Dicono di noi......
aprile 2007 Presentazione della Rivista "Le Passioni di Sinistra"
marzo 2006 Cinque anni di “Passioni…di sinistra”. Diversi modi di interpretarle
aprile 2005 Diritto alla partecipazione: il nuovo numero delle "Passioni di sinistra"
gennaio 2005 Discorso di presentazione de Le passioni di sinistra
gennaio 2005 La sinistra come impegno sociale e culturale
dicembre 2001 Le passioni di sinistra 2
novembre 2001 Considerazioni sulla nuova rivista “Le passioni di sinistra”

Articolo pubblicato l' 11 aprile 2007 sul sito web "TERLIZZI ON-LINE"

Presentazione della Rivista "Le Passioni di Sinistra":
venerdì 20 aprile, ore 19,30 presso la Biblioteca Comunale.

Venerdì 20 Aprile alle ore 19.30, presso la Biblioteca comunale di Terlizzi in collaborazione con la libreria le città invisibili sarà presentata la rivista “le passioni di sinistra”, periodico di approfondimento politico e culturale. All'incontro parteciperanno i componenti dello staff della rivista, tra i quali, il professore Alberto Altamura, che punteranno a rendere noti gli obiettivi culturali, l'attenzione e la valorizzazione delle diversità e, soprattutto, la capacità di rivalutare quel mondo prezioso che riguarda il nostro patrimonio culturale, ormai condannato alla scomparsa.
In particolare, si tratterà il tema della politica e dei movimenti, sperando che sia possibile ricostruire quel tessuto caro e delicato che si sta man mano perdendo, come ci fa notare Pasolini - “ mancare di certezze culturali, e quindi della possibilità di riempire il proprio vuoto di alienati, se non altro per mezzo dell’autoanalisi e della coscienza, vuol dire, in termini banali, essere ignoranti”.
Un progresso reale e civile nasce dalla consapevolezza, dalla conoscenza della storia, dal sapere chi eravamo per essere chi siamo.
Le passioni di sinistra è una rivista che esce con ritmi quadrimestrali, ed è stampata a Molfetta, la città dell’editor, il professore ingegnere Vito Copertino, editor nell’accezione anglosassone che vede una figura di responsabile editoriale e politico del prodotto stampato, il quale è qualcosa di più del direttore, e comprende in sé una molteplicità di funzioni e attribuzioni.
In un’epoca in cui “…tutto ciò che non corrisponde all’ordine dominante viene negato ed espulso più o meno violentemente…in cui si aboliscono tutte le singolarità e tutto ciò che resiste alla logica totalizzante…” ( L’ Espresso, colloquio con J. Beaudrillard di F. Gambaro , 2 settembre 2004 ), è importante remare verso le relazioni duali, l’alterità, la diversità, le infinite singolarità.
La città è diventata ostile, si cerca di passare da un luogo privato (la casa) ad un altro privato (la scuola, la palestra); questa continuità di luoghi privati e la scomparsa dei luoghi pubblici caratterizza una “non-città”.
Per questo i momenti di condivisione, di dibattito, di confronto, dovrebbero essere cercati e vissuti pienamente, cercando di evitare questo ormai vicino appiattimento del pensiero che sta, fondamentalmente, perdendo la sua criticità, e, ipnotizzato, si dirige lì dove gli è indicato, senza autonomia alcuna.
L’auspicio è che quel piccolo dubbio che una discussione può sollevare, possa permettere all’essere umano di tornare a lottare perché sia rispettata la sua realtà, per quanto diversa dalle altre.


Articolo pubblicato sul numero a. XIX n. 2/174 marzo 2006 de "Il Confronto"

Cinque anni di “Passioni…di sinistra”. Diversi modi di interpretarle
Un convegno nella Biblioteca comunale di Terlizzi – (2 marzo 2006)

di Claudia Rutigliano

“Mi piace assai la parola passione . Anni fa ho avuto modo di curare, in senso psichiatrico, una persona, un professionista, che aveva una forma seria di depressione. Mi diceva: mi sento scemo, senza passione, perché è la passione che fonda l'intelligenza. E' un'immagine che mi accompagna spesso anche nel lavoro che svolgo oggi. Lo faccio con passione e mi auguro che questo significhi sempre che lo faccio con intelligenza. Il Direttore Generale nell'immaginario collettivo è un satrapo onnipotente. Io vorrei ribaltare questa visione. Qualche anno fa, mai avrei pensato che il Presidente Nazionale di Psichiatria democratica potesse diventare dirigente di un'azienda sanitaria. Dobbiamo sempre ricordarci che i destinatari ultimi del nostro lavoro sono bambini, uomini, donne in carne e ossa. Questo cerco di non perderlo mai di vista. Altrimenti mi ubriacherei di potere ”. Esordisce così il neodirettore Generale della Ausl Ba/2, Rocco Canosa, intervenendo al convegno, organizzato nella Biblioteca comunale di Terlizzi, per celebrare i cinque anni della rivista “Passioni di sinistra”. Tra i relatori anche Alberto Altamura , docente di Storia e Filosofia al Liceo Classico “Sylos” di Terlizzi, Roberto Covolo , assessore alla Legalità del Comune di Terlizzi e Celeste Ciccarone , docente universitaria di Antropologia.

E' un'immagine icastica ed efficace quella di Canosa, che ben sintetizza come si possa interpretare l'essere di sinistra e l'essere appassionato. E quando parla, e a detta di chi lo conosce, quando agisce, Canosa fa venir voglia che la sinistra sia tutta così, senza troppi giri di parole, senza elitari sofismi, senza troppi nostalgici richiami al passato.

