Leonka's

 

 

Home

Medicina

Music

Chitarra & Ampli

Effetti

SuperGRUPPO   

Discuss

Contact

 

 

Disclaimer

Mp3 e Video links ritrovabili su questo sito servono solo a scopi personali di valutazione e si riferiscono a files già presenti e rintracciabili nel web.
» Se ti piacciono, compra i CD originali supportando l'artista.
» Se sei l'artista o possiedi la licenza originale del copyright e vorresti che il link fosse rimosso allora
let me know: provvederò celermente alla rimozione e perderai della pubblicità gratis.

 

 

                           

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FATTORI DI RISCHIO MALATTIE CEREBROVASCOLARI

 ARGOMENTI

 ·        Forza dell’associazione basata sull’evidenza scientifica

·        Nuovi fattori di rischio:focus sulla genetica

·        Ruolo dei singoli fattori in rapporto ai meccanismi patologici

·        Fattori di rischio modificabili e non modificabili

·        Aderenze alle linee guida  diagnostico-terapeutiche nella pratica clinica

 Un fattore di rischio si definisce sulla base del rischio che può essere specificatamente attribuito a quel fattore nel determinismo della malattia:il rischio attribuibile,ovvero quale quota dei soggetti portatori del rischio svilupperà la malattia stessa.

La forza dell’associazione viene fuori dall’osservazione scientifica,cioè ci sono studi osservazionali su coorti che possono essere popolazioni,o pazienti ospedalizzati che vengono seguiti nel tempo,confrontandoli con una serie di controlli che non hanno il fattore di rischio,e alla fine si vede qual è la differenza nella incidenza della malattia tra i due gruppi,quindi si ha un rischio relativo che ci indica qual è il peso del fattore nella predizione o nel determinismo,si parla perciò di predittori o determinanti della malattia,che sono diversi dalla causa di malattia.

Questo deve avere una potenza statistica che consenta di dirlo con certezza perché c’è un’ ampia variabilità biologica che,se il campione di popolazione che andiamo a seguire nel tempo non è sufficientemente numeroso per poter essere sicuri del risultatosul piano statistico,noi  non abbiamo un dato certo o può essere certo in una situazione e meno in un’altra,abbiamo quindi delle variazioni di risultato che non ci consentono di essere convinti del ruolo di questo fattore  come predittore o determinante di quella data malattia.

 Via via che si espangono le conoscenzescientifiche si aggiungono nuovi fattori di rischio,ma prima che vengano annoveraticome tali passa del tempo,ci vogliono sempre studi osservazionali clinici.Attualmente la genetica sta avendo un grande interesse,anche in questo campo.

Per quanto riguarda l’ictus cerebrale vi ricordo che non è una cosa singola,non è un’entità unica in termini fisiopatologici.L’ictus ischemico riconosce 3 cause maggiori che sono:

1.      Ictus aterotrombotico

2.      Ictus cardio-embolico

3.      Ictus lacunare

L’emorragia cerebrale può essere dovuta :

1.      rottura di un vaso danneggiato dall’ipertensione

2.      terapia anticoagulante impropriamente condotta

quindi ci sono meccanismi variabili,e questo è importante anche per la prevenzione e per la terapia.

In rapporto a ciascuno di questi meccanismi abbiamo dei fattori di rischio specifici.

 Esiste il concetto di fattori di rischio modificabili e non modificabili;quelli non modificabili li dobbiamo conoscere anche perché modificandoli si modifica il rischio della malattia.

 Quando noi abbiamo dei dati sul ruolo dei fattori di rischio e sulle terapie in grado di modificarli,se sono modificabili,bisogna che queste conoscenze vengano implementati su larga scala,per esempio sappiamo che l’uso degli antiipertensivi modifica il rischio delle malattie cardiovascolari,ed in particolare dell’ictus cerebrale,ancora oggi non sappiamo quale sia il reale impatto di questa conoscenza e perché ancora oggi l’ipertensione continua ad essere fattore di rischio nella pratica clinica,cioè c’è la sensazione che tutti questi concetti a livello della macrorealtà di una nazione,o di un’area geografica molto ampia c’è qualcosa che ostacola l’applicazione sistematica di queste conoscenze nella pratica clinica di tutti giorni.

 FATTORI DI RISCHIO NON MODIFICABILI

 1.      Età

2.      Sesso

3.      Eredità e fattori ambientali

4.      Razza/etnia : sappiamo che le malattie cerebrovascolari hanno un trend geografico,sono più frequenti in certe aree e meno in altre;inoltre c’è una variabilità geografica in rapporto ai tipi di ictus cerebrale,per esempio l’emorragia cerebrale è più frequente nei soggetti di razza asiatica relativamente all’ictus ischemico ; questa variazioneè dovuta al fatto che nelle popolazioni di razza asiatica la malattia aterosclerotica sia meno frequente,e se è presente tende ad interessare più i piccoli vasi intracranici o intracerebrali rispetto ai vasi extracranici.Quindi la coronaropatia è più frequente nei bianchi rispetto agli asiatici,questo in parte è dovuto allo stile di vita (cibi più ricchi di colesterolo,uso di sale)ma c’è anche una quota che è dovuta alla componente genetica,si è visto che la costituzione biochimica delle arterie cerebrali è differente.Quindi gli asiatici hanno più aneurismi della base cranica,più emorragie intracerebrali e più infarti lacunari.

