Gigli di Nola.

E' tradizione presso i Nolani che la "festa dei gigli" tragga origine da un racconto di Papa Gregorio Magno il quale, trasmise gli accadimenti così come gli furono riferiti dagli stessi Nolani giusto un secolo dopo al verificarsi di essi. Il racconto descrive la liberazione del popolo nolano, dalla schiavitù in cui era tenuto dai Vandali, ad opera di San Paolino. Fu appunto questo racconto della liberazione dei Nolani, a far scattare l'entusiasmo di questi, i quali, grati al loro amato Pastore, gli corsero incontro lieti ed osannanti e, per mostrargli la loro gratitudine, presero dei gigli (fiori) e, improvvisata una processione, percorsero le vie della città raccogliendosi poi festanti nella cattedrale. Questa cerimonia, pensiamo, ebbe grande successo poichè i Nolani per commemorare l'avvenimento ripeterono ogni anno questo devoto omaggio al loro Santo vescovo. E questo anche dopo la morte del vescovo Paolino, che avvenne il 22 giugno dell'anno 431 d.C. Pur tuttavia, circa le origini della "festa", non mancano opinioni diverse come quella avallata da alcuni studiosi moderni che considerano la stessa come la "trasformazione" di un rito pagano secondo il quale grandi alberi sacrali, inghirlandati e con vari simboli, venivano portati in processione ed avevano un potere protettivo; più tardi, con l'avvento del cristianesimo, a questi "alberi" fu tolto l'antico significato pagano, aggiungendo ad essi immagini sacre e di santi cristiani. A questo punto, senza scartare la recente ipotesi di questi studiosi, bisogna dire che i Nolani sono consapevoli delle radici autentiche della loro "festa", ma essi sono riusciti a contenere questo passaggio dalla tradizione pagana a quella cristiana entro limiti molto ristretti i quali hanno consentito che rimanesse intatto quel clima di gioia e di tripudio tipico della festa e, al tempo stesso, quell'insieme antico di simboli e di significati benché assimilati in una cultura diversa e indirizzati ad un altro "destinatario". Così, ancora oggi la "festa" è manifestazione di fede e di folclore, espressione di costume e di civiltà: una civiltà secolare alla quale appartiene tutto un passato storico, sociale e culturale di una "comunità" la quale resta legata per l'amore verso la propria terra d'origine, come il figlio alla madre che a malavoglia se ne distacca. Nola e S. Paolino Nel giardino della dolce "Campania felix", alle spalle del Vesuvio in una distesa di verde circondata da frequenti colli che la cingono ad anfiteatro, siede Nola, città illustre ed orgogliosa del suo passato storico e culturale, "legata" nei secoli al nome di S. Paolino. In questo lembo di terra, ricco di colori accesi e al tempo stesso dolci e delicati ove la "natura è un giubilo ininterrotto di creazione", fiorisce la favola dei "gigli". Ogni anno, il 22 giugno, quando il sole implacabile entra nella costellazione del Cancro e le messi maturano sotto un cielo di zaffiro ed i colli si ricoprono di intensa vegetazione, si ripropone incessante un binomio: Nola e S. Paolino. E proprio al fine di ricostruire la "storia" della festa e per meglio precisarne il significato, è necessario analizzare il suddetto "binomio". Nola, città antichissima, è situata in un'ampia e fertilissima pianura, il cui territorio presenta l'aspetto di un vasto giardino che si estende ad occidente fino all'agro napoletano ed acerrano; una diramazione del preappennino campano che corre da Cancello ad Avella, fino ai primi contrafforti dell'Irpinia, segna, invece, il suo confine nord-orientale, mentre a sud c'è il Vesuvio che affonda le sue radici nel vicino Tirreno. Questa terra fu "luogo di fortuna" e di ospitalità e, per la dolcezza del suo clima, fu abitata a preferenza di altre fin dai tempi antichissimi. Fu, dunque, abitata da popoli poco conosciuti e completamente dimenticati; tuttavia, la tradizione storica di un popolo primitivo del quale non si conosce altra derivazione, si conserva con il nome di aborigeno. La terra nolana fu abitata fin dall'èra del Paleolitico superiore (35.000-8.000) come accertano alcuni ritrovamenti avvenuti sulle prossime alture, dal monte Fellino al Piano di Fraconia, mentre per la fondazione della città di Nola discordi sono gli storici dell' antichità. A tal proposito sono due le tesi che dividono gli autori antichi: alcuni, infatti, la chiamano Calcidica, altri invece Etrusca. Lo storico Giuseppe Micali (Italia, I cap. V1), citando un passo di Dionisio (a proposito della contesa tra