dell’istituzione manicomiale di ogni minima forma di espressione dei bisogni e di dignità umana, appare chiaro che il sapere degli psichiatri è uno strumento di potere per esercitare il controllo sociale di persone che devono essere escluse dalla società in quanto le loro vite, i loro comportamenti, deviano dalla “norma”.
Inizia a Gorizia il lavoro critico e politico del tecnico, che, mettendo in crisi il suo ruolo, rifiuta la delega del controllo su ogni forma specifica di devianza dalla norma e inizia, con l’alleanza con gli internati, un percorso per la loro liberazione.
Questo percorso è radicale, e quindi va oltre ogni forma di “umanizzazione” delle istituzioni.
Come scrivono Pierangelo Di Vittorio, filosofo, e Mario Colucci, psichiatra, nel loro libro su Franco Basaglia: “in altri termini, il tecnico con la sua azione pratica svela la modalità escludente dei saperi e dei poteri istituzionali e, soprattutto, il loro stretto legame con il sistema sociale nel quale sono inseriti, al fine di salvaguardarlo. Non solo, ma anche demistifica la pretesa riformistica del sistema, il quale propone innovazioni tecniche - in tema di organizzazione dei servizi o di riabilitazione del malato mentale – nel tentativo affannoso di coprire le contraddizioni che si aprono con la lotta antiistituzionale”.6 Il loro libro ha contribuito a riaprire il dibattito, attualizzandone il valore intellettuale e scientifico, sul pensiero e sulla pratica di Franco Basaglia, che per anni era stato messo fuori scena da un establishment scientifico e politico ben attento ad occultare la radicalità del movimento antiistituzionale per ridurlo e ghettizzarlo, come spesso è stato scritto, ad un mero “sociologismo” .
L’esperienza iniziata a Gorizia è diventata il simbolo della lotta a tutte le istituzioni totali, perché è il fondamento di ogni forma di lotta al controllo delle devianze come occultamento della disuguaglianza sociale e legittimazione dell’esclusione sociale.
Oggi più che mai, le nuove forme di povertà, il non accesso ai diritti per grandi fasce di popolazione, rende sempre più crescente il fenomeno della disuguaglianza e marginalità sociale e la “popolazione degli esclusi” aumenta sempre di più. Le diversità sono oggetto di una stigmatizzazione legalizzata, in quanto presenze da escludere perché turbano l’equilibrio della società: alle prostitute, ai malati di mente, ai delinquenti, agli immigrati, continuano ad essere offerti luoghi di reclusione e pratiche di contenzione e d’internamento.7
Franca Basaglia ci lascia il suo grande contributo per comprendere alcuni nodi cruciali di una società disuguale e democratica. Una società che da un lato assume la promozione e la difesa dei diritti di cittadinanza, anche per fasce di popolazione che ne erano escluse, e dall’altro, nel suo bisogno di tutelarsi, continua a riproporre la cultura del pericolo/difesa/controllo.
Una tutela a doppia faccia come la definisce Franca Basaglia, nella sua Lezione magistrale del 2001, per il conferimento della laurea honoris causa, testo di lucida analisi sulla questione complessa e conflittuale della tutela dei diritti.
