Il passaggio a Savignone delle reliquie di Sant'Agostino

(Tratto da Pietro Barozzi, "Savignone: due appunti di carnet", Novinostra, n. 1, marzo 1996)
[...] Nel passato di Savignone vi è una questione storica dai riflessi enigmatici, che quasi tutte le leggende, forse adombra una realtà accaduta in un tempo particolarmente avaro di documentazioni: la vicenda di Re Liutprando. E' la leggenda del passaggio e della sosta di Liutprando, Re dei Longobardi, ipotetico fondatore di un monastero ormai da tempo scomparso.
Liutprando, proveniente da Pavia, si sarebbe fermato a Savignone per attendervi la carovana che stava trasportando da Genova le ceneri di Sant'Agostino destinate a solenne sepoltura nella, appena eretta, chiesa-convento pavese di San Pietro in Ciel d'Oro. I resti del Santo di Tagaste erano stati, per volontà e liberalità dello stesso Liutprando, sottratti a possibili profanazioni da parte dei Saraceni che stavano allora dilagando in Sardegna ove i resti stessi erano stati sepolti a Cagliari.
Del fatto si ha una precisa testimonianza da parte di Beda il Venerabile, storico inglese vissuto dal 674 al 735 e quindi contemporaneo di Liutprando, che si legge nel suo trattato De sex aetatibus mundi.
Dalle parole di Beda si può ricavare con certezza assoluta: quella della traslazione dell'urna a Pavia. Da tale certezza si possono dedurre in u ristretto lasso di tempo (722-726, a seconda dei computi) e l'approdo della galea recante l'urna non può che essere avvenuto nel porto di Genova: Liutprando dominava un territorio comprendente la costa italica da Ventimiglia alla Toscana e oltre, ed in essa Genova era la città portuale più prossima a Pavia.
Tutto il resto è leggenda: il viaggio del re incontro alle ceneri, il miracolo dell'urna, fattasi improvvisamente tanto pesante da non poter essere spostata così da indurre Liutprando a promettere in voto l'erezione di un monastero sul luogo genovese ove accadde il prodigio, l'ipotetico sbarco a Sampierdarena priva di attrezzature portuali, la sosta a Savignone con conseguente spostamento della sede del miracolo.
La fonte di tutto ciò si può forse trovare in Jacopo da Varagine il quale trasformò lo stringato racconto di Beda in un capitolo agiografico come si legge nella sua Chronica ove l'evento è spostato a dopo il 732: " Viatore, sesto vescovo, salì in cattedra attorno al 732. Al suo tempo le ossa del beato vescovo Agostino, per ordine del cristianissimo re dei Longobardi di nome Liutprando, furono trasportate da Genova alla Sardegna. Quando il re seppe che esse erano giunte a Genova, partì da Pavia e giunse a Genova. Ma quando il re volle far portare le ceneri a Pavia, esse diventarono tanto pesanti che in nessun modo i portatori poterono sollevarle. Allora il re fece voto a Sant'Agostino che, se avesse consentito che le sue reliquie potessero essere sollevate e portate a Pavia, avrebbe fatto erigere una chiesa in suo onore nel luogo presso Genova ove egli era ospitato. Fatto il voto, subito i portatori agevolmente sollevarono le ceneri e il re adempì a quanto promesso. Tuttavia non si sa dove sia tale chiesa. Alcuni dicono che sia la chiesa di san Teodoro, altri quella di san Tomaso, altri ancora dicono che si tratti del palazzo arcivescovile che si trova presso San Silvestro ove il suddetto re era stato ospitato. Così si edificò quel palazzo e la cappella di sant'Agostino che ancora vi si trova".
E' evidente che l'interesse di Jacopo da Varagine è concentrato sul miracolo. La sua sposa si fa incerta quando si tratta di collocare l'evento, ed è quanto meno strano che un arcivescovo genovese fosse all'oscuro di una così importante localizzazione. Comunque egli, premesso che l'evento prodigioso accadde presso Genova (e verrebbe fatto di pensare a Sampierdarena, ma Jacopo da Varagine non ne perla), cita due chiese dell'allora estremo suburbio di ponente (San Tommaso e San Teodoro), ma poi ripiega su San Silvestro che non era certo fuori Genova e identifica la chiesa votiva con una cappella la quale non corrisponderebbe alla chiesa-convento di Sant'Agostino risalente al 1620, ma, come afferma il Giustiniani, al convento delle suore Domenicane di Pisa, poi detto di Santa Croce.
Il nome di Savignone si lega alla leggenda attraverso una lettera che l'arcivescovo milanese Pietro Oldrado scrisse a Carlo Magno nel 795: in essa si dice che il miracolo avvenne apud praedium quod dicitur Savirianense, ai confini del territorio di Tortona. L’indicazione sembra adattarsi a Savignone, allora soggetto al Vescovo di Tortona; ma il discorso si arresta subito perché la lettera dell’Oldrado è apocrifa . A parte le considerazioni tecniche, basta leggerla nel testo inserito negli Annali del cardinale Baronio, per giudicarla falsa: in essa la scarna e fin troppo essenziale notizia del Venerabile Beda diviene una ridondante narrazione di gusto barocco, una prolissa apologia trionfalistica cui partecipano, accanto a! Re immenso gaudio pefusus, i vescovi di tutte le sue città e l’intero clero del regno che, ai tempi di Liutprando, salvo Roma e poche altre terre, comprendeva praticamente l’intera Italia continentale (ed è un po’ difficile pensarli tutti a Genova in Sarzano - tra l’altro la piazza allora neppure esisteva-o addirittura a Savignone), in un contorno fatto da immense moltitudini festanti.
La questione, quindi, è soltanto argomento di fede e tradizione. Ma, se non interessa la Storia, resta interessante per la geografia.
Liutprando aveva grandi idee: dedicò il suo lungo regno al tentativo di fondere Germani e Latini in un unico popolo per superare la sterile situazione di un pae­se nel quale la maggioranza costituita dagli autoctoni doveva sopportare il dominio di una minoranza violenta di invasone. Individuata nell’unità religiosa la spinta adatta ad ottenere tale fine, egli si mostra sempre devotissimo: in questa prospettiva va inquadrato il suo intervento a proposito delle ceneri di Sant’Agostino; ed è ovvio che una sua partecipazione diretta agli eventi politicamente gli avrebbe fatto gioco, specie se coronata da uno spettacolare miracolo e da un pio voto.
E quindi nella logica - pur se non nella storia - un viaggio di Liutprando fino a Genova, o anche fino a Savignone: il potere sa sempre come modificare i fatti ed anche come crearli da nulla.