Tendenze dell'arte
di Antonella Zezza

“La carne non ha il suo vero colore se non all’aperto e soprattutto al sole” .
Il maestro Delacriox, dal lontano ottocento, insegna a scorgere l’arte nella quotidianità del suo evolversi, nella rotondità delle sue dinamiche e mutevoli fattezze sotto il sole cocente che rischiara e brucia la pelle. L’immagine via via sbiadisce nel ricordo, ma giù in strada qualcuno suda ancora per il piacere insperato di essere ascoltato e perché no, anche ricordato…
Le tendenze all’arte sono mutevoli e sfuggevoli, più dinamiche di una penna leggera su un foglio, più veloci di una rapida e-mail o di un messaggio gridato in una notte d’estate quando solo il mare può ascoltare, mentre persino lo sciabordio dell’acqua, ogni volta, avrebbe un granello di sabbia in più da ondeggiare.
Ma l’onda più alta è l’onda figlia di quello sciabordio trastullante dell’indifferenza, della consapevolezza che tutto passa perché nulla è statico, e così il pensiero si arresta nella mente di chi, ogni giorno, insegue il destino altrui, ovvero il potere imperiale di colui che ha deciso che devi correre su delle rotaie se dopo vuoi camminare lì dove ti è concesso. Correre non basta, ciò che conta è gridare il proprio passaggio alla stazione d’arrivo, perché uno scontro sarebbe violento, ma soprattutto artificiale, visto che le rotaie non sono le proprie gambe.
Una rubrica di tendenze all’arte, è il grido non di arrivo, ma di partenza verso quella stazione indefinita che tutti chiamano “arte”, ma io preferisco chiamare voce di chi parla per ascoltarsi e non fare ascoltare,… ma cambiare. Una rubrica come strumento di conoscenza di tutte quelle realtà nostrane e non, che a differenza delle solite Top Ten da giornale, non debba rincorrere l’evento, ma possa vivere la nascita di sempre mutevoli forme di linguaggio e la gestazione del processo comunicativo che si va instaurando tra queste e la città.
Il desiderio è che questo spazio divenga uno strumento collettivo attraverso cui la penna racconta comunicando alla gente ciò che è stato e non smette mai di essere fino a che gli autori avranno fiato in gola e forza nelle mani per : suonare, scrivere, dipingere, imbrattare l’ambiente della propria persona, marcando non il territorio, ma il diritto ad avere gli strumenti per far proprio il sapere entro il quale saper essere.

Tendendo all’arte
Parleremo di ogni forma di espressione esistente o nascente.
Iniziamo con i libri che sono lo strumento tradizionale ormai declassato dagli italiani considerando che l’indice di lettura in Italia è stabilmente basso, anche se i figli leggono decisamente più dei genitori.
Ciò che più preoccupa, non è solo il superamento di forme tradizionali di cultura che oltre a restringere il campo d’azione dell’espressione mette in crisi un settore, ma sono gli elevati costi della cultura di cui nessuno parla, così come nessuno parla delle condizioni lavorative all’interno delle stesse case editrici, condizioni sempre peggiori. Dove è finito il rapporto quantità - qualità? Il quadro sembra netto e devastante: si produce poco perché si vende poco, ma soprattutto si produce male.
Due artisti nostrani, con la forza della passione e l’incisività delle idee, hanno superato il severo filtraggio delle case editrici e attraverso il libro hanno vinto una battaglia tutta culturale.

Storie…storie vere, storie false, accadute, raccontate, inventate, bislaccate. Un libricino tascabile di quelli sempre presenti nelle caotiche borse di coloro che vi infilano di tutto nella corsa all’ultimo treno. Eppure il treno arriva sempre in ritardo, come un appuntamento mancato, un amore dimenticato, un’occasione buona per restare, un’altra per scappare. Scappare da qualcosa, tornare da qualcuno, camminare, camminare, camminare, verso un muto destino, una sfumatura impercettibile, inseguendo un punto tra infiniti punti. Uno sfondo tutto allucinato, uno sguardo compiaciuto di chi si racconta attraverso l’orrido, il ridicolo, il “normale” e lo spassionato, perché chi crede in ciò che fa è una foto appesa ad un muro sempre tutto da costruire…

Scrittore emergente, studente in Relazioni Internazionali e Diplomatiche presso l'Università "Orientale" di Napoli, musicista in un gruppo post-rock emergente “Jigen’s Fag”, è alla pubblicazione del suo primo libro.

