La contessina di Tiglietto

A Tiglietto una volta c'erano le case, il fienile e la stalla del "conte". La casa ora è diroccata, ma sopra ad una pietra si può ancora leggere la data dell'anno in cui fu costruita "1691". La stalla ed il fienile ci sono ancora e se voi andate a Tiglietto potete vederli. Il Conte apparteneva alla famiglia dei Valperga. Quando era giovane abitava a Pont. I suoi genitori erano padroni della torre ed egli passava una bella vita. Aveva un bel cavallo,era sempre ben vestito e la sua più grande preoccupazione era quella di trovare come trascorrere il tempo. Un giorno mentre passeggiava per le vie del paese incontrò una ragazza. Ella era una meraviglia! Aveva gli occhi blu, lunghe trecce bionde ed un corpo che sembrava modellato da uno scultore. Il conte non aveva mai visto una simile bellezza. Si avvicinò e domandò alla ragazza da dove venisse. La giovane era intimorita! Era timida ed era arrossita a sentirsi rivolgere la parola da un conte. Avrebbe voluto sprofondare sotto terra, ma il giovane aspettava una risposta e bisognava tirare fuori la voce. La ragazza si fece coraggio e disse che era di Tiglietto e che era venuta a Pont per comprare della roba. Il conte le parlava con gentilezza e voleva sapere quando sarebbe ritornata. Così si dettero appuntamento per la prossima volta. Tutti i mesi si incontravano allo stesso posto ed il giovane era sempre più innamorato della ragazza di Tiglietto. Egli incontrava contesse e damigelle, ma non le guardava neanche. Il suo cuore era tutto per la bella ragazza di Tiglietto. Era deciso a sposarla e a presentarla a suo padre e a sua madre. Così un bel giorno ne parlò in famiglia. Suo padre salì su tutte furie e fece tante di quelle urla che lo sentirono dalla piazza. Come, suo figlio, il più bel conte del Canavese, voleva sposare una poveraccia senza titoli e senza dote! Non era possibile! Piuttosto lo avrebbe ucciso con le sue mani! Il giovane lo lasciò parlare, ma non cambiò idea. Allora il padre lo fece chiudere in una camera e lo tenne in prigione. Alla fine però dovette liberarlo, perché era sempre suo figlio e non poteva poi neanche ucciderlo davvero. Il giovane appena ebbe la possibilità, scappò. Si rifugiò a Tiglietto insieme alla sua fidanzata. La sposò ed era più contento di un re. Avevano le mucche, le capre, le pecore, zappavano i campi di patate, avevano il loro orto e non gli mancava proprio niente. Nessuno era più felice di quei due sposi! Un bel giorno ebbero una bambina. La piccola sembrava tutta alla madre: i capelli biondi, gli occhi blu e la pelle bianca come il latte. Più cresceva più diventava bella! A sedici anni era ormai una ragazza. Quando suo padre l'accompagnava a Messa, tutti i ragazzi si voltavano a guardarla. La madre era un po' ammalata ed usciva poco perciò raccomandava al marito di non lasciare mai sola la ragazza che era così bella, perché avrebbe potuto succederle qualunque cosa. Perciò la tenevano sotto controllo, e ogni volta che oltrepassava la porta di casa, suo padre le andava dietro. Per la strada di Tiglietto c'era una piazza in cui facevano il carbone. I carbonai vedevano sempre passare il conte e la figlia che andavano a Ronco. Uno di loro si era innamorato della contessina. Era un bel ragazzo, grande e grosso! Tutte le volte che vedeva la ragazza la fissava e, con lo sguardo, cercava di farle capire i suoi sentimenti. La contessina si era accorta del carbonaio che la guardava sempre e quel giovane le piaceva. Anche se era tutto sporco, aveva un bel sorriso ed un viso normale. Inoltre sembrava bravo e gentile. La forza non gli mancava e avrebbe potuto difendere la contessina da ogni pericolo! Un giorno il carbonaio si fece coraggio. Fermò il conte e gli disse: Io sono di Bogera! Non sono ricco, ma ho voglia di lavorare e posso mantenere la ragazza! Se me lo permettete vorrei sposare vostra figlia. Io le voglio bene e vi prometto che la tratterò come una regina!. Il conte ci pensò un po' e poi rispose: Non è che io voglia offenderti! Tu sei senz'altro un ragazzo per bene! Mia figlia è però troppo giovane e per il momento io non la dò a nessuno. E tanto delicata e ha bisogno di ogni cura. Tu sei un carbonaio e con le tue mani nere non ci metti molto a rovinarle la pelle! Aspetta ancora qualche anno e poi vedremo. Se anche lei ti vorrà, potrai prenderla! Ora lei è ancora troppo innocente ed è meglio lasciarla stare!. Il giovane non era molto contento della risposta avuta: quando ci si vuole bene, non si ha voglia di aspettare! Anche la ragazza avrebbe voluto fidanzarsi con il carbonaio che le piaceva proprio tanto. Così, come capita tante volte, cominciarono ad incontrarsi di nascosto, senza che il conte lo sapesse. La