Al tempo delle catene e dei lucchetti subentrò il tempo delle sirene e degli allarmi. Al tempo dei cani da guardia si aggiunse il tempo delle porte blindate. Ma la paura dell’uomo non ha tempo, perché è di tutti i tempi. E tuttavia non è solo questione di paura, quella paura che garantisce al potere totalitario di sorvegliare e punire. È anche essenzialmente una questione di controllo economico delle risorse. Controllando il corpo si garantisce il guadagno, controllando la paura si incentiva l’economia del potere globale. Se la paura del terrorismo, che si autoincentiva da sé subdolamente, serve utilmente all’appropriazione della psiche, l’economia che gira intorno alla paura di un terrorismo che non si ha nessuna voglia di debellare - nonostante i poteri immensi di una sempre magnificata “intelligence” (attualmente il superspione di Bush, tale John Negroponte, assomma in sé la direzione di ben quindici enti di spionaggio, CIA compresa), l’economia della paura serve non solo ai controlli sempre più capillari dei movimenti delle masse e dei comportamenti dei soggetti, ma soprattutto per la valorizzazione tecnologica del capitale. Le potenze mentali dell’uomo sono messe al lavoro, grazie al gioco della paura e ai fantasmi veri o presunti del terrorismo, per rilanciare la domanda dei mercati di nuove tecnologie funzionali al doppio scopo del totalitarismo biopolitico: controllo e sfruttamento infiniti dei corpi e delle menti.
Ricordiamo: “il capitale non ha riguardi per la salute e la durata della vita dell’operaio” (Karl Marx), verità ottocentesca quanto mai valida. Da tale punto di vista, l’impresa americana promossa da Bush in Irak, nonostante le perdite e la caduta d’immagine, resta una vittoria dell’obiettivo primario, tenuto nascosto fin dall’attentato dell’11 settembre 2001: quello di destare una volta per sempre e tenere in vita all’infinito la paura globale di un terrorismo funzionale agli scopi osceni del profitto, fino “al punto che l’idea di libertà, idea nuova e recente, sta già scomparendo dai costumi e dalle coscienze, e la mondializzazione liberista sta per realizzarsi in forma esattamente inversa: quella di una mondializzazione poliziesca, di un controllo totale, di un terrore securitario.”1
Sembra ci sia poco da stare allegri. Tra tsunami e stragi di civili innocenti, lo dice il bollettino quotidiano televisivo e lo ribadiscono le gazzette più o meno asservite allo stesso capitale mondiale: il nostro mondo è in pericolo, e particolarmente il mondo occidentale! Dopo l’attentato di Londra, il nostro ministro dell’Interno lancia l’allarme mediatico circa indizi certi di possibili attentati nella capitale italiana per il mese di agosto: si presidiano migliaia di monumenti e siti a rischio in attesa di un evento che non avverrà. Non avverrà, ma, nel frattempo, si sarà operato un giro economico-finanziario di partita doppia tra finta paura e vero terrorismo o, se volete, tra vera paura e finto terrorismo.
In realtà: “Lo spettro di un terrorismo mondiale diffuso (che ovunque prende di mira le scuole materne e le università come gli aeroporti) nega il fatto che gli attentati suicidi derivino da una precisa situazione di antagonismo. Il terrorismo stimola tutto ciò che, in una società in crisi diffusa, desidera “menar le mani” […] L’alibi di una maggiore sicurezza serve a dare potere ai vigilantes e a trasformare i luoghi di libertà in prigioni-modello.”2
Infatti, si tende a fare del mondo una caserma. Si utilizza la paura come mezzo di comunicazione al fine di instaurare una condizione di terrorismo permanente. E più l’impatto mediatico è eclatante, maggiore è l’assoggettamento delle coscienze. Narcotizzare le menti, ridurre al silenzio la protesta, militarizzare ogni comportamento potenzialmente eversivo. Più si sente inneggiare alle libertà e più le libertà individuali e collettive sono tenute sotto controllo burocratico e tecnologico.
