Il mito di Chimera

Chimera Suo padre fu Tifone, il cui corpo gigantesco culminava in cento teste di drago. Giace relegato sotto una delle isole vulcaniche della nostra terra (Ischia o la Sicilia), ancora fremente della rabbia che lo porto' un giorno lontano a sfidare gli dei, a cacciarli dall'Olimpo ed a ferire Zeus. Sua madre fu Echidna, la vipera, per meta' donna bellissima e per meta' orribile serpente maculato. Viveva in un antro delle terre di Lidia, cibandosi della carne degli sventurati viaggiatori. Chimera e' solo uno degli esseri mostruosi generati da Tifone ed Echidna. Suoi fratelli furono Cerbero, cane infernale dalle tre teste, la famosa Idra uccisa da Eracle, e Ortro feroce cane a due teste guardiano delle mandrie del gigante Gerione. Chimera e' la personificazione della Tempesta, la sua voce e' il tuono. Molte e diverse sono le rappresentazioni iconografiche del mostro leggendario. Probabilmente ad Esiodo (Teogonia) si ispiro' l'artista che la raffiguro' a Cerveteri con tre teste frontali, le cui due laterali di leone e di drago e la centrale di capra. All'Iliade invece sembra ispirato l'artefice della Chimera di Arezzo, leone davanti, capra sul dorso e serpente dietro. "Lion la testa, il petto capra, e drago la coda; e dalla bocca orrende vampe vomitava di foco ... (Iliade, VI, 223-225 trad.V.Monti) Il mito di Chimera Chimera fu allevata dal re Amissodore e per lunghi anni terrorizzo' le coste dell' attuale Turchia, seminando distruzioni e pestilenze. Fu Bellerofonte, eroe da molti ritenuto figlio del dio Poseidone, a fermare le scorribande del mitico mostro. Con l'aiuto di Pegaso Bellerofonte riusci a sconfiggere Chimera con le sue stesse, terribili, armi, infatti "...non c'era freccia o lancia che avrebbe presto potuto ucciderla." 1 Allora Bellerofonte immerse la punta del giavellotto nelle fauci della belva, il fuoco che ne usciva sciolse il piombo che uccise l'animale. Come gia' aveva fatto Perseo con Medusa, anche Bellerofonte abilmente seppe sconfiggere la creatura facendo si' che la sua forza si ritorcesse contro di lei. La Chimera d'Arezzo Capolavoro in bronzo della scultura etrusca (V-IV sec.a.C.). Fu scoperta nel 1553 nelle campagne di Arezzo e restaurata da Benvenuto Cellini, fu conservata per un periodo in Palazzo Vecchio dove Cosimo I dei Medici la volle accanto al proprio trono, fu poi spostata nella villa medicea di Castello perche' la sua presenza in Palazzo Vecchio era ritenuta funesta. L'originale e' adesso conservato al Museo Archeologico di Firenze mentre sono visibili due copie bronzee leggermente piu' grandi, collocate nella prima meta' di questo secolo ad ornare le due fontane in piazza della Stazione ad Arezzo. "Khimaira" Chimera prende il nome dalla caratteristica che la diversifica dai genitori, la testa di capra infatti non trova riscontro ne' in Tifone ne' in Echidna e ne diviene cosi' tratto peculiare. "Infatti Chimera, in greco Khimaira, significa capra"2. E "la capra e' ...il piu' selvatico tra i domestici e il piu' domestico tra gli animali selvatici." Ed e' in quest'ottica che si indicano tre significati simboleggiati da Chimera: il leone e' la forza, il calore e quindi l'estate; il serpente e' la terra, l'oscurita' e quindi l'inverno, la vecchiaia; la capra e' il passaggio, la transizione e quindi autunno e primavera. E sempre in quest'ottica si legge la dedica a Tinia, il mutevole Giove etrusco, iscritta sulla zampa anteriore destra della Chimera. "Non sia da meravigliarsi quindi che al sommo dio degli etruschi, principio cangiante di ogni cosa, venisse dedicata la multiaspetto velocissima Chimera".3 1 - F.Fabbroni, "La Chimera", Arezzo, 1998 p.8 2 - F.Fabbroni, "La Chimera", Arezzo, 1998 p.5 3 - F.Fabbroni, "La Chimera", Arezzo, 1998 p.14