“È ciò che sta accadendo in questi anni in Italia dopo l’emanazione di riforme che hanno riconosciuto l’universalità dei diritti della persona…Da un lato la tutela di ogni minorità che ha bisogno di aiuto, non più come forma di esclusione o di invalidazione della persona, ma come progetto di abilitazione, cioè come promozione di capacità, autonomia, responsabilità nel rispetto dei nuovi diritti acquisiti, ma anche dei nuovi doveri che ne conseguono per lo stesso tutelato. Dall’altro la tutela della società sana e produttiva, portatrice anch’essa del diritto ad essere aiutata e difesa da ciò con cui può essere difficile convivere e che può presentarsi come una minaccia. Tenendo conto che questo diritto non cancella il contemporaneo dovere sociale e politico di promuovere e sostenere il farsi reale dei diritti della parte più debole e svantaggiata. Il problema consiste dunque nel come far coesistere questa doppia esigenza che non vuole e non può più essere antagonista, in quanto nasce dal rispetto di bisogni e diritti da ambo i lati irrinunciabili”.8
Questo nodo cruciale del problema non può essere affrontato, come analizza Franca Basaglia, con posizioni che si sono limitate ad “umanizzare l’assistenza…quale garanzia della scientificità dell’intervento e del superamento della violenza istituzionale” o a considerare la tutela sempre come “riduzione dello spazio fisico, psicologico e sociale in cui il tutelato possa esprimersi quale unica garanzia del controllo”.9
L’unica strada possibile di avvicinamento alla contrattualità e alla negoziazione che portano al riconoscimento della cittadinanza, quindi ad una maggiore giustizia sociale, indica Franca Basaglia, è invece, la “messa in discussione delle diverse discipline che hanno a che fare con la persona, e delle violazioni dei diritti dei cittadini perpetrate in nome della cura e della terapia, implicite in modelli scientifici che si fondano sull’oggettivazione del corpo, sulla delega totale al tecnico di cui chi ha bisogno di cura e di assistenza è in completa balia”.10
Questa capacità di mettere in discussione il proprio ruolo tecnico ed il proprio sapere disciplinare è stato l’elemento fondante del movimento che da quarant’anni opera nel campo della salute mentale.
Un cambiamento che, invece, non ha attraversato il corpo medico, come non ha attraversato altre discipline: è questo il nodo cruciale per comprendere le difficoltà incontrate nell’applicazione delle principali riforme degli anni ’70, tra cui quella sanitaria e psichiatrica.
La Riforma sanitaria ha sancito l’acquisizione del diritto di un nuovo rispetto della persona ma, in realtà, “quei corpi professionali e le discipline che ora dovrebbero garantirlo, non lo hanno mai contemplato e continuano a dare risposte tecniche implicite in vecchi modelli operativi che mettono tra parentesi il problema della disuguaglianza (che riguarda il malato e non la malattia, la persona e non il fenomeno) per occuparsi di diversità separate, più o meno naturali (malattia, devianza, vecchiaia, disabilità, organi, geni, per ogni disciplina il suo luogo e i suoi esperti)…e agiscono essenzialmente su parti separate dei corpi, mentre dovrebbero misurarsi con l’essere questi corpi intrisi di bisogni soggettivi, affettivi, sociali che la stessa acquisizione dei diritti esprime più esplicitamente”.11
Ma per misurarsi con i bisogni reali e concreti delle persone bisogna avere la capacità di creare dei veri rapporti di reciprocità, di stabilire relazioni con l’altro in cui si possa mantenere la dimensione del rischio che, come ci ricorda Franca Basaglia, “è il primo elemento di reciprocità in un rapporto disuguale, in quanto il rischio della libertà dell’altro è anche il rischio della propria libertà, delle proprie certezze che ci tengono prigionieri”12. E ancora, bisogna lasciare aperta la possibilità del conflitto perché “proprio il conflitto, cioè ogni relazione che ponga problemi, diritti, attriti, difficoltà sul piano del potere (quindi i conflitti di potere e di interesse fra il malato e la famiglia, fra il medico e il paziente, fra l’adulto e il giovane, il docente e lo scolaro, fra l’uomo e la donna, l’individuo e la società) non più utilizzato come occasione per cancellare il polo più debole ed incapacitarlo, può diventare fonte di conoscenza reciproca, di cambiamento, di ulteriore comprensione e modifica di sé e dell’altro. Nell’accettazione dell’altro e nel conflitto che produce c’è sempre il rischio della perdita di sé quando il ruolo -qualunque esso sia - non ti difende più, non ti ripara, non ti copre. Ma è questa uscita dal ruolo, pur giocandolo, che consente di passare da una domanda all’apertura di un’altra domanda qualitativamente diversa”.13
Allora, quella cosa che Franca Basaglia ha definito molto banale, cioè il rispetto per la persona e per i diritti della persona, affinché non si limiti ad una semplice enunciazione di principio ma diventi pratica, richiede molto coraggio, libertà, smascheramento dei rapporti di potere, nuove e condivise responsabilità.
Questo, Franca Basaglia lo ha sempre sostenuto e praticato senza “fare sconti”, con quello sguardo senza paraocchi, anche quando come donna si rivolge ad altre donne.
