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“Hi-Tech Ambiente ” – Anno XVII - n° 1 - Martedì 31 gennaio 2006 - pag. 10

 

Decreto ministeriale 27/7/2005

L’uso razionale dell’energia

La nuova norma, d’attuazione alla legge 10/1991, disciplina sul risparmio energetico, anche negli edifici, e sullo sviluppo delle fonti rinnovabili


di Manuela Macciantelli

Sulla G.U. n. 178 del 2/8/05 è stato pubblicato il D.M. 27/7/2005, che costituisce (dopo 14 anni!) il regolamento d’attuazione della legge 9/1/91, n. 10 ed è intitolato “Norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia”. L’importanza di questo D.M. è rilevante. In quanto il rilascio delle autorizzazioni e la concessione di finanziamenti e contributi per la realizzazione di opere pubbliche è condizionato al rispetto delle norme finalizzate a favorire un impiego razionale dell’energia (anche promuovendo il miglioramento del rendimento energetico degli edifici).
Buona parte dei consumi energetici degli edifici sono imputabili alla scarsa efficienza energetica del patrimonio edilizio esistente: il decreto definisce pertanto i criteri generali tecnico-costruttivi per l’edilizia, diretti a favorire e incentivare l’uso razionale dell’energia e il contenimento dei consumi energetici nella produzione o nell’utilizzo di manufatti, sia per gli edifici di nuova costruzione che per quelli esistenti oggetto di interventi di “ristrutturazioni importanti” (quali rifacimenti di infissi, pareti esterne, parti trasparenti, tetti e solai; sostituzione degli impianti di riscaldamento; installazione di sistemi di ventilazione, di pannelli solari e pompe di calore, ecc.).
Scopo del D.M. 27/7/05 è anche provvedere al recepimento della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico degli edifici; si tratta però di un atto parziale, perché buona parte dell’argomento è oggi di competenza delle Regioni. Si deve comunque rilevare che è stata persa un’occasione utile per definire le norme relative alla certificazione energetica degli edifici, che è uno dei temi principali della Direttiva 2002/19/CE, e che in questo decreto non viene neppure sfiorato.

UN IMPORTANTE RUOLO PER I COMUNI

Il Decreto prevede (art. 2) una serie di obblighi a carico dei Comuni: essi devono uniformare i regolamenti edilizi alle prescrizioni indicate nel decreto, prevedendo soluzioni tipologiche e tecnologiche finalizzate al risparmio energetico e all’uso di fonti energetiche rinnovabili (il che significa che, finchè il Comune non ha modificato il regolamento edilizio, non si configura in pratica per i privati l’obbligo di rispettare le norme del D.M.). I comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti, all’atto della redazione e revisione degli strumenti urbanistici, devono procedere alla individuazione e alla localizzazione delle eventuali fonti rinnovabili di energia presenti sul territorio comunale; in seguito a tale indagine, il Comune provvede alla individuazione delle condizioni che consentano il massimo utilizzo di queste fonti rinnovabili “locali”. In secondo luogo, è fatto obbligo ai Comuni di introdurre nei regolamenti edilizi locali disposizioni dirette ad incentivare economicamente la progettazione e la costruzione di edifici energeticamente efficienti, nonché ad adeguare i propri strumenti urbanistici al fine di consentire lo sfruttamento del calore solare per il riscaldamento invernale, fornendo indicazioni circa l’orientamento dei nuovi edifici e individuando al contempo idonei strumenti per interventi di tipo passivo (schermature delle superfici delle vetrate, inerzia termica delle strutture, ecc.), che consentano di minimizzare il riscaldamento degli ambienti nei mesi estivi. Infine (art. 9), i Comuni devono procedere al controllo annuale a campione di almeno il 5% delle relazioni di progetto previste dall’art. 28 della legge 1991, n. 10 ed effettuare annualmente verifiche a campione per almeno il 5% degli edifici costruiti o in costruzione.

NORME PER GLI EDIFICI NUOVI

Per gli edifici di nuova costruzione, l’art. 3 prevede una serie di requisiti finalizzati al risparmio energetico, come la riduzione delle dispersioni dell’impianto di distribuzione dell’acqua calda sanitaria e dell’acqua o dell’aria utilizzate come fluidi termovettori per il riscaldamento ed il raffrescamento, l’utilizzo di lampade ad alta efficienza energetica e di sistemi di regolazione automatica degli impianti di illuminazione interna ed esterna, l’utilizzo di sistemi di controllo, gestione e contabilizzazione degli impianti di riscaldamento, ventilazione e raffrescamento, in grado di adattare l’impianto a diverse condizioni di carico ed alle differenti esigenze di comfort degli occupanti. Il progettista deve redigere una relazione tecnica, in cui deve dimostrare la rispondenza delle scelte progettuali (materiali, componenti, sistemi, soluzioni costruttive) rispetto alle esigenze di contenimento dei consumi energetici e di miglioramento dell’efficienza energetica dell’edificio.

CASE PIU’ FRESCHE IN ESTATE

L’art. 7 si occupa specificamente delle misure di contenimento dei consumi di energia nel periodo estivo, mediante il mantenimento delle temperature interne, in modo da evitare (o ridurre) il ricorso a impianti di climatizzazione: tale obiettivo può essere conseguito tramite una corretta progettazione degli elementi esterni. Inoltre, il corretto dimensionamento e posizionamento delle chiusure opache verticali e orizzontali può ridurre l’irraggiamento solare estivo, oltre che assicurare l’illuminazione naturale e consentire lo sfruttamento dell’irraggiamento solare invernale. Tutte le chiusure trasparenti verticali e orizzontali non esposte a nord devono essere dotate di schermi fissi o mobili, in grado di intercettare almeno il 70% dell’irradiazione solare massima durante il periodo estivo, consentendo però il completo utilizzo della massima radiazione solare incidente durante il periodo invernale. Non viene invece considerato, neppure con un cenno generico, il contributo al raffrescamento che è possibile ottenere (con costo energetico uguale a zero) sfruttando la ventilazione naturale mediante accorgimenti che valorizzino le correnti d’aria causate dall’ingresso del vento all’interno dell’edificio, o dalla differenza di temperatura che si crea per la diversa esposizione alla radiazione solare di parti diverse dell’edificio.
Infine l’art. 7 prevede espressamente che l’accensione dell’impianto di climatizzazione deve essere subordinata al verificarsi di obiettive condizioni di mancanza di comfort, che, come l’illuminazione e la temperatura, dovranno essere oggetto di apposite valutazioni tecniche.

 

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