![](notiziegif.gif) |
“Calabria
Ora”
– Venerdì 30 novembre 2007 - pag 43 |
![](notiziegif.gif) |
«E se l’alluvione
avesse colpito anche Ricadi?»
Sos
di Saragò sull’emergenza
idrogeologica
RICADI – Ricadi, comune calabrese dal più alto
reddito pro capite. Ricadi, comune forte. Ricadi, territorio
violentato dalle colate di cemento e dagli strumenti urbanistici
allegri. Ricadi, territorio fragile. E se quella nuvola che
il 3 luglio 2006 ha investito la fascia costiera della città capoluogo
di provincia si fosse spostata più a Sud, cosa sarebbe
successo? Per anni Franco Saragò, presidente provinciale
e amministratore regionale di Legambiente, a capo di un drappello
di cittadini, si è battuto strenuamente per la difesa
di quel litorale patrimonio dell’umanità. Ne ha
vinte di battaglie. Ma ne ha anche perse, perché la
sua voce è rimasta troppo spesso inascoltata e a prendere
il sopravvento sono stati gli interessi di un’imprenditoria
che ha inteso incentivare il turismo di massa, in regime di
deregulation, a scapito del patrimonio paesaggistico. Oggi
Franco Saragò, a un anno e mezzo dal disastro che ha
colpito Vibo Valentia, pone una domanda alla quale nessuno
può sottrarsi: «E se il 3 luglio avesse investito
Ricadi?». Il leader ambientalista ha un’opinione
chiara in merito, invitando gli organi preposti a intervenire «per
mettere in sicurezza un territorio che, con il trascorrere
del tempo, diventa sempre più vulnerabile sotto il profilo
idrogeologico». Spiega Saragò: «L’alluvione
ha insegnato poco – afferma – Ci si concentra sull’opera
di ricostruzione ma, contestualmente, si perde di vista la
necessità di risanare aree fragili come quella di Ricadi.
A Vibo sono emersi decenni di cattiva amministrazione, responsabilità storiche
da attribuire all’abusivismo galoppante, ai mancati controlli,
all’ostruzione dell’alveo dei canali di scolo delle
acque. Aspetti che in un territorio come quello che abbraccia
la fascia costiera di Capo Vaticano e Ricadi sono altrettanto
accentuati». Il combattivo presidente di Legambiente
fotografa una realtà che è sotto gli occhi di
tutti, ma di fronte alla quale, colpevolmente, si continua
a distogliere lo sguardo, mentre l’unico pensiero rimane
quello di confrontare il trend delle presenze durante la stagione
turistica. Case e bungalow che sorgono uno sopra l’altro,
alvei naturali dei torrenti trasformati in arterie per la circolazione
e il parcheggio degli autoveicoli. Una storia vecchia, sì.
Vecchia di circa trent’anni. Un po’ come la storia
dei torrenti di Bivona o delle case abusive del Pennello o
del costone della Statale 18 che collega Vibo a Longobardi. «Pensiamo – spiega
Franco Saragò – in maniera realista. L’evento
che ha colpito Vibo Valentia dovrebbe essere un monito. Abbiamo
atteso a lungo che si avviasse un’opera di messa in sicurezza
generale di tutto il territorio». Cita un esempio: «Rammento
quando il presidente Bruni denunciò come la Provincia,
impegnata nel risanare i torrenti di Bivona, in un alveo ritrovò perfino
una condotta dell’Italgas. Sembra assurdo, eppure, chi
ha amministrato in passato ha consentito che avvenisse anche
questo. Auspico – conclude – che le autorità politiche
e istituzionali possano avviare un percorso virtuoso tenendo
in debita considerazione le esigenze di un territorio che per
colpa dell’uomo e di decenni di malgoverno, oggi è estremamente
vulnerabile».