Ero a Trieste nel 1995 quando Franca Basaglia, in un dibattito sul Centro Donna, un servizio di salute mentale per la prima volta creato da sole operatrici e rivolto ad utenti donne, pone la questione del rischio di riprodurre anche tra donne il binomio sapere-potere.
“A me pare che il problema sia capire se nella separatezza tra donne noi riusciamo ad intaccare l’identità tra sapere e potere. Si è parlato di donne che arrivate al potere, lo hanno usato come i maschi, ma in realtà la cultura del potere è unica ed è stata sempre maschile. Allora, in un servizio separato, è vero che il sapere delle operatrici non si traduce automaticamente in potere? Se questo può succedere, allora è una cosa importantissima perché è una rottura della cultura di cui siamo tutti impregnati, uomini e donne”.14
Questo sguardo lucido e senza sconti verso le compagne di percorso, ci fa cogliere quella sua forza capace di entrare nel più profondo delle contraddizioni per spostare, ad un livello sempre più alto, la qualità delle domande e la nostra stessa capacità di rispondere. Ma in quell’incontro Franca Basaglia ha anche parlato del suo percorso di donna: “Io appartengo ad una generazione che ha incominciato a porsi il problema dell’essere donna. Negli anni fra il ’65 e il ‘70 le esigenze di un soggetto femminile nella coppia e nel gruppo erano considerate una rivendicazione di tipo psicologico, individuale. Il passaggio al gruppo di autocoscienza io non l’ho fatto, nel senso che lavorando all’interno di un movimento che si occupava della diversità in generale, ed in particolare di quella chiusa in manicomio, io portavo la testimonianza della mia diversità in quanto donna. Trovavo altre difficoltà, ma il fatto di esistere come gruppo di lotta all’istituzione è stato un passaggio indispensabile”.15
Un percorso di vita quello di Franca Basaglia che fino all’ultimo, come lei stessa ha sottolineato, è stato caratterizzato dalla scelta di non delegare ad altri la sua vita. Le sue parole nella lezione Magistrale tenuta a Sassari, nell’aprile del 2001, risuonano quasi come testamento teorico, intellettuale e politico, che trasmette il senso delle battaglie da lei condotte; battaglie che sta a noi continuare: “sono una persona che ha dovuto ricorrere a più riprese all’aiuto indispensabile della medicina e del servizio pubblico. Ma credo di essere qui, in questo momento, anche grazie agli spazi di libertà, di decisione che mi sono stati consentiti e che ho salvaguardato… alla caparbietà -che mi è congeniale- di non delegare la mia vita, la mia malattia, il mio corpo ad altri”.16
1 Trascrizione di una registrazione personale in occasione del Convegno internazionale “Franco Basaglia: la comunità possibile:”, Trieste, 20-24 ottobre 1998
2 Tra i saggi scritti con Franco Basaglia e il gruppo di Gorizia: F. Basaglia (a.c.di) Che cos’è la psichiatria?, Amministrazione provinciale di Parma, Parma 1967, Einaudi, Torino 1973, Baldini&Castoldi, Milano 1997; F. Basaglia (a.c.di) L’istituzione negata, Einaudi, Torino 1968, Baldini&Castaldi, Milano 1998. Dagli anni ’70 fu coautrice di gran parte dei testi di Franco Basaglia tra cui: F. Basaglia, F. Ongaro Basaglia, (a.c.di) Morire di classe. La condizione manicomiale fotografata da Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin, Einaudi, Torino, 1969; F. Basaglia, F. Ongaro Basaglia (a.c.di) La maggioranza deviante, Einaudi, Torino, 1971; F. Basaglia, F. Ongaro Basaglia, Crimini di pace, Einaudi , Torino, 1975. Subito dopo la morte del marito ha curato la pubblicazione dei due volumi: F. Basaglia, Scritti, Einaudi, Torino, 1981. Tra i suoi principali testi degli anni ’80-’90: Salute/Malattia. Le parole della medicina, Einaudi, Torino, 1982; Manicomio perché?, Emme ed. 1982, Edizioni Centro Franco Basaglia, Roma, 1991; Vita e carriera di Mario Tommasini burocrate proprio scomodo narrate da lui medesimo, Editori Riuniti, Roma 1991.