"Sfumature differenti delle mie quotidianità", della collana I Salici (narrativa) ed. Montedit, di Giulio Ricotti ha ottenuto la pubblicazione grazie alla vincita di un concorso letterario della casa editrice stessa che ha favorito la pubblicazione del libro


L'autore si racconta

Proprio perché l’arte è soprattutto la vivida espressione di se stessi, Giulio ci parla della nascita e della costruzione di quel fascicolo rilegato, scrigno di lucide e al contempo allucinate analisi sul mondo, come la produzione personale di un DEMO ovvero autoproduzione di un prodotto artistico che prima ancora di scalare gli scaffali delle librerie, deve scalare la scrivania dell’editore.
Autoprodurre come “il fare” fatto in casa , “fare” cultura, “fare” futuro, “fare” se stessi nell’accezzione più costruttiva e formativa del termine.
Uno spunto in più per rendere più forte il vento di cambiamento che parte dal basso, dalla nostra città ed è dettato dalle parole di chi, nel messaggio che tenta di trasmettere, tenta di riprodurre sfumature impercettibili perché legate alla fugacità di storie che, anche se brevi, esprimono la morale del quotidiano divenuto quadrato romboidale (la Precarietà ) all’interno del quale, pur cambiando lato, la lunghezza è sempre la stessa.


I fantasmi di un poeta ed.La Meridiana primo libro dell’autore composto dall’autore, allora ventenne.
Libro presentato dallo stesso autore presso la casa editrice Palomar che era alle prese con la messa a punto della collana “Spiragli” interamente dedicata ad autori pugliesi. Sarà la stessa collana, di cui appena detto, che tratterà il secondo libro di Gianni Antonio Palumbo.

Krankerich tramonto di un sogno” facente parte della collana “Spiragli” ed. Palomar esce a poco più di un anno di distanza dalla pubblicazione del primo libro. Questo secondo lavoro vede il debutto dell’autore che vince anche il premio “Valle dei Trulli” e viene segnalato dalla Gazzetta del Mezzogiorno come scrittore di una terra di confine assieme ad altri autori scelti.

Eternità” leggenda di Destino e Sospensione ed. Palomar rappresenta una fase di stacco dalla composizione immediata dei due precedenti romanzi. Pubblicato nel
2003 riscuote una risonanza minore del precedente romanzo di debutto, ma si afferma comunque come scritto impegnato ed estroso.

Gianni Antonio Palumbo - Recensioni

“I fantasmi di un poeta”
Un primo lavoro eccelso in cui talento narrativo e abilità linguistico - letteraria favoriscono la creazione di una miscellanea intensa ed avvolgente.

Una storia intricata di amori, passioni, ricordi e tribolazioni che prendono forma nei salotti della Roma “bene” di inizio novecento, lì dove tutto sembra impeccabile come il fastoso arredamento e gli abiti sontuosi, ma le coordinate degli sguardi si incrociano, sino a scoprire nell’espressività di un dipinto:l’indicibile. Mentre le disquisizioni sulla letteratura di fine ottocento sembrano farsi interessanti per i salottieri, negli anfratti psicologici del protagonista prende forma il mistero.
Magia e rapimento, passione e rischio imperlano il viso di Mathieu cosiccome le acque del Tevere hanno avvolto i corpi dei suoi amici “suicidati” dalla vita. E così mentre il Nostro contempla ogni elemento che possa portare alla verità, cala la notte raggiungendo i fastigi del peccato. I salotti divengono bordelli, i ricordi divengono assurde realtà e i vari protagonisti si muovono come fossero personaggi di un quadro, pronti ad arrestarsi quando torna il sole e senza lasciare trapelare la verità. Un altalenarsi costante tra gusto estetico e valore narrativo accompagna il lettore che attraversa con il protagonista gli anfratti di Roma, città eterna consacrata dalla storia. Ma proprio quando è la storia non raccontata che prende forma, l’umanità si racconta sfidando la pudicizia, e non perdendo mai la poesia…

