Racconti di Streghe

Oggi alle streghe non ci crede più nessuno, si sente dire spesso ma... tutta quella miriade di presunti cartomanti, maghi, veggenti, guaritori, esorcisti, come li vogliamo chiamare? Qualcuno direbbe ciarlatani, loro si definiscono "operatori dell'occulto", mia nonna li chiamerebbe "strighi e strigoun". E streghe furono chiamate nei secoli, tutte quelle persone, generalmente donne che si pensava avessero a che fare con il demonio e praticassero le arti magiche. Se negli anni ottanta erano solo i maschi a doversi preoccupare davanti all'aggressivo grido delle femministe "Tremate, tremate, le streghe son tornate!", fino agli inizi del secolo la gente ci credeva alle streghe, eccome, soprattutto nelle campagne, dove ancora i possono udire storie di strani personaggi dediti alla stregoneria. Nel riminese si conoscono un paio di streghe vissute nei secoli addietro e citate da scrittori dell'epoca, ma se andassimo a scavare nei ricordi e nelle dicerie della gente contadina... troppe storie di presunte strighi e strigoun verrebbero alla luce, assieme anche a qualche indirizzo di casolare tuttora "funzionante". Il poeta latino Orazio in una delle sue opere narra di un atroce sortilegio, perpetrato ai tempi suoi da quattro temibili donne riconosciute come streghe, ai danni di un povero bambino a cui vennero inflitti crudeli supplizi. Sotterrato fino al mento, venne lasciato morir di fame mentre le perfide Canidia, Veia, Sàgana e la riminese Foglia, mescolavano i loro demoniaci intrugli in un pentolone e si divertivano a porre sotto il naso della piccola vittima sacrificale i piatti più succulenti, per aumentarne la sofferenza. Questo esemplare rito di cattiveria fu portato a termine semplicemente per riconquistare gli uomini perduti. Roba da vere figlie del demonio. Di un'altra presunta strega riminese chiamata Vaccarina e bruciata sul rogo nel 1587, si legge in una cronaca del tempo. Di lei non si sa niente, tranne che era vecchia quando morì tra le fiamme, giustiziata per stregoneria nella pubblica piazza. Diciotto anni dopo, a Cesena si svolse un processo per stregoneria ai danni di una misteriosa donna di Rimini che secondo una testimone del luogo, tale Francesca Medri, dopo uno strano rito aveva fatto apparire davanti ai suoi occhi il demonio, sotto forma del famigerato caprone nero. Spostandoci nelle campagne tra Santarcangelo e Sogliano, lungo la Valle dell'Uso, scopriamo una storia di stregoneria molto più recente, appartenente ai nostri decenni. A Ponte Uso, c'era una vecchia che si diceva facesse "al strighi" le cosiddette fatture e lavorasse con il demonio, tant'è vero che possedeva il famoso libro del diavolo e quando questa donna morì, consegnò il libro proibito al suo successore perché continuasse al posto suo le pratiche di magia nera. Si dice che nel momento del trapasso, i coppi del tetto della casa della vecchia, saltarono via cosicché il diavolo poté uscire e lei morire in pace. Curadòr continuò il lavoro ma solo a metà, le fatture lui non le faceva, le guastava soltanto. Ancora oggi a Ponte Uso vive e opera uno "stregone", molti abitanti delle zone e non solo, si recano a fargli visita sperando in una soluzione ai propri problemi. Chissà se anche lui possiede il famoso libretto?