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“Il Quotidiano della Calabria” – Giovedì 13 luglio 2006 - pag. 18

 

L’analisi

Tutto quello che non è stato rispettato negli anni

di Antonio D’Agostino

A DISTANZA di una settimana dall’alluvione che ha colpito il vibonese, quando ancora gli effetti devastanti dell’evento calamitoso sono sotto gli occhi di tutti, è opportuno e doveroso far luogo ad un’analisi più lucida dell’evento che, senza nulla togliere al sentimento collettivo dell’umana solidarietà, la depuri dai suoi aspetti rituali e spesso retorici che, per esperienza consolidata non preludono però a quella fase successiva che imporrebbe l’assunzione delle responsabilità (correlate ai singoli moli) alle quali sono chiamati i vari soggetti che sono preposti alla corretta gestione del territorio. Vi è il rischio che da un lato l’oggettiva eccezionalità dell’evento e – dall’altro – le chiamate di correità, per essere troppo generalizzate vengano perciò stesso sdilinquite nell’implicito assunto che siamo tutti – e quindi nessuno – colpevoli di quello che è avvenuto. La riflessione ormai ricorrente in questi casi – è che alla natura tralignante dell’uomo predatore si oppone l’altra natura che si riprende quello che gli è stato tolto, facendo giustizia sommaria. Se questo è intrinsecamente vero il discorso non può e non deve esaurirsi in tale affermazione tautologica. Proviamo allora ad approfondire il discorso partendo dalle cause e correlandole agli effetti. Una facile analogia ci chiarirà meglio il discorso. Spesso terremoti di pari intensità hanno provocato migliaia di vittime in un Paese dove non era stata praticata alcuna politica di prevenzione da tale rischio, con edilizia “povera”, mentre hanno ucciso al massimo alcune mucche in altri contesti dove il livello di guardia era sufficientemente elevato e con esso il livello di sicurezza degli edifici. Ciò ha fatto affermare che anche il terremoto può diventare un fenomeno “classista”. Ebbene possiamo tranquillamente affermare che ciò è del tutto identico per altri fenomeni naturali quali appunto le alluvioni, m. s. anche gli incendi o gli tzunami. Ci sentiamo di dire che l’eccezionalità dell’evento del 3 luglio scorso – che solo per essere avvenuto di giorno non ha chiesto un tributo ben più alto di vite umane – avrebbe potuto avere effetti meno devastanti se alcune aree di rischio ben individuate dal cosiddetto Pai (Piano di assetto idrogeologico) della nostra regione, fossero state adeguatamente monitorate allo scopo di programmare i necessari interventi secondo una precisa scala di priorità. Allo stesso modo è risultato evidente che gli alvei di alcuni corsi d’acqua ben individuati (il torrente S. Anna e via, via gli altri, fino a quelli di Longobardi) avrebbero assolto molto meglio la loro funzione se non fossero stati manomessi ed omessa la loro manutenzione, riducendone la sezione. In fondo, a scala diversa, è lo stesso discorso delle condotte fognanti, spesso sottodimensionate ed i cui pozzetti di raccolta delle acque piovane (che più che queste raccolgono rifiuti di ogni tipo) vengono sistematicamente trascurati, salvo a constatare i danni quando le tubazioni scoppiano e le strade diventano fiumi anche per eventi molto meno eccezionali dell’ultimo. Forse non si ha idea di quanti contenziosi i Comuni del Vibonese hanno perso per essere stati dichiarati responsabili degli allagamenti avvenuti nei piani bassi di molti edifici, per l’inadeguatezza degli impianti pubblici senza che a ciò seguisse un dovuto programma di interventi.
