La notte del 2 Novembre
Da parecchio è suonata l'ora di notte. Ma la campana mezzana
continua a piangere in modo che i vivi si accorgano che in mezzo a loro ci sono
i morti. I ritardatari portano in chiesa i frutti della terra per il "messone".
Il grano nella Cappella dell'Addolorata, il granone in quella di S.Michele e
i legumi nella Cappella del Purgatorio… Tra i banchi "Vièsù" e "Cuore di Gesù"
cantano "Liberamedomine" a raffiche. In casa solo nonna veglia. Dall'armadio
a muro della cucina ha tirato il "parato" di lino, il servizio di porcellana,
le posate d'acciaio e i bicchieri di cristallo. Poi, sacerdotessa di un rito
che si ripete ogni anno, apparecchia per dodici. Nell'intenzione: per tutti
gli ospiti che verranno. (Non sono dodici le tribù d'Israele?) Non ci manca
nulla, sulla tavola. I piatti, i bicchieri, le posate, i tovaglioli… Nell'angolo
più vicino "a la cimminièra" "a pègliòl' ki cavatièll(e)", "u Karréfèll' cu
vin'", "a pègnott' du pan'", il coltello con il manico di corno di bue, ricordo,
della buon anima. Riempie d'acqua il paiolo e lo appende alla catena del camino.
Scopa davanti alla porta di casa. Infila la chiave nella serratura del portone.
Lo chiude, ma non mena il catennaccio. Torna in cucina… Fissa a lungo la tavola
e comincia a far discorsi che non hanno senso. Ma è tutto vero. Il tempo scorre
e le stelle cambiano di posto. L'orologio della piazza batte le undici. - Mamma
mia! Se vuole che gli antenati, a mezzanotte, scendendo dal cimitero per recarsi
in chiesa, entrino, è necessario che vada a letto e prenda sonno. Per una volta,
nell'anno, le parti vengono scambiate: " I Vivi dormono, i morti vegliano ".
La memoria è un orto dove le frutta non si guastano e, anzi, più il tempo passa
e più il sole le bronza e le profuma.
Testo: Giuseppantonio Cristofaro