“E qui arriviamo a parlare, continua Canosa, della rivista, Passioni di sinistra , di cui oggi celebriamo i dieci anni dall'uscita del primo numero. E' un'operazione appassionata ed intelligente . La rivista privilegia anche l'apporto interdisciplinare. Non mi piace molto questa parola ma rende bene l'idea che più voci si mettono insieme, e questo è antagonista alla iperspecializzazione e al pensiero unico.

Vedo un collegamento tra Banca Mondiale, WTO (Organizzazione mondiale del commercio, nrd) e le passioni di sinistra: il rilancio di una politica interpretata nei fatti. La concezione della politica per cui comandano i clan, i gruppi forti, le lobbies, va modificata. Per far questo non dobbiamo e non possiamo essere soli: abbiamo bisogno della gente. Abbiamo bisogno di mediare tra alto e basso. Ci sono persone che aspettano un diritto. Lo sviluppo neoliberista, la concezione e deterritorializzazione del lavoro stanno portando a una distruzione dei diritti. Il diritto alla salute non riusciamo più a garantirlo. Qual è il dovere delle istituzioni e delle aziende sanitarie nella fattispecie? Garantire il diritto alla salute, che non è solo un fatto di sanità. Ecco che ritorna quanto ho detto all'inizio del mio intervento: più intelligenze, più appassionati! Pensate che, per fare un esempio del brutto momento che attraversa la sanità pubblica, solo 1,2% del bilancio viene speso per la psichiatria: come si fa a fare una sanità così? Porteremo il numero degli operatori che si occupano della salute mentale da 38 a 152 e stiamo lavorando per creare 4 centri permanenti. Sono briciole, ma da qualche parte si deve cominciare. Bisogna introdurre la logica del cambiamento, e ricordarsi che TUTTI possiamo essere i protagonisti”.

…applausi…

La sala della biblioteca non è molto gremita. Qualche politico, qualche militante di sinistra, qualche cittadino curioso, sparuti docenti, pochi giovani, per lo più appartenenti al gruppo di Rifondazione comunista di Terlizzi, dalle cui fila lo stesso assessore Covolo proviene. Avrebbe dovuto partecipare anche il Sindaco di Terlizzi, ma fa sapere che, per impegni istituzionali, non è potuto/potrà intervenire. Il professor Altamura illustra il senso e, soprattutto, i risultati della rivista, che festeggia dieci anni, come recita il sottotitolo del convegno, “di RICERCA, ANALISI, PRASSI”. A chi non abbia mai letto “Passioni di sinistra”, il consiglio è di accostarvisi. Davvero sembra un coro a più voci impegnate in un complesso, serio percorso di ricerca di chiavi di lettura diverse di ciò che accade intorno a noi, di analisi , una volta tanto approfondite e ampiamente documentate, di prassi , dal momento che tutti i redattori sono a loro volta impegnati, ciascuno nel proprio ambito di azione, a tradurre la teoria in concreto agire. Per esemplificare, nell'ultimo numero potrete trovare un brillante intervento di Rocco Canosa sul problema, per lui vero cavallo di battaglia, della salute mentale, un contributo sul tema della precarizzazione del lavoro, redatto da Cristina Morini, una riflessione illuminata e illuminante di Alberto Altamura sui recenti disordini delle banlieues parigine, e ancora l'America Latina, la globalizzazione, il conflitto arabo-israeliano, la devolution. E si potrebbe continuare a lungo. Altamura sottolinea, infatti, che una delle peculiarità e dei punti di forza della rivista è proprio quella di avvalersi “di contributi ampi. Tante le penne prestigiose che si sono accostate. La città di Terlizzi ci ha fornito molti redattori. Anche l'assessore Covolo ha dato il suo contributo”.

“Grazie, Alberto. In effetti la rivista, sottolinea il giovanissimo assessore, è un fenomeno vivo, che ospita il mondo della scuola, della sanità, della politica, persino del coordinamento delle donne pro-ospedale. Si tratta di un'informazione globale e locale al tempo stesso, capace di declinare una parola nuova del dopo-Genova: partecipazione . Come amministratore, esprimo la sollecitazione, nel solco di un giornale che vuole descrivere un fenomeno vivo, ad occuparsi della diversità . Partecipare alla rivista rientra per me tra gli atti amministrativi”.

“In effetti, la rivista, precisa Altamura, ha voluto inaugurare una nuova idea di politica: la politica cognitiva. Oggi ci si pone la domanda: che tipo di utilità ha un'esperienza del genere? La rivista vuole dar voce a chi sta ai margini dell'impero. Impero è termine equivoco. E' qualcosa che sta sotto gli occhi di tutti: grande trasferimento di sovranità dagli stati-nazione all'esterno. Decentramento. Deterritorializzazione. Ci sono margini dell'impero? Si deve discutere di questo. A partire dal fatto che impero è un non-luogo, ha una funzione negatrice del centro, non ci sono margini, confini, tutto è all'interno, non ci sono più Nord e Sud, ma l'esclusione sta dentro il territorio degli inclusi. Significativa è per noi l'America Latina. La rivista ha dedicato, ad esempio, molto spazio al caso Argentina”.