E in ogni caso non c’è soltanto il terrorismo, la paura dell’Altro si allarga ai vu’ cumprà vaganti in città e sulle spiagge, agli spacciatori di droga e a quelli di telefonia mobile, agli scalatori e ai promotori finanziari, ai venditori porta a porta e ai presentatori di “Porta a porta” e poi ai prodotti griffati cinesi che minacciano il nostro benessere dopo la devastazione economica che qualcuno vuole causata dall’euro. Perfino scappare sull’autostrada diventa difficile, non solo e non tanto per il caro benzina quanto perché si potrebbe finire colpiti da un sasso lanciato da un cavalcavia. Ci si può allora rassegnare e restare chiusi in casa, ma anche qui si annidano non poche insidie: gli acari della polvere, le madri che uccidono a calci i figlioletti, figli più che maturi che fanno a pezzi i genitori, pitbull che azzannano nonni indifesi e soli. Ecco che da questa apocalisse postmoderna presentita e percepita si levano le miracolose soluzione tecnologiche della merce-sicurezza, i gadget super complicati della tranquillità assicurata.
L’inizio del terzo millennio avvenne nel segno, anch’esso apocalittico, del virus Y2K. Non c’era ancora l’incubo programmato dell’antrace dopo la paura collettiva dell’Aids. Solo dopo l’11 settembre 2001, come manna dal cielo, si è manifestata l’esplosione ideologica securitaria e l’intensificazione del ciclo produttivo di merce securitaria: allarmi e videocamere, porte blindate e spionaggio telefonico, maschere antigas e campagne assicurative sulla vita e sulla morte. Ma la cosa più eclatante è che questa esplosione si concretizza, dopo la scomparsa dello spettro comunista che si aggirava pericolosamente sull’occidente, nell’immenso investimento finanziario che il Congresso americano ha destinato e destina alla spesa militare per fronteggiare un altro spettro, quello del fondamentalismo islamico. Scontro che non viene affrontato e risolto dialogicamente, nonostante certi assunti filosofici occidentali ispirati al dialogo costruttivo, bensì con la teorizzazione di nuovi universali di comportamento, primo fra tutti la guerra preventiva. Guerra che cerca di evitare accuratamente le perdite militare a scapito della popolazione civile, la cui morte, con stragi frequenti e crescenti, conferma il truce risvolto totalitario assunto dal biopotere imperiale.
C’è stato naturalmente un salto di qualità passando dalla “guerra fredda” alla “guerra preventiva”. Forse per chiarire il concetto conviene ancora una volta rifarsi alle chiare riflessioni di Michel Foucault sul trattamento bio-politico della specie umana operato attraverso la squalificazione progressiva della Morte. Infatti, se il potere assoluto della sovranità consisteva nel decidere della vita e della morte dei singoli come delle masse, il potere totalitario dell’imperialismo abbandona ogni prerogativa sia sulla vita che sulla morte dei singoli e delle masse concentrandosi esclusivamente sul controllo biologico universale dei singoli e dei popoli. L’opera di dominio si specializza in potenza dispensandosi economicamente da ogni cura verso l’Altro o gli Altri. È il razzismo feroce della spada che dispone di tutto nel privato come nel pubblico, o meglio in ciò che resta del privato e del pubblico. Il razzismo discriminante e separatore, distintivo e disgiuntivo, sarà la “norma” della moderna biopolitica.
Dice Foucault: “All’interno del continuum biologico della specie umana, l’apparizione delle razze, la distinzione delle razze, la gerarchia delle razze, la qualificazione di alcune razze come buone e di altre, al contrario, come inferiori, costituirà un modo per frammentare il campo del biologico che il potere ha preso in carico, diventerà una maniera per introdurre uno squilibrio tra i gruppi, gli uni rispetto agli altri, all’interno di una popolazione. […] È questa dunque la prima funzione del razzismo: frammentare, istituire delle cesure all’interno di quel continuum biologico che il biopotere per l’appunto investe.”3
Ma tornando all’economia della paura, la premessa di questa svolta storica dopo l’11 settembre, sta nella recessione economica globale e latente che non si ha il coraggio di ammettere e che non sembra avere vie d’uscita per la semplice ragione che non si intravedono nuove prospettive per la domanda dei consumi di massa. Dopo il boom di automobili, televisori, lavatrici, personal computer e telefoni grandi e piccoli, con tutto l’apparato indispensabile di apparecchi collegati e accessori integrati, non ci sono nuovi prodotti che possano suscitare un rilancio della produzione, mentre crisi dell’auto e saturazione di strumenti informatici e telematici, non danno prospettive di superprofitti ulteriori al sistema capitalistico mondiale.
