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“Il
Giornale di Calabria”
– Martedì 18 settembre 2007
- pag. 12 |
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«Il Parco dell’Aspromonte
sta morendo»
Legambiente
e Cai lanciano un appello per la salvaguardia delle tante biodiversità esistenti
REGGIO CALABRIA
- Salvare il parco d’Aspromonte dal
degrado in cui sta sprofondando.
È
l’appello che Antonino Morabito ed Antonino Falcomatà,
rispettivamente presidente di Legambiente Calabria e CAI Regione
Calabria, rivolgono con una lettera aperta a Leo Autelitano,
presidente dell’Ente Parco nazionale dell’Aspromonte,
e ad Alfredo Roselli, presidente della Comunità del
Parco nazionale dell’Aspromonte. La missiva è indirizzata
per conoscenza anche ad Alfonso Pecoraro Scanio, ministro dell’Ambiente
e della Tutela del Territorio, ad Agazio Loiero, presidente
della Regione Calabria, Diego Tommasi, assessore regionale
all’Ambiente, Giuseppe Morabito, presidente della Provincia
di Reggio Calabria e a Giuseppe Neri, assessore provinciale
all’Ambiente.
I due esponenti dell’associazionismo ambientalista manifestano «viva
preoccupazione» per «i continui, evidenti, segnali
di perdita di biodiversità e, soprattutto, di quel profondo
sentimento di sacralità e rispetto dei luoghi che sono
la ragion stessa d’esistere del Parco nazionale dell’Aspromonte».
Nella missiva sono segnalati alcuni episodi: «Sabato
14 settembre, nell’area tirrenica meridionale del Parco,
nel comune di Cardeto, è stato recuperato un bellissimo
esemplare di lupo (Canis lupus), un maschio adulto, ucciso
con l’uso del veleno. Uno dei pochissimi esemplari ancora
presenti in Aspromonte, forse meno di dieci, ucciso probabilmente
per difendere pochi capi di bestiame. Una delle scarse presenze
di mammiferi selvatici di medie e grandi dimensioni che arricchiscono
di magia e mistero il territorio del parco, perso per sempre.
Tra la fine di agosto ed i primi di settembre - prosegue la
missiva - l’Ufficio Territoriale per la Biodiversità di
Reggio di Calabria del Corpo Forestale dello Stato, con l’uso
di mezzi meccanici cingolati, ha realizzato una pista carrabile
di circa 2 km di lunghezza all’interno del bosco, con
taglio di alberi (soprattutto faggi e forse abeti bianchi),
costruzione di gabbionate a sostegno della pista stessa, alterando
e modificando luoghi ancestrali. La pista raggiunge uno splendido
punto panoramico dapprima accessibile da un antico sentiero
ora in buona parte cancellato dal nuovo tracciato. Siamo a
brevissima distanza da Montalto, cima più elevata del
massiccio, in località Pantano di Montalto a circa 1.800
m di quota, in Zona A, ovvero dove, per non ferire l’integrità della
natura, è previsto sia tassativamente vietato aprire
nuove strade».
Nella missiva è scritto, ancora, che «durante
lo scorso mese di agosto, Monte Fistocchio (comune di Scido),
in zona B del Parco nazionale dell’Aspromonte, è stato
oggetto di continui saliscendi di fuoristrada che offrivano
un vero e proprio servizio navetta per “evitare” una
breve salita a piedi di appena mezz’ora». È andato
distrutto, continua la lettera, «quello che i pedologi
chiamano la cotica erbosa, cioè lo strato superficiale
di terra e erba che impedisce l’erosione del terreno
e la cui crescita è lentissima. Si sono quindi create
incisioni ed erosioni che alle prime piogge si trasformeranno
in veri canali. In questa località è stata condotta
una ricerca finanziata dal Ministero dell’Ambiente per
evidenziare i segni della presenza dell’uomo in alta
quota. Lo storico prof. Minuto aveva infatti segnalato che
un documento di cinquecento anni fa parlava dell’esistenza
di ruderi in tale sito. I rilievi condotti in collaborazione
con la Facoltà di Architettura di Reggio Calabria avevano
rilevato la possibilità che tali ruderi fossero resti
di una postazione militare, un luogo di vedetta assai privilegiato,
a guardia della via che collegava Pietra Castello di San Luca
con Santa Cristina, quindi i due versanti dell’Aspromonte.
