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“Il Quotidiano della Calabria” – Giovedì 13 luglio 2006 - pag. 22

 

Pizzo. Il pensiero di Osvaldo Pieroni al convegno sull’ambiente

«La natura presenta il conto»

Nella provincia un turismo di prossimità

PIZZO - La relazione centrale del convegno su “Ecoturismo e Ambiente” è stata svolta dal professore Osvaldo Pieroni, del Dipartimento di Sociologia dell’Università della Calabria e valente collaboratore di questo giornale, il quale, innanzitutto, ha inteso precisare che, per la legge del contrappasso, non è la natura che si ribella, ma l’ambiente è quello che l’uomo determina con i suoi comportamenti ed interventi. «L’ambiente – ha affermato – deve essere considerato come la base della nostra vita ed allora non è la natura che si ribella, ma è la nostra società, il modo col quale abbiamo costruito la nostra relazione con l’ambiente che ci presenta il conto. E’ un conto che noi dobbiamo pagare a noi stessi, anche se certi eventi sono imprevedibili, ma sono catastrofici più o meno a seconda delle condizioni che noi abbiamo creato diventando quasi la normalità. Se poi veniamo alla Calabria, come diceva Manlio Rossi Doria, la Calabria è osso e polpa. L’osso che tiene insieme il territorio è la montagna, la polpa sono le pianure e le fasce costiere, e tra l’osso e la polpa io aggiungerei un altro tessuto, che sono le costole che abbiamo trascurato. La montagna si è svuotata, la polpa si è appesantita, ed abbiamo perso di vista le costole, perché la Calabria non soltanto è montagna e costa e pianura, ma anche i suoi 200 corsi d’acqua, la maggior parte a carattere torrentizio che chiamiamo fiumare».
L’illustre relatore, proseguendo nella sua metafora, ha ricordato come una volta le fiumare erano quelle che congiungevano la costa alla collina e alla montagna e che d’estate erano vie di transito, mentre durante l’inverno, venivano lasciate libere perché l’acqua potesse percorrere il suo cammino, importante per la costa che ha perso le sue spiagge che non è per l’azione del mare, ma è perché le fiumare non trasportano più nulla per il ripascimento delle coste.
«Abbiamo ridotto le fiumare – ha proseguito Pieroni – a delle immense cave per costruire restringendo gli argini che s’intasano, ed ecco poi le alluvioni, perché noi abbiamo addirittura costruito all’interno delle fiumare e anche gli eventi di qualche giorno fa sono degli esempi di questo tipo. Noi dovremmo recuperare il senso della geografia del nostro territorio, ricordare com’era e com’è ancora fatta la Calabria. Dobbiamo incominciare, prima possibile, un lavoro che riguarda il recupero del tipo d’insediamento che c’era. La costa ormai è un organismo malato che rischia continuamente l’infarto e ciò che intasa le vene del nostro organismo territoriale è il cemento, per cui c’è bisogno di una dieta in cui il cemento non sia più parte del cibo quotidiano. E’ necessario una urgente cura dimagrante del nostro territorio che non ci deve spaventare, perché la nostra regione è la seconda d’Italia per disponibilità di costruito. Infatti, il costruito pro-capite è pari a 400 metri cubi per abitante, ciascuno di noi, dal più ricco al più povero, ha teoricamente a disposizione un appartamento di 400 metri cubi, che da un lato rappresentano il peso che abbiamo riversato sulla costa, dall’altro costituiscono ciò che ci siamo lasciati alle spalle, i paesi e le case abbandonate e vuote».
Altro concetto del professor Pieroni, ripetuto più volte, è che in Calabria si è voluto ad ogni costo adottare un modello di turismo distorto, copiando dall’esterno, mentre occorre recuperare la dignità e il rapporto col nostro territorio, sempre facendo riferimento alle nostre tradizioni «per spingerci avanti», convinti che c’è un immenso patrimonio da recuperare come centinaia e centinaia di paesi che ormai sono deserti in mezza collina. «Noi – ha proseguito il relatore – non dobbiamo pensare ad un turismo sui modelli adriatici, ma quello che noi possiamo offrire è qualcosa di diverso, utilizzando mare, collina e monti tra loro vicinissimi. Dobbiamo pensare al recupero, alla riutilizzazione edilizia, alla riattivazione dei paesi, riqualificando i centri storici come si è felicemente fatto a Riace». Ha rilevato che il nostro è un turismo nazionale e di prossimità, vale a dire proveniente essenzialmente dal Mezzogiorno, ed ha citato alcuni dati statistici ufficiali: il 57 per cento delle presenze turistiche mediamente proviene dal Mezzogiorno, di cui il 24,3 per cento dalla Campania; gli stranieri raccolgono appena il 13 per cento degli arrivi e il 15 per cento delle presenze. Da qui la considerazione che il grosso del turismo è di prossimità, cui si devono aggiungere alcuni dati di fatto: le strutture alberghiere sono ampiamente inutilizzate; la Calabria è, per disponibilità di posti letto relativamente alla popolazione, tra le prime regioni in Italia e tra le ultime per tasso d’utilizzazione, per questo la necessità di pensare ad un nuovo tipo di turismo, valorizzando altre strutture ed incoraggiando il “sistema casa”, che è nelle tradizioni della Calabria.
«Le presenze turistiche nelle case – ha affermato il relatore – sono undici volte superiori alle presenze turistiche nelle strutture alberghiere. Le abitazioni private per uso vacanza sono in Calabria 200 mila per circa 700 mila vani, il che significa che c’è quasi un milione di posti letto che fa capo a seconde case, un turismo che non appare ed è selvaggio e che ha bisogno di essere programmato. Questa è una grossa offerta da razionalizzare, questo è un sistema d’offerta che può trasformare i nostri paesi in paesi albergo, che possono trasformare il nostro territorio in territorio dell’accoglienza e dell’ospitalità, rispettoso della propria storia e non appesantito dal cemento. Questa è la prospettiva: recuperare, razionalizzare e rendere legale ciò che abbiamo. Il nostro turismo – è la conclusione – deve ripercorrere la nostra storia, la nostra tradizione, la vicinanza tra la costa e la montagna, un turismo che gode, non soltanto delle bellezze paesaggistiche che dobbiamo recuperare, ma che gode anche di quella ricchezza naturalistica ed ecologica di cui il nostro territorio dispone e che abbiamo cancellato».

 

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