E sull'America Latina interviene lungamente nel dibattito Celeste Ciccaroni: “In particolare vi parlerò della mia esperienza in Brasile e dell'incontro con le popolazioni indigene. Per me è stato come scoprire cosa significhi l' alterità . Ho verificato l'assoluta ignoranza sulla questione indigena. Ho, perciò, fatto prima un lavoro di autocritica e di decostruzione. Le società indigene le immaginavo statiche, passive, protette dallo Stato brasiliano. Si riteneva che gli indigeni fossero incapaci e avessero bisogno dello stato. Questa visione è stata messa in discussione dagli stessi indios. I paesi dell'America Latina sembravano a noi come una totalità. E' importante, invece, rendersi conto che esistono gruppi, diversità, eterogeneità che non possono essere negate. E' negli anni '80 che in Brasile si ha un grande sviluppo dei movimenti indigeni che portano alla fine dell'idea di tutela e, di contro, all'integrazione e al riconoscimento delle loro piene capacità. Gli anni '90 sono stati poi fondamentali per la prolificazione degli indios: si arriva al riconoscimento degli indios quali soggetti di diritto. Si fa strada un'idea di democrazia partecipativa ovvero della presenza effettiva e concreta di questi soggetti alla costruzione di uno stato”.

Argomenti complessi, quindi, vari e articolati. Ma alcune parole hanno davvero fatto da filo conduttore di una serata in cui sarebbe stato bello e appassionante un dibattito più vivo e partecipato, come quella vera democrazia di cui tanto sentiamo tutti la mancanza ma che fatichiamo a realizzare. Leggere “Passioni di sinistra” può essere un primo passo. Ma non si tratta di un passo, a mio avviso, accessibile a tutti. Il linguaggio e gli argomenti dei redattori della rivista non tengono sempre democraticamente conto del fatto che dall'altra parte ci potrebbe essere qualcuno che ha voglia di capirne di più ma non possiede, per i motivi più vari, l'alto livello culturale che la rivista presuppone nei suoi lettori. Anche di qui, spesso soprattutto di qui, passa la democrazia. Nel non dare mai nulla per scontato. A meno che non si voglia restare in pochi intimi…


Articolo pubblicato sul numero di aprile 2005 di "Quindici"

Diritto alla partecipazione: il nuovo numero delle "Passioni di sinistra"

È stato pubblicato dopo la vittoria delle Primarie da parte di Nichi Vendola il nuovo numero del periodico "Le passioni di sinistra" (che, ovviamente, non può far riferimento all'elezione dello stesso Vendola alla presidenza della Regione Puglia, ndr) dedicato al "Diritto alla partecipazione". E' diventata «sempre più evidente l'esigenza di coniugare le esperienze di democrazia rappresentativa con le decisive esperienze di democrazia partecipata: un nuovo modo di fare politica, di stare al mondo, di vivere e comunicare ? scrive Vito Copertino nell'editoriale - . Noi crediamo che ciò che ha sconvolto l'organigramma della Grande Alleanza Democratica sia stato quel movimento sommerso, le mille associazioni del volontariato, i comitati di quartiere, il cattolicesimo di base, il popolo della sinistra, quel popolo "a venire" che si riconosce nella figura di Nichi Vendola. In questo senso il voto è stato trasversale e non l'espressione dei militanti di Rifondazione Comunista. Ora si tratta di ripartire e portare nelle piazze l'entusiasmo emerso in quella fredda domenica di gennaio (data delle primarie, per la scelta del candidato presidente alla Regione, ndr). L'avversario da battere è Raffaele Fitto, interprete di una visione tecnocratica della politica che si è manifestata in processi di modernizzazione che molto poco hanno inciso sui livelli di occupazione, sulle aspettative dei giovani e sulla difesa dei deboli e degli anziani. Questo popolo è chiamato a decidere! A decidere del futuro della regione, dei destini delle giovani generazioni sempre più ricattate dalla possibilità di un lavoro precario o dalla disoccupazione».
Su questo filone si sviluppa il contenuto del periodico. Vediamo il sommario: Per far vincere il cambiamento di Nichi Vendola; Il ritorno dell'escluso, di Mario Centrone; Prove di connessione. Le speranze di Franco Cassano per la Puglia di Vendola, intervista di Onofrio Romano; I frutti della primavera, di Pasquale Martino; Primarie e democrazia, di Imma Barbarossa; Fra l'ora di ricreazione e il ritorno in classe, di Giovanni Porta; Di come la Signora Maria vinse le primarie e andò a governare, di Donatella Azzollini; Prima il movimento e poi i partiti! Per dire "No!" ai Centri di permanenza temporanea, di Anna Simone; La salute mentale in Puglia. Analisi e proposte, di Mariella Genchi; Le città, i vuoti, il verde, di Vito Copertino; Utopia di un Parco, di Piero Castoro; Oltre gli organismi internazionali ufficiali, di Vincenzo Masi; La gestione dei rifiuti in Puglia, dopo dieci anni di commissariamento, di Massimiliano Piscitelli; Cambiamo? Domanda e richiesta da uno spazio altro, dell'Associazione "Casa dei Popoli"di Molfetta; Un cammino solidale, di Daniela Curto; Il tempo del cambiamento è ora, di Alessandro Cobianchi; Enti locali per la difesa dei diritti umani, di Domi Bufi; Diritto al lavoro e diritto allo studio tra devolution e controriforma. La regionalizzazione dell'Istruzione e della Formazione Professionale, di Gaetano Magarelli; Esperimenti di laboratorio... politico, di Anna Maria Palermo; I palestinesi sono tornati alle urne, di Raffaele Porta; La politica e il voto, di Massimo Veltri; Libertà, eguaglianza, democrazia, di Aldo Corcella.