Dalla cima del monte si gode una veduta assai nitida sui due
versanti, fra cui si distinguono le caratteristiche rocce di
Pietra Castello e Pietra Cappa a sud-est e gli abitati di Delianuova
e Scido a nord-ovest. Si scorgono nettamente anche le alte
cime dell’Aspromonte, con Montalto a sud-ovest e Pietra
Tagliata ad ovest. L’importanza e la bellezza di tale
luogo non è stata sufficiente di per sé ad evitare
l’aggressione e il danno».
Gli autori della missiva segnalano poi che nel mese di luglio,
una delle aree più belle ed ancora integre nella Zona
B del Parco nazionale dell’Aspromonte, «è stata
distrutta per allargare una strada preesistente, il tracciato “bivio
S. Maria - Montalto” di circa 18 km, che era stato realizzato
dall’AFOR diversi anni fa ampliando ed asfaltando, in
parte, alcune piste che si snodavano nel territorio comunale
di San Luca. Larga circa 3-4 metri (dimensione adeguata per
una strada di montagna), ha inizio dagli 827 m di quota della
località S. Maria (poco a monte dello splendido monolito
di Pietra Cappa, uno dei simboli del Parco) e si arrampicava,
con un primo tratto di circa 4 km in terra battuta, tra lecceti
e querceti, sino ai 1.257 m di quota di contrada Cropanelli.
Iniziava qui il tratto asfaltato che segue poco discosto la
dorsale, la schiena dell’Appennino, transitando da località che
già nei nomi racchiudono la storia della montagna aspromontana:
Passo della Cerasara, Portella Mastrangelo, Monte Scorda, Monte
Fistocchio, Monte Cannavi, Serro di Pietra Tagliata, Piano
Tabaccari giungendo, dopo aver transitato sotto fitte gallerie
di faggi e di pini, poco sotto Montalto, a 1.852 m s.l.m».
«La strada, come gran parte della rete viaria nella montagna
reggina, - si fa notare - non aveva goduto di alcuna ordinaria
manutenzione e quindi presentava in alcuni tratti delle buche.
Sarebbe bastato ripristinare il manto stradale ed asfaltare
il primo tratto di 4 km sterrato. Invece sono partiti sbancamenti,
taglio di centinaia di alberi e tutto quanto necessario per
raddoppiare la larghezza della strada. Perché? Una strada
che, come insegna la storia recente della Carmelia - Zervò (allargata,
abbandonata e poi rifatta di nuovo) finirà con l’essere
abbandonata in attesa di rifarla di nuovo».
I presidenti delle due associazioni ambientaliste evidenziano
che «“la “Montagna”, come da sempre è chiamato
l’Aspromonte, è come una grande cattedrale, dove
ognuno è il benvenuto, ma la sacralità e il rispetto
devono saper orientare l’agire, dove si può e
si devono migliorare le condizioni di vita di chi lo abita
e di chi lo visita, senza per questo distruggere le “icone” di
questa cattedrale, che sono paesaggi, habitat e specie animali
e vegetali. Solo venti o trenta anni fa era possibile “incontrare”,
nei tratti più impervi e montani delle fiumare, esemplari
di trota con molti anni di vita, animali ricchi di storie e
di inverni, oggi è praticamente impossibile a causa
della distruzione causata dalla parte peggiore dell’uomo.
Questo - è l’appello - va decisamente fermato,
questa è la nostra richiesta. Serve invertire la rotta,
indicare modi, pretendere che i controlli siano possibili (oggi
in tutto il territorio del parco vi sono “sul campo” non
più di 20 guardie forestali), garantire il puntuale
rispetto delle prescrizioni date, offrire proposte adeguate».