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“Il
Quotidiano della Calabria”
– Martedì 10 ottobre 2006
- pag. 19 |
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L’emergenza
ambientale viaggia sullo stesso binario con inchieste e truffe
La Calabria sommersa di scandali
Da “Poseidone” alla
maglia nera di Goletta Verde
CATANZARO – L’ ”emergenza ambientale” in
Calabria ha sempre viaggiato in compagnia. Sullo stesso binario,
scandali, inchieste, truffe. Bastasse solo l’inchiesta “Poseidone”,
una per tutte. Non è un caso che già nel 2002
la Corte dei Conti nella “Relazione sul rendiconto 2002” scriveva
passaggi inequivocabili del tipo: «le coste dei Comuni
del Tirreno sono altamente inquinate e alcune pericolose».
E non è un caso che a giugno del 2004 la Procura di
Castrovillari sequestrò ben tre depuratori, quello di
Villapiana, di Francavilla Marittima e di Roseto Capo Spulico,
per «accertato inquinamento».
Lo stato di emergenza ambientale nel quale versa la Regione
Calabria non conosce soste, né tanto meno presenta significative
situazioni di miglioramento.
Anzi, più passano gli anni e più la situazione
sembra drammaticamente aggravarsi fino ad arrivare al giorno
in cui – era maggio scorso – l’allora sindaco
di Amantea, Giovanni Battista Morelli, varca i portoni della
Procura per presentare un esposto sul funzionamento della mega
condotta fognaria a cui è allacciata la “sua” cittadina
unitamente ad altri centri del Tirreno cosentino, confidando
che la magistratura riuscisse laddove la pubblica amministrazione
ha fallito.
Senza dimenticare che la Calabria si fregia anche, si fa per
dire, della “maglia nera 2004” per la peggiore
amministrazione locale, un “vessillo” che Goletta
Verde consegna all’allora presidente della Regione Giuseppe
Chiaravalloti. Il business del mare sporco, dei depuratori
che non funzionano in Calabria, sfocia in un caos di corruzione,
tangenti, cattiva politica. L’inchiesta “Poseidone” squarcia
la politica calabrese, è il 16 maggio del 2005, quando
la Procura della Repubblica di Catanzaro emette 12 avvisi di
garanzia che raggiungono, tra gli altri, l’ex presidente
della giunta regionale Giuseppe Chiaravalloti, l’ex assessore
all’Ambiente Domenico Basile, l’ex sub commissario
all’emergenza ambientale Giovan Battista Papello.
Ma è solo l’inizio. A distanza di circa un anno
spuntano nomi eccellenti anche tra i palazzi della politica
romani. A marzo del 2006 un nuovo avviso di garanzia viene
notificato a Lorenzo Cesa, segretario nazionale dell’Udc.
Nei dieci mesi che separano le due ondate di avvisi si aprono
scenari inquietanti che consentono di allargare l’inchiesta
con un’altra bordata di provvedimenti firmati sempre
dai pm del Tribunale di Catanzaro Isabella De Angelis e Luigi
De Magistris. Ben 69 gli avvisi notificati nella seconda tranche
a novembre del 2005.
Le ipotesi formulate dagli inquirenti parlano di una truffa
milionaria ai danni dello Stato e della Comunità europea,
portata avanti da un’associazione a delinquere finalizzata
proprio alla gestione dei soldi pubblici. I reati contestati
comprendono anche la corruzione e il riciclaggio, fino al disastro
ambientale.
La ricostruzione è inquietante, la fotografia è chiara:
i soldi pubblici che arrivavano da Bruxelles per costruire
depuratori e impianti di smaltimento rifiuti, sono spariti
nel nulla, magari in Francia, Svizzera e Lussemburgo, su conti
a sei zero a cui i carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro
lavorano incessantemente per far luce.
L’inchiesta “Poseidone”, sulle presunte illegittimità compiute
nella gestione dell’emergenza ambientale in Calabria,
procede a ritmo serrato.
Dirigenti e funzionari regionali, imprenditori e politici,
finiscono nella rete. Con aggravanti che deriverebbero direttamente
da una infinita mole di atti sequestrati in diverse perquisizioni
portate avanti dai carabinieri del comando provinciale di Catanzaro,
coadiuvati dai colleghi di mezza Italia.
Teresa Aloi