Siculi ed Umbri, nella quale subentrarono aborigeni e Pelasgi), afferma che: "per quanto appartiene ai primi, gioverà sempre intendere antichissime genti italiche, della stirpe forse degli Osci". Un' altra notizia ci è data da Antioco Siracusano (citato da Strabone, V 167) il quale dichiara che tutto il tratto del piano campano fu anticamente dominio degli Osci. Dunque, attraverso tali ipotesi, si può ritenere probabile la fondazione della città di Nola da parte degli Osci e che le penetrazioni prima calcidica e successivamente etrusca, siano avvenute oltre che per scambi culturali anche per scopi commerciali. Infine, per quello che riguarda l'etimologia della parola "Nola", i più sono del parere ch'essa provenga dall'osco-sabellico "Nuv-la", ossia città nuova. Dopo aver riportato alcune delle fonti storiche più autorevoli intorno alle origine di Nola, conviene ora sintetizzare brevemente le tappe della sua gloriosa storia trimillenaria. La data di fondazione, 801 a.C., 48 anni prima della fondazione di Roma, si ricava da Velleio Patercolo (Storia romana, lib. I, cap. 7). Nel 524, e poi successivamente nel 474 a.C., troviamo Nola alleata ai Cumani nelle guerre contro gli Etruschi. Tale ipotesi si avvarrebbe di un frammento di Dionisio (XV,5) che chiamò i Nolani "popolo confinante ai Greci ed a loro affezionato". Oltre a ciò l'alleanza con i Calcidesi è avvalorata dal fatto che proprio in quel periodo le necropoli di Nola si arricchiscono di vasi attici. Testimonianze di questi sono offerte dalle varie necropoli nolane, i cui ritrovamenti hanno reso famoso il nome di Nola nel mondo. Infatti, non vi fu pittore greco o italico il cui nome non sia presente nei ritrovamenti delle succitate necropoli. Nel 400 a.C. (circa), Nola divenne la capitale della confederazione campana, con conseguente spostamento della sede da Cuma a Nola. Ciò fu determinato dal fatto che i Nolani ed i Sanniti, uniti anche ai Lucani, fecero della Campania un'unica Nazione. Nel 327 a.C. corre in aiuto ai Napoletani nella guerra contro i Romani. Infatti, arrivarono nelle due città di Neapolis e Palepoli, 2.000 soldati Nolani e 4.000 Sanniti. Nel 320 a.C., avvenne la celebre vittoria dei Nolani e dei Sanniti contro i Romani alle "forche caudine". In questo periodo sulle monete nolane compare il toro campano coronato dalla vittoria alata e nell'esergo: dei Nolani. Nel 314 a.C. i Romani, presa Neapolis e Palepoli, assediarono Nola e, dopo un lungo ed estenuante assedio, la conquistarono. Con la resa di Nola fini la seconda guerra sannitica. Per il coraggio ed il valore dimostrato dai Nolani nella difesa della propria città, i Romani li vollero premiare elevando Nola a "Municipium", per cui conservava le proprie leggi nominando propri magistrati. Nel 214-212 a.C. Nola rimasta fedele a Roma (a differenza di altre città che avevano aperte le porte al Cartaginese) respinse per ben tre volte l'attacco dell'invincibile Annibale. Nel 214 a.C., dopo la vittoria delle "aquile romane" sui Cartaginesi, a Nola, per la sua fedeltà, venne concesso il titolo di città "Confederata", per cui si governava come una repubblica avendo un proprio Senato ed il privilegio di battere moneta. Nel 183 a.C. trattò con i Napoletani circa il confine del suo territorio chiamando quale arbitro il console Quinto Fabio Labeone (Cicerone, de officiis, 1). Nello stesso tempo la stessa questione sorge per i confini con Avella. Infatti, i Nolani e gli Avellani stabilirono i limiti di confine in mezzo ad un tempio dedicato ad Ercole. A testimonianza di questo vi è il"cippus abellanus" che si conserva nel Museo del Seminario Vescovile di Nola. Nel 90 a.C. scoppiò la guerra sociale. Nola divenne la roccaforte della gente italica. Solo nell'anno 80, dopo circa dieci anni di accanite lotte, Silla assediò Nola, unica città che ancora resisteva. Silla, allora fece distruggere tutte le abitazioni che si trovavano fuori le mura della città ma i Nolani, piuttosto che arrendersi, preferirono dare alle fiamme la loro città. Nel 73 a.C. fu presa da Spartaco il quale se ne servi come sede per le più importanti operazioni militari contro i Romani. Nel 19 a.C. (circa) nasce la "Colonia Nolana Felix Augusta" voluta da Ottaviano che proprio in quell'anno ebbe "l'imperium consulare" . In questo periodo vi è da registrare la edificazione del teatro nuovo. Nel 14 d.C. muore a Nola l'imperatore Ottaviano Augusto . Il palazzo ove morì venne trasformato in un tempio, per decreto del Senato, che Tiberio