5.      Località geografica

 FATTORI DI RISCHIO MODIFICABILI                                 

1)Ben documentati

                                                             Mezzi per diagnosi 

  1. Ipertensione arteriosa                                             corretta rilevazione,pressurmeter
  2. Cardiopatie: fibrillazione atriale, endocardite infettiva, stenosi mitralica, infarto miocardico esteso e recente
  1. Fumo di sigaretta                                                     anamnesi
  2. Attacchi ischemici transitori                                    anamnesi
  3. Stenosi carotidea asintomatica                                soffio carotideo,ecocolordoppler
  4. Diabete mellito                                                         anamnesi,es.ematochimici,Hb.glicata
  5. Iperomocisteinemia                                                 determinazione di base e post-carico
  6. Ipertrofia ventricolare sinistra                                ECG,ecocolordoppler cardiaco

 

L’ipertensione arteriosa è sicuramente un fattore importantissimo perchè entra nel determinismo della lesione aterosclerotica delle grosse arterie precerebrali ,a livello della biforcazione carotidea,ma entra anche nel determinismo delle alterazioni dei piccoli vasi intracerebrali con quel tipo di alterazione microangiopatica  che si chiama arteriolosclerosi ;questo costituisce il termine chiave di una serie di alterazioni patologiche della parete dei piccoli vasi intracerebrali.

Le cardiopatie sono sicuramente legate all’ischemia ,non all’emorragia,perché alcune di esse hanno una valenza nel favorire o determinare la cardioembolia,in particolare la fibrillazione atriale ;questa malattia,che in parte è su base ischemica e in parte su base degenerativa ,ha una frequenza che aumenta con l’aumentare dell’età,attualmente si ritiene che circa un 3-4% della popolazione superiore ai 65 anni presenti una fibrillazione atriale cronica;chi ha una fibrillazione atriale cronica  ha un rischio di ictus 5 volte superiore ,e se è valvolare il rischio aumenta di 17 volte.

Gli attacchi ischemici transitori saranno trattati più avanti.

Anche la stenosi carotidea asintomatica è fattore di rischio,ovvero chi ha una placca sulla carotide,anche se non ha avuto disturbi,ha un rischio maggiore di avere un ictus.

L’iperomocisteinemia è un nuovo fattore di rischio;è una sostanza che si accumula e  che deriva dalla via metabolica della metionina che è regolata da fattori vitaminici,tra cui l’acido folico e vitamina B12.Può aumentare per un’anomalia genetica o per carenza di vitamine,che è frequente nei pazienti gastroresecati o in situazioni carenziali da ipoalimentazione.Questo fattore di rischio è modificabile facilmente in quanto basta somministrare queste vitamine per correggerlo,si è dimostrato una regressione della placca a livello dei grossi vasi in soggetti con iperomocisteinemia trattati cronicamente con vitamina B12 e soprtattutto acido folico.

L’ipertrofia ventricolare sinistra viene considerata in quanto spia d’organo dell’ipertensione grave.

  

2)Non completamente documentati

 Dislipidemia                                                                  esami amatochimici

Cardiopatie:cardiomiopatie,endocardite infettiva,             ecocolordoppler,ecocardiogram

                  calcificazione anulus mitralico,prolasso            transesofageo

                  valvolare,anomalie motilità parietale

                  segmentale,forame ovale pervio,

                  aneurisma del setto interatriale.

Uso di contraccettivi orali                                                anamnesi

Uso di droghe                                                                anamnesi

Inattività fisica,obesità                                                   anamnesi,Body Mass Index

Emicrania                                                                      anamnesi

Ematocrito elevato                                                         esami ematochimici

Fattori alimentari,stress                                                 anamnesi

Iperinsulinismo,resistenza insulina                                  esami ematici

Fattori emostasi,ed infiammazione                                  esami ematici,assetto coagulativo

Fattori socio economici/clima                                          anamnesi

 

Questi fattori di rischio non completamente documentati dobbiamo tenerli presenti,ma curandoli non siamo sicuri se facciamo un’azione remunerativa in termini di costo/beneficio,oppure rischio/beneficio,cioè non sappiamo bene ancora ,sulla base dell’evidenza scientifica disponibile,se andare a trattare questi fattori ha una convenienza sia in termini di rischio che di costi.

Per quanto riguarda il colesterolo aumentato ancora oggi non ci sono dati concordi nel dire se è veramente un fattore di rischio e quale importanza ha;per la coronaropatia è documentato,non altrettanto per le malattie cerebrovascolari.Per l’ictus c’è una situazione strana:l’ipercolesterolemia è un rischio sicuro per l’ischemia cerebrale,mentre bassi valori di colesterolo,ipocolesterolemia,sono un rischio per l’emorragia cerebrale. Quando si fanno studi su grandi popolazioni e si pone come malattia target l’ictus cerebrale,comprendendo l’emorragia e l’ischemia,si trova che non c’è nessuna correlazione tra il rischio di ictus e l’aumento del colesterolo,se  invece si scorpora l’emorragia dall’ischemia si trova che l’aumento del colesterolo è un rischio per l’ischemia mentre non lo è per l’emorragia,anzi è il contrario.

Le cardiopatie in tabella possono essere situazioni emboligeniche:Molti di noi hanno una pervietà virtuale del forame ovale interatriale e questo consente ad emboli che circolano nel distretto venoso di scavalcare il circolo polmonare ,andare al cuore sinistro e da lì embolizzare verso il cervello.Questa anomalia è molto frequente ed il rischio attribuibile a questo fattore ,che ha una frequenza così elevata,è relativamente molto basso,per cui si considera importante solo quando noi non troviamo nessun altro fattore implicato in una situazione cardioembolica.

Sull’uso di contraccettivi orali ci sono ancora incertezze legate al fatto che la pillola contraccettiva a basso dosaggio ormonale sia ancora da considerarsi ancora un fattore di rischio.

Tra le droghe quelle collegate a malattie cerebrovascolari sono la cocaina,le amfetamine.

L’emicrania è una patologia estremamente diffusa,si calcola che in Italia ci siano 10-12 milioni di emicranici ed in casi particolari l’attacco emicranico può essere molto grave e prolungato da provocare addirittura un’ischemia cerebrale.Sono casi rari.

Adesso c’è molto interesse sul ruolo dei fattori dell’infiammazione riguardo all’ateroscerosi;in questo caso possono avere un ruolo nello scatenamento dell’attacco,non tanto nel determinismo,quindi  una situazione infiammatoria o infettiva può essere un fattore precipitante

.Alcune patologie subcliniche,per esmpio la placca aterosclerotica situata a livello della aorta,sono considerate sempre di più un fattore di rischio.,ma ancora non ci sono dati conclusivi.