Vi sono poi le responsabilità degli Enti che gestiscono le strade e le ferrovie! Che costituiscono con i loro rilevati dei pericolosissimi sbarramenti (come si è potuto constatare in questo drammatico evento) che, se non adeguatamente interrotti da sottopassi in numero sufficiente e di adeguate dimensioni, vengono letteralmente tappati dall’enorme quantità di materiali (alberi, massi e quant’altro) che la furia delle acque trascina con sé con la conseguenza che si trasformano in dighe improvvisate con l’effetto “tzunami” proveniente da terra che si è visto a Bivona. Forse pochi sanno che oggi esistono sistemi informatici che sono in grado di rappresentare il territorio nei minimi particolari ed in tre dimensioni, e che, utilizzando modelli matematici costruiti ad hoc, consentono di simulare, con ottima approssimazione, eventi del genere. C’è infine l’edilizia abusiva, ma anche quella “legale”, che hanno nome e cognome, ma che i tanti condoni hanno messo al riparo da qualsiasi provvedimento repressivo e che, paradossalmente, potrebbero beneficiare degli indennizzi pubblici, al pari di chi ne avrebbe ben più giusto titolo.
Tutto quanto sopra detto postula l’urgente ed indifferibile nomina di una commissione di inchiesta (in fondo lo si fa per disgrazie di dimensioni molto minori) interdisciplinare e con la rappresentanza dei cittadini colpiti, sulla cui rapidità ed efficienza si può misurare la credibilità delle istituzioni, in primis quella regionale.
E veniamo al capitolo dei soccorsi e degli interventi di risanamento. Non si è detto abbastanza – ed anzi i media nazionali hanno di fatto taciuto – delle decine di atti eroici che si sono avuti nell’immediatezza della tragedia. Dall’uomo che ha rischiato la vita per tentare, purtroppo inutilmente, di salvare il piccolo bimbo ingoiato dalle acque, ai gestori di un grande villaggio turistico che, lottando nell’acqua, hanno portato in salvo i duecento ospiti presenti (tra cui molti disabili, bambini e anziani) pur avendo la propria famiglia in pericolo in abitazioni della stessa zona. Allo stesso modo va detto che ha funzionato la macchina istituzionale dell’intervento immediato che ha visto – in testa i carabinieri elicotteristi ed i Vigili del Fuoco - effettuare interventi decisivi per la salvezza di molte persone. Riteniamo che tutto ciò vada adeguatamente sottolineato e portato all’attenzione di tutto il Paese soprattutto in una regione che viene spesso messa sotto osservazione per le sue negatività. Purtroppo non si può dire la stessa cosa per la seconda fase, attualmente in corso, che dovrebbe risanare le tante ferite inferte alle abitazioni dei cittadini all’economia locale ed alle infrastrutture pubbliche. Quello che si coglie con evidenza girando per le marinate è una notevole disorganizzazione negli interventi, connessa anche alla scarsità di mezzi impegnati nelle operazioni. Ma la cosa più sbagliata – e purtroppo puntualmente ricorrente in analoghe calamità – è quella di non capire che gli interventi vanno eseguiti oltre che “per” la comunità anche e soprattutto “con” essa. Abbiamo toccato con mano, in questi giorni, l’isolamento della gente costretta a far da sola e senza alcun supporto, a volte anche solo psicologico. Si stenta a capire che, sia pure paradossalmente, le disgrazie di questo tipo, dopo un primo momento di sconforto, attivano notevoli ed impensate energie che vanno semplicemente assecondate ed organizzate. E invece la tendenza è ancora una volta quella di passivizzare la gente limitandosi a dar loro da mangiare e bere (che pure è necessario ma che non può bastare) e proponendo assurde “deportazioni” come è purtroppo avvenuto qualche sera fa a seguito di un nuovo allarme maltempo (la proposta era di trasferire le persone in alberghi della Sila). Ed infine le infrastrutture. Permangono situazioni di grave pericolo che richiedono interventi di messa in sicurezza adeguati per tempi e modalità che non possono essere quelli del tipo adottato nel capoluogo dove da qualche anno permane un semaforo con la chiusura parziale di un’importante strada in dissesto ed in altre due tangenziali i lavori sono fermi da tempo pare per problemi di stabilità dei versanti la cui soluzione viene rinviata sine die.
E’ dunque urgente che venga predisposto un piano immediato di interventi, che contenga un preciso cronoprogramma, da finanziarsi in tempi rapidi. Su tutto ciò sarà giudicata la classe politica che governa il territorio; su questo gli sarà confermata o tolta la fiducia.

 

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