Discorso di presentazione de Le passioni di sinistra
Cosenza 14 gennaio 2005 – Casa delle Culture

sen. MASSIMO VELTRI (DS)

Le Passioni di Sinistra è il titolo della rivista che presentiamo oggi a Cosenza. Una rivista che esce con ritmi quadrimestrali, ed è stampata nelle Puglie, a Molfetta, la città dell’editor, il professore ingegnere Vito Copertino. Editor nell’accezione anglosassone che vede una figura di responsabile editoriale e politico del prodotto stampato, il quale è qualcosa di più del direttore, e comprende in sé una molteplicità di funzioni e attribuzioni.
La rivista è giunta al suo undicesimo numero e non è per il momento diffusa a Cosenza, né in Calabria. Ci proponiamo, con questa presentazione, di dare una spinta e un sostegno perché anche da noi venga letta e conosciuta. Lo merita, di essere conosciuta, perché è uno strumento significativo di indagine e di orientamento nel mondo della sinistra, nell’universo delle diversità, nella galassia dei poteri e dei saperi, lungo l’orizzonte del Mediterraneo.
Le Passioni di Sinistra, diciamolo subito, è una rivista militante, come si diceva un tempo e come ce n’erano un tempo – senza stare qui a fare nomi che tutti ricordiamo e conosciamo - ma non è una rivista acritica o guidata da cieca ideologia. Attraverso contributi di diverso genere e condotti con tagli che spaziano dal reportage all’approfondimento, alle testimonianze, costituisce una sonda preziosa per scoprire mondi che devono affiorare, offre stimoli per la riflessione, indica percorsi da esplorare, suggerisce tracce da seguire. A titolo d’esempio, nel settimo numero della rivista compaiono contributi sulle città globalizzate, sul lavoro operaio, sul governo della guerra e della pace, su una rete europea di enti locali, un inserto su una missione umanitaria in Angola. Nell’ultimo numero grande spazio è dedicato all’ambiente, alla scuola e all’università. Su tutto dominano la ricerca e l’impegno per un mondo più giusto, per un mondo partecipato, per un mondo di pace.
Vengono alla mente, leggendo gli articoli che compongono la rivista, numi tutelari della sinistra storica - penso a Fanon a Chomsky - ma anche nuovi pensatori che cercano di buttare un po’ di luce nella palude in cui ci troviamo, di ridurre il tasso di entropia nella quale siamo immersi: Ginsborg, Hobsbawm, Sontag, Arundhaty Roy, Rifkin, il Kapuscinski di Ebano e di Impero, e per alcuni versi, direi simmetricamente, anche Rawls e Giddens. C’è, e si vede, tanta passione nel fare questa rivista, tanta indignazione, ma soprattutto tanto impegno nel rimboccarsi le maniche e rimettersi in cammino, come sempre la sinistra, nella storia, ha dovuto e saputo fare. Cogliendo le novità che il contesto imponeva, ma mai declinando rispetto a paradigmi e impostazioni che costituiscono il suo DNA.
Ma nella rivista c’è, in particolare, quella sana utopia e quella voglia di differenza rispetto alla destra, quella radicalità che sembrano, oggi, nel 2005, tutti attributi censurati o rimossi. C’è l’orgoglio di aver fatto parte d’una sinistra che non si vuole, non si deve, rinnegare, e c’è la consapevolezza di dover comunque cambiare. Una rivista per discutere, che vuole fare discutere, anche provocatoriamente - e vivvaiddio! - in un panorama di nani, di pensiero debole, di omologazioni. Nell’editoriale dell’ultimo numero, Vito Copertino scrive che la sinistra è cambiamento, la sinistra è allargamento della democrazia, è consapevolezza, mentre nell’editoriale del numero precedente è chiarito in termini esemplari qual’è l’asse lungo il quale si muove la rivista, qual’è il progetto e l’ambizione di fondo, il laboratorio che s’intende attivare. Voglio leggerne testualmente alcuni passi, perché sono certo di non poterlo dire altrettanto efficacemente: «[…] c’è una crisi della rappresentanza politica che deve essere analizzata specialmente in riferimento alle società mature. […] Pochi rappresentanti di sinistra in più non incidono granché sulla qualità della vita, sullo spazio del quotidiano, sulle condizioni esistenziali, nella sfera degli affetti….La partita futura va giocata nel movimento dei movimenti, lì dove la rappresentanza politica non riesce a operare. L’universo mobile e pluriforme dei movimenti è espressione della immediatezza dei bisogni che rigetta le mediazioni politiche […]. Il bisogno, come spazio dei soggetti espresso dai movimenti, non può essere proiettato sullo scenario politico solo (“solo” lo aggiungo io, se Vito consente) al momento delle elezioni dei rappresentanti. La forma partito, nei