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“Calabria
Ora ” – Venerdì 23 giugno 2006 - pag.
19 |
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Mare
monstrum
Cemento,
depuratori e scarichi abusivi hanno distrutto la costa che incantò
Giuseppe Berto
RICADI
– Di Capo Vaticano, tra le cento spiagge più belle
al mondo, è rimasto ben poco. Il litorale di Ricadi,
oggi, non è più quello che incantò Giuseppe
Berto, vilipeso dal cemento di centinaia di costruzioni realizzate
a pochi metri dalla battigia. Le sue acque, che divengono turchesi
grazie al riflesso del cielo sui bianchi fondali, sono il terminale
di condotte abusive e scarichi di depuratori incapaci di contenere
il flusso delle acque reflue prodotte da quelle centinaia di
migliaia di presenze quotidiane di cui gli enti di promozione,
da queste parti, vanno fieri. Ricadi e la sua Capo Vaticano
stanno per morire e non possono aspettare «quattro anni»
affinché cambi qualcosa.
Il nostro viaggio parte da Santa Maria, la località rifugio
estivo dell’assessore regionale al Turismo Beniamino Donnici,
che appena due anni fa mobilitò l’intera comunità
denunciando il lassismo della giunta regionale e dell’Ufficio
del commissario per l’emergenza ambientale. Oggi è
ancora peggio di allora. E non un grido si leva più in
difesa di un luogo che si voleva far divenire patrimonio dell’umanità.
Ci accompagna Giuseppe Braghò, responsabile nazionale
della Ricerca scientifica per l’Arci-pesca Fisa. Conosce
quei luoghi come pochi altri, li ha vissuti insieme al suo più
grande amico, Giuseppe Berto.
La stagione muove i primi passi e la spiaggia è già
affollata di turisti. I bambini non esitano a gettarsi nelle
acque torbide. A poche decine di metri l’acqua diviene
sempre più schiumosa, nera. C’è un grande
ratto che galleggia attorniato da escrementi e da due piccole
meduse. Un fatto anomalo direbbe chi sostiene che le meduse
misurano la bontà delle acque. Un pedalò con a
bordo una famiglia straniera si avvicina e poi scappa. Un temerario
turista tedesco su di una canoa ci gira invece attorno. Grazie
ad un inglese poco ortodosso manifesta le sue perplessità:
«Ci dev’essere una fogna da queste parti».
Sembra più incuriosito che inorridito: «I luoghi
sono belli, ma l’acqua è sporca. Anche se una cosa
simile lo scorso anno non l’ho mai vista. E’ sicuramente
peggio dello scorso anno e siamo ancora a giugno».
Fotografiamo e filmiamo. Continua il nostro viaggio. Fino alla
rinomata baia di Grotticelle s’incontra un po’ di
tutto. Non ci spaventano i cumuli di escrementi, né gli
assorbenti, così pure i cellophanes e i residui ancora
freschi di qualche banchetto. Cosa potrebbe più stupirci
dopo quel grande ratto morto a poco più di cinquanta
metri dalla riva della spiaggia di Santa Maria?
Ricadi è un patrimonio che continua nel suo inarrestabile
processo di distruzione. Procediamo verso Capo Vaticano, verso
lo sperone granitico che ha rapito Berto. Scorgiamo perfino
una ruota, con tanto di cerchio e copertone che galleggia verso
l’ennesima colata di cemento armato che attende di essere
completata e che si scorge sulla spiaggia. No, non è
una boa, neanche rudimentale. Non c’è alcuna corda
che la lega ad uno scoglio adagiato sul fondale. E’ una
ruota, naufragata, non si sa come, lungo il tratto del litorale
calabrese più conosciuto e amato al mondo.
Perché tutto questo? Perché? La risposta in parte
la si può trovare ad appena qualche chilometro più
a Sud. Nella foce del fiume Mesima, che trascina ogni anno in
mare milioni di metri cubi di acque reflue e di rifiuti solidi.
La risposta è in quei depuratori che possono servire
un bacino di appena 20.000 abitanti e che invece devono far
fronte ad “un’utenza” estiva di quasi centocinquantamila
presenze. E’ nelle cosiddette “vasche Imof”
di molte strutture ricettive, di cui è monitorata la
registrazione ma non lo scarico delle acque nere. E’ quindi
negli scarichi abusivi a mare, alcuni dei quali, lungo la Costa
degli dei, lo scorso anno sono stati già scoperti e denunciati
dai Carabinieri del Nucleo operativo ecologico.
C’è silenzio tra chi ama Ricadi. Il Comune ha deciso
che il porto turistico, l’ecomostro che avrebbe cancellato
la Grotta dell’Eremita, non si farà più.
Ma Ricadi sta morendo comunque. Tra ratti e liquami nelle sue
acque turchesi non c’è entusiasmo nell’apprendere
che è stata risparmiata l’ennesima colata di cemento.
Cambiano gli uomini e cambiano i governi, non cambia il destino
di una fascia costiera così incantevole e oggi dimenticata
da tutti, anche da chi una volta per essa si era battuto. Ma
forse allora era solo lotta politica. Il silenzio e l’indifferenza
oggi hanno preso il posto di quell’amore soltanto ostentato.
Pietro
Comito