La Leggenda Di Re Enzo

La cattura di re Enzo e i tentativi che Federico II fece per riscattare il figlio, la fermezza dei Bolognesi nel rifiutarsi di rilasciarlo hanno dato origine a leggende raccolte e divulgate da cronisti. È storicamente provato che i bolognesi trattarono con molta deferenza il loro prigioniero, lasciandoli la compagnia dei cavalieri tedeschi e italiani che erano stati catturati con lui. Mentre di giorno gli veniva riservato un salone nel "palazzo nuovo", risulta che di notte veniva trasferito in un piccolo ambiente, chiuso con due serrature; ben presto si affermò che veniva messo in una gabbia appesa al soffitto e guardata a vista. Poi si disse che era anche incatenato, ma con catene d'oro. È attestato che il Comune di Bologna si preoccupava di procurare i cibi graditi al suo prigioniero e gli consentiva anche di ricevere visite femminili: nel suo testamento Enzo ricorda tre figlie naturali, ma la leggenda aggiunge un figlio. Il re si sarebbe innamorato di una contadina, Lucia di Viadàgola, alla quale soleva dire: "Anima mia, ben ti voglio"; così al bambino che venne al mondo venne dato il nome di Bentivoglio, e fu il capostipite della casata sei signori di Bologna, casata che in realtà a quel tempo esisteva già e stava facendosi avanti. Ben trattato, ma prigioniero, Re Enzo, si racconta, tentò la fuga nascosto in una "brenta", cioè in uno di quei recipienti lunghi e stretti che servivano per trasportare il vino; ma una vecchia che vide sopravanzare dalla "brenta" i lunghi capelli biondi del re, dette l'allarme e il fuggitivo fu ripreso. Quando morì, non ancora cinquantenne, Re Enzo fu sepolto onorevolmente a S. Domenico, ma anche i suoi funerali, passando da un cronista all'altro diventano sempre più festosi. L'iscrizione funebre è andata perduta, ma la tomba esiste ancora, segnata da un'enfatica epigrafe settecentesca , ornata di un medaglione con l'immagine del re.