patteggiamenti imposti dal sistema maggioritario, non può esprimere completamente i bisogni delle moltitudini […]. Le battute che circolano sui neocentristi, sulla corsa a occupare il centro, esprimono questa profonda e lacerante asimmetria fra immediatezze dei bisogni, le urgenze della qualità della vita, e gli esiti ovattati che questi bisogni hanno sul piano delle denunce da parte dei rappresentanti politici. Anche il Partito della Rifondazione Comunista è attraversato da questa contraddizione perché costituisce l’ala estrema dello schieramento politico di sinistra e perché ha istituito un rapporto privilegiato con i movimenti, ne registra anche le critiche […]. Da qualche parte si sostiene che PRC E’ il movimento, che fra il partito e i movimenti non esiste contraddizione: è una questione aperta […]. La forma dell’Impero si presenta come uno degli aspetti più evidenti della globalizzazione economica e della collocazione delle minoranze all’interno di esso; il lavoro immateriale costituisce il fenomeno prevalente delle società complesse e non presenta più quegli elementi di promozione sociale a esso accordati nella seconda metà del secolo scorso. La segmentarietà del lavoro immateriale nel postfordismo, la sua flessibilità, viaggia in modo concertato con la segmentazione dei giochi linguaggio. Ognuno è prigioniero delle regole del proprio gioco, medico, avvocato, infermiere, docente, bancario, operaio, lavoratore precario. Non si riesce a rinvenire un meta-linguaggio che ricomprenda tutti i linguaggi ed ecco allora la società implosiva, l’universo unidimensionale, in cui si è relegati. Bertinotti ha sostenuto che le ultime consultazioni elettorali provinciali ed europee hanno fatto saltare l’intreccio fra populismo e comando tecnocratico espresso col regime berlusconiano; che l’ alternativa deve essere costruita subito attraverso un confronto con il Partito della Sinistra Europea e con il PRC a livello nazionale […]»
Mi fermo qui, mi scuso per la lunga citazione, ma a me pare che ci sia dentro tanto, di attuale, per noi, anche qui in Calabria, dove è necessario attivare tutti i meccanismi per una ricerca praticabile e condivisa della rifondazione d’una sinistra moderna, ma che sinistra sia, dove urgenti sono i motivi per far sì che la politica esprima quel meta-linguaggio di comprensione e comunicazione ampia che Vito invoca.
Per concludere vorrei solo espungere qualche suggestione di sintesi che mi pare particolarmente significativa, ricevuta dalla lettura della rivista, e che forse potrebbe essere ripresa già a cominciare dal dibattito di stasera. Molto schematicamente e per temi:
-quale riformismo e quali rapporti con la sinistra radicale;
-la messa in discussione dei meccanismi di delega;
-la crisi del maggioritario;
-rappresentanza o responsabilità?;
-come superare l’atomismo nella società moderna;
-il liberismo è al capolinea?;
-sinistra di governo e/o sinistra antagonista: quale dialogo?;
-la crisi dei partiti, relegati solo a macchine elettorali;
-il declino della partecipazione;
-soggetti e domande nuovi: a quali relazioni pensare.
E sullo sfondo: il modello unico e gli equilibri mondiali conseguenti sono da assumere come irreversibili e immodificabili?
L’altro giorno abbiamo presentato a Cosenza, e all’Università, l’Università del bene comune, un’esperienza che ha molti punti in comune con il progetto di Le Passioni di Sinistra, una testimonianza ulteriore - insieme a Progetto Calabrie, all’ansia di rinnovamento e di riqualificazioni delle ragioni e degli strumenti della politica, alla ricerca d’un nuovo meridionalismo - del fatto che si è messo in moto un processo che infonde fiducia e investe di compiti particolari e inediti tanti, come noi questa sera, che non si fermano, non si omologano, non si rassegnano.
In tutto questo ragionamento, devo dirlo, e lo dico alla fine, non mi fa per niente velo la ultratrentennale conoscenza e amicizia con Vito. Abbiamo percorso insieme gli anni più fertili e fondativi della vita d’un essere umano; abbiamo fatto in parallelo la carriera universitaria collaborando spessissimo su temi di ricerca comuni; abbiamo condiviso militanza, passione, impegno e battaglie politiche. Poi lui se n’è andato all’università di Potenza, è diventato preside della facoltà di ingegneria, ha proseguito nel suo lavoro scientifico, culturale, civile e politico. Ci siamo rivisti a convegni, a Roma quand’ero al Parlamento e ho chiesto venisse audito su certe questioni, oggi lo abbiamo di nuovo con noi.
Grazie, continua e torna più spesso.


