Leonka's

 

 

Home

Medicina

Music

Chitarra & Ampli

Effetti

SuperGRUPPO   

Discuss

Contact

 

 

Disclaimer

Mp3 e Video links ritrovabili su questo sito servono solo a scopi personali di valutazione e si riferiscono a files già presenti e rintracciabili nel web.
» Se ti piacciono, compra i CD originali supportando l'artista.
» Se sei l'artista o possiedi la licenza originale del copyright e vorresti che il link fosse rimosso allora
let me know: provvederò celermente alla rimozione e perderai della pubblicità gratis.

 

 

                           

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Manifestazioni e conseguenze del panico, e suoi effetti clinici.

Agorafobia

Si sviluppa in circa i ¾ dei casi di panico; all’ inizio era stata descritta come un disturbo separato, oggi però è dubbio se esista la agorafobia da sola, esiste nei campioni epidemiologici, nei campioni clinici viene sempre prima il panico e poi la agorafobia.

La agorafobia è la paura di luoghi o situazioni in cui in caso di malessere o di malore, di attacco di panico,o di improvvisa incapacitazione, il soggetto  resta da solo, e ha paura di non poter essere soccorso, e anche di fare una figuraccia.

Agorà nella antica Grecia era la piazza dove ci si riuniva, quindi una piazza affollata, infatti questi soggetti hanno paura di trovarsi in luoghi come:

     -         Il supermercato, che è affollato, quindi si fa brutta figura, inoltre la ressa impedisce l’ arrivo dei soccorsi, inoltre non c’è nessun posto che dà l’ idea di solitudine come un posto affollato; poi ci sono le casse, per cui è difficile passare;

-         Mezzi pubblici: l’ autobus è affollato, e poi non si ferma;

-         Autostrade: preferiscono la strada normale perché ci si può accostare, nell’ autostrada anche se ci si accosta nella piazzola o nella corsia di emergenza non cambia niente;

-         Al cinema o a teatro si mettono vicino alla uscita di emergenza;

-         Viadotti e gallerie

-         Essere comunque lontano da casa, essere in spazi aperti

-         Essere a casa da soli

-         Essere nella folla

Alcuni riescono ad affrontare queste situazioni, ma soffrono tantissimo, hanno una serie di disturbi vegetativi: sudano, arrossiscono; di solito la presenza di un accompagnatore li aiuta ad affrontare queste situazioni, quello che è strano è che l’ accompagnatore può essere anche un bambino piccolo, o un cane, certe volte basta il bastone.

Ci sono delle signore che devono camminare vicino al muro, almeno se gli gira la testa si appoggiano, e se si allontanano gli gira la testa davvero.

 La gravità della agorafobia può andare da una lieve sensazione di disagio senza nessun esitamento, fino all’evitamento totale, ci sono stati due casi estremi di una signora che non riusciva ad uscire di casa, neanche ad attraversare il marciapiede, un’ altra dormiva in macchina davanti al Pronto Soccorso.

 Gli agorafobici escogitano sempre dei trucchetti, per esempio, se devono andare in un posto fanno un percorso magari lunghissimo, ma cercano di passare  prima da dove sta un amico, poi dal pronto soccorso, poi dalla farmacia, poi dalla casa di un altro amico, e in questo modo riescono ad arrivare a destinazione.

 Il livello sintomatologico può andare da una lieve sensazione di disagio fino alla crisi di panico vera e propria con svenimento.

 Ci sono anche degli indicatori “soft” di agorafobia che non costituiscono diagnosi, ma che spesso sono o un precursore o piccoli aspetti di accompagnamento, o anche una forma sfumata: non sopportare la cravatta, o le cose strette, la cintura in auto, viaggiare con la bottiglietta dell’ acqua, coprirsi sempre un po’ più del necessario, eccessiva sensibilità all’ aria viziata, sono tutti segni normali, ma fanno parte dello spettro della agorafobia.

 La agorafobia nella clinica segue sempre l’ attacco di panico, con un ritardo che può essere di giorni, settimane o anche anni;  a volte con la remissione del panico recede anche la agorafobia, a volte la agorafobia continua anche se gli attacchi di panico non ci sono più.

 Ipocondria

La maggior parte dei paz sviluppa una particolare attenzione verso le proprie sensazioni corporee; i sintomi del panico sono gli stessi della fatica fisica , ed allora chi ha avuto il panico, è terrorizzato dall’ idea di riaverlo, e tende ad interpretare tutte le sensazioni fisiche come possibili annunciatori del panico, scambia per panico certi sintomi normali, come il batticuore dopo aver corso per prendere l’ autobus, ed allora evita queste situazioni.

Molti pazienti non si convincono mai di non avere una malattia, e questa è l’ipocondria minor, che quasi sempre segue il panico e la agorafobia; mentre l’ ipocondria maior, che è la convinzione delirante di avere una malattia, fa parte della depressione psicotica.