 MARKER GENETICI

 Cromosoma 19q 12

Mutazionea-g del nucleotide3243 DNA mit

Gene del precursore del collageno

Antigene HLA

Lipoproteina(a)

Aplolipoprtoteina E

Genotipo ACE

Attualmente abbiamo una serie di marker genetici che sono stati collegati al rischio,o ad una maggiore suscettibilità di eventi cerebrovascolari.Per esempio,una mutazione del tipo III del collageno potrebbe essere collegata ad una maggiore presenza di aneurismi cerebrali,quelli che causano la gravissima emorragia subaracnoidea.Anche alcune classi di HLA possono essere collegate con la presenza di aneurismi cerebrali.Un altro esempio è il polimorfismo dell’ACE,enzima implicato nella regolazione della pressione arteriosa;quello che ci domandiamo è come mai non tutti gli ipertesi hanno un ictus cerebrale,probabilmente,secondo alcuni dati,quelli che hanno un particolare polimorfismo di questi enzimi regolatori,possono essere a rischio per l’ictus cerebrale,o per un particolare tipo di ictus,soprattutto in rapporto all’infarto lacunare sembra che ci sia un ruolo di un particolare polimorfismo di questo enzima.

 TIA (Attacco Ischemico Transitorio)

Disfunzione focale cerebrale (o monoculare) con sintomi a rapida insorgenza e scomparsa che durano meno di 24 ore e che,dopo adeguata valutazione,si presumono dovuti ad un meccanismo vascolare,embolico o trombotico.

 Il TIA,è una manifestazione clinica,sono sintomi perché è un evento talmente rapido e reversibile che la maggior parte delle volte il medico lo definisce a posteriori.I sintomi sono di disfunzione cerebrale o monoculare:la retina è irrorata da un’arteria ,l’arteria oftalmica,che è la prima diramazione intracranica dell’arteria carotidea,quindi gli stessi meccanismi che possono portare ad un’ischemia cerebrale possono portare anche un’ischemia retinica,quindi ci sono situazioni in cui la retina può soffrire per una transitoria mancanza di flusso cerebrale e come sintomo si può avere un’amaurosi transitoria monoculare che si chiama amaurosi fugace.

Questi sintomi durano per convenzione meno di 24 ore. Sono sintomi a volte banali,per esempio un formicolio ad un braccio,o una gamba o a tutto l’emilato:sintomi sensitivi unilaterali.

Se questi sintomi durano più di 24 ore hanno già causato un danno strutturale del tessuto cerebrale per cui non si parla più di TIA ma di ictus ischemico,già definito ed evidente alle tecniche d’immagine.La maggioranza però è completamente reversibile entro le 24 ore e dopo un’adeguata valutazione si presumono,non c’è mai un discorso di certezza,dovuti ad un meccanismo valvolare che può essere embolico o trombotico.

 

Rischio di Stroke dopo TIA

        4-8% a  30 giorni

        12-13%  ad 1 anno

        24-29%  a 5 anni

Il 4-8% di pazienti che hanno avuto TIA possono avere un ictus entro 30 giorni,il 12-13% entro un anno ,Il 24-29% entro 5 anni.Il rischio ad 1 anno è aumentato da 13 a 16 volte rispetto alla popolazione di controllo ed il rischio a 5 anni è aumentato di 7 volte verso la popolazione di controllo.Se si considerano globalmente questi dati si può fare una curva del rischio in senso temporale e si vede che il rischio è massimo entro i primi 3 mesi ,poi tende a calare progressivamente negli anni successivi,ma si mantiene elevato anche a 5 anni.

 TIA : principali cause

·        Embolia da arteria

·        Difetto emodinamico

·        Embolia cardiaca

·        Infarto lacunare

·        Dissezione arteriosa

·        Arteriti

·        Coagulopatie

·        Emopatie

 

Le cause del TIA sono le stesse che danno l’ictus.Questi eventi più frequentemente sono dovuti ad arteroembolia ,o placca che può avere anche effetto emodinamico,embolia cardiaca ed infarto lacunare.L’embolia da arteria ed il difetto emodinamico si possono compattare e chiamarle aterotrombosi.La dissecazione che è un trauma dovuto spesso a stiramento,le arteriti le coagulopatie e le emopatie sono di gran lunga meno frequenti.

 Attacchi focali transitori non TIA (TIA mimics)

·        Emicrania

·        Crisi epilettiche focali

·        Sclerosi multipla

·        Masse intracraniche

·        Ipoglicemia

·        Encefalopatia ipertensiva

·        Anemia grave

·        Compressione dei nervi periferici

·        Vertigini periferiche

·        Meccanismo psicosomatico

 

Ci sono una serie di fenomeni,anche molto banali,che possono simulare un TIA e che creano problemi per la diagnosi.Per esempio la compressione di nervi periferici che causa formicolii.

Un meccanismo psicosomatico è quello che causa nei soggetti ansiosi in certe situazioni un formicolio alle mani o alle gambe,che dura poco.L’emicrania,soprattutto quella con aura,può avere una sintomatologia di deficit focali sensitivi e motori.Questi fenomeni vanno tenuti in conto perché su 1000 casi di questo genere  meno del 10% è un TIA

 Le caratteristiche dei TIA si definiscono in rapporto al territorio arterioso coinvolto.E’ bene sapere qual è la distribuzione delle funzioni nervose in rapporto alle varie aree cerebrali,la cosidetta topodiagnostica,cioè una diagnostica localizzatoria dei sintomi e dei segni.

E’ importante distinguere il TIA in rapporto al territorio carotideo o vertebro-basilare.

(IMP riguardare anatomia della circolazione cerebrale).

