Chi troppo vuole nulla stringe

“ALFREDO QUARTA” e “CARMINE COLAZZO” Erano degli ottimi amici, e siccome in quel periodo le loro condizioni economiche erano un po’ disastrate, entrambi contadini, decisero di tentare la fortuna, piantando pomodori verso un podere conosciuto con il nome di Arneo, il ricavato poi di tale coltivazione, lo avrebbero diviso a metà. I pomodori sotto le cure dei due coltivatori, crebbero sani e robusti e una volta maturi, i due amici si prepararono alla raccolta e alla vendita del prodotto. Carmine Colazzo aveva sentito dire che i pomodori a Napoli venivano quotati molto di più rispetto al loro paese, così decise di comprare anche la metà dei pomodori che spettavano ad Alfredo Quarta, per poi portare l’intera partita a Napoli con un camioncino che era di proprietà di un certo Cosimino Romano il quale lo accompagnò nel lungo viaggio. I progetti di Carmine Colazzo che aveva sperato in un grosso ricavato dalla vendita del suo prodotto, crollarono proprio quando giunsero a Napoli, poiché constatò che di pomodori ve ne erano un’infinità, e con grande amarezza, Carmine, dovette venderli a basso costo, data l’elevata concorrenza e anche perché non voleva ritornare in paese senza averli venduti per non fare una brutta figura con chi era a conoscenza del suo viaggio, anzi per aumentare il ricavato dato che a Napoli vi erano grandi coltivazioni di cocomeri, decisero di comprarne un bel po’ per poi rivenderli durante la strada del ritorno. Intanto i giorni trascorrevano e i due amici cercavano impazienti di vendere i loro cocomeri, anche perché con il passare del tempo essi diventavano sempre più vecchi perdendo la loro consistenza e durezza, fino a quando, ormai flaccidi come una gomma da masticare, ai due venditori non rimase che buttarli via poiché nessuno poteva comprarli. Rassegnati per la grande perdita e un po’ affamati, dopo tutto quel peregrinare, decisero di fermarsi ad una trattoria che era poco distante dal punto in cui si trovavano. Entrati nel locale, ad accoglierli, vi fu una signora padrona della trattoria, che dopo averli fatti accomodare, chiese loro cosa volessero mangiare. All’epoca i legumi erano i primi piatti per eccellenza anche perché la carne scarseggiava, ma Carmine e Cosimo decisero di ordinare due pietanze di carne. La padrona della trattoria servì così loro del pane, del vino, acqua e due bei pezzettini di carne a ciascuno. I due, data la fame, mangiarono con avidità, e dopo aver finito, chiesero il conto. La signora disse loro un prezzo che equiparato ad oggi potrebbe corrispondere alle nostre duecentomilalire. Quando i due clienti sentirono questa cifra astronomica che superava quasi l’intero guadagno dei pomodori, arrabbiati chiesero delle spiegazioni. La signora del locale rispose che il conto non era per niente esagerato, dato che quello che avevano mangiato era un piccolo cane di solo quattro mesi la cui carne era molto tenera e quindi assai costosa. Quando Cosimo e Carmine sentirono che avevano mangiato un cucciolo di cane, con disgusto si voltarono verso la signora e le dissero sbalorditi: “Come! Come! ci avete dato da mangiare un cane?”. Ella rispose loro: “Perché, cosa credevate che vi portassi della carne di vitello!”. Quindi i due poveri sventurati non solo arrivarono al loro paese senza aver guadagnato una lira, ma anche con una grande fame poiché’ dopo aver saputo quello che avevano mangiato, lo rigettarono.

RACCONTO DI QUARTA ANTONIO DI ANNI 63 (Residente a Veglie alla Via Liguria) DATA 14 aprile 1998