 Depressione

Da alcuni è interpretata come una reale depressione, cioè una malattia depressiva che più facilmente si associa ai soggetti con panico, altri la interpretano come una demoralizzazione secondaria di fronte ad un impatto, nei confronti della libertà personale e della qualità della vita, devastante come è  quello del panico grave e della agorafobia grave.

 Distribuzione

Gli attacchi di panico, da soli o nell’ ambito del disturbo da attacchi di panico, ce l’ hanno 4-5 persone su 100, il vero e proprio disturbo di panico si ha nell’ 1-2% dei soggetti.

I familiari di primo grado hanno una probabilità 4-7 volte maggiore di sviluppare attacchi di panico, ma il 50-75% dei soggetti con panico dicono di non avere nessun altro familiare affetto; i familiari dei soggetti con panico hanno anche probabilità più elevata di avere altri disturbi, come fobie e disturbo di ansia generalizzato, disturbi dell’ umore ed alcolismo.

Quindi esiste una familiarità, quale sia e il fattore di trasmissione è sconosciuto.

Il rapporto M/F è nettamente a favore delle F, i maschi però sono più gravi;  in tutta la psichiatria i disturbi sono più spesso a carico delle donne, eccetto l’ alcolismo è l’ abuso di sostanze.

 Antecedenti

Spesso si hanno

-         Traumi

-         Iperprotezione materna

 È stato dimostrato che nei primi 15 anni di vita nei soggetti con panico si sono verificati più spesso eventi come la morte del padre o della madre, separazione continuativa dal padre o dalla madre, divorzio dei genitori, morte di un familiare convivente; se li mettiamo tutti insieme il rischio di avere uno di questi eventi nei primi 15 aa di vita è del 9% nella popolazione, 60% nei soggetti con panico e agorafobia.

Questi soggetti però, proprio a causa della familiarità, hanno una maggiore probabilità di avere un familiare affetto da un disturbo psichiatrico, e questo vuol dire vere anche maggiore probabilità di essere separato dai genitori, o che i genitori  divorzino, o andare incontro ad eventi sgradevoli; anche corretto per questa possibilità, il dato rimane comunque un dato forte.

 Naturalmente questi eventi sono molto crudi, e si può pensare facilmente che possano lasciare un segno anche a distanza, ma  possiamo analizzare  anche  gli aspetti più fini del rapporto genitori-figli nei primi anni di vita, attraverso un questionario che ci permette di misurare il livello di protezione, “ controllo” e il livello di “cura”, cioè accudimento e calore umano; i soggetti con panico hanno spesso ipercontrollo, intendendo come tale sia dire “torna presto stasera” fino al controllare le telefonate:; l’ obiezione che si può fare è che questi soggetti, essendo disturbati oggi, retrospettivamente possono tendere a dare più peso a certi eventi; allora si è pensato di interrogare direttamente le madri di soggetti con panico, chiedendo loro le abitudini e le loro credenze su come si deve allevare un figlio, e si è visto che  rispetto alle mamme normali ci sono 2 differenze: nell’ intrusività e nell’ incoraggiare scarsamente l’ indipendenza.

 Quindi noi abbiamo 3 indicatori che sembrano tutti convergere verso il fatto che effettivamente l’ infanzia dei soggetti è stata travagliata da un maggior numero di disgrazie e da un ambiente familiare in cui c’era la prevalenza dell’ ipercontrollo sulla “cura”.

 Si è dimostrato anche che l’ ansia di separazione , cioè il timore di allontanarsi dalla madre, che si presenta spesso il primo giorno di asilo o di scuola, è un precursore del panico da adulto, ed infatti l’ ansia di separazione non è altro che la forma infantile della agorafobia.

 Esistono dei tratti di personalità caratteristici di questi soggetti prima di stare male, prima che si manifesti il panico?

La maggior parte di loro dice che prima del panico erano abbastanza disinvolti e sicuri;

ci sono due possibilità, o che esistano dei tratti preesistenti che possono essere precursori o comunque fattori di rischio, un’ altra posizione è quella che dice che tutto quello che si vede nei soggetti con panico è avvenuto dopo, e non sappiamo quale delle due ipotesi sia valida.

 Nei campioni clinici il panico inizia di solito a 25 anni, e ci sono dei fattori che possono scatenare il primo attacco; l’ attacco di panico può essere indotto artificialmente in soggetti predisposti da una serie di fattori:

-         Sostanze chimiche, come il lattato di sodio; la caffeina, infatti i soggetti con panico bevono pochissimo caffè; le colecistochinine,; l’ aria arricchita di CO2 , infatti è anche per questo che loro sono più sensibili ai luoghi chiusi, c’è una teoria secondo cui il punto di partenza del panico sarebbe una ipersensibilità dei chemocettori per la CO2, oggi però non è più molto in voga

-         Esercizio fisico, che tra l’ altro produce lattato

-         Eventi stressanti : nei soggetti con panico il livello di stress nei 2 mesi ma soprattutto nel mese precedente l’ attacco di panico hanno un’ impennata molto brusca, gli eventi stressanti sono intesi come disgrazie, cioè morte di parenti, malattie gravi, ecc.