Ci sono due grandi arterie anteriori,le carotidi,e due posteriori,le vertebrali, che poi si riuniscono in un unico tronco che si chiama arteria basilare;questi due sistemi,anteriore e posteriore ,sono riuniti da un poligono che è situato nella base cranica,il poligono del Willis;ci sono poi diramazioni terminali che sono,per il sistema carotideo l’arteria cerebrale media e l’arteria cerebrale anteriore,per l’arteria basilare le due arterie cerebrali posteriori.

 TIA territorio carotideo

·        Deficit  motorio (debolezza,paralisi o impaccio di un arto o entrambi gli arti nello stesso lato)

·        Deficit sensitivo (disestesia,incluso la perdita di sensibilità, di un arto o di entrambi gli arti

                                 dello stesso lato)

·        Afasia  (disturbo della parola o del linguaggio che può essere un deficit minore o globale e

                   può includere o meno difficoltà nella lettura,nella scrittura e nel calcolo.)

Un TIA del territorio carotideo si può esprimere con un deficit motorio o deficit sensitivo,cioè formicolio puntura di spilli,ad un arto o ad entrambi gli arti di uno stesso lato.Di solito è coinvolta anche la emifaccia,con una paresi faciale,soprattutto una paresi di tipo centrale quindi della parte inferiore della faccia,oppure un disturbo parestesico che coinvolge la metà della faccia;Questo è molto più frequente che avere un solo arto colpito,anche se,tenendo conto della distribuzione topografica della porzione motorio-sensitiva sulla corteccia cerebrale ,il famoso omunculus sensitivo,è possibie che per un’ischemia della corteccia possano essere interessati dai disturbi  solo una mano o un braccio.Se invece l’ischemia interessa zone dove la funzione è più concentrata,come a livello della capsula interna,è più probabile che si abbia un’emiparesi completa,faccia-braccia-gambe.

L’afasia si ha per l’emisfero sinistro;i centri del linguaggio sono nell’emisfero sinistro per i destrimani,nell’emisfero destro nei veri mancini.L’afasia ha delle caratteristiche precise,si deve distinguere dalla  disartria che è un disturbo dell’articolazione del linguaggio ,mentre l’afasia è un disturbo della strutturazione del linguaggio in termini fonemici,grammaticali.,sintattici.

TIA territorio vertebro-basilare

·        Deficit motorio  (debolezza,paralisi o impaccio motorio degli arti in combinazioni diverse

                                 Fino alla quadriplegia ;il lato interessato può variare nei diversi attacchi)

·        Deficit sensitivo  (disestesia,perdita della sensibilità e parestesie coinvolgenti gli arti in

                                   combinazioni diverse fino all’interessamento di tutti e 4 o di entrambi

                                   i lati della faccia,della bocca;i disturbi sono frequentemente bilaterali

                                   e possono variare di lato.)

·        Perdita del visus totale o parziale in entrambi i campi omonimi(emianopsia bilaterale omonima)

·        Emianopsia omonima

·        Atassia ,disequilibrio,difficoltà nella stazione eretta o disequilibrio senza vertigini

·        Vertigini,diploplia e disartria  (no TIA se isolati)

·        Combinazione dei sintomi precedenti

 

Il territorio vertebro-basilare copre le strutture del tronco encefalico ,del cervelletto e i due lobi occipitali,irrorati dalle due arterie cerebrali posteriori.I deficit motori possono interessare un lato o più spesso entrambi i lati perché qui la rappresentazione bilaterale è molto vicina,oppure in attacchi diversi si possono avere delle manifestazioni oscillanti,alternanti di lato.

Il deficit sensitivo può essere unilaterale ma più spesso bilaterale e tipicamente periorale per interessamento dei nuclei delle radici centrali del trigemino.Questo tipo di distribuzione bilaterale è più frequente negli attacchi del territorio vertebro-basilare,e vale anche per i disturbi del visus;mentre nell’attacco carotideo c’è l’amaurosi fugace,che è come una tendina nera che cala su un occhio mentre con l’altro si vede bene,i disturbi dell’attacco vertebro-basilare si ha un disturbo del campo visivo di solito bilaterale.

L’emianopsia bilaterale significa che c’è una restrizione concentrica del campo visivo,rimane un a visione centrale:visione “a cannochiale”,e si ha se sono coinvolti entrambi i lobi temporali;se invece è interessata una sola delle due arterie cerebrali posteriori si ha l’emianopsia omonima.

Si ha atassia,disturbo dell’equilibrio,per disfunzione del cervelletto o dei nuclei vestibolari centrali.

La vertigine la diploplia e la disartria non devono essere considerati TIA se sono isolati.Questo perché sono manifestazioni così frequenti che è improprio attribuirgli il valore di TIA.Acquistano dignità di TIA solo se associati a deficit motorio,sensitivo o del visus.

 Accordo tra osservatori nella diagnosi di TIA

 TIA (si o no)                                                   Kappa = 0,65   (SE = 0,11)

Territorio coinvolto                                          Kappa = 0,31   (SE = 0,16)

 

L’indice Kappa esprime l’accordo tra osservatori oltre il caso,è un indice di validità di osservazione clinica,cioè di accordo di riproducibilità di un dato osservabile clinicamente.

Questi indici sono molto grossolani e ciò indica la scarsa riproducibilità nella diagnosi di TIA ed ancor più del territorio coinvolto.Per capire l’importanza di ciò facciamo un esempio.

Se noi abbiamo una placca aterosclerotica a livello della biforcazione carotidea ,situazione abbastanza frequentemente coinvolta in un attacco ischemico cerebrale,e decidiamo di operarla;i dati derivanti da trials terapeutici randomizzati e controllati,indicano che il rapporto rirschio/beneficio di un intervento di endoarterectomia carotidea varia se questa placca è sintomatica,se ha dato dei TIA nel territorio implicato ,oppure se è asintomatica.Il rischio di avere ictus in quel territorio è 4 volte superiore nel caso della placca sintomatica.Tutto questo va messo in bilancio rispetto al rischio di avere complicazioni per un intervento di tromboarterectomia carotidea;questo intervento è apparentemente banale:si apre la carotide e si ripulisce,ma per fare ciò bisogna clampare la carotide al di sopra della placca e stoppare la circolazione cerebrale per un certo periodo di tempo,e tutto questo è legato ad un rischio di complicazioni operatorie che mediamente è del 3-6%,complicazioni gravi come ictus o morte.

