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“Il
Quotidiano della Calabria” – Sabato 24 luglio
2004 – pag. 15 |
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Ricadi.
Capo Vaticano, uno dei posti più suggestivi del
Mediterraneo, ormai preda di una cementificazione sfrenata che
cancella ampie zone quasi incontaminate
Paradiso verso la distruzione
Il
Piano regolatore legittima questo allarmante processo
RICADI (Vibo
Valentia) – Luoghi che si osservano in silenzio.
Le acque azzurre penetrate dai raggi del sole. I bianchi fondali
che riflettono le ombre delle barche e dei bagnanti immersi in
una distesa di mare limpido, cristallino. Suggestive insenature
fra speroni rocciosi, granitici e frastagliati. Tutto questo è Capo
Vaticano. L’antico promontorio conosciuto in tutta la Magna
Graecia, sacro per sacerdoti e indovini che da lì scrutavano
il destino. Finestra di paradiso in terra che la leggenda vuole
fosse stata la dimora di un oracolo al quale i naviganti si rivolgevano
prima di affrontare il mare.
Una baia magica, per le sue straordinarie bellezze naturali, capace di trasmettere
emozioni intense.
Luogo di luce e di colori, di storia e di mistero, che la mano dell’uomo,
però distrugge giorno dopo giorno. Lì, su quello sperone roccioso
di Capo Vaticano, laddove i racconti che si tramandano dall’antico passato
narrano fosse vissuto l’oracolo, oggi sorge l’imponente villaggio
turistico “Calispera”, ecomostro da mille e una notte. Alla stregua
dei tanti, troppi ecomostri, sorti come funghi lungo quella suadente striscia
costiera. Scempi legalizzati dalle regole dell’uomo che mettono a repentaglio,
in nome di uno sviluppo non più sostenibile, l’esistenza di una
delle zone più belle del Mediterraneo.
Il litorale ricadese, continuando di questo passo, rischia di scomparire aggredito
da quella cementificazione sfrenata che, procedendo dall’interno fino
al mare, ha ormai lasciato solo sottili strisce di spiagge. Regione e Soprintendenza
silenti, mentre la politica si compiace nell’apprendere come quella di
Capo Vaticano sia considerata una delle tre spiagge più belle del mondo
e come Ricadi sia, fra i comuni della provincia di Vibo Valentia, quello con
il reddito pro capite più elevato o abbia la più alta concentrazione
di strutture recettive lungo la costa tirrenica calabrese. Tace, però,
di fronte alla distruzione legalizzata. Alla progressiva, continua, inarrestabile
erosione di un incantevole scorcio di paradiso. Il caro prezzo da pagare in
nome dell’interesse del capitale.
Imponenti strutture, che sorgono sulle spiagge a pochi metri dalla battigia,
che inghiottiscono voracemente quei luoghi fino agli anni ’60 quasi incontaminati.
Il tutto con l’accondiscendenza di uno strumento urbanistico comunale
che legittima ogni cosa, e di chi vorrebbe inferire un colpo fatale alle oasi
ricadesi attraverso la creazione di un grande porto turistico.
E’ una storia controversa quella del Piano regolatore del Comune di Ricadi.
I primi passi per la sua redazione furono mossi dalla prima amministrazione
guidata dal sindaco Francesco Laversa all’inizio degli anni ’90.
