|
“Calabria Ora”
– Sabato 24 novembre 2007 - pag.
37 |
|
Lungo le antiche vie del treno
La Provincia trasforma in percorso naturalistico la vecchia
tratta Vibo-Longobardi
Un angolo di paradiso
che si snoda tra percorsi naturalistici e panorami mozzafiato,
preservato alla modernità e
alle speculazioni edilizie e, oggi, destinato a diventare
uno dei sentieri naturalistici più suggestivi dell’intera
regione. L’ambizioso progetto, già finanziato
dalla Regione Calabria, porta la firma dell’assessore
provinciale all’Ambiente Matteo Malerba, il quale si
prefigge il compito di recuperare e valorizzare una parte
dell’ex tracciato delle Ferrovie Calabro-Lucane e,
più specificatamente, quella compresa tra Vibo Valentia – Longobardi.
Il progetto è stato presentato, ieri mattina, nel
corso di una conferenza stampa alla quale hanno partecipato,
oltre a Matteo Malerba, l’assessore comunale all’Ambiente
Silvestro Scalamandrè, i rappresentanti di Legambiente
Lorenzo Passaniti e Franco Saragò e il responsabile
del procedimento per conto della Provincia Fortunato Griffo.
Il progetto, per il quale è già stata aperta
la gara per l’affidamento che si concluderà il
12 dicembre prossimo, prevede la pulizia e la messa in sicurezza
del sentiero che da Vibo si snoda fino a Longobardi (l’ex
stazione indicata come Sant’Onofrio), il ripristinato
del selciato rustico, la realizzazione di una staccionata in
legno di castagno nella tradizionale configurazione a Croce
di Sant’Andrea oltre all’allestimento di alcune
aree attrezzate per le attività didattiche ed il tempo
libero. Il tutto per un finanziamento di 300 mila euro concesso
dall’assessore regionale all’Ambiente, Diego Tommasi.
«L’intervento – ha dichiarato l’assessore
Matteo Malerba – è destinato alla valorizzazione
delle risorse naturali. Completati i lavori, entro 3 mesi dal
conferimento dell’appalto – ha aggiunto - si passerà alla
fase di gestione vera e propria, con iniziative di carattere
promozionale che possano far conoscere questa importante risorsa
ambientale. Il sentiero, infatti, gode di una posizione straordinaria,
perché si affaccia per tutta la sua estensione sul Golfo
di Sant’Eufemia, offrendo un colpo d’occhio di
ineguagliabile bellezza. Allo stesso modo – ha proseguito
Malerba - il tracciato attraversa una delle zone incontaminate
della provincia vibonese, nella quale sono presenti tutte le
specie botaniche che costituiscono la tipica macchia mediterranea».
Un interesse riscontrabile anche nella volontà di promuovere
in futuro, in collaborazione con il Comune di Vibo, la realizzazione
di un museo e di un centro di educazione ambientale da allestire
all’interno della vecchia stazione ferroviaria di proprietà,
appunto, del Comune capoluogo di provincia.
«Chissà che questo non sia l’inizio di una bonifica
completa della collina che sovrasta Longobardi», ha affermato,
al riguardo, l’assessore comunale all’Ambiente
Silvestro Scalamandrè, che ha assunto anche l’impegno
di avviare le procedure per istituire il vincolo ambientale
sull’intero tracciato.
Soddisfazione per l’iniziativa è stata poi espressa
dai rappresentanti di Legambiente. Lorenzo Passaniti ha sottolineato
le peculiarità naturalistiche di questo tracciato.«E’ auspicabile
che una volta realizzato questo primo tratto si possa continuare
nella bonifica e prolungare il sentiero fino al lago Angitola
facendo di questo percorso naturalistico uno dei più belli
d’Italia». Analoga soddisfazione è stata
espressa dal coordinatore provinciale dell’associazione
ambientalista, Franco Saragò, per il quale «la
realizzazione di questo intervento potrà avere anche
importanti ricadute occupazionali. Come Legambiente abbiamo
istituito un corso di formazione in marketing turistico e naturalistico
che coinvolge 28 giovani disoccupati che potranno proporsi
per una gestione del sentiero». Franco Saragò ha
illustrato, inoltre, il progetto nazionale di Legambiente denominato “Le
vie del treno”, finalizzato a valorizzare proprio le
dismesse ferrovie di montagna realizzate all’inizio del ‘900.
La loro storia è strettamente connessa alle difficili
condizioni socio-economiche delle popolazioni che vivevano
nelle zone interne e che scontavano gravi problemi di trasporto
a causa dell’isolamento. Da qui la necessità di
realizzare strade ferrate che potessero attraversare i pendii
più impervi e collegare quei centri altrimenti irraggiungibili.
La ripresa di questi antichi tratti ferrati non ha solo valenza
ambientale ma anche e soprattutto storica. Un viaggio, dunque,
tra le antiche vie di comunicazione. “Le vie del treno”,
appunto, che si snodavano su quei tracciati oggi in gran parte
nascosti dalla vegetazione.
Gianluca Prestia
Quella storia che viaggia sui binari
Le
linee ferrate nate per contrastare l’isolamento dei
centri
La tratta ferroviaria
Vibo Marina – Monteleone è stata
inaugurata il 2 luglio del 1917. Sei anni dopo, il 4 ottobre
del 1923, la stessa veniva prolungata sino a Mileto. Il vecchio
tracciato si estendeva per circa 28 chilometri. Nel progetto
iniziale avrebbe dovuto coprire un tratto di 120 chilometri
e avrebbe dovuto far parte del progetto che da Porto S. Venere
a Soverato avrebbe consentito il collegamento del Tirreno allo
Ionio. La ferrovia fu determinante per lo sviluppo economico
e culturale del Vibonese. La tratta con la partenza da Porto
S. Venere prevedeva le fermate alle stazioni e ai caselli di
Pizzo Calabro, Longobardi-Sant’Onofrio, Monteleone, Vena,
Ionadi-Cessaniti, San Costantino Calabro e Mileto. Un tratto
con paesaggi pittoreschi dove la vista del golfo lametino con
i piroscafi attraccati ai moli foranei cedeva il passo agli
uliveti e all’ampia valle del fiume Mesima. Purtroppo,
lungo il tracciato, molti erano i tratti a rischio di frana
e caduta massi. Ad esempio il 27 ottobre del 1927 un macigno
di circa cento quintali cadde nei pressi della stazione di
Longobardi. La tragedia fu evitata soltanto grazie alla prontezza
del macchinista Giuseppe Crea che riuscì, azionando
i freni, a bloccare la locomotiva a pochi centimetri dall’ostacolo.
Una sciagura, purtroppo, soltanto rinviata. Il 17 novembre
del 1951, infatti, l’automotrice 36 venne trascinata
a causa del crollo dell’ultima arcata del ponte Ciliberto,
sito tra Pizzo e Vibo Marina, da un’altezza di circa
18 metri. Undici furono i morti e trentotto i feriti. La tragedia
contribuì a determinare la lenta agonia della linea.
Dapprima rimase funzionante solo il tratto Mileto-Pizzo poi
la linea ferroviaria venne smantellata e chiusa, tra il rammarico
della cittadinanza, il primo ottobre 1953.
Giuseppe
Currà