Krenkreich tramonto di un sogno”
Krenkreich, in tedesco “regno della malattia”, nel romanzo è la “città degli intellettuali” fondata da Re Friederich, grande poeta e al contempo sovrano tormentato dal rimorso. Giunge in questa città l’errante Egon, stanco e affaticato. Due cittadini di Krenkreich lo accolgono dicendogli di essere giunto nel luogo adatto, lì dove l’ospitalità non si nega a nessuno e dove nessuno deve sentirsi uno straniero. Niente documenti, niente lascia passare, ognuno immerso nella propria passione artistica pronto ad incrociare le proprie esperienze con quelle altrui, sentendosi cittadino del mondo.
Ma a questo Stato si oppone Gesundreich, terra di intrighi politici e sanguinose faide interne. I due poli opposti vengono attratti sullo stesso campo di battaglia da un misterioso omicidio che farà scoppiare l’estenuante guerra. Prende vita un carnevale di personaggi tutti diversi tra loro, che mettono in campo i propri conflitti, le proprie frustrazioni calcando un contorno ormai netto di guerra dove il sogno della libertà tramonta.
Cosa ne sarà di Krenkreich? Rimarrà il sogno degli uomini d’aria? Un interrogativo fervido e appassionante, così come fervida è la reale contrapposizione tra chi sogna un mondo migliore e chi è pronto a demolirlo. Nella realtà i sogni non prendono forma, nel racconto sì, e per un attimo, sembra di volare in un mondo che della diversità può fare una ricchezza. I risvolti sono sempre diversi, ma continuare ad errare significherà essere solo di passaggio o scorgere di persona quelle diversità?!

“Sazio di questa grande aridità, vacuità, pago ormai d’un incessante correre, piangere, solo nell’immensità cerco la mia vita”.

“Eternità la leggenda di Destino e Sospensione”
Eternità è un’immaginaria, ridente città dello Stato di Prudenza (immaginario anch’esso ai confini con la Svizzera) .
I suoi abitanti e le loro vicende divengono oggetto di un’infinita partita a scacchi tra le due divinità che regolano l’esistenza umana: Destino e Sospensione.

L’intero romanzo è permeato d’un continuo senso di attesa, quasi messianico rinnovato da un avvenimento cataclismatico che alimenta l’ansia del cambiamento: Destino attende un figlio da una prostituta suscitando l’ira di Sospensione.
Ma i toni leggendari si smorzano divenendo reali e attuali in storie di amori e omosessualità. Un viaggio nel tempo, dovuto ai legami di alcuni personaggi con altri remoti che mette in luce la costante attualità di tematiche intrise di quell’afflato onirico nel momento in cui l’amore e la passione, in quanto genitori dell’arte, divengono spinte propulsive di un mondo parallelo che piomba nella realtà della “discarica dell’arte” , costruzione rutilante di luci, diamante in mezzo al letame.

Cosa rimane di passionale e amorevole?! La distanza lascia spazio alla poesia, d’altronde “non lo sapevi tu che la gente nasconde l’amore come un fiore troppo prezioso per essere colto?!!!”

Nato a Molfetta nel 1978, ha conseguito la maturità classica divenendo anche Alfiere del Lavoro per meriti scolastici. Laureato in lettere classiche, già dagli inizi della sua carriera universitaria ha iniziato a comporre i suoi scritti che come vedremo gli permetteranno di affermarsi come scrittore.
Nel mentre, si fa strada anche il suo talento per il teatro.

Istituisce il collettivo “Melpomene e Talia” oggi ribattezzato collettivo “Gianni Antonio Palumbo” il cui team favorisce la messa in scena di opere teatrali: drammi, musical, storie molfettesi, fiabe per adulti e drammi mitologici, composte dallo stesso Gianni A..P.
Importante la collaborazione con Michele Pappagallo per la rappresentazione di un musical su Don Tonino Bello, intitolato “La lampara” (regia Carlo De Ruvo) andato in scena a Termoli, Chieti, Vasto e Turi.
Collaboratore della testata locale “Quindici Giorni”, collabora anche con “Luce e Vita” e con la Rivista letteraria di critica militante “Incroci”.

L’autore si racconta

Uno stile inconsueto vede Gianni Palumbo caratterizzarsi come il romanziere classico dei nostri tempi. L’accezione classicistica è rivelata da dichiarazioni dello stesso autore sulle proprie ipotesi di scrittura assestanti rispetto alle ultime tendenze degli scrittori pugliesi. Si tratta di occasioni ed emozioni che l’autore racconta di cogliere nei momenti che dedica alla fantasia e all’immaginazione lasciando più spazio al racconto allucinato che all’analisi venata di decadente attualità.
Eppure i protagonisti dei testi di Palumbo sono spesso disadattati: emigrati, intellettuali, omosessuali, prostitute, bad boys o magari figure solitarie. Il binomio teatro - letteratura si fa costante permettendo ad ogni figura di divenire un personaggio a tutto tondo, le cui duplici fattezze letterarie e teatrali, favoriscono quasi un avvicinamento al cinema nella fattispecie almodovariano, coinvolgendo con immediatezza e sedimentando nel tempo la sua attualità.


 

giugno 2005