Troppe le difficoltà per redigerlo. Il primo cittadino, così,
non riuscendo a conciliare la necessità di salvaguardare le risorse
ambientalistiche e le esigenze degli imprenditori turistici, finì con
il rassegnare le dimissioni. Dal 1992 al 1993 Ricadi fu retta da una gestione
commissariale che condusse alle elezioni, poi vinte dalla lista del sindaco
Domenico Grande. Quest’amministrazione preparò lo strumento urbanistico,
approvato alla fine di un complesso percorso da un commissario ad acta. Nel ’97
si tornò alle urne e vinse la compagine guidata di nuovo da Francesco
Laversa. Questa apportò significative varianti al Piano già redatto
e dispose nuove norme attuative che di fatto stravolsero l’indirizzo
conferito dalla precedente amministrazione. Il Prg che scaturì, nell’indifferenza
della Soprintendenza per i Beni ambientali e della Regione, aumentò l’indice
di edificabilità sul litorale dallo 0,25 allo 0,60 ciò con lo
scopo – sostenne l’amministrazione all’epoca – di migliorare
l’offerta turistica. L’aumento sarebbe stato consentito solo alle
strutture preesistenti, che si allargarono con nuove dependance. In pratica,
però, tale Piano permise la cementificazione sfrenata di quella striscia
costiera compresa tra le località Santa Maria e Baia di Riaci. Ciò accade
anche perché, grazie alle varianti apportate – la prima a pochissimi
giorni dall’insediamento della nuova amministrazione, nel ’97 – si
ridusse fino a soli 30 metri dalla battigia la distanza per edificare. Tali
varianti furono approvate dalla Regione nonostante fosse proprio una legge
regionale ad impedire di edificare – salvo deroghe con conseguente riduzione
della distanza al massimo fino a 150 metri – a non meno di 300 metri
dalla battigia. Il modificato Prg segnò la vittoria delle prerogative
di quella classe imprenditoriale che aggredì ancor più avidamente
Capo Vaticano e dintorni, accelerando il processo di distruzione delle aree
incontaminate già avviato con la costruzione di imponenti villaggi e
strutture recettive oggettivamente non ecocompatibili. I primi esempi di ecomostri
si ebbero a partire già da trent’anni fa con l’edificazione
proprio sul promontorio di Capo Vaticano, del già citato villaggio oggi
denominato Calispera, o del complesso Ciccio sul mare e del Park Hotel entrambi
sulla spiaggia di Santa Maria. Le varianti sostanzialmente legittimarono una
nuova – ma mai così violenta – ondata di cemento. L’esempio
più eclatante è rappresentato dal villaggio Le Capannelle (di
recentissima costruzione) sulla Baia di Riaci, per il quale è stata
conferita al sindaco Laversa la bandiera nera di Legambiente. Ecomostri che
attorno a Capo Vaticano sorgono uno dietro l’altro. Nuovi eloquenti casi
sono costituiti dal villaggio Ipomea, fra la Baia di Santa Maria e località Fortino,
dal costruendo imponente centro talassoterapico tra Santa Maria e Santa Domenica
in località Tono, e dalla dependance del villaggio Grotticelle, anche
questa sulla spiaggia di Santa Maria. A metterci del suo per erodere l’ecosistema
sullo splendido litorale ricadese, anche la curia, che circa due anni fa tra
località Faro e Grotticelle di Capo Vaticano, su un terreno di sua proprietà,
aveva avviato i lavori di realizzazione di una casa accoglienza estiva. Sarebbe
stato annientato un tratto incontaminato di straordinaria bellezza se non fosse
intervenuta una vibrata protesta popolare guidata da un gruppo di consiglieri
comunali. I lavori sono stati sospesi, ma a breve potrebbero riprendere. In
barba all’esigenza di proteggere le oasi naturali, il Piano regolatore
consente tutto. La “rivolta” popolare contro la curia ripercorse
le orme di quella avviata sulla fine degli anni ’70 dal Partito comunista
e da comitati spontanei di cittadini affinché non venisse realizzata
una strada che collegasse il villaggio Calispera e la spiaggia, proprio sul
promontorio di Capo Vaticano, che avrebbe aperto una vistosa ferita in quel
luogo simbolo dell’intera costa tirrenica calabrese.
Ricadi e le sue baie sono oggi alle prese con una crescita vertiginosa delle
strutture recettive, quasi mai oggettivamente compatibili con l’ecosistema,
e non supportate da servizi infrastrutturali idonei. E’ sufficiente esaminare,
ad esempio, le condizioni della rete fognaria assolutamente inadeguata a supportare
l’ammasso di villaggi, alberghi e strutture turistiche che incombe sul
litorale. D’altro canto il Piano regolatore del Comune di Ricadi continua
ad essere soggetto a sensibili e continue modificazioni, grazie a piccole ma
significative varianti periodicamente apportate dal consiglio comunale. In
pratica si consente la trasformazione di zone con destinazione agricola in
zone industriali edificabili. E’ così che, delibera dopo delibera,
si rinvigorisce il processo di cementificazione. Sono stati diversi, tra l’altro,
i politici e gli amministratori che hanno contribuito, grazie alle facoltà concesse
loro dallo strumento urbanistico, a tale disegno, edificando continuamente
nuovi colossi di cemento.
Di fronte a ciò, sin qui, a parte l’orgogliosa ma inefficace reazione
di un piccolo gruppo di consiglieri comunali, portavoce delle istanze e delle
proteste di parte della cittadinanza, si è avuto solo il silenzio delle
altre istituzioni e della politica. Una politica che predilige parlare di turismo
come veicolo di sviluppo, ma per la quale la salvaguardia dell’ambiente è troppo
spesso un intralcio all’economia. Una politica silente di fronte alla
costa ricadese offesa e vilipesa. Una politica che di fronte all’interesse
dei numeri e degli utili, senza imbarazzo, abbassa gli occhi, li chiude, e
poi, mestamente, tace.
Pietro Comito
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