Articolo pubblicato sul numero di gennaio 2005 di "Quindici"

di Gianni Antonio Palumbo

La sinistra come impegno sociale e culturale

“Sinistra” è termine che evoca un impegno. Impegna a cercare le ragioni della sua stessa esistenza, del suo rinnovamento e dell'autonomia della sua cultura. Impegna a ricominciare da capo, tutte le volte che si fallisce”. Così recita l'editoriale, di Vito Copertino, dell'ottavo numero de ‘Le passioni di sinistra' (nella foto, la copertina), periodico di approfondimento politico e culturale: seguono contributi costruiti con lucidità, precisione, partecipazione emotiva.
In “Arafat addio” di Raffaele Porta, la figura del rais è delineata con lievi pennellate: il sorriso, il senso tutto orientale di un'ospitalità carica di premure, la mitraglietta dietro una sedia, brusco richiamo a una realtà tutt'altro che elegiaca...
Alle memorie di un incontro subentra l'analisi politica, che respinge l'idea della morte di Arafat come possibile preludio a una pacificazione tra israeliani e palestinesi, quasi fosse l'esistenza del rais a costituire un ostacolo insormontabile.
Edo Ronchi sonda problematiche legate al tema della sostenibilità ambientale, partendo dalla Londra inizio secolo, culla del termine e del concetto di smog: il nebbione del 1952, col suo corollario di 4000 morti, non manca di mostrare gli effetti della ribellione naturale alle storture umane.
Interessantissima l'incursione di Ottavio Marzocca nei meati del ‘biopotere', con riferimento ai corsi del Collège di France tenuti da Foucault tra '70 e '84. La perversa perpetrazione di meccanismi atti a garantire la piena prosperità di ‘razze superiori', con conseguente tanato-potere su presunte ‘sottorazze', conosce il suo triste apogeo nel delirio nazi-fascista del secolo scorso, ma ombre sinistre si addensano anche sul santificato stato sociale, col suo ‘far vivere e lasciar morire'.
Il Mare nostrum, trasformato in monstrum, è oggetto dell'analisi di Alberto Altamura: la sponda meridionale del Mediterraneo è ritratta in perenne e scatenato war game, e, se in essa continuano a combattersi ‘guerre per le risorse', è in realtà alla guerra stessa che deve essere riconosciuto il ruolo di principale risorsa.
Massimo Veltri si occupa di sviluppo sostenibile, con attenzione al concetto di ‘infrastrutture', mezzi di collegamento di realtà sparse sul territorio, ma anche ‘azioni di intervento attivo in ambiti territoriali che presentano particolari emergenze'; Francesco Ciari illustra la storia del ‘Centro Fatima Zoocriadero', in Amazzonia, che, con la sua utopica volontà di frenare il depauperamento della foresta allevando gli animali selvaggi nel loro habitat, ripropone il contrasto tra slanci di idealità e pigrizia pratica ravvisabile in sporadici e isolati tentativi di opposizione allo status quo.
Poi il problema delle risorse energetiche, l'illusione dell'idrogeno panacea d'ogni male nell'articolo di Silvio Boccardi, l'analisi di una legge truffa varata dal centrodestra per le elezioni regionali, misto di faccia di marmo e furbizia di prestidigitazione (Michele Losappio), a fare da pendant, in un pirandellianamente complesso gioco di verità nascoste, a una manovra fiscale annunciata a suon di fanfara dal governo come svolta epocale, con presunti consistenti risparmi per i contribuenti.
Per Francesco Mancini si tratta di un luminoso esempio di come, per nascondere la verità, non sia necessaria la menzogna: basta che i riflettori siano puntati su aspetti secondari e decisamente trascurabili di determinate questioni, a occultarne le storture.
Quello di Gaetano Cataldo è un attento sguardo sul terzo Forum Sociale Europeo, con particolare interesse per il Regno Unito e la sua natura d'isola, in tutti i sensi; Marcello Piepoli si sofferma sull'articolo 2112 (cessioni di rami d'azienda), e su come, progettato quale difesa del lavoratore, si sia trasformato in strumento di vessazione.
Spessore filosofico notevole hanno le riflessioni di Marino Centrone sulla fine delle narrazioni e di Ruggero Gorgoglione sul ‘logospotere'; la storia del presepe tratteggiata da Giuliana Tatulli si muove tra suggestioni eduardiane e scenari dicotomici tra lusso e povertà nella storia italiana, con il profilarsi di una dilemmatica scelta: deludere una bambina o deturpare un bel presepe in terracotta affiancandogli quello dei brutti personaggi sfornati in serie da una nota marca di ovetti di cioccolata?
Elegiaco e raffinato il racconto sull'intrecciarsi di solitudini di Raffaele Cappelluti, tra nomi mozartiani e ossessivo prolungamento di un si bemolle maggiore; commosso ed equilibrato il ricordo di Salvatore Colonna di Nino Mastropierro.
Notevole interesse rivestono i contributi su scuola e università (autori Rossana De Gennaro, Francesco Masi, Damiano de Virgilio, Gaetano Magarelli, Gaetano Ragno, Milena Bruno, Rosalind Innes): si delineano scenari apocalittici di precarietà a vita, di applicazione dei medioevali e clientelari sistemi delle università italiane anche alle scuole secondarie col trionfo dei brutti, raccomandati e cattivi.
L'anomalia della condizione dei lettori di lingua straniera, la ghettizzazione e l'approssimazione formativa dell'istruzione professionalizzante sono solo alcuni aspetti dell'articolato progetto di distruzione di Madama Moratti e cricche varie. Si auto-riproduce così il dramma di una società preda delle strategie di combinazione di bugie, guadagno e violenza del governo (Pasko Simone): nella poco edificante realtà in cui politici, profumatamente pagati per posare sorridenti in TV dopo aver mandato i nostri ragazzi a morire a Nassirya, guadagnano di più di chi insegna ai più piccini a leggere e scrivere, l'immagine del bambino in copertina, warholianamente moltiplicata in sfumature cromatiche sempre differenti, urlante, col digitus infamis in bella mostra, mi sembra l'icona più appropriata della rabbia di chi non dorme il proverbiale sonno in cui sono da tempo sprofondati tanti italiani.


Articolo pubblicato sul numero di dicembre 2001 di "Quindici"

