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“Carta” – 13 settembre 2004

 

Gli abusi legalizzati della costa calabrese


altra città di Giovanni Felicetti

La parola «ecomostro», da quest’estate è tornata a far parte del vocabolario dei calabresi. Il merito è di un’inchiesta de Il quotidiano della Calabria, che ha avuto inizio verso la metà di giugno e che continua ancora oggi, dopo una sequenza quasi ininterrotta di interventi, articoli ed approfondimenti a cui, in alcuni casi, hanno fatto seguito risvolti concreti proprio grazie alla forza d’impatto della carta stampata. È certamente una bella pagina di giornalismo, che ha portato risultati tangibili.
L’idea nasce quasi per caso: il direttore del giornale passa col treno davanti all’isola di Dino, in località Fiuzzi a Praia [nell’alto Tirreno cosentino], e si accorge che la vista un tempo libera è stata occlusa improvvisamente da una struttura squadrata di cemento armato. Chi conosce il luogo si rende conto che si tratta di qualcosa di eclatante, ed è per questo che il giornale decide di dare inizio ad un’inchiesta «vecchio stile».
«In altre parole - spiega Paride Leporace caporedattore del quotidiano calabrese - eravamo ben consapevoli di non poter affrontare per intero un problema come quello della cementificazione delle nostre coste, ma certamente valeva la pena di concentrarsi su episodi e contesti di grande valore simbolico per porre una questione di fondo che riguarda il tipo di turismo che si intende promuovere».
E così, l’inchiesta dal complesso alberghiero di lusso a Praia si estende anche ai lavori per la costruzione di una mega palestra sulla spiaggia di Cirella [a pochi chilometri di distanza], ed infine riaccende grosse polemiche sul progetto per realizzare un porto turistico nella spiaggia di Santa Maria di Ricadi a Capo Vaticano, la località decantata dalle opere di Giuseppe Berto e annoverata da un’inchiesta di un giornale francese fra le duecento spiagge più belle del mondo: episodi di cementificazione selvaggia che investono nello stesso momento le tre «capitali delle vacanze» in Calabria.
Commentare in modo sintetico tutto ciò che si è mosso intorno all’inchiesta è molto difficile, perchè è complesso spiegare decenni di colate di cemento a ridosso delle spiagge. Di certo considerato il grande scalpore che ha prodotto l’inchiesta e le reazioni da parte di ambientalisti, uomini della cultura, comitati di cittadini, associazioni, spezzoni di partiti, possiamo dire che ce n’era proprio bisogno. La bravura dei giornalisti, Leporace e la sua collega Cristina Vercillo che hanno firmato i passi più importanti, è stata quella di saper approfondire le indagini riuscendo a smascherare i punti deboli di meccanismi complessi e procedimenti contorti che hanno permesso alle lobby del cemento di dare avvio agli scempi in condizioni di ineccepibile regolarità formale.
Insomma invece di legalizzare l’ottima «erba» locale, da queste parti si legalizzano gli scempi ambientali. Come al solito il mondo politico, a parte qualche presa di posizione dovuta, non si è molto sporcato le mani in questa vicenda anche se nel caso di Cirella un intervento del ministero dell’ambiente ha bloccato i lavori e prodotto il sequestro del cantiere. E poi, Legambiente ha consegnato la bandiere nera al presidente della regione Chiaravalloti [di centrodestra] ed ha conferito alla Calabria il bronzo dell’abusivismo edilizio.
Ma, come andrà a finire la vicenda degli ecomostri? E quale sarà la sorte di quel che di bello rimane in Calabria? Il timore dei calabresi, tutt’altro che infondato, è che nel giro di qualche mese gli ecomostri potrebbero realizzarsi sfruttando il letargo invernale.
Ma certamente lo spazio pubblico che si è costruito in questa circostanza e la determinazione di quanti hanno sentito l’esigenza di mobilitarsi in pieno agosto, rappresentano un fatto nuovo da salutare con grande favore, un evento che qualcuno vorrebbe già accostare alle altre importanti mobilitazioni che, a partire da Scanzano, hanno inaugurato una nuova stagione di riscatto e impegno civile nel Sud.

Carta - www.carta.org

 

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