3 Durante la sua carica di senatrice, in cui si è occupata di diversi temi, carcere, tossicodipendenze, violenza sessuale, trapianti, ha continuato tenacemente a battersi per l’applicazione della legge di riforma psichiatrica, opponendosi ai numerosi progetti di controriforma presentati in quegli anni ed indicando al contrario la necessità di provvedimenti di programmazione dei servizi di salute mentale; uno dei risultati del suo impegno è stata la realizzazione nell’94 del primo Progetto Obiettivo Salute Mentale Nazionale, a cui ha fatto seguito quello del 1998-2000 che rappresenta ancora oggi un punto fermo sulla programmazione e potenziamento dei servizi di Salute mentale, contro i tentativi ultimi di abrogare la legge 180, da parte del governo Berlusconi (vedi proposta Burani-Procaccini).
4 Registrazione cit.
5 F. Ongaro Basaglia, Lectio magistralis sul tema: tutela dei diritti e saperi disciplinari in “Fogli di Informazione” n° 188, gennaio-febbraio 2001, Centro di Documentazione Pistoia Editrice, p. 16. Numero speciale dei Fogli di Informazione pubblicato in occasione della laurea honoris causa, conferita a Franca Basaglia dall’Università di Sassari, nel 2001.
6 M. Colucci, P. Di Vittorio, Franco Basaglia, Bruno Mondadori Editori, Paravia 2001, pp. 223-24
7 In Italia, il programma “controriformista” del governo Berlusconi sta producendo legislazioni speciali che ripropongono soggetti “speciali”. La proposta Burani Procaccini è il tentativo di ritornare a una legge speciale per la psichiatria che ripropone forme di nuovo internamento; la nuova legislazione sulle tossicodipendenze enfatizza come luogo di cura le comunità terapeutiche d’impronta carismatica e paternalistica, riducendo il Servizio pubblico ad una mera funzione di smistamento verso questi luoghi e, cosa ancora più grave, si stanno creando nuovi luoghi speciali di cura e detenzione per i tossicodipendenti che ricordano gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari; il disegno di legge sulla prostituzione ripropone le case chiuse; la legge Bossi-Fini sull’immigrazione rende sempre più reclusiva ed illegale la condizione di detenzione amministrativa degli immigrati nei Centri di Permanenza Temporanea (CPT). Le persone rinchiuse nei CPT non sono folli, però assumono psicofarmaci e manifestano sintomi psicopatologici, non sono rei ma, anche se non hanno commesso alcun delitto, devono rimanere reclusi. Gli immigrati sono sicuramente la nuova categoria “deviante” per eccellenza.
8 Lectio magistralis, cit. p. 18.
9 Lectio magistralis, cit. p. 18
10 Lectio magistralis, cit. p. 18.
11 Lectio magistralis, cit. p. 20
12 Lectio magistralis, cit. p. 18.
13 Lectio magistralis, cit. p. 19.
14 Trascrizione di una registrazione personale.
15 Registrazione cit.
16 Lectio magistralis, cit. p. 23. Il testo della Lezione magistrale di Franca Ongaro Basaglia, pubblicato in un numero speciale della rivista Fogli d’Informazione creata e diretta da più di trent’anni da Agostino Pirella e Paolo Tranchina, costituisce un documento fondamentale per una riflessione politica sulle trasformazioni sociali capaci di superare il riformismo ed andare oltre. È l’indicazione forte e lungimirante di Franca Basaglia. In questo senso, Fogli di Informazione continua a svolgere il suo impegno di trasmettere storia, di creare memoria, di tenere aperto il dibattito, offrendo sempre strumenti di riflessione. Quando Franca Basaglia ci ha lasciato, Paolo Tranchina ci ha reso partecipi, inviando a tutti questa immagine: “dopo gli interventi che l’hanno ricordata, il feretro, coperto di rose rosse, si è avviato lentamente su una gondola. Ritmato dai colpi di remo sull’acqua, in silenzio, è uscito dal nostro sguardo oltre il ponte di Rialto”. |
settembre 2005 |