Da questo l’importanza di stabilire il territorio coinvolto,perché se uno ha avuto un TIA vertebro-basilare la placca carotidea è asintomatica.

Importanti sono i circoli collaterali che sono meccanismi di compenso,il principale è il circolo del Willis.Importante anche il circolo collaterale che attraverso la carotide interna porta all’arteria angolare dell’occhio attraverso rami superficiali mascellari,è un anastomosi con l’arteria oftalmica che è la prima diramazione intracranica della carotide interna.

Immagine angiografia selettiva di una carotide:c’è una placca irregolare,a questo livello si possono depositare degli aggregati piastrinici che poi possono staccarsi ed embolizzare a valle in una delle arterie cerebrali distali,questo è il meccanismo più frequente del TIA,su base ateroembolica;gli aggregati piastrinici poi si dissolvono rapidamente perché sono molto friabili,per cui il sintomo scompare dopo un po’ di tempo;qualche volta invece,a livello della placca si ha un trombo e l’effetto è un po’ più grave,altre volte invece la placca può accrescersi progressivamente e dare l’occlusione completa del vaso,se avviene lentamente può non succedere niente per la presenza dei circoli di compenso,se invece si forma un’emorragia dentro la placca che la espande e fa chiudere il vaso di colpo non c’è stato il tempo per l’incremento della circolazione di compenso è può essere più grave;altrimenti si può avere un deficit di pompa,se abbiamo anche una stenosi ci può essere un calo di flusso a valle ed avere un’ischemia su base emodinamica,questo accade più facilmente se abbiamo più arterie stenosate cioè meno probabilità di attivazione di circoli di compenso.Questo è il meccanismo aterotrombotico.

Meccanismo cardioembolico

Atrio sinistro       :fibrillazione atriale,mixoma,aneurisma setto interatriale

Valvola mitrale:    endocardite infettiva,valvulopatia mixomatosa,calcificazioni dell’anulus

                             Protesi valvolare,vegetazioni

Ventricolo sinistro : discinesia ischemica,cardiomiopatia non ischemica,trombi dovuti a stati

                               Protrombotici

Valvola aortica        stenosi calcifica,endocardite infettiva,protesi valvolari

Embolo paradosso : forame ovale pervio,difetto setto atriale

Circa il 20% dei casi di Ictus cerebrale ischemico è dovuto al meccanismo cardioembolico,ma ci sono alcune situazioni più a rischio di altre.Per esempio a livello dell’atrio prevale la fibrillazione atriale con rallentamento della circolazione all’interno dell’atrio e formazione di coaguli ,soprattutto nell’auricola.Tutti i processi che alterano la valvola mitrale sono a rischio, in particolare l’endocardite infettiva è molto a rischio mentre la calcificazione dell’anello mitralico,o il prolasso della mitrale di I o II grado sono a rischio basso;invece nel prolasso di III grado,che corrisponde alla degenerazione mixomatosa della valvola mitrale,il rischio aumenta perché le superfici valvolari sono alterate,ci sono escrescenze,nicchie dove è più facile si formino dei coaguli.La discinesia post-infarto miocardico è a rischio moderato,qualora ci sia una dilatazione complessiva del ventricolo sinistro,come nella cardiomiopatia dilatativa.,il rischio cardioembolico è molto più elevato.

Oggi è sicuro che trattare con anticoagulanti orali un paziente che ha una fibrillazione atriale cronica riduce il rischio di ictus cerebrale ,in prevenzione primaria,del 50%;quindi un rischio relativo 5 con il trattamento cronico con anticoagulanti diventa del 2,5-2%;in questo caso complessivamente il vantaggio è sicuro rispetto alle complicanze emorragiche legate al trattamento.

Considerando due classi di situazioni cardioemboliche ,grado A e grado B,in base al potenziale emboligeno,si possono considerare grado A: fibrillazione atriale,mixoma atriale,endocardite infettiva,protesi valvolare,vegetazioni;il resto e grado B

Infarto lacunare

E’il terzo dei gruppi di cause per ordine di frequenza,è un infarto di piccole dimensioni,non più grande di 1,5 cm di diametro che si forma per ischemia di una delle arterie perforanti parenchimali basali.

Si vede un buco,una zona cavitata;se questo buco centra la capsula interna,dato che qui sono concentrate tutte le vie motorie,la conseguenza è un’emiplegia grave.Se è situato più internamente abbiamo un’emisindrome sensitiva pura,se è situato più esternamente,nel nucleo lenticolare,possiamo non avere niente,siamo in una zona del cervello poco eloquente dal punto di vista funzionale.Un fatto da tener presente è che questo buco non rimane quasi mai isolato, se ne formano altri ed alla fine si forma lo stato lacunare che interrompe bilateralmente una serie di vie motorie,ma anche connessioni collegate con funzioni mentali cognitive,la conseguenza è la demenza vascolare.

Le arterie perforanti basali sono arteriole di piccolo calibro,sono arterie terminali,non ci sono anastomosi,questo è il motivo per cui l’ipertensione arteriosa esercita a questo livello il massimo del suo effetto dannoso collegato con l’energia pressoria.L’ipertensione arteriosa danneggia le arterie in due modi : uno è legato alla componente dinamica dell’energia che aumenta la velocità del flusso,ovvero lo shear stress a livello della parete dei grossi (vasi,meccanismo che entra nella formazione e nella progressione della placca ),in questo caso è invece la componente pressoria dell’energia collegata all’ipertensione arteriosa;si scarica tutto sulla parete di queste arterie che sono ad alta resistenza e bassa capacitanza ,per cui tutte le volte che c’è un aumento della pressione a questo livello c’è una distensione delle pareti che a lungo andare si trasforma in una degenerazione.

