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“Calabria
Ora” – Martedì 31 luglio 2007- pag.
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Attila
e il compagno, i nemici alleati
Assessore
e consigliere, dagli opposti estremismi alla stessa maggioranza
Qualche
maligno potrebbe pensare che, dietro la bandiera nera assegnata
da Legambiente a Mimmo Tallini ci sia la regia di Michelangelo
Tripodi. Mettiamola così: Tripodi non si è impegnato
molto per mettere a tacere i maligni. Qualche minuto per digerire
la notizia (con annessa incazzatura del consigliere regionale
dell’Udeur) e subito ha esultato, con tanto di «complimenti
vivissimi a Goletta Verde». Ci ha tenuto, poi, a ricordare
a tutti il soprannome che l’assessore all’Urbanistica
e i suoi compagni del Pdci hanno regalato a quello che, giova
ricordarlo, è pur sempre un alleato: «Attila di
Calabria». Tiè.
Il fatto è che i due proprio non si sopportano. E fino
a qualche lustro fa, uno avrebbe detto che era perfettamente
comprensibile. Dire che gli esordi delle due carriere politiche
sono agli antipodi è un eufemismo. Tripodi comincia presto
e nel ’74, a 18 anni, entra nella segreteria provinciale
della Federazione giovanile dei comunisti italiani. Alla stessa
età, ma qualche anno prima, Tallini si trova (politicamente)
da tutt’altra parte: la sua casa è la Giovane Italia,
movimento giovanile dell’Msi (che dal ’72 in poi
si chiamerà Fronte della Gioventù). Negli anni
’70 è difficile che due così possano stare
insieme: ci sono i “fasci” da un lato e i “rossi”
dall’altro.
Certo, in mezzo sono passati quasi 40 anni e quei ragazzi di
belle speranze continuano a fare politica. Di acqua sotto i
ponti ne è passata tanta. E ci può stare, anche
perché ne è piena la storia d’Italia di
ex leader sessantottini convertiti al berlusconismo (e viceversa).
Insomma, può succedere che Tallini il “fascio”
e Tripodi il “rosso” stiano dalla stessa parte.
Quello che proprio non ci sta, invece, è che i due abbiano
qualche idea in comune. L’ultima volta, segnatevela bene,
è il 12 ottobre 2006: una mozione sul concorso calabrese
per dirigente scolastico. Poi è stato un calvario di
bastoni fra le ruote (per la normativa sulla salvaguardia delle
coste voluta dall’assessore e bloccata dal consigliere)
e attacchi a mezzo stampa (l’offensiva dei Comunisti italiani
non ha risparmiato l’avversario neppure per un giorno).
Fino all’ultima puntata, con la bandiera nera assegnata
e non consegnata. Nel senso che a Tallini l’arrivo è
arrivato, ma lui se l’è presa. Ha espresso «sdegno
e riprovazione» e si è rifiutato di ritirare il
premio. Anche perché si è sentito condannato senza
un processo «e senza nemmeno interloquire». Poi
l’ha buttata sul legale: «Questi soggetti che io
non conosco dovrebbero sapere che i consiglieri regionali hanno
uno status garantito dalla Costituzione secondo cui non possono
essere censurati nemmeno dal giudice penale o dalla Corte dei
conti». Controtiè.
Volete che si fermi qui? Neanche per sogno. Troppo forte la
voglia di tornare all’attacco del nemico alleato: «Sono
stato soltanto uno dei tanti consiglieri che plebiscitariamente
hanno votato per la non approvazione della proposta unilaterale
dell’assessore. Una proposta platealmente illegittima
ed anche antigiuridica innanzitutto perché avente a soggetto
profili di tutela ambientale che non rientrano nelle competenze
della Regione, essendo riservati allo Stato».
Saranno d’accordo almeno su questo aspetto? Non provate
neppure a pensarlo. Tripodi: «Non è affatto vero,
come dichiara falsamente Tallini, che l’articolo 58 bis
è stato proposto dal solo assessore all’Urbanistica
e del governo del territorio e all’ultima ora. Infatti
è stato approvato all’unanimità dalla Quarta
commissione consiliare e il testo, depositato all’epoca
per l’approvazione del Consiglio regionale, conteneva
già l’articolo 58 bis, tant’è che
non a caso si parla di stralcio dell’articolo».
Insomma, mica finisce qui. L’assessore chiede la discussione
del punto in commissione per «scongiurare il pericolo
che dopo la consegna della maglia nera (lapsus freudiano, era
la camicia, ndr) a Tallini questa non venga attribuita a tutta
l’assemblea regionale».
Scommettiamo che torneranno a litigare? In fondo è normale
che lo facciano, con un passato così. Forse è
un po’ meno normale che stiano dalla stessa parte.
Pablo
Petrasso