fece poi costruire. Nel 79 d.C., avvenne l'eruzione del Vesuvio che distrusse le città di Pompei, Stabia ed Ercolano e che alla stessa regione nolana causò danni ingentissimi. Fu allora che l'imperatore Tito Vespasiano fece restaurare alcuni edifici in Nola. E' presumibile che, all'indomani dell'eruzione, le popolazioni scampate alla catastrofe trovarono ospitalità presso i "pagus" nolani. Questa immigrazione fece sì che la già cospicua comunità cristiana di Nola divenisse più numerosa ed avesse il suo centro spirituale fuori la porta Neapolis dove in località detta "Merara", doveva esistere un santuario nel quale, crediamo, il giovane presule nolano Felice venne insignito del sacro "baculo" dallo stesso principe degli apostoli, nella sua venuta in Italia. Il luogo di tale incontro è ancora oggi denominato "Croce del Papa". Nel 379 d.C. il console Ponzio Meropio Anicio Paolino scelse Nola quale sede consolare e fu da allora che Paolino ebbe il suo primo impatto con la comunità cristiana di Nola, con la quale, poi, doveva nascere il grande "connubio". Ponzio Meropio Anicio Paolino nasce a Bordeaux nel 354 d.C. da una nobile e ricchissima famiglia senatoriale romana che aveva possedimenti in Francia, Roma, Fondi e Nola. Suo padre fu Prefetto delle Gallie. Paolino fu, sin da fanciullo, allevato ed istruito dal poeta Decio Magno Ausonio il quale lo educò alla severità degli studi ed in special modo alla poesia per la quale il giovane Paolino ebbe grande predilezione, superando perfino il maestro. Nel 377 d.C., il padre di Paolino muore ed il nostro futuro "Pastore" eredita una considerevole parte dei beni nonchè la dignità di Senatore. Nel 378 Ponzio Meropio Anicio Paolino appena ventiquattrenne viene eletto Console della Campania e, l'anno dopo, sceglie Nola quale sede consolare. Nel 380 è Prefetto di Roma. Nel 387, dopo lunghi viaggi conosce S. Ambrogio e poi S. Martino di Tours e Vittricio a Rouen. Nel 389 Paolino torna in Aquitania e qui prende in sposa Terasia dalla quale viene esortato a farsi cristiano e quindi a battezzarsi. A 36 anni Paolino riceve il battesimo che gli fu somministrato da S. Delfino vescovo di Bordeaux. Nel 390 Paolino e Terasia ebbero un figlio a cui gli fu imposto il nome di Celso ma questi dopo appena 8 giorni dalla nascita morì. Nel 393 Paolino già unito a Terasia abbandonò la vita mondana abbracciando quella monastica. A Barcellona fu ordinato sacerdote: era il 25 dicembre ed aveva 40 anni. Nel 394, dalla Spagna arrivò in Italia ed a Milano fu acclamato da S. Ambrogio. Quindi passò a Roma ove fu ricevuto con onore dai patrizi e dal popolo. Nel 395 viene a Nola ed unitamente alla sua pia consorte si ritira presso la Tomba del grande Felice prete, detto in "pincis". Qui compone i suoi soavi "carmi natalizi" in onore del miracoloso Santo. Da Nola, scrive a S. Girolamo, S. Agostino, Aurelio e Alipio con i quali stringe una salda amicizia. Nel 402 è visitato da S. Niceta e da sua zia S. Melania che da Gerusalemme gli porta in dono un pezzetto del legno della croce di Gesù Cristo. Nel 403 fece innalzare le magnifiche basiliche di Nola intorno alla modesta Tomba del suo Felice ed a quelle dei primi martiri della fede in Cristo. Inoltre fece costruire una torre sulla quale pose una campana i cui rintocchi chiamavano i fedeli alla preghiera. Nel 409 Alarico entrava in Roma e la saccheggiava. Dopo Roma molte altre contrade d'Italia subirono la stessa sorte e così la Campania, e Nola in particolare, la quale fu dai barbari devastata. La maggior parte dei cittadini Nolani fuggirono sui vicini colli, altri, invece, furono presi e fatti prigionieri. Per i Nolani catturati, perchè questi fossero liberati, si doveva pagare un esoso riscatto. Fu allora che i Nolani si rivolsero al loro amato Pastore affinchè potesse intervenire per il riscatto. Il vescovo Paolino vendette tutto, finanche la croce episcopale, e "quando non ebbe più nulla di cui potesse disporre, una misera donna a cui avevano strappato l'unico figlio, si presentò a lui onde supplicarlo di fornire di che riscattare quel figlio". Commosso da tali preghiere, Paolino, lui, il vescovo di Nola, offrì se stesso, in cambio del figlio della povera vedova. Paolino fu sempre sollecito nell'aiutare i poveri donando tutto quanto poteva. E questa carità diventò sacrificio di se stesso, secondo un racconto del Papa Gregorio Magno. E' appunto questo racconto che, per la tradizione popolare nolana, spiegherebbe l' origine della "festa dei gigli".