Secondo il meccanismo proposto da Fisher si ha infarto lacunare perché a livelllo di un’arteriola penetrante o si forma una trombosi all’interno del vaso degenerato,o passa poco sangue perché il vaso è stenosato oppure è qualcosa che blocca l’ostio a livello della penetrazione;la conseguenza è un blocco di tessuto che va incontro a necrosi

C’è un aspetto fisiopatologico da considerare per ciò che riguarda l’embolia.Questa blocca transitoriamente una diramazione,però spesso l’embolo si frammenta;i frammenti dell’embolo imboccano una diramazione più distale ed occludono il vaso in questa zona,per cui in questa parte si ha un infarto ischemico;frammentadosi però liberano un’altra diramazione e questo può portare in un tessuto danneggiato per quel tempo che è stato ischemico , un’alterazione della barriera ematoencefalica ,una rottura,per cui passa del sangue,c’è una diapedesi,ci sono petecchie,per cui c’è una parte d’infarto emorragico.

Questo ci dimostra che l’infarto cerebrale è diverso da quello miocardico,i problemi dati dalla riperfusione nell’infarto cerebrale non avvengono nel miocardico,è questo è importante in relazione alla terapia con trombolisi.

E’ importante vedere cosa succede a livello della biochimica del tessuto quando un’area cerebrale viene privata dell’apporto dei sangue e quindi di nutrienti essenziali,il glucoso e l’ossigeno;è bene ricordare che il cervello non ha riserve di glucoso quindi dipende totalmente dall’apporto ematico in tempo reale.Mancando il glucoso cade l’energia disponibile,le due conseguenze sono : il deficit della pompa Na/K e la deviazione della glicolisi verso la parte anaerobia,perché manca l’ossigeno,quindi invece che acido piruvico si forma acido lattico e si ha acidosi;l’acidosi è dannosa anche perché impedisce al microcircolo di adattarsi,di autoregolarsi.

Il deficit di pompa porta ad una depolarizzazione di membrana e si aprono i canali del calcio e viene liberato glutammato che è un neurotrasmettitore presente nei terminali delle cellule nervose,che ha un effetto stimolante ma anche eccitotossico;la sovrabbondante liberazione di glutamato porta ad attivazione di altri recettori per il calcio per cui si ha un ingresso marcato del calcio dentro la cellula;tutto questo porta all’attivazione di una serie di enzimi dannosi:lipasi,NO sintasi,proteasi,endonucleasi .La liberazione di NO porta alla formazione di radicali liberi che condizionano la morte cellulare.Un dato importante è legato alla riperfusione che è dannosa perché si può avere la trasformazione emorragica oppure si ha il ritorno dell’ossigeno in un tessuto che è già predisposto alla formazione di radicali liberi,quindi si contribuisce all’aumento di questi.

Possiamo intervenire teoricamente con delle sostanze,per esempio dei bloccanti dei recettori che aprono i canali del Ca ,oppure se riequilibriamo l’acidosi possiamo avere un’effetto positivo,oppure con antiossidanti.

C’è anche una componente infiammatoria per cui rapidamente arrivano dei leucociti che si attaccano sull’endotelio quando c’è ischemia,ciò per l’espressione precoce di molecole d’adesione ,e questo comporta altri guai.

Tutti questi eventi avvengono progressivamente. Un flusso cerebrale medio normale è 50 ml per 100 grammi  di tessuto al minuto ,via via che si scende ci sono delle conseguenze di ordine biochimico:c’è una precoce espressione di geni,anche dell’apoptosi,una riduzione della sintesi proteica,accumulo del lattato,variazione del pH ,decadimento della fosfocreatina e dell’ATP.Tutti questi eventi si hanno via via che si riduce l’apporto di sangue.

C’è un’ interazione tra gli ossidanti e i leucociti.Il metabolismo delle xantine è favorito dalla riperfusione,l’ossigeno attiva il sistema della xantina ossidasi  e quindi aumenta il contributo degli ossidanti ;questi attivano ancor più l’arrivo dei leucociti  che aderiscono alle molecole di adesioni ICAM espresse rapidamente dall’endotelio.I leucociti a loro volta attivano gli ossidanti e  proteasi e si arriva al danno della barriera.

Si sono fatti dei tentativi terapeutici somministrando anticorpi anti-ICAM,ancora non si è arrivati a niente,ma sono tentativi per sperare di neuroproteggere il tessuto nervoso arrivando a bloccare rapidamente i passaggi della cascata biochimica che porta alla necrosi.C’è una serie di neuroprotettori sperimentali come antiossidanti derivati dal cortisone,Ca antagonisti o bloccanti delle molecole di adesione,che sono risultate efficaci nella sperimentazione sull’animale ma non sull’uomo.Questo è dovuto soprattutto al fatto che ,nell’uomo,dal momento in cui si scatena l’evento ed il trattamento passa del tempo che è critico.Abbiamo un tempo che non supera le 3 ore dall’inizio dell’ictus grave in cui possiamo intervenire con farmaci come la trombolisi,o con neuroprotettori prima che si sia innescata una serie di meccanismi irreversibili.Infatti se si guarda l’andamento del flusso cerebrale in base alla durata dell’occlusione dell’arteria cerebrale media,per esempio,si vede che via via si ha un accrescimento dell’area dell’infarto rispetto all’area circostante in cui il  tessuto si mantiene vitale,che si chiama area di penombra ischemica.Il tentativo delle varie terapie è quello di ridurre l’area d’infarto rispetto a quest’area di penombra ischemica,è una situazione progressiva ed a 3 ore il danno è irreversibile,dobbiamo perciò tenere conto di questa finestra terapeutica.

