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“Calabria Ora”
– Domenica 27 luglio 2008 -
pag. 23 |
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«La palafitta va buttata giù»
Blitz
di Legambiente: l’edificio di Falerna nella top
five degli ecomostri
FALERNA – «Il paesaggio e i beni demaniali sono
di tutti, se qualcuno tenta di privare la collettività di
questi beni è giusto che si intervenga». Per questo
il sindaco di Falerna, Daniele Menniti, ieri mattina è sceso
in spiaggia insieme agli attivisti di Goletta Verde, per chiedere
l’abbattimento della “Palafitta”. Come ha
spiegato il sindaco, l’attività amministrativa
deve fare il suo corso e deve stabilire se i proprietari dell’edificio
hanno edificato su un terreno privato o demaniale. Tuttavia
questo non significa che non rimanga a monte un problema paesaggistico.
E per Legambiente, demanio o privato non fa alcuna differenza.
Quell’ecomostro, ha detto Nunzio Cirino Groccia, della
segreteria nazionale, va abbattuto, perché da oltre
trenta anni deturpa la costa di Falerna. «Legambiente – si
legge in una nota – non è disposta a tollerare
scempi, né situazioni di illegalità che offendono
il territorio».
Presenti all’iniziativa anche il Circolo Legambiente
Vibo Valentia, rappresentato dal presidente Antonella Pupo
e il Circolo Legambiente Ricadi, rappresentato dal vicepresidente
Osvaldo Giofrè.
La Palafitta, sostiene Legambiente, «è un caso
eclatante di cemento abusivo in riva al mare su una costa,
quella del Lametino, che subisce da decenni le ingiurie dell’abusivismo
edilizio. Tanto clamoroso da meritarsi un posto nella top five
degli ecomostri da abbattere denunciati dal rapporto Mare Monstrum
di Legambiente».
Nata sul bagnasciuga di Falerna nei primi anni Settanta, la
Palafitta è un edificio a tre piani di 1.260 metri cubi
di cemento, che i costruttori sostengono insista su terreno
privato, ma che per Legambiente è evidentemente in terreno
demaniale, avendo le sue fondamenta sulla battigia. La storia
di questo manufatto è fatta di ricorsi al TAR, di ordinanze
di demolizione e sospensioni delle stesse. La licenza edilizia
risale al 1972. Nel 1993 la Capitaneria di Porto di Vibo Marina,
accertata l’occupazione abusiva di una zona del demanio
di 770 metri quadrati (superficie necessaria a ottenere il
permesso per costruire la volumetria voluta su una base di
140 mq), ha ingiunto ai proprietari di demolire le opere e
ripristinare lo stato della zona. Questi hanno fatto un primo
ricorso al TAR della Calabria, ottenendo nel 1994 la sospensione
del provvedimento. Le verifiche della Capitaneria di Porto
accertano che il fabbricato era stato realizzato sulla base
di planimetrie false. Nel maggio del 1999 il Comune di Falerna
dispone l’annullamento della licenza ed emette un’ordinanza
di demolizione, congelata più volte dai ricorsi al TAR.
«Davvero troppo – ha commentato Franco Saragò,
della segreteria Legambiente Calabria – In questa querelle
giudiziaria che dura da quasi dieci anni, contrapponendo proprietari
da una parte, amministrazione comunale e società civile
dall’altra, Legambiente si è costituita parte
civile, testimoniando la sua ferma posizione contro l’abusivismo
e a favore della legalità. Come se non bastassero tutti
gli abusi che infestano la Calabria, la Regione ha bocciato
due fondamentali articoli della legge urbanistica nella difesa
del territorio: il 58 bis e il 65, la cui cancellazione autorizza
di fatto a costruire nella fascia di tutela costiera e apre
all’edificazione anche le aree non comprese nei suoli
urbanistici. In pratica si tratta di un via libera per nuove
colate di cemento, condannano la Calabria a subire ancora questa
vergognosa aggressione».
Secondo Groccia se la Regione ha davvero a cuore la tutela
della costa «approvi in tempi rapidi una moratoria che
vieti qualsiasi edificazione all’interno dei 700 metri
dalla battigia. Sarebbe un segnale univoco contro possibili
nuovi scempi in riva al mare».
Cinzia
Guadagnuolo