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“Calabria Ora ” – Lunedì 10 luglio 2006 - pag. 33

 

«Sul territorio una pressione insostenibile»

CATANZARO – Ancora una catastrofe a testimoniarci la reale dimensione della fragilità del territorio calabrese e la sua esposizione ai rischi naturali. Non crediamo serva poi molto reiterare le condizioni in merito alla prevedibilità, non tanto dell’evento piovoso, di fatto davvero eccezionale, quanto delle conseguenze in termini di frane, allagamenti, danni alle infrastrutture ed alla perdita di vite umane che lo stesso ha provocato.
Presidente Cappadona qual è la prima cosa che le viene in mente ?
Si rischia di essere ripetitivi e di cadere nella retorica post-catastrofe delle denunce, delle polemiche e degli allarmi inascoltati. Dire l’avevamo detto, come le recenti esperienze ci insegnano, purtroppo non serve e l’attenzione delle istituzioni cui compete la tutela della pubblica incolumità in primo luogo, e più in generale, una corretta politica di governo del territorio, rimane sempre e comunque condizionata alla emotività dei particolari momenti che seguono una situazione di emergenza per poi affievolirsi inesorabilmente man mano che ci si allontana nel tempo dall’evento calamitoso.
Sull’evento cosa ci può dire?
La peculiarità dell’evento merita alcune considerazioni e riflessioni propositive che intendo sottoporre all’attenzione delle autorità competenti, e più in generale, alla pubblica opinione. La quantità di pioggia abbattutasi ha di fatto raggiunto dimensioni tali da configurarsi davvero come evento di carattere eccezionale. I dati pluviometrici pubblicati con tempestività dalla protezione civile regionale dimostrano che la quantità di pioggia caduta in una sola ora sulla stazione di Vibo risulta essere più del doppio del massimo storico di intensità di pioggia mai registrato. E’, dunque, più che evidente che ci troviamo di fronte ad un evento piovoso estremo, probabilmente imprevedibile, almeno per quanto riguarda le sue proporzioni, e che tuttavia, visto anche il dibattito aperto nel mondo scientifico e della ricerca su effetto serra e possibile tropicalizzazione del clima mediterraneo, non possiamo escludere possa ripetersi ancora qui o in altri siti della nostra regione.
Proprio qui dove la zona è densamente urbanizzata e dove sono presenti varie attività imprenditoriali turistiche.
Tenendo ben presente tale circostanza e riconoscendo senza remore che la forte crescita demografica e la trasformazione dell’economia anche di piccole comunità abbinate ad un disattento governo del territorio, alla mancanza di pianificazione sostenibile, alla illegalità diffusa nel campo dell’edilizia favorita dai condoni che si sono succeduti nel tempo, hanno prodotto una pressione insopportabile sull’ambiente e sul territorio ed un consumo di suolo irrazionale con l’occupazione insensata di aree già riconosciute pericolose e che per questo sono divenute aree a rischio sia per frana che per esondazione, si tratta ora di individuare alcune priorità di prevenzione e mitigazione del rischio conseguente nel medio e nel lungo periodo.
Cosa si deve fare subito?
Nel breve e medio periodo, al di là della pur comprovata necessità di interventi strutturali per sanare la intrinseca fragilità strutturale del territorio calabrese, documentata in tutta la sua allarmante dimensione dal Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico, le esperienze di questi ultimi anni ci indicano con chiarezza le necessità improrogabile di azioni, per altro non eccessivamente onerose, finalizzate alla manutenzione ordinaria ed al ripristino della funzionalità del reticolo idrografico naturale e dell’assetto morfologico dei versanti. Eventi pluviometrici estremi, come quello di Vibo, con intensità di pioggia elevatissima, provocano scollamenti delle coperture lungo i versanti e colate di acqua, fango e detriti che si riversano a valle seguendo le originarie linee di impluvio spesso ostruite da discariche e rifiuti di ogni genere o compromesse nella loro funzionalità da opere infrastrutturali mal dimensionate e costruzioni antropiche. Non sono pochi i casi in cui la necessità di utilizzo di suolo ha portato alla deviazione o addirittura all’occlusione di canali e fossi ordinariamente secchi ma che in occasione appunto di tali eventi estremi diventano recettori provvidenziali delle portate idriche in eccesso. A tutto ciò vanno inoltre a sommarsi gli effetti deleteri provocati dal disboscamento non programmato e pianificato dei versanti, e dalla realizzazione lungo gli stessi di piste e stradelle senza alcuna opera di regimazione e canalizzazione delle acque di ruscellamento superficiale e che pertanto diventano, in occasione di importanti eventi piovosi, vie di concentrazione e scorrimento preferenziale delle stesse aumentando esponenzialmente il loro potere erosivo. Auspicabile sarebbe la costituzione di presidi permanenti che, attraverso una programmazione coordinata e pianificata, possano operare un controllo ed una costante e continua manutenzione del territorio nel senso sopra descritto.
A quanto pare c’è ancora molto lavoro da fare.
Non solo. Nel lungo periodo non si può non considerare la necessità di una programmazione delle azioni antropiche che metta al centro delle attività di pianificazione di utilizzo del territorio la realtà fisica, le vocazioni morfologiche ed idrauliche, le pericolosità geologiche e, in una parola, lo sviluppo sostenibile. Tale obiettivo per la verità è stato già saggiamente individuato ed infatti la Regione nel 2002 ha emanato la Legge Urbanistica Regionale dai contenuti fortemente innovativi e che introduce elementi di controllo e di verifica della compatibilità geomorfologica degli interventi di sviluppo urbanistico. Purtroppo però è da ormai troppo tempo che si attende l’approvazione delle Linee Guida collegate alla suddetta Legge che dettano regole precise per una nuova cultura di governo del territorio calabrese. Riteniamo in tal senso che l’approvazione delle suddette Linee Guida, attualmente all’esame della IV Commissione Consiliare, sia una priorità non più procrastinabile per assicurare condizioni di sviluppo sostenibile al nostro martoriato territorio.
Quale il ruolo del geologo?
La categoria professionale dei geologi, da sempre in prima linea rispetto alle problematiche legate al rischio idrogeologico, esprime in Calabria, anche grazie al contributo delle Università e degli Istituti di Ricerca, professionalità e preparazione tecnico-scientifica a servizio della collettività. In queste ore colleghi dell’Autorità di Bacino Regionale, del Dipartimento Lavori Pubblici della Regione unitamente ad ingegneri e tecnici della Protezione Civile, eseguono sopralluoghi e rilievi sulle aree maggiormente danneggiate per valutare ed individuare i primi interventi di messa in sicurezza. Rimaniamo in ogni caso convinti che la giusta valutazione e considerazione dei contributi che il professionista geologo può apportare in fase di pianificazione e progettazione di interventi sul territorio rappresenti di per sé una garanzia per una corretta opera di prevenzione che può consentire di convivere al meglio con i rischi geologici che sono caratteristici del territorio della nostra regione.

Roberto Saporito

 

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