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“Gazzetta del Sud” – Lunedì 28 luglio 2008 - pag. 18

 

Gli abusi edilizi perpetrati negli anni lungo la Costa degli Dei monitorati da Goletta Verde di Legambiente


Mare, spiagge e… cemento


Dito puntato su diversi piani regolatori che danno via libera agli scempi

Non solo mare, spiagge e sole ma anche cemento lungo la Costa degli dei. «Ingiurie» allo splendido litorale le definisce Goletta Verde di Legambiente che, ieri, ha effettuato in navigazione il monitoraggio della costa fino a Capo Vaticano. Il litorale vibonese, in quanto a cementificazione, viaggia in perfetta sintonia con il resto della regione e di altre realtà del Mezzogiorno. Addirittura in questo campo la Calabria è seconda solo alla Campania. «Rispetto al resto del Paese – rileva Legambiente – non teme rivali. L’abusivismo edilizio sul demanio ha fatto registrare 650 infrazioni, con 687 tra persone arrestate e quelle denunciate e 155 sequestri».
Ieri durante il monitoraggio di Goletta Verde – alla presenza di attivisti, volontari di Legambiente, di Pino Colloca, comandante della Capitaneria di Tropea e di giornalisti – l’illegalità diffusa lungo la costa è balzata agli occhi. Quanti frequentano le località marine del posto da tempo vedono e talvolta segnalano quanto avviene, solo che in molti casi chi realizza costruzioni in riva al mare ha in mano tutte le autorizzazioni. Allora un bell’esame di coscienza andrebbe fatto e allo stesso tempo dovrebbero innalzarsi il tenore e lo spessore delle denunce, richiamando ognuno alle proprie responsabilità.
Una situazione focalizzata da Franco Saragò (Segreteria Legambiente Calabria) che commenta: «La cementificazione selvaggia che hanno subito le coste calabresi negli ultimi decenni è stata favorita da comportamenti schizofrenici della pubblica amministrazione, che mentre da una parte avvia la demolizione di alcuni ecomostri, dall’altra approva e tollera piani regolatori che consentono l’edificazione dei suoli a soli 30 metri dal mare legittimando quelli che altrove sarebbero a tutti gli effetti abusi. E in molti casi gli scempi sulle nostre coste sono stati finanziati con contributi comunitari o, ancora peggio, realizzati nell’ambito di opere pubbliche di indubbio impatto ambientale».
Tra i vari scempi all’ambiente Goletta Verde ne segnala alcuni nel comune di Ricadi «dove – rileva – il piano regolatore ha dato di fatto il via libera a scempi del calibro del villaggio “Le capannelle”, oggi denominato Borgo di Riaci a Santa Domenica. Un villaggio realizzato a pochi metri dalla battigia che, con alcuni interventi, ha precluso l’accesso pubblico dei bagnanti al resto della spiaggia e che, nonostante le denunce, i sequestri e le ordinanze di ripristino dell’area, continua a rimanere invariato al suo posto». Al monitoraggio non è sfuggito il complesso residenziale «a cinque piani costruito a picco sul mare lungo la costa di Joppolo», senza considerare il “Trenino” di Falerna (ecomostro di 4mila 554 metri cubi di cemento, realizzato direttamente sulla spiaggia), i tre mega alberghi sulle coste di Fiuzzi (Cs) e l’aviosuperficie di Scalea.
Lorenzo Passaniti, direttore del comitato scientifico di Legambiente Calabria, si è invece soffermato sul “cemento” gettato lungo l’arenile del capoluogo. Un esempio per tutti il quartiere Pennello, costruito sul demanio pubblico e al di sotto del livello del mare, «il 3 luglio del 2006 – ricorda – oggetto di pesanti danni». Al contempo sollecita la riqualificazione ambientale e urbanistica di Vibo Marina e la delocalizzazione dei depositi costieri e delle aziende. La mancanza di una seria programmazione viene evidenziata da Osvaldo Giofrè, vice presidente del Circolo Legambiente di Ricadi, per il quale «si traduce in un’offerta di posti letto di gran lunga maggiore alle reali possibilità ricettive delle spiagge. Arenili – aggiunge – per la maggior parte blindati. A Parghelia, per citare un caso, sono privati quasi tutti gli accessi al mare ed è di fatto compromessa la libera fruizione di spiaggia e mare».
Infine Nunzio Cirino Groccia, della segreteria nazionale di Legambiente il quale si sofferma su un dato significativo: «In Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, le cosiddette quattro regioni a “tradizionale presenza mafiosa” si concentrano 8mila 253 infrazioni accertate sull’ambiente marino e costiero, pari a quasi il 58% del totale nazionale. Segno evidente che la criminalità organizzata usa il mare, le coste e le risorse di questi delicati ecosistemi per compiere attività criminali e arricchirsi illegalmente».

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