Storia della Fosca
... Spesso quando la tempesta si scatenava, illuminando con tetro bagliore la selva, i valligiani vedevano scendere lentamente dal castello di Savignone una processione di spettri che si spargevano per le valli deserte e all'alba svaniva nel nulla. Re, duchi, cardinali e baroni, vestiti magnificamente, accompagnati da una atmosfera lugubre e misteriosa, avvolti nella nebbia della notte, sembravano rievocare antichi riti. E la fantasia creava così personaggi ed avventure: passaggi segreti, tesori, grandi amori e raduni di streghe...
C'era una volta, tanto tempo fa, un sovrano, nel Ducato di Milano, che si innamorò
perdutamente di una bellissima fanciulla, figlia di un conte del feudo di Savignone,
e la volle in sposa. La felicità dei protagonisti si manifestò
nell'organizzazione di uno splendido banchetto nuziale, che durò per
oltre un anno ed al quale parteciparono tutti i migliori cavalieri dei due regni.
Un brutto giorno, però, la Fosca, così era timidamente chiamata
la giovane principessa, perse il profumo delle virtù che la rendevano
angelica, tra i corrotti costumi della corte milanese, e divenne malvagia e
cattiva, tanto che il popolo del suo nuovo regno si vergognava dei suoi mondani
comportamenti. La giovane fanciulla decise fermamente di abbandonare il vetusto
regno lombardo ed iniziò a viaggiare di corte in corte, da Montova a
Venezia, lasciando in tutti i posti una triste immagine di sé.
La fama, come si sà, è simile al vento e si accresce di luogo
in luogo, di bocca in bocca, e quando giunse agli orecchi del principe era ormai
offuscata a tal punto da indurlo alla tremenda vendetta. Solo uccidendo la Fosca
ed il suo leale amante, egli avrebbe lavato la macchia recata al suo nome ed
al suo casato.
La bellissima sovrana, consapevole del suo tragico destino, decise di trovare
rifugio nella solitudine delle montagne del suo antico regno, Savignone, rifugiandosi
all'interno dell'inespugnabile castello paterno.
Alcuni giorni dopo il suo segreto arrivo, un pellegrino dalla lunga barba cadente
sul petto, coperto da un saio lacero, salì al castello e chiese, per
misericordia, che gli fosse concessa ospitalità presso la Cappella di
San Rocco, ai piedi del dirupo. Grazie alla diplomazia della giovane principessa,
gli venne offerto ricovero ed ospitalità. Ogni giorno la fanciulla si
recava dal viandante a fargli visita, intrattenendosi per lunghe e frequenti
orazioni.
In poco tempo la fama di quest'uomo, paragonata a quella di un santo, arrivò
anche nei paesi vicini. Ben presto la Fosca dovette interrompere le sue visite,
poiché intorno al castello giravano tipi sospetti, forse sicari di quel
lontano marito bramoso di vendetta.
Il pellegrino, turbato e preoccupato dalla continua assenza della fanciulla
alle loro ormai famose riunioni, decise di avere sue notizie. In una notte tetra,
dall'interno della piccola cappella si scorgeva un filo di luce, che rompeva
la monotonia dell'oscurità circostante, mentre due occhi pensierosi e
languidi cercavano invano dalle gotiche arcate del castello di lanciare un messaggio
al cielo, che dominava il profondo burrone. se un raggio di luna avesse illuminato
le cavità della voragine, si sarebbe visto un baldo giovane, abile come
uno scoiattolo, arrampicarsi lungo la parete rocciosa, afferrarsi agli sterpi,
riuscire faticosamente a raggiungere la base del verone, che poco prima era
stato malamente chiuso. Dall'alto di una torre, una fune gli veniva segretamente
calata ed in un baleno il giovane scalatore sparire all'interno di una finestra.
Il giovane era il fedele amante della fosca, che per necessità aveva
dovuto cambiare il luogo dei loro segreti incontri.
Al mattino la fanciulla sempre si affrettava a mandare le provviste al suo giovane
amico, sinché un brutto giorno i servitori non lo trovarono da nessuno
parte. Tutto il paese fu messo a ferro e fuoco, ma di lui nessuna traccia. Poco
tempo dopo venne ritrovato un giovane imberbe sfracellato in fondo al burrone
del castello, avvolto da un enorme serpente. Gli scherani del principe milanese
avevano compiuto tristemente il loro compito. L'infelice era passato in un attimo
dagli amplessi al sepolcro.
Da quel giorno la rocca prese il nome di Salto dell'Uomo. La Fosca si riconciliò
con il principe suo marito e si vendicò avvelenandolo.
La leggenda continua dicendo che in certi periodi dell'anno si notano dall'alto
della rocca due fiammelle che si agitano nel vento, volteggiando, unendosi ed
infine dividendosi, una verso la strada per il castello e l'altra per il dirupo.
Come tutti sanno le leggende possono contenere anche un fondamento di verità.
Isabella Fieschi, figlia di Carlo Fieschi, conte del feudo di Savignone, e nipote
di papa Adriano V, sposò Luchino Visconti, signore del ducato di Milano.
La storia tramanda che la fanciulla fosse realmente bellissima e le cronache
che narrano che si lasciò andare a numerose avventure amorose con i migliori
cavalieri dell'epoca, tra cui il Doge di Venezia, Francesco Dandolo, e Ugolino
Gonzaga, signore di Mantova.
La fantasia popolare identifica nelle due fiammelle le anime di due amanti,
Isabella Fieschi ed un baldo giovane, mentre nella serpe Luchino Visconti, il
cui stemma di famiglia era un enorme biscione a due teste.