La sparizione del Campanile di Semogo

Che un campanile scompaia, così, come se volesse andare a collocarsi un pò lontano dalla chiesa, come un bambino che voglia staccarsi dalla mano della mamma, non è cosa di tutti i giorni. Eppure è successo. Una notte d'inverno del 1923, Remigio se ne tornava a casa piuttosto allegro, dopo essere stato all'osteria per la solita briscola con Gervasio. Era notte fonda, faceva freddo e scendeva qualche fiocco di neve. La sua casa era poco lontana dalla chiesa di Semogo, ed era ormai arrivato. Tirava un vento molto forte così pensò di ripararsi, come aveva già fatto altre volte, in attesa che la bufera passasse, nel vano della porta del campanile, che il sagrestano era solito lasciare aperto per dar rifugio a qualche malcapitato. Ma quella notte, quando arrivò lì vicino, per poco non prese un colpo. "Che mi venga un accidente, possibile che io abbia bevuto così tanto da aver perso la strada? La chiesa c'è, ma il campanile è svanito nel nulla? Possibile? Non gli saranno spuntate le gambe, spero?" E intanto andava sfregandosi le mani sugli occhi, quasi volesse liberarli da un velo, che gli offuscava la vista. Mentre pronunciava queste parole, abbassò istintivamente lo sguardo giù verso il fondovalle dove scorre il torrente Viola e vide, niente di meno che il campanile, che se ne stava lì appoggiato al pendio, attorniato da un nugolo di neri diavoli scatenati. Quello che successe poi, restò per lui una cosa oscura, e nella sua memoria restò a lungo un vuoto. Fatto sta che all'alba il sagrestano Gervasio, lo trovò mezzo congelato nella neve. "Ci mancava anche questo, andava urlando il povero sagrestano, ci hanno rubato il campanile, e adesso trovo Remigio, più morto che vivo, poveri noi!!" Finalmente Remigio cominciò a riprendere conoscenza:"E' stata una notte d'inferno, sono successe cose dell'altro mondo, ho visto i diavoli, sono stati loro a fare slittaYe il campanile giù nel torrente, povero me, cosa mi è capitato di vedere!"Passato lo spavento i due amici andarono ad informare la popolazione. Bisogna sapere che la gente di Semogo partecipava assiduamente alle funzioni religiose, la chiesa era sempre gremita. Questo dispiaceva a Belzebù e agli altri spiriti maligni, che si adoperavano in ogni modo a fare dispetti a più non posso alla gente, per sviarla da quel comportamento. Ma ogni suo sforzo fu inutile. Anzi, la gente spaventata dalle opere del diavolo aumentò ancor di più l'affluenza alle sacre funzioni. Il diavolo indispettito, aveva perfin deciso di sbarrare la porta d'ingresso della chiesa con un macigno che si trovava in un prato poco distante. I suoi tentativi furono inutili, infatti per quanti sforzi facesse, il macigno restava al suo posto; non si spostava di un millimetro e a testimonianza dei suoi tentativi rimasero sul terreno le impronte tuttora visibili dei suoi piedi. Arrabbiatissimo per il fallimento della sua impresa, Belzebù decise di far cadere il campanile, colpévole di richiamare con i rintocchi della sua campana i fedeli alla messa. Chiamò a raccolta molti spiriti del male e spiegò loro il suo piano. Scese la notte e i maligni iniziarono à spingere, con le corna piantate contro il campanile e i piedi conficcati nel terreno per restare ben saldi. "Ecco, si m~ove, gridò Belzebù, forza, ancora" e già urlavano vittoria, quando all'improvviso, sotto di loro si aprì un baratro che inghiottì Belzebù e molti dei suoi degni compari. Da allora, a quàntò. si dice, i diavoli scomparvero per sempre da Semogo. Intanto il campanile cominciò a slittare, come se scivolasse su un piano inclinato, infine si adagiò dolcemen- te, in fondo alla valle del Viola, senza riportare alcun danno. Grande fu lo stupore degli abitanti per quanto era successo, tanto che gli anziani ne parlano ancora adesso con timore.

Località: Semogo
Fonte: Morcelli Albina anni 76- Valdidentro
Sta in: B. Gualzetti - in "Rassegna Economica di Valtellina e Valchiavenna" Sondrio 1971.