Teorie sull’ origine del panico

Klein: secondo lui le persone colpite dal panico erano persone che stavano bene e che poi ad un certo momento avevano la prima crisi, che giustificava tutto quanto, la crisi di panico secondo lui era un evento puramente biologico, cerebrale, come una crisi epilettica focale in un’ area particolare.

Roth: anche se il primo attacco di solito si sviluppa “a ciel sereno”, una investigazione più dettagliata rivela comunque che il repertorio complesso di fenomeni, comportamenti, evitamenti e dipendenze, non è del tutto senza precedenti.

G. Fava: il 90% dei pazienti già aveva piccoli segni prima del panico, e questi segni sono quelli detti prima, l’ intolleranza alla cravatta, la maggiore sensibilità ai luoghi chiusi…

 Il primo attacco di panico nei pazienti con agorafobia insorge nel 92% dei casi in luoghi pubblici, o comunque in quei luoghi che successivamente saranno evitati; considerando i pazienti con panico sia con che senza agorafobia, la percentuale è molto più bassa;

 Teoria dell’ attacco di panico su base evolutiva:

Secondo questa teoria la agorafobia è un fenomeno normale, è quello che protegge per esempio gli animali dai loro predatori,

si ha anche nel bambino, è la attenuazione normale di un eccesso di esplorazione che potrebbe essere pericoloso, ma con la maturazione dovrebbe essere inibito dai centri superiori; rimangono comunque delle situazioni che possono provocare una sensazione di fastidio, anche se non l’ evitamento, anche nel soggetto normale, come il trovarsi da soli su un treno fermo in mezzo alla campagna, o una traversata in barca di notte, in chi è predisposto è facile che il primo attacco si abbia in questi momenti.

 Dopo il primo attacco la probabilità di miglioramento è piuttosto elevata con trattamento, circa il 70%, il 40% dei casi guariscono, intendendo come guarigione nessun sintomo e nessun trattamento, il problema è che la probabilità di rimanere indenni da ricadute via via si attenua, è facile migliorare e anche guarire, ma è anche facile ricadere, quindi il percorso e vario e alternante: il recupero pieno si ha nel 12-31%; decorso cronico in una percentuale simile; il grosso della casistica ha una guarigione con sequele: la maggior parte dopo la terapia riescono ad andare in autostrada magari facendosi accompagnare, non vanno volentieri al cinema o a teatro, ma se ci devono andare si siedono vicino all’ uscita; altri guariscono completamente ma poi ricadono; in altri si ha un aumento netto dell’ ansia, diventano ipocondriaci, o fobici.

 È importante sottolineare che c’è una netta differenza nella prognosi a seconda che il primo intervento efficace sia fatto presto o tardi: se il paziente è stato male per più di 2 anni, le probabilità di miglioramento sono molto basse.

 Trattamento

Deve essere  fatto con certi antidepressivi, non con tranquillanti, le benzodiazepine funzionano all’ inizio, ma danno dipendenza e abitudine, sono infatti i farmaci con la più elevata tachifilassi.

Gli antidepressivi funzionano dopo circa 2 settimane, durante le quali può peggiorare, e questo è un problema perché un soggetto con il panico prima di tutto dice di essere contrario ai farmaci, non si fida, e poi se prova a prendere la pasticca sta peggio, perché loro hanno una reale ipereattività a gran parte degli antidepressivi.

È molto difficile riuscire a curarli, ma si devono convincere: anche se i farmaci fanno male, ed è vero, di fronte alla qualità di vita che può avere un soggetto con panico o agorafobia grave, non c’è dubbio che valga la pena scegliere il “male minore” e quindi instaurare il trattamento; inoltre gli antidepressivi non danno dipendenza , non sono mai farmaci di abuso; non è neanche vero che agiscono sul sintomo e non sulla malattia: se infatti mettiamo a confronto un farmaco sintomatico come la aspirina, e uno che cura la malattia, come un antibiotico:

 Aspirina: agisce dopo poco tempo dalla sua assunzione; se io interrompo il trattamento il sintomo ritorna; il decorso naturale della malattia non è influenzato

 Antibiotico: agisce dopo giorni; alla sospensione la malattia non torna; influenza il decorso naturale della malattia

 

Lo stesso discorso può essere fatto mettendo le benzodiazepine al posto dell’ aspirina e gli antidepressivi al posto dell’ antibiotico.