ragazza andava a pascolare le pecore nei prati sotto a Colmetto e faceva dei segnali al carbonaio, che da Bogera la vedeva, e faceva sempre attenzione ai suoi richiami. Poi partiva di corsa per andare a trovarla. Si incontravano sotto un masso che ancora oggi quelli di Tiglietto chiamano pietra dell'amore. La storia durava già da un po' di tempo e la gente incominciava a chiacchierare, ma a casa della ragazza non si erano accorti di nulla. Un giorno il conte diventò ammalato ed in breve tempo morì, così lasciò le due donne da sole. La mamma era sempre più coricata e non poteva muoversi di casa. Così era compito della ragazza occuparsi di tutte le cose. Tutte le domeniche andava a Ronco a Messa ed intanto faceva la spesa. Ora che non c'era più suo padre a proteggerla i ragazzi incominciavano a farsi avanti: le dicevano parole scherzose, le facevano complimenti e la invitavano al ballo. La ragazza cercava sempre di essere seria e di comportarsi come le diceva la madre, ma man mano che il tempo passava i ragazzi avevano sempre più confidenza con lei e non avevano più nessuna timidezza e nessun riguardo. Un bel giorno sei o sette ragazzi di Fatinera, più prepotenti degli altri, la obbligarono ad andare al loro paese e la tennero prigioniera, ma non osavano farle del male. Quando si venne a conoscenza del fatto i frati di Convento andarono a liberarla. Da allora, però, la povera ragazza non poteva più vivere tranquillamente: se andava a Ronco, la rapivano quelli di Fatinera ed i frati dovevano sempre andare a liberarla, se andava a Pont la rapivano quelli della "torre" e doveva partire prete per andare a cercarla. Era una vita che non poteva più continuare. In più la poveretta era addolorata e piangeva giorno e notte perché il suo carbonaio non faceva nulla per difenderla. Eppure era un uomo forte: grande e grosso. Da un po' di tempo non si faceva più vedere. Ella andava sempre giù al monte dell'amore, gli faceva dei segnali, ma il giovane non si presentava più. Egli credeva che qualcuno le avesse fatto del male e non fosse più una ragazza per bene. Invece la povera contessina non l'aveva mai tradito e nessuno aveva mai osato approfittare di lei poiché i frati e il prete la proteggevano. Sua madre però aveva una bella croce. Tutte le volte che doveva mandarla da qualche parte le veniva già male prima. E viveva solo più con il cuore spaventato. Una notte che la ragazza ritardava a tornare a casa, ella era talmente disperata che si mise a pregare la Madonna: "Oh Santa Vergine del cielo, fammi la grazia di prendere con te questa ragazza. Perché il Signore ha voluto crearla così bella? Non vedi? Tutti la tormentano! Io non posso più fare una vita così! Se tu mi fai la grazia di prendertela con te nel cielo io cercherò di alzarmi da questo letto e andrò fino a Colmetto cantando le tue Litanie!". Pochi giorni dopo la contessina si ammalò e morì. La madre ricordando il voto fatto alla Madonna provò ad alzarsi dal letto e ad incamminarsi verso Colmetto pregando, ma le forze l'abbandonarono ed ella morì per la strada. Intanto il carbonaio aveva conosciuto una ragazza di Convento e tutte le sere andava a trovarla. Quando passava sul ponte del Crest gli sembrava di vedere un velo bianco, gettato sulla strada. Cercava di andargli vicino ma il velo spariva in poco tempo. Dopo un po' di tempo il giovane si era fidanzato con la ragazza di Convento. Avevano fissato la data del matrimonio e la sera prima delle nozze andava di nuovo su a trovare la ragazza. Ma quando giunse al ponte del Crest, vide di nuovo il famoso velo bianco. Egli guardò bene e gli sembrò di vedere la figura della bella Contessina. Quando la vide non osò più muoversi ed era tutto tremolante. Cercò di farsi coraggio e disse: "Non farmi stare in pena! Se tu sei la contessina dimmi cosa vuoi da me!". L'ombra gli rispose: "Voglio che tu non ti sposi! Giurami di volermi bene per tutta la vita! Io ho mantenuto la mia parola e sono morta innocente come tu mi hai conosciuta! Tu non puoi sposare un'altra ragazza! Domani sarai il mio sposo!". Dicendo queste parole il velo si alzò verso il cielo e scomparve. Il povero carbonaio fuggì di corsa verso la casa della sua fidanzata e quando arrivò non aveva più fiato per la corsa che aveva fatto. Si sedette su una sedia e voleva raccontare tutto ma le parole non gli uscivano dalla bocca. Era pallido come un morto e tremava come una foglia. Provarono a dargli del caffè, della grappa, ma non gli passava. Dopo un po' cadde per terra tutto irrigidito: era già morto! Così invece di festeggiare le nozze, fecero il funerale e il carbonaio si riunì alla sua contessina.

(N.B. La storia è stata raccontata dalla signora Costa Maddalena di Tiglietto).