Attualmente come terapia si sta espandendo la trombolisi che può essere fatta per via sistemica o per via intrarteriosa nelle prime 3 ore dall’ictus cerebrale ischemico.TIME IS BRAIN

In USA si sta sostituendo il termine di stroke con Brain Attack per equipararlo,in termini di urgenza ,a quello di Hearth Attack.

EMORRAGIA INTRACEREBRALE

L’arteriolopatia è l’elemento unificante che unisce l’infarto lacunare con l’emorragia intracerebrale su base ipertensiva.L’arteriola è degenerata,la parete è ispessita ,si perde la struttura delle varie componenti della parete arteriosa ,si omogenizza per il fenomeno della ialinosi;la parete perde l’elasticità , il tono ,la forma,si può sfiancare e formare microaneurismi.Queste arterie si possono rompere con facilità,soprattutto se sottoposti a regimi ipertensivi.L’emorragia cerebrale intraparenchimale ipertensiva è legata  a questo tipo di alterazione,ma non rappresenta tutto il quadro dell’emorragia intracerebrale ;questa si può spiegare anche con l’uso degli anticoagulanti ,con altri tipi di  microangiopatia,come l’angiopatia amiloide cerebrale ,e con altre situazioni primitive o secondarie.

L’emorragie cerebrale primitiva rappresenta il 10-15% di cause e di queste la metà è dovuto al meccanismo dell’arteriopatia ipertensiva.

La tipica sede dell’emorragia intracerebrale ipertensiva è a livello ganglio-basale,è qui che si trovano le arteriole penetranti basali.Può essere anche piccola ed occupare il nucleo lenticolare e risparmiare la capsula interna ;è facile che questo possa dare un disturbo transitorio e minimo,perché questa è una zona non eloquente del cervello.Se invece è estesa  il paziente sarà emiplegico e potrà essere anche comatoso perché questa lesione  dà di solito un effetto massa legato all’edema,maggiore che nell’ischemia.Anche nell’infarto si ha un effetto espansivo perché aumenta il liquido nel tessuto cerebrale,si ha sempre un edema cerebrale per rottura della barriera ematoencefalica in seguito all’ischemia.L’edema cerebrale si ha in varie patologie cerebrali,tumori,ematomi,contusioni traumatiche ecc.,ed è una situazione aggravante perché espande il contenuto intracranico,e poiché la scatola cranica è una teca ossea inespansibile si ha  aumento della pressione intracranica ed avremo le conseguenze dell’ipertensione endocranica.

Questo può avvenire per l’emorragia intraparenchimale primitiva,detta anche ematoma intracerebrale, ma anche per infarto cerebrale.

Il paziente con ictus emorragico,se la lesione è importante,è grave,spesso è emiplegico,vomita ,ha frequentemente disturbi della coscienza,è comatoso.Si muore 3 volte di più per l’emorragia cerebrale rispetto all’ictus.

Un’emorragia cerebellare è ancor più grave perché il cervelletto è più ristretto nella fossa cranica posteriore,quindi un’emorragia o un infarto cerebellare,gonfiando il cervelletto possono provocare una morte molto rapida per impegno delle strutture a livello del forame occipitale,ovvero blocco dell’acquedotto ed idrocefalo secondario;queste sono situazioni di competenza chirurgica : va decompressa la fossa cranica posteriore,oppure se c’è idrocefalo da blocco dell’acquedotto va messa una valvola per effettuare uno scarico.

EMORRAGIA SUBARACNOIDEA

L’emorragia subaracnoidea può colpire a tutte le età ,anche giovani e bambini,a differenza dell’ictus e dell’emorragia che colpiscono soprattutto soggetti maggiori di 65 anni.

La causa è una dilatazione sacciforme di una delle arterie del poligono del Willis o dei rami endocranici principali.

E’ dovuto in parte a fattori genetici,alterazione della componente elastica della tunica di queste arterie,ed anche all’effetto dell’ipertensione arteriosa.

Abbiamo un aneurisma per lungo tempo asintomatico che poi si rompe;questo può avvenire quando il soggetto compie degli sforzi,sollevamento pesi,lavori pesanti,atto sessuale.

La sintomatologia è violentissima,acuta : mal di testa feroce ,improvviso ,descritto come una pugnalata alla nuca ,seguito da un transitorio obnubilamento della coscienza ,uno stato lipotimico con sudorazione ,pallore ,nausea .La gravità del quadro dipende dalla quantità di sangue che si perde e che si riversa a livello dello spazio subaracnoideo della base cranica .Si pùo arrivare al coma .In presenza di questa sintomatologia si ricorre ad una TAC che evidenzia il sanguinamento quasi nel 100% dei casi,raramente ,quando la TAC è negativa ,si ricorre alla puntura lombare .Il neurochirurgo poi fa un’arteriografia,identifica l’aneurisma,e fa un intervento per  “clippare”  il colletto dell’aneurisma.Più recentemente si utilizza una tecnica di riempimento per via endovascolare,si mettono dei microcateteri che liberano a livello della dilatazione delle spirali metalliche che “ imbottiscono “ il sacchetto,il sangue rallenta,coagula e l’aneurisma viene chiuso.

TERAPIA

La terapia è la prevenzione : riduzione dei fattori di rischio,in particolare l’ipertensione arteriosa che va identificata e controllata ;secondo uno studio italiano ,ILSA , in Italia il 22% di soggetti ipertesi  non sa di esserlo.

Dobbiamo identificare e curare il diabete ;abolire il fumo ecc.

Per il colesterolo abbiamo ancora dubbi perché la sperimentazione clinica con farmaci che abbassano il colesterolo ,le statine, sono stati finora eseguiti su coronaropatici ;cioè si è osservato qual è il rischio di ictus in soggetti con coronaropatia ipercolesterolemici sottoposti a trattamento con statine ,ma questa non è la vera popolazione perché quella vera è la popolazione generale a rischio di ictus.Comunque secondo questi trials con le statine c’è una riduzione del rischio di ictus del 23% ,c’è anche un effetto dose-risposta in rapporto alla % di riduzione del colesterolo.Con il trattamento dell’ipertensione si arriva ad una riduzione del rischio del 40%  per 5mmHg di diastolica abbassata in un soggetto che ha avuto un TIA.