Resta quindi solo la paura! La paura come fonte di guadagno, risorsa psicologica di una residuale natura organica da sfruttare economicamente come si sfrutta una malattia fisica e mentale, con l’accanimento terapeutico e la proliferazione farmacologica. La popolazione occidentale viene costantemente tenuta in allarme e si procede a veri e propri programmi di allertamento a scadenze fisse (in ciò le rivendicazioni fasulle e le scoperte inconsistenti fanno il loro gioco con l’aiuto di annunci televisivi, videocassette, messaggi Internet). La popolazione deve divenire consapevole di essere circondata da pericoli diversi e diffusi, come immigrati, rapinatori e terroristi di ogni genere (si va dal famigerato Bin Laden al fantomatico Unabomber). Il bisogno principale della società terrorizzata si deve spostare dalle esigenze di salute e di cultura a quelle della “sicurezza”. Non che interessi la “vita” degli umani, ma solo la gestione geopolitica, e quindi “economica”, di essa. In questo modo, evidentemente, la guerra globale preventiva e reiterata può diventare (ma lo è già!) il modo principale, e forse unico, per un rilancio generale dell’economia mondiale.
All’inizio del 2003, il responsabile della sicurezza degli Stati Uniti, il ben noto capo della CIA Tom Ridge, annunciò che si attendevano degli attentati con uso di gas lacrimogeni, bombe chimiche e batteriologiche, si invitava pertanto la popolazione tutta a dotarsi di maschere antigas e, soprattutto di nastro isolante per proteggere porte e finestre. Si trattava di uno dei tanti allarmi a vuoto lanciati dal sistema di sicurezza per produrre paura, diffondere terrore e suscitare consenso “affettivo” nei confronti delle attente autorità governative. Ma quale era lo scopo? Lo si seppe nei giorni successivi quando milioni di americani si precipitarono a comprare il nastro isolante consigliato dal governo. Risultò poi che il principale produttore di questo tipo di nastro è uno appartenente al clan dei Bush, grande finanziatore delle loro campagne elettorali.4
La tendenza ai sistemi di sorveglianza a circuito chiuso (CCTV) ha origine nel Regno Unito nel 1985. Si trattava di controllare i club degli hooligans. Attualmente l’industria dello sorveglianza visiva britannica spende tra i 200 e 300 milioni di sterline all’anno, spesa raddoppiata dopo l’attentato di Londra. Oggi il parco di telecamere sfiora i 500.000 pezzi. L’Home Office britannico stima che circa il 95% delle città e dei paesi inglesi si stiano dirigendo verso i sistemi di controllo CCTV per la sorveglianza di aree pubbliche, parcheggi e zone residenziali. La crescita di questo mercato è quantificata dal 15 al 20% all’anno. La progettazione degli stessi sistemi è cambiata permettendo telecamere di ridottissime misure con capacità di “motion detection” e con potenti zoom e dispositivi ad infrarossi, consentendo così anche la visione notturna. Inoltre il sistema di controllo visivo ha sposato tecniche militari di protezione e le telecamere sono state interfacciate a due strumenti estremamente potenti: il Plate Tracking System (P.T.S.) e il Facial Recognition System (F.R.S.). Il primo permette di riconoscere le targhe delle autovetture e ricercare quindi gli automezzi nel sistema centrale, il secondo permette di individuare e riconoscere tra la folla dei visi, delle facce le cui immagini sono immagazzinate negli archivi centrali di più Intelligence e corpi di polizia nazionali e internazionali.5
E tuttavia l’attentato di Londra non è stato preventivamente sventato.
