Primula - Leggenda Di Primolo

Riportiamo la leggenda dell' amore di Guglielmo di Tarasp e di Mina, nella versione che ne da' L' Urangia Tazzoli nel vol III de "La Contea di Bormio". Si tratta di una versione molto abbreviata rispetto al lungo racconto che ne fece Ezio Flori nel 1924 sulle colonne de "La Letture", il mensile culturale del corriere della Sera. Flori fu colui che nel Novecento rilancio' questa mitica leggenda avendola raccolta, per cosi' dire, dalle labbra popolari. "Ci fu un tempo un conte di Tarasp, signore di Engadina che voleva sposare al proprio figlio Guglielmo la vedova Edda Kofer, castellana di Guadavalle, donna reputata strega ed incolpata di assassinio del proprio marito. Si ribella naturalnente Guglielmo e fugge le ire e le prepotenze paerne. Risale l' Engadina e giunge a Zuotz. Quivi e' incerto sfuggire la valle dell' Inn, troppo battuta, e cercare scampo pel passo di Cassana nel vicino Livignasco e Bormiese se risalire detta valle sino al Maloia e cercare salvezza in quel di Chiavenna. La stanchezza grande e la maggiore facilita' del cammino inducono Guglielmo, malgrado la maggiore vicinanza del Livignasco, a proseguire pel ;aloia da dove pel passo del Muretto ( piu' facile e pront scampo) si scende in Valtellina a Chiareggio in val Malenco. Quivi il giovane conre di Tarasp incontra Mina bionda e delicata figlia di un montanaro che fra quelle balze viveva solitaria una vita piena di sogni. In breve fra Guglielmo e Mina si intreccia l' idillio d' amore. Passano i mesi: il conte padre si ammala di dolore per la scomparsa dell' unico figlio. La notizia viene riportata a Guglielmp che, preso da rimorso, dopo giurata promessa di ritoro lascia Mina e scende pel Muretto a Tarasp ove indugia piu' del previsto. Mina si tormenta nella lunga attesa: passan settimane ne' dal Muretto ricompare il suo amore. Disperata un giormo si ritira sotto un vecchio pino, incrocia le braccia, sorride e muore.Il padre ed i valligiani trovano attorno alla bionda testa una fiorita di violette e di primule e disciolta la neve all' ingiro pel calore di quel grande affetto! Cosi' Mina, narra la leggenda divenne primula e, per lei, sorse una cappelletta in onore alla vergine poi una chiesa, ed attorno, il paese di Primolo che tuttora porta questo nome in val Malenco. Qual'e' il significato della leggenda? Lo ha spiegato lo stesso Urangia Tazzoli in una comunicazione:" Il carattere italico delle leggende amorose ed eroiche delle alti valli dell'Adda., tenuta al IV Congresso popolare di arti e tradizioni popolari di Trento nel 1934: " la trasformazione di Mina in primula nella fatale amorosa passione di Guglieimo Conte di Tarasp rientra nel motivo popolare della trasformazione delle anime i fiori di cui ci riporta squisiti esempi ancora il Wolf nelle leggende ladine dei pastore, Ciompo di Val Tavignolo cangiato in miosolide e dei guerrieri morti in guerra dė Vai Logorni tramutati in azzurri fiori ". Dal vivo amore di Pizzo Scalino e Valmalenco nacque una fanciulla e fu chiamata Chiesa. E poiche' Dio benedice con poesia di nuove creature gli amori costanti, ecco ancora S. Maria che, crescendo, fu poi colei che sempre ricevette gli ospiti sul limitare della casa, a tutti sorridendo, modesta nella sua serena bellezza. Poi nacque Caspoggio che rimase sempre vicino al suo babbo e chi visitare il babbo voleva, prima doveva incontrarsi col figlio, in breve passato da una fresca ed esuberante adolescenza alle baldanze ed alle chiare audacie di una giovinezza intramontabile. Ecco ancora una soave fanciulla: Lanzada, rimasta, per la quiete del suo carattere, ascosa, a vivere in semplicita' laboriosa, ricercata da coloro che amano la nature silenziose, dolcemente cullate da realizzabili sogni e da non grandi speranze. Chiesa sposo' il Mallero e nacque Primolo, uno dei piu' bei ragazzi di quella terra benedetta. Primolo, forse un po' viziato dalle eccessive cure della mamma, crebbe ricco di ambizioni e volle metter su casa per conto suo, pių in alto di quella materna, su un poggio folto di abeti dal quale poteva mirar la casa materna e salutarla a gran voce, cosi' come la mamma poteva, volgendo lo sguardo in su, vigilare il prediletto figlio. Fratello di Primolo (rivelatosi pur lui, coi tempo, ambizioso ed amante di poetiche solitudini) fu in seguito Chiareggio che preferi' andare un po' piu' lontano e vivere all'ombra dei nonni soprannominati - Disgrazia - e - Ventina ". In solitudine, sė, ma non troppo se una sera Chiareggio incontro' la Forbicina che se ne stava li' presso in ammirazione della luna che splendeva sulla cima di un monte e le chiese amore; come poteva la Forbicina, sotto quella immensa luna, non restare soggiogata dalle ardenti parole di Chiareggio? Lungo sarebbe enumerare tutte le nozze celebrate dai discendentė di Pizzo Scalino e Valmalenco: da Lanzada, sposatasi con un onesto operaio della valle a nome Lanterna, nacque, luminosa di eterni candori, la Marinella. Da Caspoggio, che sposo' la avvenente La Motta, nacque Prabello, prediletto del nonno Pizzo Scalino che se lo contemplava in continuita' come per benedirlo e proteggerlo, mistico sognatore che passava molte ore del giorno presso ai laghi della Poschiavina, cupi d'ombre violacee. Da un ramo collaterale dell'antico ceppo, i Sassersa, nacquero due gemelli, i Giumellini, che se ne scesero a valle tenendosi per mano e furono deliziosi canterini di canzoni della montagna. Inselvatichito un po' dalla volontaria solitudine, viveva sul monte il ricco zio Paių, stimato fra i saggi e tra i filosofi pių visitati di quella terra, fratello di un altro zio saggio dal quale, non potendo andar d'accordo, si era diviso da tempo: lo zio Pirola, circondato amorosamente dalla moglie a nome Guanciarosa, aspra di forme ma leggiadra di colori. - Or quando Dio vide tanta perfezione di sentimenti (solo la incompatibilitā fra lo zio Palų e lo zio Pirola faceva eccezione) e tanti sani affetti tenaci, penso' di rendere eterne le creature privilegiate e tutte trasformo' in luoghi, paesi, monti, valli e poggi d'incanto come a suggellare un vincolo, una fraternita', una bellezza che il tempo non doveva, senza commetter delitto, distruggere. (Tratto da " Esperia - - Rivista turistica delle Regioni italiane - Sondrio, Giugno-Luglio 1950, pagg. 47-48).