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“Il
Giornale di Calabria”
– Domenica 17 febbraio 2008 |
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Legambiente dice no al carbone
Mobilitazione
dell’associazione ambientalista a Saline
Joniche. Celebrato il terzo compleanno di Kyoto
SALINE JONICHE -
Per il terzo compleanno di Kyoto, Legambiente si è data appuntamento sabato a Saline Joniche, indicendo
la sua giornata annuale di mobilitazione nazionale contro l’uso
del carbone nelle centrali termoelettriche. E racconta, nel
suo dossier “No al carbone”, tutti i problemi irrisolti
dell’impiego di questo combustibile.
«Il carbone è, infatti - spiega Legambiente - la fonte
fossile a maggiore emissione specifica di CO2 per la produzione
elettrica. E proprio a Saline Joniche una società svizzera
sta progettando di costruire una nuova centrale a carbone da
1200 MW. Un progetto che va in direzione totalmente contraria
a quanto auspicato da Legambiente, impegnata in prima linea
per rilanciare l’idea di uno sviluppo diverso. In Italia,
il carbone contribuisce già oggi in maniera rilevante
allo sforamento dell’obiettivo nazionale di Kyoto previsto
al 2012 (rispetto alle emissioni del 1990, dobbiamo ridurre
entro i prossimi 4 anni la CO2 emessa in atmosfera del 6,5%,
mentre nel 2005 eravamo a +12%). Ma nel nostro Paese sono attive
da anni 12 centrali a carbone e su questo combustibile puntano
diversi nuovi progetti».
«Quella del carbone - dice Vittorio Cogliati Dezza, presidente
nazionale di Legambiente - è una politica industriale
delle aziende elettriche che nessun governo italiano finora
ha voluto contrastare. Approvare due finanziarie, come quelle
2007 e 2008, con importanti provvedimenti sui temi dell’efficienza
energetica e dello sviluppo delle fonti rinnovabili, e contemporaneamente
acconsentire alla politica di riconversione a carbone delle
principali centrali termoelettriche italiane, o alla costruzione
di nuove, è una evidente contraddizione. Che l’Italia
non può più permettersi, se vuole evitare le
multe salate previste per chi non rispetterà gli obblighi
di Kyoto».
«Le centrali a carbone italiane nel 2006 hanno emesso 42,2 milioni
di tonnellate di CO2, il 30% delle emissioni del settore termoelettrico,
per produrre solo il 14% dell’elettricità nazionale.
Hanno sforato di oltre 3 milioni di tonnellate i limiti imposti
per il 2006 da Bruxelles e dal Piano nazionale delle emissioni
(Pna) italiano. E il trend continua a crescere. Nel 2006 la
centrale più inquinante è stata quella Enel di
Brindisi sud (con 14,4 milioni di tonnellate di CO2 emesse),
seguita dalla centrale Endesa di Fiumesanto (4,8) e da quella
Enel di Fusina (4,6)».
«Ci sono poi - spiegano ancora i vertici di Legambiente - i
progetti in corso. Torrevaldaliga Nord a Civitavecchia, in
via di ultimazione, con un aggravio di quasi 10 milioni di
tonnellate di CO2 annue. L’entrata a regime della centrale
già esistente nel Sulcis prevista per il 2008, che riverserà in
atmosfera un altro milione di tonnellate di anidride carbonica.
I progetti di riconversione delle centrali di Porto Tolle e
di Rossano Calabro. La richiesta di Valutazione di impatto
ambientale avanzata nel 2007 da Tirreno Power per la costruzione
di un quinto gruppo a carbone a Vado Ligure. Il via libera
dato a Endesa dalla Regione Sardegna per la riconversione a
carbone dei due gruppi alimentati a olio combustibile dell’impianto
di Fiume Santo. Nell’area del Sulcis è inoltre
in corso l’iter per la realizzazione di una seconda centrale
che brucerà il carbone locale, godendo addirittura dei
fondi Cip6 per le rinnovabili. Il bacino Sulcis Iglesiente è l’unica
riserva italiana. Il 99% del carbone consumato nel nostro Paese è importato.
Nel 2006 l’importazione del carbone ha riguardato poco
più di 25 milioni di tonnellate con un aumento dell’1%
rispetto all’anno precedente. Ma, contrariamente a quanto
sostenuto dai fautori del carbone - evidenzia Legambiente -
le condizioni del mercato internazionale stanno cambiando.
Nei primi mesi del 2008 i prezzi del carbone hanno superato
per la prima volta la cifra record dei 100 dollari a tonnellata.
A fronte di una domanda in costante crescita, le riserve diminuiscono.
Secondo l’Energy World Group, il picco del carbone potrebbe
essere raggiunto nel giro di 20 anni. Cade così il principale
argomento a favore delle riconversioni in Italia: quello del
vantaggio dei prezzi e della sicurezza nell’approvvigionamento.
La strategia Ue di riduzione delle emissioni per il 2020 (che
prevede di tagliare i gas serra almeno del 20%) sancisce, inoltre,
un prezzo sempre più alto per chi inquina. La riforma
dell’Emission trading system prevede che a partire dal
2012 i permessi a inquinare per le centrali termoelettriche
non possano più essere distribuiti gratuitamente dai
governi degli Stati membri ma debbano essere acquistati alla
Ue».
«Ci auguriamo - conclude Stefano Ciafani, responsabile scientifico
di Legambiente - che il prossimo governo sappia cogliere l’importanza
della sfida climatica, fermando la corsa al carbone e continuando
sulla strada dei buoni provvedimenti approvati nelle ultime
due finanziarie, come ad esempio il conto energia inizialmente
previsto per il fotovoltaico ed esteso a tutte le rinnovabili».