Le passioni di sinistra 2

di Mario Abbattista

Ancora una prova di redazione di una rivista di sinistra!... Bisogna partire da qui, da quest'affermazione tanto orgogliosa quanto volitiva, per cogliere il valore ed anche il peso di questa sfida che è stata la pubblicazione di questo numero duevoltezero de le passioni di sinistra.
Già, perchè in questa città l'esito delle elezioni del 13 maggio ha quasi sconvolto il normale ciclo delle stagioni: dalla primavera con le sue essenze restauratrici siamo stati proiettati dritti dritti in un autunno delle incoscienze riformiste. Proprio quando ti accorgi che è palese la voglia di darsi e dare voce, di prendere parola, di analizzare e cercare di capire, di tenersi ben stretta la libertà di espressione vedi che gli altri, quelli con cui vorresti fare strada, hanno altro per la testa, hanno altro di cui discutere. Come se la costruzione di un nuovo spazio, luogo, politico e culturale, ma soprattutto materiale, potesse riguardare solo qualche testardo e avventurista rifondatore del comunismo e i loro satelliti, o come se fare una rivista è inutile perchè così non si prendono voti.
Invece, questa nuova pubblicazione testimonia che non ci sono solo testardi o satelliti a volersi sperimentare in una rivista, ma anche altri vogliono farlo. Sarà stato l'inizio dei bombardamenti in Afghanistan ad aver prodotto questa coralità di voci diverse e molteplici, realizzante il paradosso dell'incrocio di causalità e casualità, di tendenza e possibilità, ma basta guardare l'indice per capire che non c'è indifferenza per questo nuovo luogo della sinistra. Dicevo, la Guerra in Afghanistan, la guerra dell'Impero, la manifestazione dell'Impero e della sua sete di dominio, è il tema di fondo della pubblicazione.
Una guerra per stabilire l'ordine imperiale per tutto il corso del nuovo secolo, anzi, del nuovo secolo breve che si apre esattamente come il precedente: la sinistra "riformista" è interventista, ed anche intelligente, umanitaria e celeste. Ma non basta; per una "sinistra" concezione delle pari opportunità tra uomo e donna, anche le donne soldato italiane potrebbero andare in guerra. Gridiamolo, a Molfetta le donne non sono rappresentate in Giunta, ma se vogliono possono andare in guerra, mettersi la divisa, abbracciare il fucile! Nel quotidiano continuiamo pure a palestrarci e a depilarci, annulliamo le differenze, nessuna politica differente per i corpi sessuati.
Non è solo passione di pace; c'è lo sguardo rivolto alla città, alla storia delle sue industrie, al suo attuale sviluppo industriale, la domanda di nuovo governo del territorio, il lavoro, l'esperienza di fare scuola di accoglienza. Concludendo: chi ci insegna che la nostra forza è nel farci acqua, ci dice pure di continuare nel nostro cammino contro l'Internazionale del cinismo, per l'Internazionale della speranza. Alla prossima? (Le copie della rivista possono essere richieste presso Piazza Paradiso 6).


Articolo pubblicato sul numero di novembre 2001 di "Quindici"

Considerazioni sulla nuova rivista “Le passioni di sinistra”

di Giovanni de Gennaro

E’ passata inosservata la pubblicazione del numero zero della rivista “Le passioni di sinistra”, curata da Vito Copertino e Mario Centrone: 54 pagine con progetto grafico di Vito Davoli, Vito Panunzio, Pino Spadavecchia e veste tipografica della Lito A. Minervini & C. di Molfetta, arricchito da splendide fotografie di F. W. Hiroshy e di Francesco Mezzina ed altre ricavate da Siti WEB e gallerie virtuali.

Testimonianze
Invece è un impegno culturale che va apprezzato per i suoi contributi intelligenti tra le solite polemiche provincialistiche. In verità coloro che considerano le valutazioni politiche un “pasto confezionato per piacere” si sono presto scoraggiati di fronte alle difficoltà del linguaggio e delle argomentazioni poco ortodosse. Ma chi si è sforzato di capire è stato compensato della impresa. E’ il primo discorso serio che si fa a Molfetta sulla Sinistra, lasciando da parte le facili tirate su Berlusconi, su Tommaso Minervini o sul livello culturale dei consiglieri comunali di maggioranza. Non mancano le testimonianze sulle “eroiche” giornate di Genova di giovani turisti delle dimostrazioni, da quelle fervorose dei cattolici alle contestazioni di vetrine che poi confluiscono nelle manifestazioni ecumeniche per la pace: da non sottovalutare comunque per la sete di valori dei giovani.
Ma l’interesse maggiore è in alcuni saggi che sono tentativi di analisi della cultura politica alternativa.
Già nella presentazione Nino Mastropierro propone la rivista come sede di discussione senza pregiudiziali partitiche, sottintendendo il mito della unità della Sinistra, e nell’editoriale Vito Copertino annunzia l’impegno di un lavoro “lungo” per “valorizzare la specificità della Sinistra”, evidenziare la sua diversità ed il nuovo che comporta, bandendo i soliti “banali punti del programma”: precisa che il movimento “no global” potrà sperare in una prospettiva futura “solo se si confronterà con il problema dei suoi stessi presupposti teorici” e non si limiterà “alla contestazione degli appuntamenti dei vertici internazionali”. Un saggio notevole ci sembra quello di Mario Centrone, “Passioni mute: i suoni”.