In caso di fibrillazione atriale cronica  , ha efficacia la terapia con anticoagulanti orali ,ma non si deve scoagulare troppo ,basta mantenere 2-3 INR ,se c’è protesi valvolare si può scoagulare fino a 3-4,.5 INR.Gli anticoagulanti orali vanno utilizzati nella cardioembolia ,negli altri casi si utilizzano antiaggreganti piastrinici ,in particolre l’aspirina .

Gli antiaggreganti che attualmente si considerano provati da sperimentazioni terapeutiche sono 3:

1.      Aspirina

2.      Ticlopidina ,più recentemente un suo derivato Clopidogrel

3.      Dipiridamolo,ha ruolo minore,aumenta l’efficacia associato all’aspirina.

L’aspirina è il migliore antiaggregante per la prevenzione secondaria ,ovvero per chi ha avuto un TIA o Ictus ischemico ed evitare la recidiva.

Con una dose di 160 mg/die si ha una riduzione del rischio intorno al 25%.Se c’è intolleranza all’aspirina o se c’è un ‘inefficacia si passa alla ticlopidina,con questa si riesce ad avere una riduzione del rischio del 30% a spese di un maggiore costo e talvolta effetti collaterali quali neutropenia in alcuni casi mortale.Il clopidogrel,commercializzato di recente,non ha questo rischio ,ma è molto costoso .

L’ altra forma di prevenzione è quella chirurgica .Nei soggetti aterotrombotici con placca situata a livello della carotide si può fare endoarterectomia .C’è disaccordo se operare solo i pazienti con placca sintomatica o anche asintomatica  .

NASCET-North American Symptomatic Carotid Endoarterectomty Trial  1988-1998

Questo è uno studio randomizzato e controllato su pazienti con stenosi carotidea sintomatica estraendo a sorte chi veniva operato e chi no.Questo studio ha detto tutto sul rapporto rischio/ beneficio di questo tipo di procedura.

Grado di                                    Pazienti                                        Failure Rate

Stenosi                            Tp medica    Tp chirur                     Tp med       Tp chir

70-99%                             331              328                           26,1%       12,9%

50-69%                             428              430                           22,2%       15,7%

 < 50%                              690              678                           18,7%       14,9%

Si  considerano i pazienti in base al grado di stenosi,quantificata approssimativamente con ecodoppler.La stenosi del 70-99% aveva  il  26% di rischio a 5 anni di ictus omolaterale rispetto al 12% dei pazienti operati ,Quindi se uno ha una stenosi di questo grado c’è un vantaggio molto netto;se ha una stenosi di 50-69% il vantaggio si riduce,22 vs 15 e se la stenosi è <50% ancora meno vantaggio.E’ importante considerare la differenza assoluta del rischio,non la differenza del rischio relativo che può essere fuorviante.

Stenosi             RRassoluto           RRR                       NNT                  p-value

70-99%              13,2%               51%                          8                   0,000051

50-69%                6,5%               29%                         15                     0,045

 <50%                  3,8%               20%                         26                      0,16

Nel primo gruppo la differenza assoluta di rischio relativo è del 13%,su questa si può calcolare l’NNT che è il numero di soggetti da operare per evitare l’ictus;è un numero basso e ciò significa che il trattamento è molto vantaggioso.In questa tabella la riduzione del rischio relativo è fuorviante.E’ stato fatto anche per le stenosi asintomatiche in cui si aveva una riduzione del rischio dal 5% al 2,5% ,quindi riduzione del rischio relativo del 50 % ma riduzione del rischio assoluto di poco,per cui l’intervento non è più così efficace.Il rischio dell’intervento ,tra eventi minori e maggiori ,oscilla tra 3-6% nei migliori centri,se si considera solo la morte o eventi gravi è 1,5-2%.Questo va valutato in rapporto al beneficio dell’intervento ,perciò in pazienti asintomatici è bene pensarci diverse volte prima di operare.

Trombolisi

C’è un solo trial finanziato da National Institute of Health ,è una sperimentazione in cui veniva dato 0,9 mg/Kg di TPA nelle prime 3 ore dall’ictus cerebrale.

A 3 mesi di distanza con il TPA rispetto al placebo aumenta la % di soggetti con deficit minimi,ha vita quasi normale,questo a scapito dio un aumento della normalità .C’è un 6% di rischio di infarto emorragico grave che pesa negativamente su questa bilancia.

In Europa non è stato ripetuto lo studio e non è approvato per l’uso routinario.

In un altro studio grandissimo ,20.000 casi ,(International Stroke Trial) ,si è testata  l’efficacia dell’aspirina ,300 mg ,somministrata nel giro di 24 ore .Per 1000 pazienti trattati c’è una prevenzione di 11 morti o recidive ischemiche precoci,con nessun rischio maggiore significativo.

E’importante anche un’assistenza completa del paziente :essendo allettato gli viene messo il catetere e quindi si può avere infezione urinarie ;se non è girato si possono formare piaghe da decubito ;non si devono somministrare soluzioni glucosate e controllare la glicemia,perché abbiamo visto che il glucosio si trasforma in acido lattico che dà l’acidosi che peggiora il quadro.C’è quindi un complesso di misure che migliorano la prognosi :mobilizzazione precoce,farlo respirare  diminuire la febbre ecc.

Serve un’organizzazione a tipo stroke-unit,cioè i malati con ictus devono essere ricoverati sistematicamente in una zona dedicata in cui c’è personale esperto nella gestione di questo paziente.In studi che confrontano il trattamento stroke-unit con trattamento normale si vede che si arriva ad un 40% di miglioramento in termini di disabilità e mortalità.

                                   HP | Medicina | Musica | Chitarra | Effetti | Supergruppos | Discussioni | Contattateci
Ultimo aggiornamento: 14-10-06.