Gagliaudo e l'imperatore Federico I detto il Barbarossa

Intorno all'assedio posto da Federico I ad Alessandria negli anni 1174 - 1175, sorsero tra il popolo varie tradizioni, le quali finirono per comporre una storia dell'assedio ben diversa dalla vera. I fatti storici fanno riferimento alla quinta discesa in Italia dell'imperatore Federico I, che, dopo aver sottomesso Susa e Asti, si accampò attorno ad Alessandria, confidando di entrarne in possesso in poco tempo, giacché era sorta solo sei anni prima. La città, sorta sugli aneliti di libertà della Lega Lombarda, aveva molti nemici: Pavia ne temeva l'espansione, il Marchese del Monferrato voleva tornare in possesso di quei territori e l'imperatore era deciso a distruggerla per eliminare uno dei simboli della rivolta della Lega contro l'impero. I fatti decisivi si svolsero durante il periodo di Pasqua: il Barbarossa temendo di essere chiuso tra l'esercito degli assediati e l'esercito della Lega, che stava arrivando in soccorso della città, tentò di ottenere il successo per mezzo di un tradimento. Stipulò una tregua con gli Alessandrini valevole per i tre giorni santi della Pasqua, ma usò questo tempo per far scavare un tunnel che sbucava dentro la città. Nella notte del venerdì santo tentò la sortita, ma le sentinelle riuscirono ad avvertire in tempo la popolazione: fu sventato l'attacco proditorio e, anzi, gli Alessandrini spalancarono la città e attaccarono l'esercito nemico, che si disperse per le campagne, ponendo così fine alle mire dell'imperatore. Questa la storia vera, che va d'accordo con la tradizione sino al punto in cui la città, soffrendo per mancanza di viveri, era decisa a cercare una salvezza solo col proprio valore. Ed ecco che, mentre gli Alessandrini si apprestavano all'ultimo sacrificio, arriva a portare il suo aiuto un uomo del popolo, vecchio d'anni e di senno, di nome Gagliaudo, che ideò uno stratagemma per confondere il nemico. Una mattina uscì dalla città assediata e si diresse verso il campo nemico, facendo finta di condurre al pascolo l'unica mucca rimastagli, ben foraggiata di tutte le granaglie che era riuscito a trovare in città. I nemici, non appena lo scoprirono, lo catturarono e uccisero la bestia, ma alla vista di quanto era nutrita ne furono tanto meravigliati, che riferirono la cosa all'imperatore. Questi interrogò Gagliaudo, che fu ben felice di raccontare come la città fosse fornita di viveri sufficienti per resistere ancora parecchi mesi. Federico, che in questa storiella "di parte" appare abbastanza sciocco, disperando di conquistare Alessandria si ritirò. Così la città fu salva, senza lottare, grazie all'astuzia di Gagliaudo. Ad Alessandria, sulla facciata del duomo, all'angolo con la via che costeggia l'edificio, vi è un'antica cariatide medioevale, che la tradizione identifica con Gagliaudo. All'inizio del Novecento si sparse la voce, probabilmente uno scherzo ben architettato, che la statua era stata vista muoversi e addirittura urlare nelle notti di luna piena. Versione tratta da: Giovanni Japichino, Il libro della Croce, studi ed analisi, 1888. Ulteriori integrazioni da: Renzo Rossotti, Piemonte magico e misterioso, Newton Compton Editori.