Analisi di aspetti inediti
Sulla scorta di pensatori francesi, G. Deleuze, G. Guattari, F. B. Bifo, l’autore svolge un discorso che sembra estraneo alla valutazione politica della Sinistra. Ma la considerazione filosofica di un essere indifferenziato, privo di organi funzionali, disarticolato, che richiama alla mente la vitalità del virus, lo sviluppo imprevedibile del rizoma, il mitico uovo tantrico delle religioni orientali, nucleo di intensità potenziali e di pulsione del “desiderio”, è da lui trasferito al gruppo sociale primitivo, quale può essere l’insieme di soggetti nomadi. Non per caso i gruppi nomadi si affidano alla comunicazione dei suoni come linguaggio di valori comuni: proprio perchè il messaggio sonoro tende a produrre una comunità virtuale attraverso ritmi ripetitivi senza melodia, cioè senza soggetto e senza oggetto, in modo da costituire la potenziale voce di tutti. E’ lasciata al lettore la similitudine di questa forma dell’essere con i movimenti fluttuanti della nuova Sinistra, “multitudo” senza idolatrie di partiti e di ideologie.
Altrettanto interessante è il saggio di Vito Davoli “La rivoluzione linguistica massmediale e il suo impatto sulle forme di rappresentazione e di rappresentanza” in cui mette a confronto i linguaggi politici della Destra e della Sinistra oggi in Italia.
La Destra, egli nota, riesce a veicolare un messaggio di facile presa sociale con un sottinteso politico chiaro ed immediato; le motivazioni della Sinistra, invece, staccate dalle forme tradizionali di rappresentazione, il comizio, il corteo, il Sit-in, appaiono poco comprensibili per una pretesa di anonima modernità. Svanito il grande scenario ideologico la Sinistra si frantuma in questioni slegate o si omogeneizza in un manicheismo semplicistico, di fronti contrapposti, indifferente ai problemi concreti. La dicotomia si estende dal linguaggio alla rappresentazione e si approfondisce per una rappresentanza inefficace che non offre più i modelli dell’antifascismo e della Resistenza o i carismatici trascinatori di masse.
Quasi a sostegno delle tesi di Davoli si svolge l’intervento di Angela Colonna e di Vito Copertino, “Le piazze nella vita della città”. Suggeriscono una lettura politica e non esclusivamente tecnica del Piano Regolatore Generale di Molfetta: esaltano infatti la funzione di laboratori di partecipazione e luoghi di incontro spontaneo dei cittadini, delle piazze e si augurano che tornino ad essere sede di incubazione democratica degli orientamenti popolari.
Su temi specifici si soffermano gli altri interventi: di Menico Copertino sulla musica come espressione unificante di una comunità, giungendo alla conclusione che la musica viva è contaminazione e giustificando il tentativo di gruppi musicali giovanili di sposare la musica elettronica a canzoni e motivi popolari; di Antonio de Tullio sulle cooperative di produzione, modelli di lavoro alternativo; di Francesco Mancini sulle deformazioni di teorie e dati scientifici intorno alla globalizzazione, e sul fenomeno della cosiddetta “dismal science”, la scienza triste con le sue previsioni pessimistiche.

Una valutazione
Ampiamente organico è invece il saggio conclusivo di Alberto Altamura, “La globalizzazione al tempo dell’impero”. L’Autore individua il carattere del fenomeno nello “slittamento” della sovranità dello stato-nazione verso il mercato globale, un impero depoliticizzato, in cui il profitto e l’amministrazione prevalgono su qualsiasi valore politico. Con numerose citazioni di autori, P. Bourdieu, A. Negri, P. Q. Hirst, A. K. Sen, J. Halevy ed altri che costituiscono una utile bibliografia, Altamura configura la globalizzazione fase critica del capitalismo, più che fase positiva di sviluppo; analizza poi le forze attuali dell’antagonismo anticapitalistico in un sistema reticolare che potrebbe consolidare in strutture permanenti questo “movimento dei movimenti” e distingue nettamente le azioni di protesta da episodi terroristici. Criticando la deriva riformistica che Antonio Negri qualificò anni fa “infame”, “centro di mistificazione e di repressione contro la opposizione reale e possibile”; conclude rifiutando decisamente la posizione politica di Pietro Fassino e del movimento socialdemocratico che dovrebbe guidare.
La rivista presenta in tal modo un panorama critico dei modi di essere della Sinistra che inducono ad alcune considerazioni.

Qualche considerazione
Per la sua eterogeneità in un diverso quadro socioeconomico a livello mondiale, la Sinistra contemporanea è lontana dalle forme organizzative nate dal marxismo, dalla classe, dal sindacato, dal partito, all’epoca della rivoluzione industriale; né ha saputo proporsi finalità organiche ed unitarie come è accaduto nei settanta anni dello stato sovietico.
Le molteplici e contrastanti motivazioni quali la fame e la tutela dell’ambiente, l’inquinamento e la gestione delle risorse, la distribuzione della ricchezza e l’incremento demografico, la cultura dei valori e le prospettive della scienza, la democrazia e la libertà ed i diritti dell’uomo, non sono riconducibili ad una unica causa, al potere malefico del capitalismo, visto come sistema chiuso fuori della storia. Una politica della Sinistra se non vuole ridursi ad aspettativa messianica, non può che farsi azione riformatrice costante e graduale in forme adeguate agli stadi di sviluppo economico e culturale della società come si è realizzata in Europa. Nè appare possibile far convergere una Sinistra riformista e di governo che deve fare i conti con le strutture indispensabili della società e dello stato, con una Sinistra di totale contestazione della realtà storica di tipo anarcoide, in nome di una alternativa globale che non si riesce ad individuare in positivo.
Se quindi lo sviluppo delle strutture politiche per realizzare la pace, il benessere, la libertà e la giustizia possibili in questo mondo, è in una democrazia riformatrice, non serve e non basta sognare l’unità mitica delle sinistre che sono diverse o le esaltanti invocazioni del ‘68, “l’immaginazione al potere”, “vogliamo l’impossibile”, che sfociarono nel terrorismo.
Appare finalmente utile e doveroso impegnarsi nella riconsiderazione di esperienze politiche europee e qual è stata in Italia la storia centenaria del movimento socialista, forza di opposizione e di governo, che ha contribuito a portare il paese al livello dei maggiori stati del mondo.
Vogliamo augurarci che il nuovo partito di Fassino sappia recuperare del socialismo democratico italiano, dopo che è stato demonizzato e distrutto, non solo il nome ma il ruolo che ha esercitato per assicurare l’equilibrio politico della giovane democrazia italiana ed il notevole progresso sociale. Occorre infatti rovesciare il rapporto tra la coalizione dell’Ulivo e gli obiettivi politici: una maggioranza solida si forma dopo che questi siano stati chiaramente definiti e condivisi, e non prima, con i numeri.
All’altra sinistra, al Partito di Rifondazione Comunista il compito, sempre rispettabile, di svolgere l’opposizione democratica e di incubazione di nuove prospettive.
La rivista è da seguire con attenzione se sopravvive alla indifferenza.