 Conseguenze a lungo termine del panico

·        Aumento della mortalità (in parte per suicidio, in parte per aumentata incidenza di malattie cardiovascolari)

·        Aumento della morbilità

·        Aumentata incidenza di suicidio (fino a 30 volte), che però sembra più legato alla depressione, che frequentemente ha comorbidità, che al panico in se stesso

·        Peggioramento della qualità del matrimonio (spesso separazioni)

·        Peggioramento delle condizioni economiche (non vanno a lavorare)

 Cause del panico

Hanno un ruolo sia fattori socio-ambientali, familiari, ma esistono anche delle anomalie cerebrali, cambiamenti dell’ EEG, alla RMN, PET.

·        PET: cambiamenti regionali sia nel consumo di O2 che di glucosio, soprattutto nella zona para-ippocampale

·        EEG: si hanno alterazioni della bilancia simpato-vagale misurabili con il tilt-table (ortostatismo passivo, con il lettino che si alza, che quindi non è causa di stress)

·        Flusso della arteria cerebrale media misurato in soggetti con panico e in soggetti normali: quando il lettino si alza nei normali non si hanno cambiamenti, in quelli con panico si ha la caduta; questo fenomeno è specifico intracerebrale, la frequenza cardiaca e la P arteriosa non cambiano

 Questi dati fanno pensare che tra i fattori  all’ origine del panico ci possa essere una disregolazione della microcircolazione cerebrale, puramente funzionale.

 Quindi tre interpretazioni:

    1.      Panico come disturbo puramente biologico, disregolazione di qualcosa nel cervello (ipotesi non molto convincente)

  1. Origine psicologica:  il panico è una manifestazione della paura; ma anche questa ipotesi non regge, l’ attacco di panico precede sempre le fobie
  2. Il punto di partenza è una vulnerabilità biologica ereditaria, che quindi si ha nei figli che nei genitori, e allora nello sviluppo si deve sviluppare una serie di eventi, che è legata proprio al fatto che i genitori hanno questa caratteristica specifica

 Secondo questa teoria  quindi i genitori interferiscono sia nella procreazione che nell’ interferenza con lo sviluppo; questa interferenza avviene sia tramite la possibile psicopatologia, cioè per il fatto che i genitori hanno un maggior rischio di essere affetti dalla stessa forma,  sia perché hanno un temperamento (il temperamento è la parte più biologica della personalità, quella “di base”), che modifica l’ ambiente familiare, e va ad influire nel figlio tra la parte più ereditaria del  temperamento e quella più integrata della personalità.

Per cui avremo dei bambini con una vulnerabilità maggiore, sia biologica che psicologica.

 Ammettiamo che la ereditarietà sia la disreattività autonomica: da parte dei familiari ci sarà un temperamento ansioso, che dà luogo a un tipo di accudimento ansioso ( iperprotezione) e anche ad una maggiore probabilità di avere disturbi traumatici nell’ infanzia (separazioni dai genitori, divorzio…); qui inizia un circolo vizioso: il bambino è già insicuro, meno è incoraggiato a sperimentare meno diventerà sicuro,e se uno è insicuro manca di autoconfidenza, e deve vicariare la sua insicurezza attraverso lo scanning ambientale (sta più attento), ha un eccesso di controllo;

se ad un certo momento a questo soggetto o avviene una disgrazia, o è stimolato con caffeina, o ha un lieve malessere quando è solo in autostrada, dà a questi eventi un significato maggiore perché è più preoccupato, e allora si innesca un altro circolo vizioso: l’ ansia porta alla interpretazione catastrofica, che aumenta i sintomi somatici  (per la disreattività autonomica) che a sua volta fanno aumentare l’ ansia, e così via, e questo porta alla grande crisi di panico.

Nel soggetto predisposto la crisi di panico non si spegne lì, ma provoca la distruzione di quello che negli anni precedenti era il compromesso accettabile per vivere, cioè la capacità di controllare;  la crisi di panico dimostra che questa capacità di controllo non è valida: a questo punto allora si scatena l’ ansia anticipatoria (la paura di avere di nuovo il panico) , l’attentional bias (eccessiva attenzione verso le proprie sensazioni), e quindi all’ abbassamento della soglia del panico.

 Questo modello è accettabile, spiega bene tutti i fenomeni conosciuti, e soprattutto è comprensibile dal paziente, per cui ci si può lavorare sopra, il fine è quello di riuscire a rompere almeno uno dei circoli viziosi che si instaurano; il fine della terapia non è quello di far scomparire completamente gli attacchi di panico, ma far  sì che i sintomi non condizionino e non stravolgano la vita del paziente e la sua libertà, il paziente non deve più essere terrorizzato dal suo sintomo.

                                   HP | Medicina | Musica | Chitarra | Effetti | Supergruppos | Discussioni | Contattateci
Ultimo aggiornamento: 14-10-06.