Lasciandosi alle spalle lo scandalo Echelon, nell’agosto 2001 gli Usa hanno lanciato “Ikonos-1”, il più potente “image-satellite” commerciale mai realizzato. Le sue lenti paraboliche sono capaci di riconoscere oggetti di piccolissime dimensioni ovunque sulla faccia della Terra. Il satellite, di proprietà della “Space Imaging” di Denver (Colorado), è il primo di una nuova generazione di satelliti spia ad alta risoluzione di immagine, i quali utilizzano tecnologia ufficialmente riservata alle agenzia di sicurezza governativa (CIA, FBI, ecc.).
Ciò nonostante non si riesce a scoprire e catturare il super ricercato Bin Laden, non si vuole dire dove era tenuta prigioniera la giornalista del Manifesto; né si può pensare che in Italia simili tecniche possano essere utilizzate per catturare un terrorista funzionale alla paura collettiva come Unabomber; più facile poterle vedere concentrate in tutti i luoghi pubblici in chiave repressiva.
Per poter alimentare questa domanda di sicurezza occorre creare quindi le condizioni in cui il terrore possa alimentarsi, diffondersi, proliferare, entrare nella vita di tutti i giorni, abitare costantemente le nostre case, le nostre menti, i nostri discorsi. La conseguenza è che si svilupperanno e si venderanno i servizi di sicurezza come oggi si vende l’energia elettrica, il gas e l’acqua. E alla militarizzazione del privato, attraverso guardie del corpo, vigili urbani, vigili del fuoco, corpi speciali da combattimento, corrisponderà naturalmente la distruzione dei servizi pubblici e collettivi essenziali, sempre più abbandonati a se stessi. Funzionale anche questo alla strategia della paura e all’economia del terrore. Infatti, eliminando i servizi sociali si allarga l’area della miseria, si crea disperazione, criminalità, marginalità violenta, che a sua volta accresce la paura del vicino e il terrore del diverso, per strada come nei mezzi pubblici. Nel mucchio, i colpiti e le vittime risultano sempre innocenti cittadini, pendolari del lavoro, nei treni e nelle metropolitane, mai i potenti gestori della cosa “pubblica” circolanti nei loro mezzi privati, circondati da efficienti guardie del corpo. Riflessione che porterebbe a definire il terrorismo globale, vero o presunto che sia, come il miglior alleato degli Stati-Nazione e dei gestori del Capitale mondiale integrato, nei quali l’ossessione della paura giustifica la liquidazione di ogni vera protezione sociale integrando la guerra infinita dichiarata al terrorismo, e cioè i mezzi tecnici di controllo immateriale, con la valorizzazione economica del capitale di ventura impiegato nelle nuove tecnologie di sicurezza: oggi cellulari e Internet, domani i sensori per la guerra batteriologica e i sistemi integrati di cibersicurezza.
Come previde Foucault, la società occidentale si va trasformando sempre più in una “fortezza” armata, in cui i rapporti biologici e politici saranno semplificati al massimo in relazioni di base di tipo guerresco, esplicitabili in concatenazioni semiotiche del genere: “più ucciderai, più farai morire” o “più lascerai morire, più, per ciò stesso, tu vivrai”, ossia “per vivere occorre che tu massacri i tuoi nemici”.
È la funzione omicida dello Stato guardiano-totalitario che si compendia nel detto antievangelico: “se vuoi vivere occorre che l’altro muoia”.6
1 Jean Baudrillard, Lo spirito del terrorismo, Raffaello Cortina Editore, Milano 2002, p.42.
2 Denis Duclos, I falsi profeti della società del rischio, in Le Monde diplomatique, giugno 2002.
3 Michel Foucault, Bio-potere e totalitarismo, in “Bisogna difendere la società”, Feltrinelli, Milano 1998, pp. 206-227.
4 Vedi al sito: www.disinformazione.it
5 Ivi: “sistemi di sorveglianza elettronica”.
6 Michel Foucault, op. cit.